Forma dell’appello avverso la sentenza emessa all’esito della fase di merito di procedimento possessorio
02 Maggio 2019
L'appello di una sentenza derivante da un procedimento possessorio ex art 703, comma 4, c.p.c. va introdotto con ricorso o con atto di citazione?
Dal quesito posto si evince che ci troviamo in presenza di un provvedimento, sentenza, emesso all'esito della definizione di un procedimento possessorio che è stato coltivato anche nella sua fase cosiddetta di merito. Come si suol dire, la struttura del procedimento possessorio è “bifasica”, nel senso che alla definizione della fase “anticipatoria” o “cautelare”, che si chiude con ordinanza (a sua volta reclamabile ai sensi dell'art. 703, comma 3, c.p.c.), può seguire, ma solo eventualmente, anche una fase di merito la quale si conclude con sentenza; cio è quanto prevede l'art. 703, comma 4, c.p.c., richiamato nel quesito. Nell'attuale formulazione dell'art. 703 c.p.c. si ritiene che l'istanza da proporsi al giudice, entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento (ordinanza), volta a stimolare la prosecuzione della fase di merito, conduca, sostanzialmente alla fissazione della cosiddetta “prima udienza” ai sensi dell'art. 183 c.p.c.; non vi sarà bisogno, pertanto, di introdurre la fase di merito con autonomo atto di citazione, la proposizione del quale potrebbe, addirittura, far incorrere in una pronuncia di litispendenza con riferimento al giudizio possessorio già in essere. L'eventuale fase di merito, poi, si svolgerà seguendo le regole di un ordinario processo di cognizione. Tralasciando tutte le problematiche inerenti al contenuto ed alle preclusioni relative alla fase di merito che segue la fase cosiddetta cautelare nel procedimento possessorio, possiamo affermare che la sentenza emessa a seguito delle definizione della fase di merito, che si svolge secondo le regole proprie di un ordinario giudizio di cognizione, sia soggetta ai gravami previsti dall'ordinamento e cioè all'appello ed al ricorso per cassazione. Il problema sollevato dal quesito è proprio questo: se il giudizio introdotto con ricorso ai sensi del primo comma dell'art. 703 c.p.c., approdato al suo esito a seguito dell'esaurimento della eventuale fase di merito, debba essere appellato con ricorso, quantomeno per simmetria giuridica con la domanda introduttiva del primo grado di giudizio o debba essere appellato con citazione. A parere di chi scrive la forma dell'appello non deriva dalla forma utilizzata per l'introduzione del procedimento di primo grado ma da una apposita norma che preveda tale forma in deroga alla norma generale prevista dall'art. 342 c.p.c. che indica la citazione quale forma naturale dell'appello. Infatti, ad esempio, con riferimento al rito del lavoro l'appello è previsto nella forma del ricorso dall'art. 434 c.p.c. in mancanza del quale dovrebbe essere introdotto con citazione in ossequio alla norma generale. Di conseguenza, anche in questo caso, in assenza di una norma che preveda una diversa forma, l'appello dovrà essere introdotto con citazione, trattandosi di appello avverso un provvedimento, sentenza, emanato all'esito di un procedimento di cognizione ordinario. Va però osservato che la proposizione dell'appello anche nella forma del ricorso non comporterà il rigetto della domanda nel caso in cui vengano rispettati i termini previsti per la proposizione dell'appello stesso e cioè nel caso in cui il ricorso, a seguito del cui deposito verrà emanato il decreto di fissazione udienza, vengano notificati entro il termine previsto per la proposizione dell'appello secondo il principio per il quale la sostanza dovrà sempre prevalere sulla forma dell'atto introduttivo del giudizio se siano rispettati i termini previsti e se l'effetto venga garantito; così la giurisprudenza unanime secondo la quale l'appello proposto erroneamente con ricorso è inammissibile solo se la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza siano avvenute oltre la scadenza del termine per impugnare (per tutte: Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 2015, n. 1148). |