La Suprema Corte si esprime sulla mediazione e più che mai emerge la necessità di un intervento legislativo

Roberta Nardone
07 Maggio 2019

La Suprema Corte interviene su tre temi sui quali a lungo la giurisprudenza pretoria ha negli anni interloquito con soluzioni non uniformi: la obbligatorietà della presenza personale delle parti in mediazione; la possibilità e modalità per conferire delega per la partecipazione all'incontro; la individuazione del momento in cui può dirsi assolta la condizione di procedibilità di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010.
Massima

Al primo incontro davanti al mediatore devono essere presenti sia le parti che i loro avvocati.

La parte che per sua scelta o per impossibilità non possa partecipare personalmente può farsi sostituire da una persona a sua scelta e, quindi, ma non solo, anche dal suo difensore munito di procura speciale sostanziale. La condizione di procedibilità si intende positivamente assolta con l'avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all'esito del quale la parte può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di proseguire utilmente la procedura.

Il caso

La controversia di primo grado in materia locatizia era stata definita in rito dal Tribunale che aveva ritenuto non assolta la condizione di procedibilità giacchè, al primo incontro di mediazione, avevano partecipato i soli procuratori delle parti chiedendo breve rinvio. Successivamente i legali avevano comunicato telefonicamente al mediatore la impossibilità delle parti di raggiungere un accordo e il secondo incontro non aveva avuto mai luogo.

In sede di appello parte attrice lamentava che, contrariamente al decisum del Tribunale, la mediazione si fosse effettivamente svolta avendovi le parti legittimamente partecipato a mezzo dei rispettivi difensori, muniti di procura speciale, conferente tutti i poteri per definire e trattare questioni giudiziali e stragiudiziali.

La Corte d'appello rigettava il gravame ritenendo: la necessità della partecipazione personale delle parti al primo incontro informativo; la insufficienza, ai fini della rappresentanza della parte, della semplice procura speciale alle liti rilasciata al difensore ex art. 185 c.p.c.

La Suprema Corte, investita della questione, rigettava il ricorso cogliendo l'occasione per fare chiarezza su alcuni aspetti fondamentali in tema di mediazione.

La questione

La Suprema Corte interviene, in particolare, su tre temi sui quali a lungo la giurisprudenza pretoria ha negli anni interloquito con soluzioni non uniformi: la obbligatorietà della presenza personale delle parti in mediazione; la possibilità e modalità per conferire delega per la partecipazione all'incontro; la individuazione del momento in cui può dirsi assolta la condizione di procedibilità di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010.

Sulla presenza personale delle parti.

La lettura coordinata dell'art. 5, comma 1-bis e dell'art. 8 del d.lgs. n. 28/2010, che prevedono che le parti esperiscano il procedimento mediativo con l'assistenza degli avvocati, ha indotto la maggior parte della giurisprudenza di merito a ritenere «indispensabile che al primo incontro innanzi al mediatore siano presenti le parti personalmente (assistite dal difensore), non essendo sufficiente che compaia unicamente il difensore, nella veste di delegato della parte» (Trib. Modena, 2 maggio 2016) attesa la natura informativa del primo incontro di cui i legali non necessitano.

Coerentemente con tale impostazione, quindi, si è ritenuto che determinasse l'improcedibilità della domanda l'incontro meramente cartaceo o attuato con semplici missive, telegrammi o fax inviati dalle parti – renitenti alla comparizione personale – direttamente al mediatore o alla sede dell'organismo (Trib. Roma, sent., 29 settembre 2014).

La stessa «Commissione di studio istituita per la elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di adr», presieduta dal prof. Avv. Guido Alpa aveva previsto l'obbligo della partecipazione personale delle parti, salvi gravi motivi, quale profilo connaturato alla mediazione.

Tale orientamento è stato sostanzialmente recepito dalla giurisprudenza di merito che si è pronunciata anche di recente ritenendo assolta la condizione di procedibilità solo con la partecipazione della parte alla mediazione, personalmente o tramite un proprio rappresentante (Trib. Firenze, 21 aprile 2015; Trib. Ferrara, 28 luglio 2016; Trib. Reggio Emilia, 26 giugno 2017). Continuavano, tuttavia, a registrarsi pronunce di contrario avviso (Trib. Vasto 23 aprile 2016; Trib. Foggia, sez.II, ord., 21 luglio 2018 giudice De Palma) che individuavano argomenti contrari alla improcedibilità sia nella previsione di mere sanzioni pecuniarie previste dall'art.8 del d.lgs. n. 28/2010 per l'assenza delle parti sia nella possibilità per il giudice di desumere dalla mancata partecipazione alla mediazione “argomenti di prova” nel successivo giudizio (art. 116, comma 2,c.p.c.). Inoltre, l'eccessivo controllo del giudice sulla mediazione veniva ritenuto in contrasto con la raccomandazione della Commissione Europea n. 257/98 che prevede che la mediazione sia informata al principio della libertà delle parti e che rimarrebbe frustrato se si obbligasse le dette a partecipare a pena di improcedibilità della domanda.

Anche sulla possibilità di conferire con delega ad un terzo il potere sostanziale di partecipare al procedimento, si sono registrati nel tempo orientamenti divergenti.

I più recenti arresti giurisprudenziali registravano come ineludibile la partecipazione al procedimento sia della parte che del difensore (v. Trib. Firenze, 23 novembre 2016; Trib. Mantova, 25 ottobre 2016 e Trib. Roma, 29 settembre 2016, dott. Moriconi; Trib. Vasto, 23 aprile 2016) precisando la inidoneità della mera partecipazione del difensore all'incontro informativo, di cui all'art. 8 comma 1, quarto periodo, allorchè non fossero stati allegati impedimenti oggettivi (Trib. Vasto, 6 dicembre 2016 e Trib. Roma, sent., n. 18361/2016 dott. Moriconi e Trib. Roma, sez.VI, n. 3554/2017).

Pertanto, coerentemente con tale i postazione, la giurisprudenza di merito (Trib. Vasto, Firenze ed altri) si era espressa escludendo la possibilità che l'avvocato potesse sostituirsi al cliente, ritenendo, come peraltro ribadito dalla Suprema Corte nella pronuncia in esame, che «il successo dell'attività di mediazione è riposto nel contatto diretto tra le parti e il mediatore professionale il quale può, grazie alla interlocuzione diretta ed informale con esse, aiutarle a ricostruire i loro rapporti pregressi, ed aiutarle a trovare una soluzione che, al di là delle soluzioni in diritto della eventuale controversia, consenta loro di evitare l'acuirsi della conflittualità e definire amichevolmente una vicenda potenzialmente oppositiva con reciproca soddisfazione, favorendo al contempo la prosecuzione dei rapporti commerciali».

Il Tribunale di Vasto, con sentenza del 17 dicembre 2018, escludeva esplicitamente che la parte potesse essere sostituita dall'avvocato «perché pensare che la mediazione si possa correttamente svolgere con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore (quantunque i legali si presentino all'incontro muniti di procura speciale) significherebbe frustrare lo spirito dell'istituto. Ciò impedirebbe allo stesso strumento di manifestare le sue notevoli potenzialità, sia sotto il profilo della pacificazione sociale sottesa alla facilitazione di accordi amichevoli, sia sotto il distinto e connesso profilo della deflazione del contenzioso giudiziario» (negli stessi termini Trib. Pavia, 18 maggio 2015 e tra le altre, sulla cd. natura personalissima della mediazione anche Trib. Vasto, 9 marzo 2015).

Il Tribunale di Verona (ord., 11 maggio 2017 – Giudice Vaccari), e già il Tribunale di Napoli (sent. del 10 ottobre 2016), avevano aperto invece all'utilizzo della procura speciale ai terzi, compresi i legali delle parti, a condizione che fosse espressamente conferito il potere di partecipare alla mediazione.

Non minori i contrasti giurisprudenziali sul tema della individuazione del momento perfezionativo della condizione di procedibilità.

Parte della giurisprudenza che si è occupata del c.d. incontro informativo – una delle novità introdotte dal “decreto del fare” (convertito in l. n.98/2013) – ritenendolo una mera “fase preliminare alla mediazione” escludeva, che questa potesse ritenersi compiutamente svolta a seguito della dichiarata volontà delle parti di non volere proseguire oltre detto primo incontro (Trib. Roma, sez. XIII, sent., 26 maggio 2016, n. 10812 dott. Moriconi e Trib. Roma, sez. XIII, sent., 28 aprile 2016, n. 8552 dott. Moriconi e per la mediazione demandata cfr. Corte d'appello Milano, sent., 10 maggio 2017, n.2016,Trib. Pavia, ord., 18 maggio 15; Trib. Vasto sent., 9 marzo 2015).

Si sosteneva, in sostanza, che nell'incontro informativo, specie nella mediazione demandata, il mediatore svolge una funzione limitata, essendo state già le parti debitamente ed esaurientemente informate dagli avvocati che le accompagnano e assistono obbligatoriamente nel procedimento di mediazione (e occorrendo dal giudice) sicchè (ex multis Trib. Firenze, ord., 17 marzo 2014 Pres. dott.ssa Luciana Breggia) la impossibilità di procedere oltre l'incontro informativo implica la sussistenza di concreti impedimenti all'effettivo esperimento della procedura. La impossibilità non potrebbe mai, si precisava, coincidere con la mera volontà delle parti di non dare inizio alla mediazione con la conseguenza che il rifiuto – ingiustificato – di procedere e di partecipare alla mediazione, se espresso dall'istante/attore, era sovrapponibile alla mancanza tout court della (introduzione della domanda di) mediazione (Trib. Roma, sez. XIII, sent., 26 maggio 2016, n. 10812 dott. Moriconi).

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in esame ha il pregio di essere la prima con la quale la Suprema Corte prende posizione in merito alla condizione di procedibilità di cui all'art.5 comma 1-bis del novellato d.lgs. n.28/2010.

Il Supremo Collegio ribadisce la ratio della previsione normativa che individua l'essenza della mediazione nel «dialogo informale e diretto tra parti e mediatore» individuata come unica possibilità perché possa pervenirsi alla «composizione degli opposti interessi satisfattiva al punto da evitare la controversia ed essere più vantaggiosa per entrambe le parti».

Si cementifica, quindi, un principio ormai consolidato anche nelle corti di merito: l'art. 8 non lascia adito a dubbi sulla obbligatoria presenza al primo incontro dinanzi al mediatore delle parti, assistite dal difensore.

La parte – precisa la Cassazione – potrà anche farsi sostituire da un proprio rappresentante sostanziale, eventualmente anche nella persona dello stesso difensore (sebbene nelle conclusioni della sentenza l'evenienza sia qualificata come scarsamente auspicabile) che l'assiste nel procedimento di mediazione, purché dotato di apposita procura speciale sostanziale che riporti lo specifico oggetto della mediazione e conferisca al rappresentante, a conoscenza dei fatti, il potere di disporre espressamente dei diritti sostanziali che sono oggetto della procedura (sulla esclusione della validità della presenza del solo difensore, privo di procura speciale, e avente una mera funzione di nuncius della parte già Trib. Roma, sez. VI, sent., 10 luglio 2018, n. 6245, giudice Nardone).

Viene precisato che dovrà trattarsi di una procura distinta da quella alle liti che l'avvocato autentica per poter agire in giudizio non idonea, allo scopo, neanche se redatta dal un notaio e anche se il testo di quella alle liti contenga anche il potere di conciliare e transigere la controversia. Infatti, la mediazione non rappresenta una fase del processo civile, pur ponendosi con lo stesso in un rapporto di coordinamento, ma s'inserisce prevalentemente nell'orbita del diritto sostanziale. Pertanto anche per questo – ovvero l'assunto che la procura a partecipare alla mediazione non integra un atto processuale tale da rientrare nello spettro applicativo di cui all'art. 83 c.p.c. – si nega all'avvocato difensore il potere di autenticare la firma vergata sulla detta.

La Suprema Corte richiama il lavoro svolto dalla Commissione Alpa – istituita nel 2016 dal Ministro della Giustizia Orlando per elaborare una riforma organica delle a.d.r. – ricorda come la stessa Commissione, ponendosi il problema della rappresentanza in mediazione, abbia previsto l'obbligatorietà della presenza di un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia.

Già in termini analoghi si era pronunciata la Corte d'appello di Trieste (sentenza n. 2010/2017) ritenendo all'uopo necessaria una procura speciale notarile.

Rimane l'incognita – in difetto di una pronuncia esplicita della Suprema Corte nel provvedimento in esame – della “forma” di detta procura speciale sostanziale.

Secondo alcuni non potrà che essere quella di una scrittura privata non autenticata.

E ciò perché – in assenza di una disciplina ad hoc – la forma della «procura speciale sostanziale» a mediare si determinerebbe secondo i principi generali sulla forma degli atti, per relationem: poiché, al più, la mediazione si concluderà con un verbale contenente l'accordo, ovvero una scrittura privata non autenticata (il mediatore certifica infatti le sottoscrizioni dei presenti secondo il modello della c.d. autentica minore e detto verbale di mediazione non è direttamente trascrivibile) non necessita la procura notarile.

A sostegno di tale conclusione si argomenta che la comparizione alla mediazione non ha natura personalissima, che nessuna norma esclude il meccanismo della delega e che, quando il legislatore ha voluto trarre dall'assenza delle parti delle particolari conseguenze pregiudizievoli, lo ha stabilito espressamente (si menziona l'art. 232 c.p.c., che permette al giudice di reputare ammesse le circostanze sulle quali la parte si sia rifiutata di rendere la prova per interrogatorio formale).

Va rilevato come in alcuni casi sono i regolamenti dei singoli organismi di mediazione a prevedere una forma specifica della delega richiedendo, invece, proprio quella notarile.

La Corte non si pronuncia sulla forma della procura sostanziale, pur specificando la necessità dell'autenticazione della firma che non potrà essere operata dal difensore.

Sul punto già si registrano opinioni dissenzienti di coloro che ritengono che nessuna norma astrattamente applicabile alla fattispecie dell'accordo amichevole, tanto con riferimento alla disciplina della mediazione, quanto con riguardo alla normativa di diritto comune, esige l'autenticazione delle firme con cui la parte ha impartito a terzi l'incarico di sostituirlo nella parentesi conciliativa. Poichè, si sottolinea, anche per il contratto di transazione l'art. 1967 c.c. prescrive la forma scritta, ma soltanto ad probationem, il procuratore speciale, comparso all'incontro di mediazione, ben potrebbe giustificare i propri poteri rappresentativi con la semplice esibizione del documento riportante la delega scritta, sebbene non autenticata, senza che il mediatore o la controparte possano eccepire alcunché, visto che soltanto il falsamente rappresentato sarebbe astrattamente legittimato ad impugnare il documento qualora ritenga che la firma non provenga dalla sua mano.

La questione dell'assolvimento della condizione di procedibilità. Muovendo poi dalla necessità di interpretare la mediazione quale giurisdizione condizionata in modo non estensivo la Cassazione affronta la questione dell'assolvimento della condizione di improcedibilità, ritenuta concretamente svolta con la mera comparizione delle parti al primo incontro davanti al mediatore di fronte al quale la parte potrà liberamente manifestare il proprio parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare (rectius proseguire) la procedura di mediazione. A giudizio della Corte depone in tal senso la struttura del procedimento suddiviso in un «primo incontro preliminare davanti al mediatore» e «uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione». Si legge nella sentenza che «solo se le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione il mediatore andrà avanti, interloquendo con le parti sino a proporre o far loro proporre una possibile soluzione, altrimenti si arresterà alla fase preliminare» (all'esito della quale sono dovute solo le spese, e non anche il compenso del mediatore) e la condizione di improcedibilità si intenderà soddisfatta.

Già alcune pronunce di merito avevano sottolineato che la legge medesima ha previsto che «quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo» (2-bis dell'art. 5) qualificando il primo incontro informativo non come un momento estraneo alla ricerca dell'accordo sicchè la mediazione potrebbe legittimamente chiudersi al primo incontro. Sarebbe, infatti, improprio considerare la fase preliminare come distinta dal procedimento di mediazione sul presupposto che nella prima il mediatore non cercherebbe di favorire l'accordo fra le parti, ma svolgerebbe un ruolo di informatore sulla funzione dell'istituto e sulle sue modalità di attuazione: in pratica, infatti, il mediatore va oltre questo compito informativo dovendo, invece, indagare se esistono le condizioni tali da permettere l'inizio della procedura, volontà delle parti permettendo (Trib. Roma, sez.VI, sent., 3 novembre 2016, n. 16961 est. Nardone).

L'art.8 novellato ha, infatti, specificato le attività che il mediatore ha il compito di svolgere nel primo incontro con le parti, delle quali non si faceva menzione nel testo precedente. In altre parole, il mediatore quando verifica la corretta instaurazione della procedura entra nel merito della controversia adoperandosi, già in quella fase, per il raggiungimento dell'accordo.

Anche l'interpretazione sistematica della disciplina conferma la correttezza della sentenza in commento. Una volta, infatti, designato il mediatore e fissato il primo incontro, la procedura può ritenersi iniziata come dimostra il fatto che la domanda di mediazione, dal momento della comunicazione alle altre parti, produce effetti sulla prescrizione e sulla decadenza.

La circostanza che il mediatore invita le parti e i loro avvocati ad esprimersi sulla possibilità di “iniziare” la procedura e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento deve essere intesa come un “proseguire” la mediazione.

Il vantaggio per le parti è quello di avere un contatto con il mediatore a costo contenuto in quanto sono dovute da ciascuna le (sole) spese di avvio del procedimento; se una o entrambe le parti si esprimono per non proseguire la procedura di mediazione, è solo opportuno che il mediatore possa indicare nello stesso quale delle due parti abbia manifestato la propria disponibilità a proseguire la mediazione e quale no, cosicchè ciascuna parte possa assumersi le proprie responsabilità nell'eventuale giudizio civile in relazione alla sua disponibilità a cercare una soluzione concordata.

Osservazioni

Come era facilmente prevedibile la sentenza n. 8473 emessa dalla Terza Sezione Civile della Corte di cassazione il 27 marzo 2019 ha aperto un ampio dibattito nel mondo della mediazione in quanto è intervenuta sugli aspetti più problematici del procedimento predetto.

Le maggiori perplessità hanno investito proprio il punto relativo all'assolvimento della condizione di procedibilità e la ritenuta (da alcuni) incoerenza dell'affermazione di un principio dichiaratamente reso necessario «al fine di non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l'accesso alla tutela giurisdizionale» ma le cui conseguenze applicative sarebbero le opposte di quelle sperate, determinando di fatto chel'esito negativo della mediazione – tale risultando dalla sola partecipazione al primo incontro informativo senza alcuna intenzione della parte di proseguire oltre – imporrà la prosecuzione del giudizio con i relativi costi.

Secondo altri, poi, sarebbe insensato imporre come condizione di procedibilità una pratica per poi ritenerla assolta con la sola manifestazione di volontà delle parti di non volerla proseguire.

Non è mancato, poi, chi ha interpretato la scelta di aggravare la forma per il conferimento del potere (sostanziale) al soggetto delegato alla partecipazione alla mediazione, in sostituzione della parte, come strumentale al raggiungimento di uno specifico obiettivo: rendere la vita difficile alla parte (che dovrebbe andare dal notaio e sopportare il costo dell'autentica) rendendo preferibile (in termini economici e di tempo e comodità) presentarsi personalmente in mediazione.

Chi scrive ritiene che la pronuncia – quale che siano le convinzioni personali – vada, in ogni caso, salutata con favore per il tentativo, apprezzabile, di dipanare le incertezze ermeneutiche nel frattempo stratificatesi nella materia de qua. Sempre più spesso si demanda alla giurisprudenza una funzione di “supplenza” : ai giudici, quelli del merito in prima battuta, e alla Corte di legittimità in prosieguo, ma spesso solo dopo che molti anni sono decorsi e molte contrastanti decisioni sono state emesse, non più solo il compito di applicazione ed interpretazione della legge, ma di integrazione perché questa possa funzionare in coerenza con la sua ratio.

Rimane l'opportunità che sia il legislatore ad adoperarsi, essendo peraltro tenuto, secondo le direttive europee a far funzionare la mediazione.

In attesa che il legislatore intervenga sul tema per rendere l'istituto più efficiente ed evitare il fenomeno del contenzioso nel contenzioso, gli operatori raccolgano le indicazioni della Suprema Corte e i gli Organismi di mediazione, potendo, perfezionino i propri regolamenti fissando modalità precise (anche per il conferimento della delega in mediazione) idonee ad evitare incertezze e ulteriori controversie.

Guida all'approfondimento
  • Raiti, Primo incontro in mediazione e condizione di procedibilità della domanda ai sensi del novellato art. 5, comma 2° bis, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, in Riv. dir. proc., 2015, II, 564 ss.;
  • G. Reali, La mediazione obbligatoria riformata, in Giusto processo civ., 214, 753;
  • M. Ruvolo, Mediazione obbligatoria. Casi e questioni. Giuffrè ed., 2011.

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