Giurisdizione e legittimazione processuale del beneficiario in trust discrezionale
13 Giugno 2019
Massima
In caso di trust discrezionale e irrevocabile, costituto da una cittadina italiana presso un stato estero aderente alla Convezione de L'Aja del 1982 (Isole Cayman), la cui legge sul trust è designata quale legge regolatrice, con individuazione del trustee in società avente domicilio presso il medesimo stato, nonché con beneficiari aventi domicilio in Italia, nella fattispecie in cui il settlor o disponente abbia proposto azione di nullità dell'atto di costituzione del trust dinanzi a un giudice italiano nei confronti del trustee successivo, persona giuridica avente domicilio in Svizzera, nonché nei confronti della beneficiaria, fondazione avente sede in Italia, sussiste la giurisdizione del giudice italiano adito considerato che, in conformità con il combinato disposto di cui agli artt. 6, n. 1, della Convenzione di Lugano del 2007 e 6, n. 1, del Reg. (CE) n. 44/01 così come interpretato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella sentenza C-98/06 Freeport e successive statuizioni, la sussistenza di una aspettativa giuridicamente rilevante in capo alla beneficiaria derivante dall'eventuale declaratoria di nullità, farebbe sorgere la necessità dell'instaurazione di un unitario giudizio presso il giudice adito della medesima azione di nullità e della domanda di restituzione dei beni nei confronti del trustee, azioni caratterizzate da un'evidente vincolo di interdipendenza. Il caso
Con atto unilaterale, irrevocabile e recante data 2005, Tizia costituisce presso le Isole Cayman il trust denominato ‘Stingray', e trasferisce un'ingente somma di denaro in capo al trustee, Caio, domiciliato presso le medesime Isole Cayman. Il trust, tutt'ora in esercizio, è qualificato quale trust privato discrezionale (discretionary private trust), ovvero una particolare forma di trust con beneficiari in cui, sebbene fossero indicate quali beneficiarie le sorelle germane di Tizia e quale beneficiario finale la Fondazione Sempronia alla scadenza dei cinquanta anni dalla morte di Tizia, si attribuisce al trustee ampi poteri dispositivi in merito alla gestione del patrimonio, nonché alla possibilità di individuare beneficiari diversi e di trasferire i beni ad altro trust. Alla natura discrezionale del trust fa contrappeso la allegazione all'atto di costituzione di dettagliata lettera di desideri (letter of wishes), sottoscritta da Tizia, in cui sono specificati analiticamente ulteriori impegni in capo la trustee, quali la erogazione di contributi a favore della Fondazione, beneficiaria finale, e di altre entità la cui attività sociale fosse il sostegno dei malati di Alzheimer. Conformemente alla prassi del settore, l'atto di costituzione del Stingray Trust contiene, altresì, una complessa disposizione (art. 10) avente la seguente articolazione: – nel primo paragrafo, si individua nella legge delle Isole Cayman la legge regolatrice del trust e di tutti i diritti, doveri e poteri discendenti dallo stesso in capo al trustee e a tutti i soggetti interessati dal Trust; – nel secondo paragrafo, si prevede una clausola di proroga della giurisdizione a favore dell'autorità giudiziaria delle Isole Cayman per tutte le controversie afferenti all' ‘amministrazione del Trust' (for the administration of the Trust). Orbene, durante la gestione del trust tre eventi hanno modificato le circostanze soggettive e oggettive originarie. In primo luogo, il trust ha visto il mutamento del trustee, succedendo nella qualità di ‘trustee successivo' la società Mevia, società di diritto elvetico. In secondo luogo, in data 2008 la germana Calpurnia veniva a mancare senza eredi a parte Tizia, determinando da un lato l'accrescimento del fondo del trust pari al patrimonio ereditato da Tizia e, dall'altro, la diminuzione dei beneficiari individuati nel trust. Infine, a causa del decadimento fisico e psichico occorso a Tizia, in data 2010 si dispone in suo favore la nomina di amministratore di sostegno, Fileno. Ebbene, con atto di citazione notificato in data 2017, Fileno introduce dinanzi al tribunale di Milano domanda giudiziale nei confronti del trustee, società Calpurnia, e della beneficiaria finale, la Fondazione Sempronia, diretta a ottenere sentenza dichiarativa di nullità dell'atto costitutiva del trust con conseguente insussistenza di alcun diritto di credito o aspettativa in capo alla beneficiaria finale, e per l'effetto, la condanna del trustee a rendere il conto della gestione e il trasferimento in capo a Tizia di ogni cespite o valore disponibile in forza del trust. In particolare, l'atto introduttivo profila molteplici vizi di nullità dell'atto di costituzione, anche sotto il profilo del vizio del consenso. Instaurato regolarmente il contraddittorio, entrambe le convenute contestano preliminarmente la giurisdizione del giudice italiano adito. Il trustee evidenzia come la controversia debba radicarsi presso le Isole Cayman oppure, in alternativa, presso il giudice elvetico, mentre la beneficiaria contesta l'azione di accertamento nei suoi confronti, la connessione con la domanda di nullità e la conseguente legittimità dell'azione dinanzi al giudice italiano. Con ricorso, Tizia, originaria attrice nel giudizio ordinaria, propone regolamento preventivo di giurisdizione dinanzi la Suprema Corte di cassazione, invocando la giurisdizione del giudice italiano in virtù dell'applicazione cogente dell'articolo 6, n. 1, della Convenzione di Lugano del 2007. Il citato articolo, difatti, radica la giurisdizione presso il giudice dello Stato del luogo in cui uno dei convenuti – nel caso di specie la Fondazione Sempronia – è domiciliata, «sempre che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica e una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili». Resiste con controricorso e ricorso incidentale la sola società Calpurnia, trustee del Stingray Trust, deducendo l'eccezione della litispendenza internazionale, della sussistenza di una clausola di proroga della giurisdizione a favore delle Isole Cayman e, in subordine, della non prospettabilità del criterio di collegamento di cui all'art. 6, n. 1, della Convenzione di Lugano nel caso di specie, con la conseguente giurisdizione del giudice elvetico. La questione
La pronuncia in esame affronta molteplici questioni di diritto processuale internazionale privato. Senonché, la questione giuridica di maggior rilievo si identifica nella seguente: considerato che nei rapporti con il trustee trova applicazione la Convenzione di Lugano del 2007 tra l'Unione Europea e alcuni Stati membri della Associazione europea di libero scambio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, può l'articolo 6, n. 1 della predetta Convenzione essere il titolo di legittimazione della giurisdizione del giudice italiano adito quando, nel caso di un trust discrezionale, venga promossa, unitamente alla domanda di declaratoria di nullità, anche domanda giudiziale di accertamento della insussistenza del diritto di credito da parte del beneficiario finale nei confronti del complesso dei beni gestiti nel trust? Le soluzioni giuridiche
La pronuncia in commento si sofferma nell'analisi della competenza giurisdizionale del giudice italiano adito in rapporto con il complesso sistema normativo di diritto processuale internazionale privato afferente i rapporti con la giurisdizione elvetica e contenuta nella Convenzione di Lugano. In particolare, ai fini della soluzione della quaestio iuris la Corte di cassazione traccia un percorso argomentativo distinguibile nelle seguenti tre fasi: a) la fase di analisi della identificazione delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte nella fattispecie in oggetto, con le conseguenti ricadute processuali sul piano dell'istituto del litisconsorzio; b) la fase di identificazione e ricostruzione processuale della norma di diritto processuale internazionale privato astrattamente sussumibile nel caso di specie; c) la fase di applicazione delle regulae iuris individuate alla fattispecie concreta. Nella prima fase la Corte compie una ‘puntualizzazione', dichiaratamente sommaria, dei principali orientamenti giurisprudenziali italiani aventi ad oggetto gli elementi costitutivi del trust e le loro ricadute processuali. In particolare, dopo avere individuato nella legge n. 364/1989, disciplinate la ratifica ed l'esecuzione della Convenzione dell'Aja del 1985 sul riconoscimento dei trusts, la matrice normativa della ricezione del trust in Italia, la pronuncia si sofferma sulle ricadute sul piano processuale delle diverse ricostruzioni sostanziali del trust, con particolare riguardo al ruolo del beneficiario. Così, sulla base della definizione di trust quale insieme di rapporti giuridici facenti capo al trustee in qualità di colui che dispone del diritto (Cass. civ., n. 10105/2014), la Corte ricorda un primo orientamento per cui nel caso di azioni revocatorie intentante per il recupero dei beni in trust soltanto trustee fosse l'unico soggetto giuridico cui l'ordinamento processuale potesse riconoscere la qualifica di convenuto necessario. Invero, il suddetto orientamento, formalizzato nella sentenza della Suprema Corte n. 19376/2017, riconosce la legittimazione a convenire soltanto al trustee in considerazione alla sua attuale titolarità delle situazione giuridiche soggettive (diritti di proprietà, diritti di credito, ecc.) costituenti il medesimo patrimonio in trust (trust fund). Inoltre, tale orientamento esclude alcuna forma di legittimazione processuale necessaria al beneficiario, in quanto l'atto costitutivo del trust attribuisce al beneficiario soltanto «facoltà assoggettate a valutazioni discrezionali del trustee e, comunque, facoltà, non connotate da realità». Di converso, un secondo orientamento interpretativo, ricordato nella pronuncia in analisi, tende a conferire al beneficiario una più ampia legittimazione processuale in virtù di una più complessa ricostruzione della sua posizione sostanziale in relazione alla natura delle domande processuali introdotte nei confronti del trust. Invero, con riferimento alla azione revocatoria ordinaria di cui all'art. 2901 c.c. le recenti pronunce della Suprema Corte n. 13175/2017 e n. 13388/2018 hanno riconosciuto al beneficiario la legittimazione processuale nel giudizio in qualità di litisconsorte necessario unitamente al trustee, in virtù del precipuo interesse di natura sostanziale di cui il beneficiario risulta, comunque, titolare nei confronti del disponente e, conseguentemente, del patrimonio in trust. Definito in tal modo il dibattito, nella fase seconda del percorso argomentativo in analisi l'ordinanza si diffonde nell'identificazione e nella ricostruzione ermeneutica della norma di diritto processuale internazionale privato astrattamente applicabile al fattispecie. Invero, il domicilio presso la Confederazione Elvetica del trustee, convenuto principale nel giudizio di merito, pone la Corte l'interrogativo circa l'ambito di applicazione delle regole sulla competenza giurisdizionale contenute nella Convenzione di Lugano del 2007. Conformemente ai principi comuni di diritto processuale internazionale privato, la Convenzione aderisce nell'art. 2 alla regola del foro del convenuto quale criterio generale per la determinazione della giurisdizione. Senonché, a tale criterio la medesima Convenzione sottopone espressamente molteplici deroghe, compiutamente enucleate nelle sezioni dalla 2 alla 7 del Titolo II. Orbene, nell'ambito delle deroghe in oggetto che la Corte, sulla base delle allegazioni della ricorrente principale, intraprende la disamina della fattispecie indicata nel numero 1 dell'articolo 6, ovvero quando «in caso di pluralità di convenuti, davanti al giudice del luogo in cui uno qualsiasi di essi è domiciliato, sempre che tra le domande esista un nesso così stretto da rendere opportuna una trattazione unica ed una decisione unica onde evitare il rischio, sussistente in caso di trattazione separata, di giungere a decisioni incompatibili». Tale disamina, invero, segue i canoni ermeneutici e i principi di elaborazione euro-unitaria definiti dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea in relazione all'articolo 6 del Regolamento (CE) 44/2001, così come globalmente richiamati dall'articolo 1 del Protocollo 2 allegato alla Convenzione medesima. In particolare, nel rispetto del principio giurisprudenziale in base alla quale le deroghe alla regola del foro del convenuto devono essere interpretate in maniera rigorosa (C-189/87, Kalfelis), la Corte di cassazione fa propri i rilievi interpretativi espressi dalla Corte di Giustizia nella sentenza C-98/06 Freeport in merito alla deroga relativa alla pluralità di convenuti con possibilità di decisioni incompatibili, individuando l'ambito di applicazione della deroga in analisi «qualora le domande promosse nei confronti di più convenuti siano connesse al momento del loro esperimento, vale a dire qualora sussista un interesse ad un'istruttoria e ad una pronuncia uniche per evitare il rischio di soluzioni eventualmente incompatibili se le cause fossero decise separatamente, senza che sia inoltre necessario verificare ulteriormente che dette domande non siano state presentate esclusivamente allo scopo di sottrarre uno di tali convenuti ai giudici dello Stato membro in cui egli ha il suo domicilio». Sulla base, pertanto, di tali coordinate ermeneutiche sopra identificate in merito alla posizione processuale del beneficiario nel trust e all'ambito applicativo del criterio sulla competenza giurisdizionale di cui all'art. 6 della Convenzione, che la Corte prende posizione sulla questione di giurisdizione nel caso di specie. Il contrasto giurisprudenziale sul riconoscimento in capo al beneficiario di un trust della legittimazione processuale nei giudizi di revocazione di cui all'art. 2901 c.c. suggerisce alla Corte di optare per una soluzione affermativa della giurisdizione. Difatti, sulla scorta delle recenti pronunce numero 13175/2017 e 13388/2018, la Suprema Corte riconosce a entrambe le convenute nel giudizio di merito, trustee e beneficiario finale, posizioni giuridiche soggettive ‘indissolubilmente avvinte' sul piano sostanziale nell' ‘unitario complesso rapporto di trust' e, dunque, allo stesso modo, sul piano processuale, ‘condizionate dalla contestazione della validità genetica della stessa costituzione del rapporto'. Per la Corte, invero, l'unitarietà del rapporto di trust sul piano sostanziale è la giustificazione sul piano processuale del vincolo di interdipendenza derivante tra le domanda di accertamento della nullità del trust e quella della restituzione dei beni del patrimonio del trust sui quali il beneficiario finale, a prescindere dalla natura discrezionale del trust medesimo, vanta una posizione giuridica soggettiva ‘di qualsivoglia specie', ‘un'aspettativa giuridicamente tutelabile'. Pertanto, sul piano della giurisdizione la Corte dichiara il radicamento della giurisdizione del giudice italiano adito alla luce della unitarietà del titolo e della interdipendenza delle domande proposte nel giudizio di merito, lasciando comunque al compito del giudice del merito qualsiasi valutazione sull'effettiva sussistenza di un diritto in capo al beneficiario finale. Osservazioni
Per la complessità delle questioni trattate e per la rilevanza delle soluzioni proposte la pronuncia in oggetto si pone come una pietra miliare nella ricostruzione del trust in Italia. Come si evince dalla soluzione del caso la Corte si è propriamente pronunciata sulla annosa questione della rilevanza sostanziale/processuale del beneficiario nei procedimenti giudiziali miranti alla contestazione del vincolo giuridico sui trust, riconoscendo al beneficiario una posizione giuridica soggettiva – un'aspettativa – sulla cui base radicare la propria legittimazione processuale a prescindere dalla natura discrezionale o meno del trust in analisi. Ebbene, tale soluzione sembra non tenere in debito conto l'ampio dibattito nella giurisprudenza e dottrina di common law in merito proprio alla formazione di trusts discrezionali. Particolarmente sviluppati nei paesi off-shore quali le Isole Cayman o Bahamas, tali trusts conferiscono al trustee poteri dispositivi particolarmente ampi sia sulla gestione del patrimonio in trust che, in alcuni casi, sulla ‘formazione' dell' ‘interesse al beneficio' (beneficial interest) e la sua attribuzione a soggetti indicati in un genere nel trust. Queste forme di trusts, definiti anche da celebre dottrina (Lionel Smith) quali ‘massively discretionary trusts', pongono molteplici questioni giuridiche di diritto sostanziale e processuale nei paesi di common law. Invero, queste forme di trust attribuiscono ad associazioni benefiche (charities) la qualità di ‘residuary/default beneficiaries', ovvero beneficiari di default la cui posizione in un trust emerge soltanto in casi specifici quali la conclusione del periodo di gestione del patrimonio. Tali soggetti, tuttavia, non sembrano atteggiarsi propriamente come beneficiari di trust, ovvero soggetti nei cui confronti è attribuito un chiaro interesse al beneficio dall'atto di costituzione e che possano vantare nei confronti del trustee una serie di rimedi diretti all'accertamento della sua gestione, bensì come ‘oggetti del potere discrezionale' del trustee (objects of discretionary powers), i.e. soggetti non hanno alcun interesse originario di beneficio sul patrimonio del trust, ma solo interessi funzionali al corretto esercizio del potere da parte del trustee. In questo senso si pronuncia generalmente la giurisprudenza inglese, come si evince dalle affermazioni fornite nel caso Re Manisty's Settlement dal giudice Templeman: «Se una persona considerata nell'ambito di esercizio del potere è consapevole dell'esistenza, ella potrà richiedere che i trustee considerino l'esercizio di siffatto potere e, in particolare, che considerino la sua domanda di esercitare il potere in suo favore. I trustee devono prendere in considerazione questa domanda e, se essi declinano volontariamente di fare così come gli viene chiesto o può essere provato di avere omesso di fare così come gli viene chiesto, allora il richiedente potrà chiedere alla Corte di poter rimuovere i trustees e nominarne degli altri a loro posto. Questo, come io lo comprendo, è il solo diritto e il solo rimedio di qualsiasi oggetto del potere». Sebbene su tali figure, e sui loro rispettivi poteri processuali, la dottrina e la giurisprudenza di common law si stanno confrontando negli ultimi anni – con risultati che ancora sono lungi dall'essere definiti compiutamente –, non si può nascondere come il dibattito circa il rapporto tra beneficiari e oggetti potere in un trust discrezionale possa portare la giurisprudenza italiana a conseguenze giuridiche di assoluto rilievo nel riconoscimento di posizioni giuridiche soggettive sul piano sostanziale e processuale. Invero, di fronte a trusts discrezionali con beneficiari di default sarebbe da chiedersi se la soluzione avallata dalla Corte nella pronuncia in analisi possa essere considerata come la più valida ed idonea. Infatti, l'assenza di alcun interesse al beneficio in capo al beneficiario di default porterebbe, semmai, alla conclusione opposta a quella prospettata dalla Corte, ovvero la sola legittimazione processuale in capo al trustee. Allo stesso modo, nell'analisi dei trusts discrezionali la pronuncia in commento erra nel devolvere completamente la qualificazione giuridica della posizione sostanziale del beneficiario convenuto alla fase di merito. Difatti, se è vero che il giudizio sulla questione di giurisdizione non potrebbe esporsi sulla concreta qualificazione della posizione giuridica in capo al beneficiario, tuttavia lo stesso giudizio non può esimersi dall'indagine, logicamente e sostanzialmente prioritaria, della natura giuridica di quel specifico ‘beneficiario' nel trust discrezionale. Tale indagine, invero, porrebbe la Corte di fronte a molteplici interrogativi sul piano sostanziale/processuale i cui effetti travalicherebbero anche la questione di giurisdizione alla stessa rappresentata, quali per esempio: – se il soggetto indicato quale beneficiario sia in realtà un oggetto del potere discrezionale del trustee; – se il trust non sia in realtà un trust con beneficiario, bensì un trust senza beneficiario di scopo; – se, conseguentemente, quel trust sia ammissibile o riconoscibile o, invece, debba essere qualificato quale una forma atipica di contratto di affidamento fiduciario. In conclusione, le possibili riposte derivanti dall'indagine in oggetto comporterebbero inevitabili conseguenze sia sul piano sostanziale – una fra tutte la qualificazione giuridica del negozio – che sul piano della giurisdizione, sui criteri di collegamento e, altresì, su tutte le questioni processuali inerenti alla partecipazione processuale dei soggetti chiamati in giudizio (legittimazione processuale e litisconsorzio necessario).
|