Rapporti tra sequestro giudiziario ed esito del giudizio di merito

Cesare Trapuzzano
19 Giugno 2019

Il sequestro giudiziario, quale provvedimento cautelare di natura conservativa o assicurativa, è per definizione destinato a conservare le ragioni del pretendente nell'ipotesi in cui questi sia vincitore della causa di merito a cui la richiesta cautelare è strumentale.
Il quadro normativo

Il sequestro giudiziario, quale provvedimento cautelare di natura conservativa o assicurativa, è per definizione destinato a conservare le ragioni del pretendente nell'ipotesi in cui questi sia vincitore della causa di merito a cui la richiesta cautelare è strumentale. Pertanto, l'autorizzazione del sequestro giudiziario è funzionale alla salvaguardia dell'utilità pratica della futura pronuncia di merito, essendo destinata a porre rimedio al pericolo astratto che il bene possa essere danneggiato o disperso. Esso mira a cautelarsi avverso potenziali atti pregiudizievoli della consistenza materiale della cosa controversa. Il che rende alquanto stretto il rapporto tra misura cautelare conservativa di autorizzazione del sequestro giudiziario ed esito della lite assicurato dalla misura.

Rigetto dell'azione di merito

Nessun dubbio ricorre ove l'azione di merito a cui è strumentale il sequestro giudiziario sia disattesa, ossia sia negato il diritto alla restituzione o consegna rivendicato dalla parte che ha ottenuto il sequestro. In questo caso, come espressamente disposto dall'art. 669-novies, comma 3, c.p.c., il sequestro perde immediatamente efficacia all'esito della sentenza di primo grado, che rigetta la domanda di merito, dichiarando inesistente il diritto a cautela del quale la misura del sequestro era stata concessa, ancorché essa non sia passata in giudicato. E tanto appunto perché è stata accertata l'inesistenza del diritto a fronte del quale la misura cautelare era stata rilasciata, statuizione di merito che travolge la misura cautelare adottata (Cass. civ., sez. II, 15 dicembre 1984, n. 6582). Medesima conclusione vale altresì per i provvedimenti cautelari anticipatori, ove al rilascio della misura concessa ante causam segua l'instaurazione del giudizio di merito. L'esito negativo della controversia sulla proprietà o sul possesso determina l'immediata inefficacia del provvedimento di sequestro, che può essere espressamente prevista dal provvedimento che definisce la controversia di merito oppure può essere oggetto di una declaratoria con separata ordinanza, all'esito dell'apertura di un subprocedimento attivato su ricorso rivolto al giudice che ha emesso il provvedimento, senza che vi sia necessità che al deposito del ricorso segua la convocazione della controparte. Al riguardo, la declaratoria di inefficacia del sequestro giudiziario, pronunciata d'ufficio dal giudice allorché sia dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale lo stesso era stato concesso, non incorre nel vizio di ultrapetizione, in quanto meramente ricognitiva di un effetto derivante ex lege, non avendo rilievo che la misura sia stata già eseguita o che l'inefficacia non sia stata espressamente richiesta dalla parte interessata (Cass. civ., sez. II, 11 aprile 2013, n. 8906). Dunque, non è richiesto che il verdetto negativo passi in cosa giudicata, affinché ne consegua l'inefficacia del provvedimento autorizzativo del sequestro giudiziario, essendo quest'ultima una conseguenza diretta dell'accertamento con sentenza ancora non passata in giudicato dell'inesistenza del diritto a cautela del quale la misura è stata emessa.

Accoglimento dell'azione di merito

Più dibattuto è il caso in cui, all'esito dell'emissione di una ordinanza autorizzativa di sequestro giudiziario ante causam o in corso di causa, il provvedimento conclusivo del giudizio di merito, sia esso instaurato nelle forme della cognizione ordinaria ovvero nelle forme del procedimento sommario di cognizione, accolga la pretesa, ossia dichiari fondata la domanda volta ad ottenere la restituzione del bene nelle more sottoposto a sequestro. In questa evenienza difetta una specifica disciplina, a differenza di quanto avviene, sia per l'esito negativo della lite, sia per il sequestro conservativo, di cui si prevede la conversione nel pignoramento ex art. 686 c.p.c.

Secondo un primo orientamento, anche in questo caso troverebbe applicazione, per analogia di ratio, il principio stabilito dall'art. 669-novies, comma 3, c.p.c., ossia basterebbe la pronuncia di accoglimento che dispone la condanna alla restituzione o alla consegna, quale pronuncia provvisoriamente esecutiva, affinché il sequestro giudiziario perda efficacia per essere totalmente assorbito nel più radicale provvedimento conclusivo del giudizio di merito. E ciò perché la provvisoria esecutività della condanna, di cui alla pronuncia di primo grado, dà diritto ad acquisire la disponibilità del bene sequestrato, determinando conseguentemente la perdita di efficacia del provvedimento cautelare. In altri termini, in questi casi la misura cautelare del sequestro ha esaurito i suoi effetti ed è destinata ad essere assorbita nella pronuncia di merito condannatoria alla restituzione della cosa. Sicché il custode nominato dovrebbe consegnare la res direttamente alla parte che ha vinto la causa di merito. E tanto anche nell'ipotesi in cui ciò non sia stato espressamente statuito.

Avverso questa ricostruzione si obietta che, qualora il sequestro giudiziario perdesse efficacia in ragione della sola pronuncia di prime cure che dispone la condanna alla restituzione della cosa, l'esigenza di salvaguardia dell'integrità fisica del bene, soddisfatta dalla concessione della misura cautelare, potrebbe essere inficiata da un possibile diverso esito della lite nelle fasi impugnatorie. In definitiva, l'integrità fisica del bene potrebbe essere definitivamente pregiudicata o, comunque, compromessa dall'avente diritto in base alla pronuncia di primo grado, ove in grado di appello si accerti che quel diritto non spettava, rigettando nel merito la domanda. Ma al rigetto della domanda non potrebbe seguire la reviviscenza del sequestro, cosicché la parte cui il bene in origine è stato sequestrato non potrebbe più recuperarlo, ma potrebbe far valere esclusivamente le proprie ragioni risarcitorie per equivalente. In questa prospettiva, si è ritenuto che il sequestro giudiziario continui a mantenere effetti fino a quando la sentenza di accoglimento della pretesa sostanziale non passi in cosa giudicata (Trib. Modena, 12 giugno 2007; App. Torino, 29 maggio 2002 e 27 dicembre 2002). Solo allora il custode dovrà restituire il bene al vincitore della causa in base a sentenza definitiva. Questa conclusione si scontra con il principio della provvisoria esecutività delle sentenze di condanna di prime cure, di cui all'art. 282 c.p.c. Piuttosto, l'ordinanza autorizzativa del sequestro giudiziario potrebbe continuare a mantenere effetti nonostante la pronuncia di primo grado di condanna alla restituzione, qualora la provvisoria esecutività della pronuncia sia sospesa ai sensi degli artt. 283, 351 e 373 c.p.c.

In forza di una tesi intermedia, la misura che concede il sequestro giudiziario sarebbe destinata ad essere assorbita nella pronuncia di merito, definitoria del giudizio di primo grado, che abbia disposto la condanna alla restituzione della cosa oggetto di sequestro, solo dopo che l'avente diritto abbia portato ad esecuzione tale pronuncia (Trib. Udine, 24 gennaio 2018). Proprio per effetto dell'attivazione del procedimento esecutivo sarebbe possibile il passaggio della cosa dal custode al creditore riconosciuto titolare del diritto alla restituzione della cosa, sulla scorta di sentenza di merito emessa a conclusione del giudizio a cognizione piena o sommaria.

Secondo la tesi della Cassazione (Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2008, n. 14765; ma vedi anche Cass. civ., Sez. Un., 10 giugno 2013, n. 14503, che, con riferimento ai provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c., ritiene che la misura cautelare sia assorbita dalla sentenza di merito favorevole), la pronuncia di accoglimento di primo grado provvisoriamente esecutiva è destinata ad assorbire la misura cautelare del sequestro giudiziario, senza che sia necessario che la sentenza o l'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione passi in giudicato. E ciò in applicazione del generale principio che riconosce la provvisoria esecutività delle sentenze di condanna. D'altro canto, ove vi sia un fumus di fondatezza dell'appello, ben può essere invocata la sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecutività della sentenza gravata. Né è escluso che la parte soccombente nel giudizio di primo grado possa chiedere al giudice dell'impugnazione il sequestro giudiziario dello stesso bene in ragione del possibile esito a lui favorevole dell'appello.

Conclusione con declaratoria in rito del giudizio di merito

Ma il giudizio di merito può concludersi anche con una declaratoria in rito, che nulla statuisca sulla fondatezza e/o infondatezza della pretesa sostanziale azionata. Si pensi ad una declaratoria di inammissibilità della domanda di merito introduttiva del procedimento sommario di cognizione, per essere la causa attratta alla competenza collegiale del tribunale delle imprese.

Tale esito non è assimilabile né a quello che accerti l'inesistenza del diritto né a quello che ne acclari l'esistenza. Ebbene, a fronte di questa evenienza, un primo indirizzo ritiene che l'efficacia della misura cautelare persista, non ricadendo l'ipotesi della declaratoria in rito in alcuna delle previsioni tassative di caducazione elencate dall'art. 669-novies c.p.c. (Cass. civ., sez. lav., 21 agosto 2007, n. 17778).

In base ad altra impostazione, la fattispecie dovrebbe ricevere lo stesso trattamento riservato dall'art. 669-novies, comma 3, c.p.c. all'ipotesi del rigetto, in quanto i due epiloghi sarebbero equiparabili (Trib. Torre Annunziata, 17 marzo 2004). Pertanto, il giudice che disattenda in rito la domanda dovrebbe altresì dichiarare inefficace il sequestro.

Un terzo indirizzo, che appare più condivisibile, assimila piuttosto la fattispecie della declaratoria in rito conclusiva del giudizio di merito al caso della estinzione di tale giudizio ex art. 669-novies, commi 1 e 2, c.p.c. (Trib. Roma, sez. spec. in materia di imprese, 7 luglio 2015; Pret. Roma, 19 febbraio 1997). Sicché la declaratoria di inefficacia del sequestro giudiziario, con la conseguente adozione degli accorgimenti volti a ripristinare la situazione pregressa, potrà conseguire solo all'apertura di un subprocedimento e all'indagine ad esso sottesa. Se all'istanza di dissequestro formulata con ricorso non seguano contestazioni, il giudice, previa convocazione delle parti, deciderà con provvedimento immediatamente esecutivo, avente la forma di ordinanza, con il quale disporrà la sopravvenuta inefficacia della misura conservativa. Ove, invece, insorgano contestazioni all'esito dell'instaurazione del contraddittorio, si aprirà una ordinaria istruttoria, che sfocerà con la decisione di merito provvisoriamente esecutiva, avente la forma di sentenza, la quale deciderà quanto all'inefficacia della misura in ragione della intervenuta pronuncia in rito ovvero per la sua persistente efficacia, con la congiunta possibilità di emanare, nel corso di tale trattazione, misure di modifica o revoca del sequestro. Ad ogni modo, non è necessario che la declaratoria in rito diventi inoppugnabile affinché possa essere dichiarata l'inefficacia della misura cautelare all'esito della convocazione delle parti (Cass. civ., Sez. Un., 16 luglio 2012, n. 12103).

Guida all'approfondimento
  • G. Anania, Gli effetti sul provvedimento cautelare della sentenza di accoglimento della domanda, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 91;
  • G. Diana, Il sequestro conservativo e giudiziario, Milano, 2009, 275;
  • G. Frus, Sequestro giudiziario e giudizio di merito - sulla sorte del sequestro giudiziario dopo la sentenza favorevole al sequestrante, in Giur. it., 2018, 7, 1632;
  • E. Merlin, Le cause della sopravvenuta inefficacia del provvedimento, in Il processo cautelare, V ed., a cura di G. Tarzia e A. Saletti, Padova, 2015, 437;
  • M. Pantaleo, Inefficacia del sequestro giudiziario - sequestro giudiziario ed inammissibilità della domanda ex art. 702 ter, 2° comma, c.p.c., in Giur. it., 2016, 1, 83;
  • M. Zumpano, voce Sequestro conservativo e giudiziario, in Enc. dir., XLII, Milano, 1990, 111.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario