Atti emulativi

Massimo Ginesi
02 Luglio 2019

Qualora il proprietario (o il titolare di altro diritto reale di godimento) eserciti facoltà connesse alla propria posizione giuridica soggettiva, senza che dalle stesse gli derivi una utilità concreta e con il solo ed unico scopo di recare danno o molestia a terzi, si rientra nella previsione dell'atto emulativo, previsto e vietato dall'art. 833 c.c. Trattasi di norma...
Inquadramento

Intorno al concetto di atto emulativo, si è svolto un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale nei primi anni successivi all'introduzione dell'art. 833 c.c., con posizioni anche assai contrastanti su aspetti significativi della fattispecie. Appare ormai esito consolidato che per darsi luogo ad atto emulativo debbano contemporaneamente sussistere una condotta attiva del proprietario, l'intenzione di nuocere (animus), assenza di utilità per chi lo compie e l'effettivo danno o molestia arrecati a terzi.

Si è invece a lungo discusso se il comportamento vietato debba essere necessariamente commissivo oppure l'emulatività possa essere ascritta anche a condotte omissive, esito cui è pervenuta parte della dottrina e che pare invece riconosciuto talvolta in giurisprudenza assai risalente.

Allo stesso modo, molto si è discusso se l'emulatività debba necessariamente riconnettersi ad atti di godimento del bene o possa ravvisarsi in atti di disposizione dello stesso, anche se l'elaborazione più autorevole giunge alla conclusione che la norma non consenta simili distinzioni, anche se - in concreto - la fattispecie delineata dall'art. 833 c.c. ha certamente maggior attitudine a concretizzarsi nel godimento del bene.

Quanto all'elemento soggettivo, si è ritenuto che debba necessariamente sussistere un animus nocendi, ossia la volontà specifica di arrecare danno o molestia ad altri, prova che in qualche misura risulta diabolica e che - ove applicata in maniera rigorosa - finirebbe per svuotare di gran parte del contenuto la norma precettiva; per rendere più efficace il divieto normativo, che certamente mira a proteggere da condotte solipsistiche del proprietario, si è tentato da taluni interpreti di individuare la sussistenza dell'elemento soggettivo insito nella stessa inutilità dell'atto per il suo autore.

Ne deriva, per converso, che la sussistenza di una qualche utilità, seppur minima, ha indotto taluni interpreti ad escludere la sussistenza di emulatività in quelle condotte che arrechino un vantaggio, seppur irrisorio, al loro autore; pare invece assai interessante il tentativo, compiuto da parte della giurisprudenza di merito più recente, di ricondurre anche la fattispecie di cui all'art. 833 c.c. al più ampio quadro degli interessi meritevoli di tutela, previsti in ambito contrattuale dall'art. 1322, comma 2, c.c. e, segnatamente, ad un giudizio di comparazione fra utilità e danno arrecato, nell'ambito di una valutazione volta ad accertare l'eventuale abuso del diritto, con letture che, indubbiamente, aprono scenari sconfinati alla valutazione in fatto rimessa al giudice del merito.

Con riferimento al danno, infine, posto che la norma fa riferimento alternativo a tale categoria concettuale e alla molestia, si ritiene che valga a conferire emulatività alla condotta non solo la causazione di un danno in senso tecnico, ma anche la compressione ingiustificata di facoltà altrui, quali la comodità o utilità.

In questo senso potrebbe essere interessante e di significativa rilevanza applicativa una lettura dell'art. 833 c.c. che, travalicando il concetto assoluto di dominus, riconduca anche i diritti soggettivi assoluti - e le facoltà agli stessi connesse - nel più ampio quadro armonico e teleologicamente orientato della solidarietà delineato dall'art. 42 Cost.

Si è infine ritenuto che l'art. 833 c.c. costituisca norma di carattere generale, destinata a non trovare applicazione ove le facoltà del singolo proprietario (o possessore, poichè anche a tale soggetto è stato ritenuto applicabile il divieto di atti emulativi) trovino già limitazioni (e rimedi) specifici previsti dalla legge, come nella materia delle distanze legali (Cass.civ., sez. II, 10 dicembre 2015, n. 24968).

Tale tesi, tuttavia, rischia di mostrare tutti i suoi limiti nello specifico ambito del condominio, ove il tema delle distanze - nel caso la vicenda riguardi beni comuni - è ritenuto da consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass.civ., sez. II 15 giugno 2017, n. 14916) applicabile solo ove compatibile con le facoltà riconosciute al singolo ex art. 1102 c.c., circostanza che ben potrebbe legittimare condotte tipicamente emulative ove taluno si opponesse ad installazioni che non recano in concreto alcun disagio e al solo fine di nuocere al singolo che intende provvedervi.

Analoghe considerazioni possono essere avanzate, a seguito della novella del 2012, con riguardo alle previsioni degli artt. 1122 e 1122-bis c.c., laddove le eventuali posizioni espresse dall'assemblea nei confronti del singolo che intenda procedere a modifiche delle parti comuni (o individuali) finiscano per avere, come frequentemente accade, ragioni eminentemente ostative ed emulative.

L'eventuale accertamento della sussistenza di emulatività nella condotta dell'agente comporterà l'obbligo di costui di provvedere anche al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2043 c.c., secondo gli ordinari canoni per responsabilità da fatto illecito.

Fra emulatività e abuso del diritto

La più accorta giurisprudenza di merito (Trib. Reggio Emilia 16 giugno 2015, n. 964) ha, di recente, tentato di individuare la sussistenza nell'ordinamento di un principio generale di divieto di abuso del diritto, che tuttavia non risulta in realtà previsto da alcuna norma del codice civile e che potrebbe invece essere individuato in specifiche disposizioni di cui l'art. 833 c.c. rappresenta il più pertinente ed indicativo esempio, seppur limitato allo specifico campo dei diritti reali; la pronuncia evidenzia, al fine di sostenere un principio generale di adeguatezza e di divieto di abuso, come anche nello specifico campo dei diritti reali, l'ordinamento perda interesse alla tutela di posizioni giuridiche soggettive che ritiene non meritevoli (ad esempio, riguardo alla necessità di accettare immissioni tollerabili, ex art. 844 c.c., o alla impossibilità per il proprietario del suolo di opporsi ad attività che si volgano ad altezze o profondità di fatto irrilevanti, a norma dell'art. 840, comma 3, c.c. ).

Allo stesso principio di contrasto dell'abuso si ispira il principio della buona fede in materia contrattuale, laddove si individua in tale criterio un principio generale ed astratto volto a correggere rapporti interprivatistici che, seppur astrattamente leciti, paiono improntati ad irragionevolezza.

Anche la giurisprudenza di legittimità ha finito per elaborare un principio generale di divieto di abuso del diritto, costituzionalmente orientato, riconoscendo che tale situazione “si verifichi allorché l'esercizio del diritto da parte del titolare si esplicita attraverso l'uso abnorme delle relative facoltà ed è indirizzato a un fine diverso da quello tutelato dalla norma” (Cass.civ., sez. lav., 7 maggio 2013, n. 10568, Cass.civ., sez. I, 15 ottobre 2012, n. 17642).

In tale ottica, si sono identificati gli elementi costitutivi dell'abuso del diritto: “la titolarità di un diritto soggettivo, con possibilità di un suo utilizzo secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; l'esercizio concreto del diritto in modo rispettoso della cornice attributiva, ma censurabile rispetto ad un criterio di valutazione giuridico od extragiuridico; la verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare ed il sacrificio cui è costretta la controparte” (Trib. Reggio Emilia, 964/2015 cit.).

Si tratta di categorie concettuali generali che ben possono consentire anche una lettura attualizzata ed efficace dell'art. 833 c.c., specie in un ambito magmatico come quello condominiale, ove istanze e pulsioni meta-giuridiche spesso sono sottese a condotte e contestazioni la cui componente emulativa appare assai poco mimetizzata dietro lo schermo di apparentemente formali impugnative di delibera o azioni a tutela della proprietà individuale: tuttavia tale ipotesi interpretativa sembra non avallata dalla giurisprudenza di legittimità, che continua a fornire una lettura restrittiva dell'art. 833 c.c.

In evidenza

L'atto emulativo presuppone lo scopo esclusivo di nuocere o recare pregiudizio ad altri in assenza di qualsivoglia utilità per il proprietario, non potendo essere ricondotto a tale categoria l'atto comunque ri-spondente ad un interesse di quest'ultimo.

L'emulatività nella lettura della giurisprudenza

La Corte di Cassazione, con orientamento consolidato, esclude la sussistenza di emulatività nella condotta del soggetto che difende un proprio diritto reale, ad esempio chiudendo il fondo (Cass.civ., sez. II 31 ottobre 2018, n. 27916).

D'altro canto, si è osservato che non ogni atto illegittimo compiuto dal dominus (nel caso specifico con riguardo ad una azione di rivendicazione da parte di alcuni condomini, avente ad oggetto terreno esterno al condominio) costituisce atto emulativo, poiché l'illecito previsto dall'art. 833 c.c. richiede “dolo specifico”, non essendo sufficiente la mera mancanza di utilità per l'agente: la norma richiede un elemento soggettivo specifico consistente nell'esclusivo scopo di nuocere ai terzi, senza un proprio reale vantaggio, rispetto al quale il profilo della contrarietà al diritto oggettivo non può acquisire, di per sè, carattere dirimente; l'onere probatorio, riguardo alla sussistenza di tutti gli elementi costituitivi dell'atto abusivo, incombe su chi intende far valere in giudizio tale caratteristica, ossia la vittima della condotta emulativa (Trib. Torino 12 marzo 2018, n. 1214).

Con riguardo allo specifico campo del diritto condominiale, va osservato che la valutazione del giudice del merito sul bilanciamento di benefici e danno, principio astrattamente ammesso in tema di abuso del diritto, è stata in più occasioni specificamente esclusa dalla corte di legittimità con riguardo alla applicazione dell'art. 833 c.c., laddove ha escluso ogni emulatività nella condotta della condomina che richiede il ripristino dell'impianto di riscaldamento, illecitamente dismesso dalla assemblea, pur potendosi la stessa dotare, con assai minor disagio e spesa, di impianto autonomo e pur risultando manifestamente sproporzionato, per onerosità, il ripristino dell'impianto centralizzato rispetto alla adozione di un impianto individuale da parte della dissenziente: “ non può ritenersi emulativo l'atto che comunque risponda a un interesse del proprietario, dovendo escludersi che il giudice possa compiere una valutazione comparativa discrezionale fra gli interessi in gioco ovvero formulare un giudizio di meritevolezza e di prevalenza fra l'interesse del proprietario e quello di terzi. Orbene, nella specie il diritto al ripristino dell'impianto di riscaldamento rispondeva all'utilità della condomina di poter usufruire di un servizio comune che era stato illegittimamente disattivato dall'assemblea dei condomini che, proprio in attuazione di tale illegittima delibera, si erano poi dotati di impianto autonomo” (Cass.civ., sez. II, 22 gennaio 2016, n. 1209).

Nello stesso senso, si è ritenuta non emulativa la condotta del condomino che agisca per vedere chiudere vedute illegittime, senza che sia consentito alcun giudizio di comparazione fra il modesto vantaggio dell'attore ed il grave pregiudizio del convenuto e ritenendo comunque idoneo ad escludere l'animus nocendi l'interesse ad agire per la tutela della propria riservatezza (Cass.civ., sez. II, 19 maggio 2017, n. 12688).

La corte di legittimità ha sempre mostrato di intendere il precetto di cui all'art. 833 c.c. in maniera residuale e restrittiva, qualificandolo come un limite esterno al diritto di proprietà, sì da considerare comunque esclusa l'emulatività ogni volta che la condotta dell'agente conservi un'utilità, seppur marginale, che la giustifichi: così l'apposizione di un telo verde sulla recinzione fra due fondi è stata ritenuta legittima e non emulativa, poichè, seppur non totalmente oscurante, era comunque volta a tutelare la privacy di colui che l'aveva installata, con ciò facendo venir meno ogni possibile valutazione sull'intento lesivo nei confronti del confinante (Cass.civ., sez. VI, 28 marzo 2013, n. 7805, in senso conforme, su fattispecie simile, v. Cass.civ., sez. II, 7 marzo 2012, n. 3598).

Sempre in ambito condominiale non è stata ritenuta emulativa la decisione della assemblea che deliberi il ripristino di una recinzione fra la terrazza a livello comune e la proprietà individuale di un singolo condomino, poichè tale iniziativa deve ritenersi volta a garantire l'accesso a tutti i condomini alla parte comune e a preservare la stessa da fenomeni acquisitivi per usucapione (Cass.civ., sez. II, 27 giugno 2005, n. 13732).

Apprezzabile ricostruzione sistematica si rinviene invece in pronuncia di legittimità, ormai non più recentissima (Cass.civ., sez. II, 11 aprile 2001, n. 5421): l'atto emulativo è ricondotto nell'ambito dei limiti delle facoltà di godimento del proprietario e, dunque, da intendersi quale limite al contenuto del diritto di proprietà; sulla scorta di tali premesse, la corte ha ravvisato l'emulatività nella condotta di colui che installa una finta telecamera sul muro comune e puntata sul fondo del vicino: in tal caso è palese l'assenza di alcuna utilità dell'azione per colui che la compie e del mero intento di arrecare disturbo ad altri.

Si è ancora osservato che anche il maggior uso consentito ai sensi dell'art. 1102 c.c., ove si traduca in concreto nel mero intento di arrecare pregiudizio agli altri condomini senza una concreta utilità per l'agente, potrebbe essere ascritto alla fattispecie degli atti emulativi, che è - per converso - da escludere laddove l'attività del singolo apporti comunque un beneficio, di qualunque entità (Cass. civ., sez. II, 30 maggio 1978, n. 2749).

Allo stesso modo, non è stata ritenuta emulativa la condotta dell'amministratore del condominio volta a far accertare un uso illecito della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., con specifico riguardo alle escavazioni compiute dal singolo per ampliare i propri locali nel sottosuolo comune (Cass.civ., sez. II, 30 dicembre 1997, n. 13102).

Ipotesi per un condominio non emulativo

L'esperienza giudiziale in tema di contenzioso condominiale insegna che si tratta di contesto socio-fattuale in cui molte istanze, apparentemente legittime, trovano assai spesso movente sostanziale e concreto in tensioni emotive elevate, determinate dall'obbligo di condividere spazi e servizi comuni.

In tale peculiare quadro una rivisitazione dell'atto emulativo, in un'ottica orientata verso l'abuso del diritto e verso valori costituzionali di adeguatezza, rispetto e socialità, ben potrebbe risolvere contrapposizioni personali che una lettura formalistica dell'utilità e della posizione soggettiva, unitamente alla probatio diabolica che l'attore è chiamato a fornire in ordine all'elemento soggettivo, rendono di fatto la tutela fornita dall'art. 833 c.c. del tutto residuale (prova ne sia lo scarso materiale giurisprudenziale che, sul punto, si è formato in oltre settanta anni di vigenza del codice civile).

A tal proposito, non può non rilevarsi come la novella del 2012 abbia introdotto modifiche normative ben si prestano ad un utilizzo emulativo: oggi il condomino che intenda introdurre modifiche nella propria unità, suscettibili di incidere su parti comuni (apertura di finestre o porte, realizzazioni di terrazze a tasca, ampliamenti o modifiche volumetriche, ecc.), è tenuto ad avvisare l'amministratore che ne riferirà in assemblea, ai sensi dell'art. 1122 c.c.; allo stesso modo deve condursi anche il condominio che voglia installare in proprio gli impianti tecnologici di cui all'art. 1122 bis c.c., mentre il condomino che intenda indurre l'assemblea a deliberare sulle c.d. innovazioni virtuose di cui all'art. 1120, comma 2, c.c. deve avanzare esplicita istanza all'amministratore, corredata di idonea documentazione.

Nei primi due casi l'assemblea non ha alcun potere nè di autorizzazione nè di veto, ma nell'ipotesi di cui all'art. 1122-bis c.c. può prescrivere modifiche che ritiene necessarie al progetto di intervento; nell'ipotesi delle innovazioni virtuose invece l'amministratore può non convocare l'assemblea invitando il condomino a perfezionare la documentazione tecnica fornita.

Quali migliori contesti immaginare per una applicazione concreta della peggior emulatività, laddove l'assemblea, in un caso, o l'amministratore, nell'altro, intendano semplicemente ostacolare la realizzazione dell'intervento, prescrivendo adempimenti meramente estetici o voluttuari - magari costosissimi - oppure si continuino a richiedere integrazioni documentali superflue; sarà la giurisprudenza dei prossimi anni ad evidenziare se si tratti effettivamente di ambiti in cui l'art. 833 c.c. possa trovare rinnovata applicazione.

CASISTICA

Difesa diritto reale

La pretesa del proprietario di un terreno di difendere il proprio diritto reale esclude la configurabilità del presupposto, necessario ex art. 833 c.c. per aversi atto emulativo, dell'assenza di qualsiasi utilità in capo al proprietario (Cass.Civ., sez. II, 31 ottobre 2018, n. 27916).

Dolo specifico

In tema di atti d'emulazione gli elementi costitutivi di tale ipotesi legale sono ravvisati, sul piano oggettivo, nel danno e nella molestia altrui e, sul terreno soggettivo, nell'animus nocendi, consistente nell'esclusivo scopo di nuocere ai terzi senza un proprio reale vantaggio. Il tenore del dettato normativo induce a ritenere che non possa rilevare, a tale specifico fine, l'illegittimità per altro verso sussistente nell'attività spiegata dal titolare del bene, in quanto ciò che la norma richiede è un coefficiente psicologico di particolare pregnanza (dolo specifico), rispetto al quale il profilo della contrarietà al diritto oggettivo non può acquisire, per sé solo, carattere dirimente (Trib. Torino 12 marzo 2018, n. 1214).

Interesse ed elemento soggettivo

L'atto emulativo presuppone lo scopo esclusivo di nuocere o recare pregiudizio ad altri in assenza di qualsivoglia utilità per il proprietario, non potendo essere ricondotto a tale categoria l'atto comunque rispondente ad un interesse di quest'ultimo (fattispecie relativa ad una veduta e alla rimozione di alcuni vasi di fiori) (Cass.civ., sez. II, 19 maggio 2017, n. 12688).

Dismissione impianto di riscaldamento

L'atto emulativo vietato ex art. 833 c.c. presuppone lo scopo esclusivo di nuocere o di recare pregiudizio ad altri, in assenza di una qualsiasi utilità per il proprietario, sicché non è riconducibile a tale categoria un atto comunque rispondente ad un interesse del proprietario, né potendo il giudice compiere una valutazione comparativa discrezionale fra gli interessi in gioco o formulare un giudizio di meritevolezza e prevalenza fra gli stessi (nella specie, si era cassata la sentenza di merito, che aveva ritenuto emulativa la richiesta di ripristino dell'impianto di riscaldamento centralizzato, soppresso da una delibera dichiarata illegittima, considerando la sproporzione tra i costi necessari all'uopo e quelli per realizzare un impianto unifamiliare nell'appartamento dell'istante) (Cass.civ., sez. II, 22 gennaio 2016, n. 1209).

Distanze

Per aversi condotta emulativa, vietata dall'art. 833 c.c. è necessario che l'atto di esercizio del diritto sia privo di utilità per chi lo compie e che sia stato posto in essere con il solo scopo di nuocere o di recare molestia a altri; non è, quindi, riconducibile a tale categoria l'esercizio di un diritto riconosciuto dall'ordinamento, con modalità consentite, e non altrimenti surrogabili, come in caso di azione del proprietario che chieda la riduzione della costruzione realizzata dal vicino in violazione delle distanze legali (Cass.civ., sez. II, 10 dicembre 2015, n. 24968)

Abuso del diritto

Pur se il codice civile non contiene una previsione generale di divieto di esercizio del diritto in modo abusivo, ma solo specifiche disposizioni in cui viene sanzionato l'abuso con riferimento all'esercizio di determinate posizioni soggettive, da tali singole ipotesi può enuclearsi un principio generale di divieto si esercizio del diritto in modo abusivo, ricorrente in tutti quei casi in cui si verifica un'alterazione della funzione obbiettiva dell'atto rispetto al potere di autonomia che lo configura, o perché si registra un'alterazione del fattore casuale, o perché si realizza una condotta contraria alla buona fede ovvero comunque lesiva della buona fede altrui. Gli elementi costitutivi dell'abuso sono tre: la titolarità di un diritto soggettivo, con possibilità di un suo utilizzo secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; l'esercizio concreto del diritto in modo rispettoso della cornice attributiva, ma censurabile rispetto ad un criterio di valutazione giuridico od extragiuridico; la verificazione, a causa di tale modalità di utilizzo, di una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare ed il sacrificio cui è costretta la controparte (Trib. Reggio Emilia 16 giugno 2015, n. 964).

Limite esterno al diritto di proprietà

Il carattere emulativo come limite esterno al diritto di proprietà, esercitabile dal confinante, deve essere valutato in termini restrittivi, anche quale residua utilità, per cui seppure l'opera può non rispondere completamente ai requisiti funzionali che ne giustificano la realizzazione, tuttavia la obiettiva idoneità a soddisfarli in gran parte consente l'esclusione del carattere emulativo (escluso, nella specie, il carattere emulativo dell'atto posto in essere dal confinante che aveva apposto un telo verde sulla rete divisoria di due proprietà, per tutelare la propria privacy) (Cass.civ., sez. VI, 28 marzo 2013, n. 7805).

Guida all'approfondimento

Celeste - Scarpa, Il condominio negli edifici, Milano, 2017, 207;

Nigro, Brevi note in tema di abuso del diritto (anche per un tentativo di emancipazione dalla nozione di buona fede), in Giust. civ., 2010, 11, 2547;

Celeste, L'applicabilità del divieto di atti emulativi, in La proprietà edilizia, 2009, fasc. 9, 47;

Restivo, Contributo ad una teoria dell'abuso del diritto, Milano, 2007;

Patti, Abuso del diritto, in Enc. giur., I, Milano 2007;

Dossetti, Atti emulativi, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988;

Salvi, Abuso del diritto, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988;

Costantino, Contributo alla teoria della proprietà, Napoli, 1967, 167;

Natoli, La proprietà, Milano, 1976;

Torrente, Emulazione”, in Nuovo dig. it., Torino, 1960, 521.

Sommario