Nel pubblico impiego il diritto al superiore inquadramento va accertato di volta in volta
17 Luglio 2019
Massima. In tema di rapporto di impiego privatizzato, il diritto a ricevere le retribuzioni proprie delle mansioni superiori rispetto a quello di formale inquadramento sorge, di tempo in tempo, in ragione del concreto esercizio di esse e non dà luogo a modificazioni definitive del rapporto sotto il profilo dell'acquisizione della corrispondente migliore qualifica, con la conseguenza che il giudicato maturato rispetto a periodi in cui è stato riconosciuto il diritto a tali retribuzioni superiori, per esservi stato esercizio delle corrispondenti mansioni, non pone a carico del datore di lavoro l'onere di allegare e dimostrare, rispetto ai periodi successivi, per i quali il lavoratore rivendichi il persistere del diritto alle differenze retributive, il verificarsi di mutamenti fattuali, spettando al lavoratore la prova in concreto di avere continuato a svolgere mansioni superiori rispetto a quelle di inquadramento. Il caso. La Suprema Corte affronta il caso di un lavoratore che con diversi giudizi, che riguardavano periodi storici differenti, ha rivendicato nei confronti dell'INPS il diritto al riconoscimento di differenze retributive per l'esercizio di mansioni superiori. In particolare, un primo giudizio si era concluso con sentenza di condanna nei confronti dell'INPS passata in giudicato rispetto all'an e ancora sub iudice rispetto al quantum, la sentenza d'appello relativa al secondo periodo era stata annullata per ragioni processuali sotto il profilo dell'estensione degli effetti della sentenza di cassazione del primo periodo ed il terzo giudizio, deciso dalla sentenza in commento, aveva ad oggetto differenze retributive per un periodo ancora successivo. La Suprema Corte ha affrontato due aspetti: gli effetti del giudicato sulle obbligazioni periodiche nel pubblico impiego privatizzato e la ripartizione dell'onere probatorio.
Gli effetti del giudicato. Gli Ermellini richiamano recenti pronunce che hanno precisato che l'effetto del giudicato riguarda le obbligazioni periodiche che costituiscono il contenuto del rapporto accertato dal precedente giudicato, sulle quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro. Tuttavia, nel pubblico impiego privatizzato, lo svolgimento di mansioni superiori non può comportare l'acquisizione delle corrispondenti qualifiche (come previsto dall'art. 52, comma 1, seconda parte, d.lgs. n. 165 del 2001 e, in precedenza, dall'art. 25, d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal d.lgs. n. 80 del 1998) ma solo il diritto alle maggiori retribuzioni. Da ciò deriva che lo svolgimento di mansioni superiori non comporta la maturazione di effetti destinati a durare nel tempo, né esso è fonte di una stabile modifica alla configurazione del rapporto di durata quale preesistente tra le parti.
La ripartizione dell'onere probatorio. Alla luce di tale principio, è evidente che il lavoratore è pienamente onerato, per i vari periodi azionati con separati giudizi, dell'allegazione e della dimostrazione del riprodursi dei fatti costitutivi del diritto alle retribuzioni superiori senza che, da questo punto di vista, possano operare in suo favore, rispetto a periodi successivi, gli effetti giuridici di un pregresso giudicato relativo a periodi antecedenti. Solo una volta accertati tali fatti costitutivi, a condizione che il regime giuridico sia rimasto invariato, il precedente giudicato può avere effetto quanto alla qualificazione giuridica delle mansioni (superiori) espletate. Dunque, il pregresso giudicato può risultare vincolante, una volta accertato il reiterarsi dell'esercizio della medesima attività e a condizione del permanere della medesima disciplina collettiva, rispetto alla qualificazione di tale attività come inerente a mansioni superiori ed alle conseguenze retributive che ne derivano. Inoltre, quanto precedentemente accertato può costituire dato istruttorio utilizzabile, ove ritenuto utile e pertinente per l'apprezzamento giudiziale (che resta del tutto autonomo) relativo al periodo oggetto della nuova controversia.
(Fonte: Diritto e Giustizia - di Ilaria Leverone)
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