Anche in sede di concordato, il giudice d'appello deve valutare la congruità della pena e i presupposti applicativi

Redazione Scientifica
29 Luglio 2019

Con la sentenza n. 31247, la Prima Sezione delinea i fondamenti applicativi dell'istituto del c.d. concordato sui motivi in appello, di cui all'art. 599-bis c.p.p., inserito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, con cui si concede la possibilità di negoziare la pena in appello previa rinuncia agli altri motivi...

Con la sentenza n. 31247, la Prima Sezione delinea i fondamenti applicativi dell'istituto del c.d. concordato sui motivi in appello, di cui all'art. 599-bis c.p.p., inserito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, con cui si concede la possibilità di negoziare la pena in appello previa rinuncia agli altri motivi: tale istituto, come ricorda la Cassazione, è sempre soggetto al controllo di legalità sulla pena che si esercita mediante la verifica dei presupposti per l'applicazione degli istituti giuridici che sono coinvolti dal concordato, quali la definizione giuridica dei fatti oggetto d'imputazione, gli eventuali elementi circostanziali, i benefici della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna, nonchè al vaglio giudiziale sull'adeguatezza e proporzionalità del trattamento sanzionatorio individuato dalle parti. Per come delineato dal legislatore e per la sua funzione deve escludersi che il negoziato sui motivi vincoli il giudice all'obbligo di accoglierlo e recepirlo in sentenza, così modificando la decisione di primo grado, poichè il thema decidendum, come devoluto alla sua cognizione con l'impugnazione, resta sempre rimesso al potere-dovere discrezionale di apprezzamento e di considerazione giuridica del giudice a prescindere dalle concordi determinazioni delle parti, esercitabile anche in riferimento al profilo della congruità della pena dalle stesse indicata rispetto alla sua funzione di strumento di rieducazione del condannato nei limiti di cui all'art. 27 Cost., comma 3. Inoltre, l'art. 599-bis c.p.p., comma 3, stabilisce testualmente che: “Il giudice se ritiene di non poter allo stato accogliere la richiesta, ordina la citazione a comparire in dibattimento”, ed analogamente, l'art. 602 c.p.p., nuovo comma 1-bis prevede che “se le parti richiedono concordemente l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell'art. 599-bis c.p.p., quando il giudice ritiene che la richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone la prosecuzione del dibattimento”. Entrambe le disposizioni riservano al giudice la facoltà di disattendere l'istanza e di disporre la prosecuzione del processo nelle forme ordinarie senza porre limitazioni all'esercizio del relativo potere delibativo. Secondo il Collegio, deve quindi formularsi il seguente principio di diritto: Alla Corte di appello, cui sia rivolta istanza di concordato sui motivi di appello con rinuncia su alcuni di essi ed eventuale determinazione pattizia della pena, è sempre consentito verificare la ricorrenza dei presupposti applicativi degli istituti giuridici coinvolti nel concordato e la congruità della pena indicata dalle parti”.

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