Sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza di assegnazione e mancata riassunzione del giudizio di merito
04 Settembre 2019
Massima
Una volta disposta in fase cautelare la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento che ha chiuso e definito il processo esecutivo, la parte che intende eliminare definitivamente detto provvedimento è tenuta a coltivare il giudizio di merito volto ad accertarne l'illegittimità, provocando, in difetto, la rimozione della sospensione dell'efficacia esecutiva e la reviviscenza dell'originario provvedimento di assegnazione. Il caso
I fatti portati alla cognizione del tribunale di Roma riguardano un pignoramento presso terzi promosso nei confronti di una parte debitrice, con richiesta di assegnazione delle somme in base alla dichiarazione resa dal terzo Equitalia Giustizia. Il G.E. ha assegnato le somme con ordinanza del 26 maggio 2017 e, a seguito di ricorso in opposizione agli atti esecutivi proposto dal terzo pignorato con cui si chiedeva la sospensione dell'ordinanza di assegnazione, ha sospeso (con decreto inaudita altera parte, poi confermato dall'ordinanza cautelare resa all'esito dell'udienza appositamente fissata per la discussione) gli effetti esecutivi dell'ordinanza di assegnazione. Il giudizio di merito non è stato riassunto e il creditore ha presentato istanza con cui chiedeva la conferma dell'ordinanza di assegnazione. Il giudice, con decreto del 12 settembre 2018, ha revocato la sospensione concessa in fase cautelare e ha dichiarato l'esecutività dell'ordinanza di assegnazione delle somme per la mancata riassunzione del merito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi. La società terza pignorata ha presentato ricorso di opposizione agli atti esecutivi avverso il richiamato decreto lamentando che non era necessaria la riassunzione della fase di merito per la ritenuta cristallizzazione degli effetti derivanti dalla sospensione degli effetti esecutivi e l'impignorabilità assoluta delle somme detenute presso il Fondo Unico di Giustizia. La questione
La questione giuridica sottoposta alla cognizione del tribunale di Roma, in composizione monocratica, è se una volta disposta in fase cautelare la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento che ha chiuso e definito il processo esecutivo (nella specie l'ordinanza di assegnazione delle somme), la parte che intende eliminare definitivamente detto provvedimento è tenuta a coltivare o meno il giudizio di merito volto ad accertarne l'illegittimità. Ed ancora se la mancata riassunzione del giudizio di merito provoca la rimozione della sospensione dell'efficacia esecutiva e la reviviscenza dell'originario provvedimento di assegnazione. Le soluzioni giuridiche
Il tribunale di Roma, in composizione monocratica, con l'ordinanza in commento, ha ritenuto che la mancata riassunzione del giudizio di merito, disposta in fase cautelare la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento che ha chiuso e definito il processo esecutivo, provoca la rimozione della sospensione dell'efficacia esecutiva e la reviviscenza dell'originario provvedimento di assegnazione delle somme. Il tribunale adito ha, innanzi tutto, richiamato il principio di cristallizzazione degli effetti dell'ordinanza di sospensione del processo esecutivo, disposta ai sensi sia dell'art. 615 c.p.c., sia dell'art. 617 c.p.c., ritenendo tuttavia che detto principio non potesse trovare applicazione nel caso sottoposto al suo esame, poiché l'esecuzione si era chiusa con un provvedimento di assegnazione delle somme, poi opposto ai sensi dell'art. 617 c.p.c. Parimenti il tribunale ha affermato la diversità dell'ipotesi in questione rispetto alla sospensione del processo disposta per motivi ex art. 617 c.p.c. o per motivi riconducibili all'art. 615 c.p.c., dove non necessita la riassunzione della causa nel merito, poichè l'interesse è quello alla rimozione e/o estinzione della procedura esecutiva e ha richiamato anche l'art. 624, commi 3 e 4, c.p.c., dove è lo stesso legislatore che prevede l'estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento, provvedendo anche sulle spese, nei casi di sospensione del processo disposta ai sensi del primo comma, se l'ordinanza non viene reclamata o viene confermata in sede di reclamo, e il giudizio di merito non è stato introdotto nel termine perentorio assegnato ai sensi dell'articolo 616 c.p.c. La conseguente statuizione del tribunale ha disposto il rigetto dell'istanza di sospensione e la condanna della società terza pignorata al pagamento delle spese processuali, con assegnazione del termine per l'introduzione del giudizio di merito.
Osservazioni
Il tribunale di Roma, nell'ordinanza in commento, ha richiamato la sentenza della Corte di cassazione n. 7043/2017, che, dopo avere affermato che il legislatore ha voluto realizzare una finalità deflattiva attribuendo alla sospensione dell'esecuzione ex art. 624 c.p.c. la capacità potenziale di determinare effetti analoghi a quelli di un provvedimento (parzialmente) anticipatorio degli esiti della decisione di merito, ha ritenuto operante il meccanismo di “stabilizzazione evolutiva” della sospensione in estinzione ex art. 624, comma 3, c.p.c., in caso di mancata introduzione o riassunzione del giudizio di merito anche laddove il provvedimento di sospensione sia stato pronunciato per la prima volta dal tribunale in sede di reclamo, e non solo quando esso sia stato emesso direttamente dal giudice dell'esecuzione e non sia stato reclamato o sia stato confermato in sede di reclamo. Per ragioni di coerenza sistematica, poi, i Giudici di legittimità hanno sostenuto che l'estinzione dell'esecuzione ex art. 624, comma 3, c.p.c., si verifica anche nell'ipotesi di estinzione del giudizio di merito sull'opposizione, pur tempestivamente introdotto o riassunto. La previsione della possibilità di una sorta di "stabilizzazione evolutiva" del provvedimento di sospensione dell'esecuzione (che presuppone una sommaria valutazione di presumibile fondatezza dell'opposizione stessa) significa che lo stesso ha l'effetto di determinare l'estinzione della procedura esecutiva, in mancanza della fase di merito dell'opposizione, così consentendo al debitore opponente di ottenere la cessazione degli effetti del pignoramento senza che vi sia la necessità di iniziare il giudizio a cognizione piena (salva l'ipotesi in cui il debitore intenda conseguire gli effetti del giudicato sull'opposizione). Con il conseguente corollario che sarà il creditore procedente a introdurre il giudizio di merito, se vuole evitare l'estinzione del processo esecutivo. Il tribunale di Roma ha pure rigettato la richiesta di sospensione per la dedotta impignorabilità delle somme, richiamando la giurisprudenza di legittimità che ha affermato che le contestazioni sulla regolarità formale dei singoli atti del procedimento esecutivo, prospettabili con l'opposizione ex art. 617 c.p.c., ove non siano state tempestivamente dedotte nel termine di decadenza previsto per l'esperimento di tale rimedio, non possono più essere fatte valere attraverso l'impugnazione del decreto di trasferimento, adducendone una nullità riflessa o derivata da precedenti vizi del procedimento che non siano stati a suo tempo denunciati con la detta opposizione (Cass. civ., Sez.Un., 3 luglio 1993, n. 7289). Il principio affermato è nel senso che l'intervenuta decadenza causata dalla mancata tempestiva impugnazione del singolo vizio del procedimento esecutivo non ne consente più il riesame, neppure attraverso l'atto successivo che non risente della patologia di quello precedente non impugnato. L'impossibilità di procedere al riesame di tutti i motivi di opposizione proposti, si verifica anche nel caso in cui la doglianza riguardante l'ordinanza di assegnazione delle somme sia stata oggetto di tempestiva opposizione agli atti esecutivi, ma la causa non sia stata riassunta nel merito. Anche in questo caso, alla mancata instaurazione della causa nel merito, segue il provvedimento di caducazione della sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza di assegnazione delle somme e la reviviscenza dell'originario provvedimento di assegnazione. É utile precisare, infatti, che nel caso in esame, l'atto oggetto di opposizione è l'ordinanza di assegnazione delle somme. L'ordinanza di assegnazione di un credito, costituendo l'atto conclusivo del procedimento di esecuzione forzata per espropriazione di crediti, ha natura di atto esecutivo. Pertanto, essa va impugnata con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi tutte le volte in cui si facciano valere vizi, ancorché sostanziali, attinenti all'ordinanza di assegnazione oppure ai singoli atti esecutivi che l'hanno preceduta, mentre va impugnata con l'appello qualora il contenuto di tale ordinanza, esulando da quello ad essa proprio, decida questioni che integrano l'oggetto tipico di un procedimento di cognizione (Cass. civ., sent., 26 febbraio 2019, n. 5489). Quando è stata proposta un'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c., il giudice dell'esecuzione, con il provvedimento che sospende o chiude il processo, deve contestualmente fissare il termine per l'instaurazione della fase di merito del giudizio di opposizione (salvo che l'opponente stesso vi rinunzi) e, in mancanza, sarà possibile, per la parte interessata, chiedere l'integrazione del provvedimento ai sensi dell'art. 289 c.p.c., ovvero procedere direttamente all'instaurazione del suddetto giudizio di merito; peraltro, solo se il procedimento esecutivo non è stato definito, ma resta pendente, è eventualmente possibile, all'esito dell'opposizione, la riassunzione dell'esecuzione, mentre, se il processo esecutivo è stato, invece, definito con liberazione dei beni pignorati e non vi è stata opposizione accolta agli atti esecutivi, il giudicato sull'opposizione all'esecuzione potrà fare stato tra le parti solo ai fini di futuri eventuali nuovi processi, ma non sarà possibile la riassunzione dell'esecuzione, definitivamente chiusa (Cass. civ., sent., 22 giugno 2017, n. 15605). Il tribunale di Roma argomenta le conclusioni raggiunte sulla diversità della fattispecie in esame, rispetto a quelle richiamate nelle sentenze citate dalla parte opponente. In un caso viene in rilievo la sospensione di un atto dell'esecuzione e specificamente dell'ordinanza di assegnazione delle somme e ancor più di un atto che aveva chiuso il processo esecutivo. Nell'altro caso la sospensione riguarda il processo esecutivo. Differenti sono anche le conseguenze della mancata riassunzione del merito del procedimento. Nel primo caso la conseguenza inevitabile è la rimozione della sospensione degli effetti esecutivi dell'atto impugnato e la reviviscenza dell'ordinanza di assegnazione delle somme. Nel secondo caso (dove l'interesse è quello alla rimozione e/o estinzione della procedura esecutiva) il giudice dichiara l'estinzione del processo e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento. |