Opposizione all’esecuzione

Lorenzo Balestra
05 Aprile 2016

L'art. 615 c.p.c. prevede due forme di opposizione:una proposta prima dell'inizio dell'esecuzione, l'altra ad esecuzione iniziata.
Inquadramento

L'

art. 615 c.p.c.

prevede due forme di opposizione e distingue il caso in cui l'opposizione venga proposta prima dell'inizio dell'esecuzione dal caso in cui venga proposta ad esecuzione iniziata.

La prima forma di opposizione riguarda la contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata e, dunque, coinvolgente l'

an

dell'esecuzione e l'altra, diretta a far valere un vizio di modalità di svolgimento del processo esecutivo: opposizione per impignorabilità dei beni.

Preliminarmente è fondamentale considerare come l'opposizione all'esecuzione si

differenzi

nettamente

dall'opposizione agli atti esecutivi

; infatti la

prima

è

volta all'accertamento dell'esistenza del diritto della parte istante a promuovere l'esecuzione, mentre la

seconda

concerne la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto, ovvero dei singoli atti dell'esecuzione (

Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2012, n. 20989

, in CED Cassazione, 2012).

Può accadere, come sovente si verifica, che le contestazioni della parte si configurino,

nello stesso procedimento

,

tanto

come opposizione all'esecuzione

quanto

come opposizione agli atti esecutivi.

In questo caso la decisione del giudice potrà coinvolgere aspetti, sia dell'opposizione all'esecuzione che di opposizione agli atti esecutivi: la sentenza, formalmente unica, conterrà due decisioni distinte, soggette, rispettivamente, ad appello e a ricorso per cassazione (

Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2009, n. 20816

, in Mass. Giur. It., 2009).

I motivi di opposizione

Mancanza del titolo esecutivo

Il motivo classico di opposizione all'esecuzione è quello afferente la mancanza de titolo esecutivo: invero, l'insussistenza del diritto del creditore di procedere ad esecuzione può dipendere dalla mancanza originaria del titolo (ad es. il titolo che si fa valere non ha forza esecutiva oppure non rappresenta un credito certo, liquido ed esigibile) o sopravvenuta (ad es. viene revocata la clausola di provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado, o di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ovvero viene riformata la sentenza stessa).

Contestazioni della legittimazione attiva o passiva

Con l'opposizione all'esecuzione si può contestare anche il fatto che l'esecuzione, pur basandosi su un valido titolo, sia stata iniziata da, o nei confronti, di soggetti diversi da quelli in concreto individuati nel precetto: in questo caso la legittimazione sarà

esclusa

, allorché il

diritto

sia stato

riconosciuto

ed attribuito ad un

soggetto diverso da quello che intende farlo valere

(

Cass. civ., sez. I, 30 aprile 1992, n. 5221

, in

Giust. Civ., 1992, I, 3048

). Bisogna, però, precisare che il debitore esecutato non potrà far valere, quale motivo di opposizione, l'altruità dei beni sottoposti all'esecuzione, in quanto tale motivo di opposizione dovrà essere fatto valere dal terzo proprietario del bene esecutato, ex

art. 619, c.p.c.

(

Trib. Vicenza, 4 giugno 2012

).

Contestazioni che attengono al merito della pretesa esecutiva

L'affermazione dell'inesistenza del diritto contenuto nel titolo esecutivo, costituisce l'ipotesi più frequente di opposizione all'esecuzione.

In conseguenza del fatto che oggetto dell'opposizione non può essere il merito di quanto oggetto di decisione che ha portato alla formazione del titolo esecutivo, essendo tale materia propria del procedimento di cognizione,

la giurisprudenza, correttamente, ammette che si possa proporre opposizione lamentando il

solo ammontare del credito per cui si procede

(

Cass. civ., sez. III, 25 settembre 2000, n. 12664

, in

Mass. Giur. It., 2000

).

Di conseguenza, l'intimazione del precetto per somma superiore a quella dovuta in base al titolo non produce la nullità dell'intero precetto, ma dà luogo soltanto alla riduzione della somma domandata nei limiti di quella dovuta, ma nel giudizio di opposizione all'esecuzione proposto a tal fine, secondo alcuna giurisprudenza di merito, sarebbe consentito al creditore procedente di chiedere la condanna del debitore opponente per un titolo diverso, in via riconvenzionale. Tale soluzione, però, suscita non poche perplessità. Infatti, così facendo, si avrebbe un'opposizione che, seppur fondata, non sortirebbe alcun effetto, potendo il creditore agire, in vi riconvenzionale, per un diverso titolo per il residuo credito vantato (

Trib. Salerno, sez. III, 27 settembre 2013

).

Opposizione all'esecuzione e impugnazione del titolo esecutivo

In sede di opposizione, qualora il titolo esecutivo sia giudiziale,

non

possono

dedursi fatti

che

andavano

allegati all'interno del processo nel quale si è formato il titolo esecutivo.

Unica eccezione si ha nel caso in cui i fatti che si intendono opporre si siano verificati dopo che è trascorso l'ultimo momento utile previsto dalla legge per la loro deduzione in giudizio (

Cass. civ., sez.

III, 7

ottobre

2008, n. 24752

, in

Mass. Giur. It., 2008;

Cass. civ., 25 marzo 1999, n. 2822

, in

Giust. Civ., 2000, I, 2738

)

.

Nel caso in cui, invece, il titolo sia stragiudiziale, si è sostenuto che, ad es., il pagamento della cambiale, l'incompetenza del notaio che ha rogato l'atto di mutuo, i vizi della scrittura privata autenticata, potranno essere fatti valere senza deroghe.

In alcuni casi di titolo esecutivo giudiziale si è sostenuta la piena ammissibilità di contestazioni relative all'esistenza del diritto accertato nel titolo in diversi casi:

sentenza c.d. inesistente;

provvedimenti sommari aventi efficacia esecutiva, ma non idonei al giudicato

(per esempio

art. 708 c.p.c.

);

fatti sopravvenuti al momento in cui

si è formato l'accertamento contenuto nel titolo esecutivo,

ma prima del passaggio in giudicato

del provvedimento stesso.

CASISTICA

Oltre all'ipotesi espressamente prevista dall'art. 161, comma 2, c.p.c. (mancanza della sottoscrizione del giudice), è possibile configurare altri casi di inesistenza della sentenza, tutte le volte che la stessa manchi di quel minimo di elementi o di presupposti che sono necessari per produrre quell'effetto di certezza giuridica che è lo scopo del giudicato, come nell'ipotesi di pronuncia resa nei confronti di soggetto deceduto prima della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio. Tale inesistenza va rilevata d'ufficio e può essere fatta valere, anche al di fuori dell'impugnazione nello stesso processo, con una autonoma azione di accertamento, non soggetta a termini di prescrizione o di decadenza, ovvero con un'eccezione ed altresì in sede di opposizione all'esecuzione (Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2001, n. 12292, in Mass. Giur. It., 2001).

Inesistenza della sentenza

La cessazione della materia del contendere a seguito dell'esecuzione di una transazione può essere dichiarata dal giudice nel corso del giudizio quando i fatti siano incontroversi, ancorché le parti non concordino su tale declaratoria, potendo il giudice valutare quali effetti giuridici scaturiscano dalle allegazioni di fatto; per contro, se i fatti sono controversi e su di essi è necessario un accertamento di merito, la dichiarazione non è possibile se la fase processuale cui il giudizio è pervenuto non consente tale accertamento. Peraltro, della sopravvenuta transazione (come della rilevanza estintiva del debito a seguito di pagamento) è possibile discutere in sede di opposizione alla esecuzione, perché il giudicato non si forma in relazione ai fatti che non avrebbero potuto essere dedotti nel giudizio di merito, essendo sopraggiunti in una fase del processo di cognizione che non consente nuove allegazioni difensive (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2005, n. 11581, in Mass. Giur. It., 2005).

Cessazione della materia del contendere

Con l'opposizione avverso l'esecuzione fondata su titolo giudiziale, il debitore non può sollevare eccezioni inerenti a fatti estintivi od impeditivi anteriori a quel titolo, i quali sono deducibili esclusivamente nel procedimento preordinato alla formazione del titolo medesimo. Qualora, a seguito della parziale riduzione della condanna emessa in primo grado, come effetto del giudicato emerga quale fatto impeditivo il diritto alla restituzione di una parte di quanto pagato in esecuzione della prima pronunzia, la rilevanza di esso in sede di opposizione all'esecuzione non è esclusa, ancorché tale fatto non sia stato fatto valere mediante una domanda tesa alla ripetizione di quanto pagato oltre il dovuto. (Nella specie l'opponente era stato condannato da un lodo arbitrale al pagamento di una somma e aveva effettuato il pagamento di oltre settecento milioni di lire al fine di ottenere la sospensione della esecutività del lodo; in sede di appello, a seguito della declaratoria di nullità parziale del lodo, la somma dovuta era stata ridotta a poco più di cinquecento milioni di lire; la S.C., nel confermare la sentenza del giudice di merito che aveva accolto l'opposizione all'esecuzione immobiliare proposta dal debitore, ha precisato che la ripetibilità della somma versata in eccedenza poteva essere fatta valere in sede di opposizione all'esecuzione del titolo sostitutivo del lodo) (Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2006, n. 8928, in Mass. Giur. It., 2006).

Fatti estintivi od impeditivi anteriori al titolo giudiziale

In tema di opposizione all'esecuzione, l'opposizione a precetto può essere convertita in opposizione tardiva, qualora solo attraverso il precetto l'intimato abbia avuto conoscenza del decreto ingiuntivo (Cass. civ., sez. III, 1 dicembre 2010, n. 24398, in CED Cassazione, 2010).

Opposizione tardiva

La nullità della notificazione del decreto ingiuntivo, anche se causa di inefficacia del decreto quale titolo esecutivo, può essere eccepita dall'intimato solamente nel giudizio di opposizione al provvedimento monitorio, ai sensi dell'art. 645 c.p.c., ovvero con l'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., qualora la nullità abbia impedito all'opponente di averne tempestiva conoscenza, e non anche successivamente alla notificazione del precetto, con l'opposizione di cui agli artt. 615 o 617 c.p.c., davanti ad un giudice diverso da quello funzionalmente competente a giudicare sull'opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. civ., sez. VI – 3, Ord., 4 dicembre 2014, n. 25713, in CED Cassazione, 2014).

Nullità della notificazione del decreto ingiuntivo

Legittimazione ad agire

a) Legittimazione attiva

Legittimato ad agire con l'opposizione all'esecuzione è, in linea di principio, esclusivamente il debitore.

Tuttavia è stata riconosciuta la legittimazione ad agire anche:

  • del terzo assoggettato all'esecuzione(Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2004, n. 19562, in Mass. Giur. It., 2004);
  • del terzo acquirente del bene pignorato (Cass. civ., sez. III, 14 aprile 2000, n. 4856, in Mass. Giur. It., 2000);
  • del terzo possessore o detentore del bene oggetto dell'esecuzione in forma specifica (Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2005, n. 2279, in Guida al Diritto, 2005, 11, 73).

Non si considera legittimato, invece, il terzo che, in pendenza dell'esecuzione forzata e dopo la trascrizione del pignoramento immobiliare, abbia acquistato a titolo particolare il bene pignorato, in applicazione alla disposizione di cui all'art. 2913 c.c. (Cass. civ., sez. III, 12 aprile 2013, n. 8936, in CED Cassazione, 2013).

b) Legittimazione passiva

L'opposizione va proposta nei confronti del creditore procedente.

Quanto ai creditori intervenuti, vi è contrasto: per alcuni, sarebbero parti necessarie del giudizio di opposizione solo i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo, per altri, invece, sulla considerazione che, in conseguenza dell'accoglimento dell'opposizione, gli atti esecutivi compiuti vengono meno, con effetti su tutti i creditori intervenuti, anche questi dovranno partecipare al giudizio. La giurisprudenza sembra propendere per la prima posizione (Cass. civ., sez. III, 8 maggio 1991, n. 5146, in Giur. It., 1992, I,1, 276).

Contrasto in giurisprudenza si ravvisa anche per la posizione del terzo pignorato: secondo alcune pronunce (Cass. civ., sez. III, 5 giugno 2007, n. 13069) il terzo pignorato non è parte necessaria del giudizio di opposizione all'esecuzione; al contrario, per altra giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 1 ottobre 1997, n. 9571, in Mass. Giur. It., 1997), il terzo sarebbe parte necessaria del giudizio di opposizione.

Non sono, invece, litisconsorti necessari gli altri debitori condannati in solido con la stessa sentenza posta a base del precetto laddove non siano stati coinvolti nell'esecuzione (Cass. civ., sez. III, 17 luglio 1991, n. 7940, in Mass. Giur. It., 1991; Cass. civ.,sez. III, 29 settembre 2004, n. 19562, in Mass. Giur. It., 2004).

Forma dell'opposizione

L'opposizione che viene posta prima dell'inizio dell'esecuzione (opposizione a precetto) si propone con citazione; ove essa sia proposta con ricorso non si determinerà la nullità del procedimento se il ricorso, essendo stato regolarmente notificato unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, abbia raggiunto il suo scopo (Cass. civ., sez. III, 1 agosto 1994, n. 7173, in Mass. Giur. It., 1994).

Quella successiva all'inizio dell'esecuzione, si propone con ricorso ma, anche in tal caso, questa forma non è prevista a pena di nullità; pertanto, l'opposizione potrà essere instaurata anche con dichiarazione orale all'udienza innanzi al G.E. (ex art. 486 c.p.c.) ovvero mediante deposito, in tale udienza, di una memoria o di una comparsa di risposta (Cass. civ., sez. U., 15 ottobre 1998, n. 10187, in Mass. Giur. It., 1998).

Competenza

Recita l'art. 615 c.p.c. che il giudice competente per l'opposizione a precetto è il giudice competente per materia o per valore e per territorio come individuato dalle norme del codice di rito.

Se sussiste una particolare competenza per materia, come per le controversie di lavoro o agrarie, non si fa questione di valore.

Vale la pena precisare che, con riguardo al criterio della competenza per territorio, nell'opposizione proposta prima dell'inizio dell'esecuzione, assume rilievo il contenuto dell'atto di precetto, poiché l'art. 27 c.p.c. fa salva la disposizione di cui all'art. 480, comma 3, c.p.c., a mente della quale il creditore deve dichiarare la residenza o eleggere il domicilio nel comune ove ha luogo il giudice competente per l'esecuzione (Cass. civ., sez. III, 28 maggio 2009, n. 12540, in Riv. Esec. Forzata, 2009, 3).

Questo criterio, però, opera a condizione che nel luogo di elezione del domicilio da parte del creditore si trovino beni del debitore da sottoporre ad esecuzione (Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2008, n. 9670, in Mass. Giur. It., 2008). L'eventuale contestazione della coincidenza tra il domicilio eletto nell'atto di precetto e quello in cui ha sede il giudice dell'esecuzione (nel caso in cui in detto comune non vi siano beni appartenenti all'esecutando, né la residenza del debitore) può essere fatta valere solo dall'opponente (Cass. civ., n. 13129/2010).

Più semplice il caso in cui l'opposizione all'esecuzione venga proposta ad esecuzione già iniziata. In questo caso il giudice competente sarà quello dell'esecuzione stessa (Trib. Roma, sez. VIII, 20 febbraio 2009).

Domanda riconvenzionale nell'opposizione all'esecuzione

Trattandosi di un giudizio di cognizione si è posto il problema della ammissibilità, nell'opposizione all'esecuzione, della domanda riconvenzionale da parte del creditore opposto.

La giurisprudenza la ammette, osservando che tale domanda possa riguardare un titolo diverso da quello già azionato ed in aggiunta al primo (Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2006, n. 7225, in Riv. Esec. Forzata, 2006).

In particolare si è affermato a riguardo che se è vero che è ammissibile proporre domanda riconvenzionale in sede di giudizio di opposizione per il riconoscimento di un titolo esecutivo che si aggiunga o sostituisca a quello azionato, è altresì vero, che la domanda riconvenzionale deve tendere al riconoscimento di un titolo esecutivo, anche per ragioni creditorie diverse, che legittimi comunque l'azione esecutiva intrapresa e oggetto di esecuzione e non può quindi avere ad oggetto il riconoscimento di un titolo completamente diverso da quello portato in esecuzione ed oggetto dell'opposizione (Trib. Pesaro, 5 gennaio 2009, inedita).

L'obiezione a questa posizione è che, in tal modo, si consentirebbe un indebito allargamento dell'ambito oggettivo del processo come delimitato dai motivi dell'opposizione.

La sospensione feriale e i termini per proporre opposizione

Pacifico in giurisprudenza è che la disciplina relativa alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, di cui alla art. 1, l. 7 ottobre 1969, n. 742, non si applichi ai procedimenti di opposizione all'esecuzione, oltre che a quelli di opposizione agli atti esecutivi, all'opposizione di terzo e di accertamento dell'obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c. (Cass. civ., sez. VI – 3, Ord., 15 ottobre 2013, n. 23410, CED Cassazione, 2013).

Il termine iniziale per la proposizione dell'opposizione, prima che sia iniziata l'esecuzione e quindi l'opposizione al precetto, decorre dalla data di notificazione del precetto stesso.

Prima di tale momento si potrà, semmai, agire in via di accertamento negativo del diritto del creditore in riferimento al titolo esecutivo notificato.

Il termine finale non era espressamente previsto, potendo, l'azione di opposizione, essere esercitata fino a quando pendeva il processo esecutivo.

Recentemente, con l'emanazione del d.l. 3 maggio 2016, n. 59, è stato modificato l'art. 615 c.p.c. ove, al secondo comma è stato aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nell'esecuzione per espropriazione l'opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile».

Gli articoli richiamati si riferiscono:

  • al provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita (art. 530 c.p.c.), in materia di espropriazione mobiliare presso il debitore;
  • al provvedimento di assegnazione e vendita di cose dovute dal terzo (552 c.p.c.), in materia di espropriazione preso terzi;
  • al provvedimento per l'autorizzazione della vendita (art. 569 c.p.c.), in materia di espropriazione immobiliare.

Il termine indicato, limitatamente alle fattispecie prese in considerazione dalla novella, è a pena di inammissibilità; un'eventuale opposizione all'esecuzione proposta dopo il termine indicato sarà pertanto dichiarata irrimediabilmente inammissibile.

La modifica legislativa va inquadrata nella necessità di rendere salda, quanto più possibile, la fase di vendita ed assegnazione in sede esecutiva, non volendo gravare l'acquirente o l'assegnatario del bene oggetto di espropriazione dell'alea di un procedimento di opposizione tale da frustrare, in ipotesi, l'acquisto del bene oggetto di espropriazione.

Per completezza si segnala che la stessa novella ha imposto, a pena di nullità, di inserire nell'atto di pignoramento (art. 492 c.p.c.) l'avvertimento circa il termine per proporre opposizione all'esecuzione nei casi indicati dalla novella stessa.

L'art. 616 c.p.c. fissa le modalità per lo svolgimento della fase di merito.

Il giudice, presi gli eventuali provvedimenti urgenti, fissa un'udienza di comparizione innanzi a sé (è questa la fase cosiddetta sommaria) ove dispone, eventualmente con separato provvedimento, un termine perentorio per l'instaurazione del procedimento di merito.

L'introduzione del giudizio di merito dovrà avvenire con la forma dell'atto introduttivo richiesta in riferimento al rito con cui l'opposizione deve essere trattata, quanto alla fase di cognizione piena. Di conseguenza, ove la causa appartenga alla competenza per materia del giudice del lavoro e, ai sensi dell'art. 618-bis, comma 1,c.p.c., sia disciplinata dalle norme previste per le controversie individuali di lavoro, il giudizio di merito andrà introdotto con ricorso (Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2014, n. 12055, in CED Cassazione, 2014).

L'oggetto della fase di merito sarà il medesimo della fase sommaria; l'atto con il quale verrà proseguita la fase di merito avrà dunque identico contenuto di quello introduttivo dell'opposizione all'esecuzione, ove, eventualmente, il soggetto interessato alla prosecuzione del merito potrà rinunciare a parte della domanda, ma non ampliarne l'ambito.

Qualora non segua la fase di merito, l'eventuale provvedimento adottato in sede di sommaria cognizione dal giudice dell'opposizione, quale provvedimento avente natura cautelare, seguirà le norme proprie di questi (questa è la posizione che sembra essere dominante, sia per quanto riguarda la validità che per quanto riguarda il regime impugnatorio, in riferimento al disposto dell'art. 624 c.p.c.).

I provvedimenti urgenti: la sospensione dell'esecuzione in sede di opposizione a precetto prima dell'inizio dell'esecuzione

Ai sensi del comma 1 dell'art. 615 c.p.c., è concesso espressamente al giudice dell'opposizione al precetto, nella fase sommaria, il potere di sospendere l'efficacia esecutiva del titolo, e quindi di sospendere l'esecuzione (per la sospensione del processo esecutivo vedi la disciplina, in parte richiamata da dottrina e giurisprudenza, in via di applicazione analogica, anche per questa fattispecie: art. 623 e ss. c.p.c.).

La decisione nella fase di merito e l'impugnazione

In caso di accoglimento dell'opposizione all'esecuzione, il creditore opposto non potrà riproporre l'esecuzione sulla base dello stesso titolo.

Trattandosi di procedimento di cognizione, l'efficacia della sentenza si produrrà immediatamente, senza dover attender il suo passaggio in giudicato (salva la proposizione di appello e ricorso per Cassazione).

Se, però, l'opposizione accolta abbia ad oggetto l'impignorabilità del bene, nulla impedirà al creditore di iniziare un nuovo processo esecutivo sulla base dello stesso titolo ma, ovviamente, su un bene diverso.

Attualmente, il giudizio di primo grado è impugnabile in appello e ricorribile per Cassazione. Infatti, con la L. 24 febbraio 2006, n. 52, il legislatore, modificando l'art. 616 c.p.c., aveva sancito la regola secondo cui il giudizio oppositivo veniva deciso «con sentenza non impugnabile». Tale soluzione determinava l'immediata ricorribilità della sentenza in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., equiparando così il regime dell'opposizione all'esecuzione e dell'opposizione agli atti esecutivi.

Il legislatore del 2009 ha successivamente ripristinato il precedente regime impugnatorio, prevedendo per le sentenze conclusive del primo grado delle opposizioni c.d. di merito l'esperibilità dell'appello (art. 49, comma 2, l. 18 giugno 2009, n. 69).

I motivi dell'opposizione

Vi è contrasto in giurisprudenza sui rapporti tra potere officioso del giudice dell'opposizione e motivi dell'opposizione.

Il potere-dovere del giudice di verificare d'ufficio l'esistenza del titolo esecutivo va coordinato con il principio della domanda e con quello della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.): Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10676, in Mass. Giur. It., 2008

Il giudice dell'opposizione può rilevare d'ufficio la mancanza del titolo esecutivo, la cui presenza rappresenta la condizione necessaria dell'esercizio dell'azione esecutiva. Infatti si ritiene che ogni qualvolta la mancanza delle condizioni dell'azione esecutiva sia rilevabile dal giudice dell'esecuzione, uguale potere debba essere concesso anche al giudice dell'opposizione, indipendentemente dai motivi dell'opposizione stessa (Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2012, n. 3977, in CED Cassazione, 2012).

L'oggetto dell'opposizione

In dottrina si contendono il campo diverse posizioni in merito all'oggetto dell'opposizione anche per il fatto che l'art. 615 c.p.c., individua l'opposizione al precetto con riferimento generico al «diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata».

Unico riferimento particolare, infatti, è quello relativo all'opposizione sulla impignorabilità dei beni, prevista al secondo comma dell'articolo.

  • Oggetto sostanziale e processuale

La posizione maggioritaria, in dottrina, afferma che l'oggetto dell'opposizione è rappresentato, oltre che dall'inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, anche dall'accertamento negativo del credito per il quale si procede.

Questo per il fatto che i due elementi, esistenza del diritto e accertamento del credito per il quale si procede, formano, in uno, la ragione di esistenza del titolo esecutivo.

  • Oggetto soltanto processuale

Altra parte della dottrina, identifica l'oggetto del giudizio nel diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata, quale situazione giuridica diversa dal diritto di obbligazione sottostante, il quale per essere preteso in sede esecutiva avrebbe bisogno, appunto, del titolo esecutivo.

Ciò anche in relazione al fatto che il giudicato in sede di esecuzione non potrebbe avere alcuna valenza in sede di cognizione.

  • Oggetto soltanto sostanziale

Una diversa tesi, vede nell'opposizione all'esecuzione un'azione inibitoria dell'esecuzione, nella quale vale come petitum la richiesta di una sentenza che tenga luogo di una revoca della domanda esecutiva.

La giurisprudenza non si è occupata direttamente dell'oggetto processuale o sostanziale del giudizio di opposizione all'esecuzione.

Nelle pronunce si parla sovente di accertamento negativo del credito (Cass. civ., sez. III, 1 luglio 2005, n. 14096, in Guida al Diritto, 2005, 38, 57).

Casistica

CASISTICA

Qualora alla data di notificazione di un decreto ingiuntivo sia pendente, davanti ad altro giudice, una diversa domanda la cui "causa petendi" sia (in tutto o in parte) identica a quella della domanda proposta nel procedimento monitorio, e nel cui "petitum" sia contenuto quello della domanda monitoria, il giudice dell'opposizione al decreto ingiuntivo è tenuto, con pronuncia esaustiva della sua competenza funzionale, a dichiarare la propria incompetenza, la nullità del decreto ingiuntivo e a rimettere la causa al primo giudice. (La S.C. ha affermato questo principio in una fattispecie in cui era stato incardinato fra le stesse parti prima un giudizio di opposizione al precetto fondato su vaglia cambiari e, successivamente, un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, davanti a diverso giudice, sulla base dei medesimi titoli di credito) (Cass. civ., sez. III, 3 ottobre 2007, n. 20759, in Mass. Giur. It., 2007).

diversa domanda la cui "causa petendi" sia identica a quella della domanda proposta nel procedimento monitorio,

La legge non attribuisce efficacia di giudicato al provvedimento conclusivo del procedimento esecutivo, in coerenza con le caratteristiche di quest'ultimo, che non si svolge nel contraddittorio delle parti e non tende ad un provvedimento di merito avente contenuto decisorio, essa, tuttavia, sancisce l'irrevocabilità dei provvedimenti del G.E., una volta che essi abbiano avuto esecuzione (art. 487 c.p.c.). La definitività dei risultati dell'esecuzione, d'altra parte, è insita nella chiusura di un procedimento svoltosi con il rispetto di forme idonee a salvaguardare gli interessi contrapposti delle parti, nel quadro di un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti (artt.485, 615 e 512 c.p.c.), ed è basata sul concetto di preclusione, più ampio di quello di giudicato. Pertanto, in sede di espropriazione presso terzi deve escludersi la proponibilità, dopo la conclusione dell'esecuzione mediante la pronuncia dell'ordinanza di assegnazione e la scadenza dei termini per le relative opposizioni, di azioni - come quelle di ripetizione dell'indebito o di arricchimento senza causa - volte a contrastare gli effetti dell'esecuzione stessa, sostanzialmente ponendoli nel nulla o limitandoli (Cass. civ., sez. lav., 8 maggio 2003, n. 7036, in Riv. Esec. Forzata, 2004, 258).

Irrevocabilità dei provvedimenti del G.E.

La sopravvenienza, successivamente alla proposizione dell'opposizione al precetto, delle condizioni di esistenza della pretesa esecutiva non può essere presa in considerazione dal giudice dell'opposizione perché non rilevante al fine di decidere la domanda e, quindi, per statuire sul diritto che ne è oggetto, che è quello di veder acclarato, con un accertamento negativo, che al momento della notificazione del precetto non vi erano le condizioni di esistenza della pretesa esecutiva. Ne consegue che l'eventuale sopravvenienza delle condizioni dell'azione esecutiva non può configurarsi come un fatto principale e, quindi, come un'eccezione, rispetto ai fatti costituivi della domanda proposta con l'opposizione (Cass. civ., sez. III, 22 settembre 2006, n. 20634, in Mass. Giur. It., 2006).

Accertamento negativo

Impignorabilità dei beni

L'opposizione all'esecuzione può avere ad oggetto anche l'impignorabilità dei beni su cui sia caduta la scelta del creditore. Non si contesta qui il diritto del creditore ma si contesta l'oggetto dell'esecuzione (Cass. civ. sez. III, 31-10-2014, n. 23158).

Riferimenti

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