Esecuzione forzata per crediti di lavoro: le spese di CTU le anticipa il creditore procedente

Redazione scientifica
09 Settembre 2019

La gratuità del giudizio si riferisce solo ai costi del processo civile relativi all'organizzazione del servizio Giustizia a carico dello Stato, mentre le spese per ulteriori attività necessarie in relazione alla domanda, in sede cognitiva o esecutiva, di Giustizia restano a carico del singolo privato che fruisce di quel servizio.

Il caso. Il Tribunale respingeva l'opposizione al decreto del giudice dell'esecuzione di liquidazione dei compensi al CTU nella parte in cui prevedeva il pagamento dei compensi a carico del creditore, esponendo una nozione di gratuità del processo estesa anche agli atti istruttori, similmente a quanto previsto in caso di ammissione al gratuito patrocinio. Sul punto intervengono i giudici di legittimità.

I costi degli atti preparatori sono a carico della parte. In particolare il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 10 l. n. 533/1973, invocando la gratuità del processo esecutivo per crediti di lavoro estendendo l'esenzione anche con riferimento alle spese per consulenza tecnica la cui attività risulta essere indispensabile per l'andamento del processo.
Innanzitutto occorre sottolineare che, nel caso in esame, manca il deposito in atti di una copia del ricorso notificato a mezzo PEC, conforme all'originale con attestazione autografa del ricorrente, essendo questa una condizione di procedibilità riconosciuta più e più volte dalla Suprema Corte.
Venendo poi alla questione relativa alle spese degli atti, è bene ribadire che il processo civile si identifica come un processo di parte ed individuale, in cui spetta al singolo interessato provvedere alle spese degli atti che compie o ad anticipare quelle poste a suo carico dalla legge, come appunto quelle per gli atti degli ausiliari del giudice.
Infatti, la gratuità del processo si riferisce solo ai costi del procedimento civile relativi all'organizzazione del servizio Giustizia a carico dello Stato, mentre le spese per ulteriori attività necessarie in relazione alla domanda, in sede cognitiva o esecutiva, di Giustizia restano a carico del singolo privato che fruisce di quel servizio.
Sono, dunque, distinte le due categorie di costi e l'art. 10 l. n. 533/1973, nella parte in cui dispone sull'esenzione dall'imposta di bollo, di registro e da ogni spesa per atti, documenti e provvedimenti del giudizio di cognizione o del processo di esecuzione in materia di lavoro, si riferisce solo agli esborsi dovuti allo Stato e non agli atti preparatori rimessi all'onere della parte privata, «questi essendo assunti a carico dell'erario esclusivamente in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato».
Per tali ragioni, la Suprema Corte dichiara l'improcedibilità del ricorso e condanna il soccombente ricorrente alle spese di tal grado di giudizio sostenute dall'Avvocatura dello Stato.

*Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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