La legittimazione passiva dell'autore materiale della falsità nel giudizio di falso
18 Settembre 2019
Massima
Legittimato passivo rispetto alla querela di falso civile è solo il soggetto che del documento intende valersi in giudizio e non già l'autore del falso o chi comunque sia concorso nella falsità.
Il caso
Tizio chiamava in giudizio Caio e Sempronio, nella loro qualità di agenti della Polizia Municipale del Comune Alfa, chiedendo di accertare la falsità del verbale di accertamento redatto dai pubblici ufficiali convenuti a seguito di intervento in un sinistro stradale che lo aveva visto coinvolto. Il Tribunale dichiarava il difetto di legittimazione passiva dei verbalizzanti e condannava l'attore al pagamento delle spese di lite. Disponeva, altresì, la prosecuzione del giudizio nei confronti del Comune Alfa ch'era stato chiamato in causa su istanza dei convenuti. La Corte d'appello riformava la sentenza, riconoscendo la legittimazione passiva dei verbalizzanti rispetto alla querela di falso. Avverso detta sentenza i verbalizzanti Caio e Sempronio proponevano ricorso per cassazione adducendo, tra l'altro, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2700, 105, 221 c.p.c. per aver la Corte d'appello riconosciuto la loro legittimazione passiva rispetto al giudizio di falso, che invece ha come solo legittimato passivo colui che potrebbe avvalersi del documento come mezzo di prova. La questione
La Suprema Corte ha affrontato la tematica afferente alla individuazione del legittimato passivo rispetto alla querela di falso. Le soluzioni giuridiche
La Cassazione ha statuito che la querela di falso – la quale ha il fine di togliere ad un atto pubblico o ad una scrittura privata riconosciuta l'idoneità a far fede ed a servire come prova di fatti o rapporti – è proponibile contro chi possa avvalersi del documento, per fondare su di esso una pretesa giuridica, sia o meno l'autore della falsificazione. In particolare, i Giudici di legittimità – aderendo all'orientamento tradizionale (Cass. civ., n. 330/1967; n. 223/1967; n. 3260/1971; n. 1275/1977) – hanno rimarcato che la querela di falso riflette non l'autore del falso, bensì il documento esibito in giudizio del quale mira, attraverso la correlativa declaratoria, a paralizzare l'efficacia probante o qualsiasi altro effetto sotto altro riflesso attribuitogli dalla legge. Pertanto, legittimato passivo all'azione diretta all'accertamento della falsità di un documento è il soggetto che del documento intende valersi in giudizio e non già l'autore del falso o chi comunque sia concorso nella falsità di cui l'identificazione è del tutto irrilevante in materia civile (Cass. civ., sez. I, 30 agosto 2007, n. 18323). Osservazioni
La dottrina ha evidenziato che la questione della legittimazione passiva dell'autore materiale della falsità nel giudizio di falso appare suscettibile di differenti soluzioni a seconda di come si risolvano i dibattuti problemi relativi all'oggetto del processo e alla efficacia soggettiva della sentenza che lo definisce. Invero, se si reputa che la sentenza di falso sia efficace erga omnes e non solo nei confronti delle parti, deve affermarsi la necessità di proporre la querela nei confronti di tutti quei soggetti che sono destinati a subirne gli effetti, incluso il pubblico ufficiale che ha rogato l'atto in veste di litisconsorte necessario (in tal senso v. Cass. civ., sez. I, 20 giugno 2000, n. 8362). Qualora, invece, si ritiene che la sentenza di falso sia efficace soltanto nei confronti delle parti senza estendere i propri effetti ai terzi estranei al giudizio, il legittimato passivo va individuato nel soggetto rispetto al quale l'atto pubblico spiega la sua fides, sia da un punto di vista sostanziale che probatorio, con conseguente esclusione della legittimazione passiva del pubblico ufficiale che ha rogato l'atto. Su tale presupposto, è stato altresì esclusa la necessità di integrare il contraddittorio ex art. 102 c.p.c. nei confronti dell'artefice della falsità. La prevalente giurisprudenza di legittimità ritiene che la querela di falso, avendo la finalità di privare un atto fidefaciente della sua efficacia probatoria, ha necessariamente quali parti, da un lato, chi può avvalersi di un determinato documento e, dall'altro, chi intende escludere che costui possa avvalersene. La querela di falso risulta, pertanto, proponibile contro chi possa avvalersi del documento, per fondare su di esso una pretesa giuridica, sia o meno l'autore della falsificazione. Conseguentemente, legittimato passivamente al giudizio per querela di falso è colui che si avvale o si può avvalere del documento impugnato e non colui che si è reputato suo autore materiale, nè colui cui l'apparenza attribuisce la sottoscrizione. Appare opportuno evidenziare che i giudici di legittimità nella pronuncia in esame hanno ritenuto necessario chiarire il principio affermato da Cass. civ., n. 13190/2006, di cui aveva fatto erronea applicazione la Corte di Appello. In tale pronuncia la Suprema Corte aveva ritenuto che l'efficacia erga omnes della querela non esclude che al relativo giudizio possano partecipare tutti coloro che da esso potrebbero subire in ipotesi qualche effetto, «non potendosi astrattamente negare l'interesse dei verbalizzanti a resistere sia alla querela di falso, il cui eventuale accoglimento avrebbe potuto costituire il presupposto su cui basare una possibile separata azione di danni nei loro confronti, sia alla stessa azione di risarcimento del danno, per sentirne dichiarare l'improponibilità» (Cass. civ., sez. I, 05/06/2006, n. 13190). Gli ermellini hanno chiarito che tale affermazione va intesa unicamente quale riconoscimento della possibilità che il pubblico ufficiale sia legittimato a intervenire in via adesiva nel giudizio di querela di falso e non come riconoscimento della legittimazione passiva, rispetto alla querela, anche in capo a chi sia indicato quale autore materiale della falsità. In definitiva, per la sussistenza della legittimazione passiva del soggetto convenuto nel giudizio di falso è necessario che l'attore alleghi e dimostri che il documento oggetto della querela di falso, a prescindere dal coinvolgimento materiale del convenuto nella sua formazione, possa essere dal medesimo utilizzato per fondare pretese giuridiche nei suoi confronti.
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