Onere di patrocinio

Fiammetta Lo Bianco
23 Settembre 2019

L'art. 82 c.p.c. sancisce la regola della obbligatorietà nel giudizio civile della cd. difesa tecnica, ovvero l'obbligo delle parti di stare in giudizio col ministero o con l'assistenza di un difensore: innanzi al Tribunale e alla Corte d'appello col ministero di un procuratore legalmente esercente e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo.
Inquadramento

L'art. 82 c.p.c. sancisce la regola della obbligatorietà nel giudizio civile della cd. difesa tecnica, ovvero l'obbligo delle parti di stare in giudizio col ministero o con l'assistenza di un difensore: innanzi al Tribunale e alla Corte d'appello col ministero di un procuratore legalmente esercente e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo.

L'obbligatorietà della difesa tecnica è il cd. onere del patrocinio.

Sempre l'art. 82 c.p.c. prevede una deroga al suddetto obbligo per i giudizi innanzi al giudice di pace nelle cause di valore non superiore ad euro 1.100,00 e per l'ipotesi in cui il giudice di pace, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale, autorizzi la parte a stare in giudizio di persona.

Altre deroghe all'onere del patrocinio si rinvengono in norme specifiche:

come ad esempio nelle cause di valore non superiore a euro 129,11 in materia di lavoro (art. 417, comma 1 c.p.c.), di previdenza e assistenza obbligatorie (art. 442 c.p.c.) ed in materia di locazione (art. 447-bis c.p.c.).

Infine, se la parte è anche un avvocato, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore (art. 86 c.p.c.).

L'obbligo dell'assistenza da parte di un difensore è pacificamente considerato corollario del diritto di difesa previsto dall'art. 24 Cost. In questo senso, e a tali fini, la difesa tecnica è resa necessaria dalla complessità e dal tecnicismo del processo civile non affrontabili dalle parti personalmente senza l'ausilio dei difensori.

Perché l'onere del patrocinio sia adempiuto e perché l'avvocato possa stare in giudizio in rappresentanza della parte, deve essere autorizzato con apposita procura alle liti.

Quest'ultima consiste in un atto unilaterale con il quale la parte designa il difensore che dovrà rappresentarla nel processo e con il quale fornisce allo stesso la propria rappresentanza in giudizio con i poteri prestabiliti dall'art. 84 c.p.c., ovvero il cd. ius postulandi.

La forma della procura è disciplinata dall'art. 83 c.p.c.

In evidenza

Il patrocinio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense è consentito, ai sensi dell'art. 60, comma 4, del R.d. n. 37/1934, soltanto all'avvocato iscritto nell'albo speciale di cui all'art. 33 del R.d.l. n. 1578/1933, munito di mandato speciale, sicché è inammissibile il ricorso proposto personalmente dall'avvocato radiato, privo dell'indispensabile requisito dello ius postulandi, avverso la delibera del Consiglio dell'Ordine di rigetto della sua istanza di reiscrizione all'albo (Cass. civ., Sez.Un., sent., 27 aprile 2017, n. 10414).

Da tenere distinto dal concetto di procura alle liti è la procura sostanziale, con la quale un soggetto conferisce ad altro soggetto il potere di compiere in nome e per conto proprio (cd. mandato con rappresentanza) specifici atti e negozi giuridici.

La questione è stata di recente affrontata dalla Suprema Corte in materia di mediazione obbligatoria e, precisamente, con riguardo all'obbligo di comparizione personale delle parti innanzi al mediatore.

Sul punto, la Corte ha statuito che«Nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal d.lgs. n. 28/2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall'art. 5, comma 1-bis, del medesimo decreto (come introdotto dal d.l. n. 69/2013, conv., con modif., in l. n. 98/2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste. La condizione di procedibilità può ritenersi, inoltre, realizzata qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre» (In applicazione del principio, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto improcedibile, ai soli fini della soccombenza virtuale, l'azione di risoluzione del contratto di locazione rinunciata dalla parte, in quanto le parti non erano mai comparse, personalmente o idoneamente rappresentate, davanti al mediatore, tenuto conto che, per un verso, la procura speciale notarile rilasciata dalla parte al proprio difensore e autenticata da quest'ultimo, era in realtà una semplice procura alle liti e che, per l'altro, non era stato neppure redatto un verbale negativo) (Cass. civ., sent., 27 marzo 2019, n. 8473).

Onere del patrocinio nei giudizi innanzi al giudice di pace

Nei giudizi davanti al Giudice di Pace, come anticipato, ai sensi dell'art. 82, comma 1, c.p.c., l'onere del patrocinio trova una prima deroga per i giudizi del valore non superiore ad euro 1.100,00.

In questo caso le parti possono stare in giudizio personalmente.

Altra deroga è prevista dall'art. 82, comma 2,c.p.c. allorquando il Giudice di Pace, tenuto conto dell'entità e del valore della causa, autorizzi la parte, anche su istanza verbale, a stare in giudizio personalmente.

Tale autorizzazione può essere resa con decreto ma, non esigendo la norma il rigore formale della espressa scrittura, può risultare implicitamente dai verbali di causa e desumersi, in particolare, dalla circostanza che il giudice abbia provveduto su di una determinata istanza senza rilevarne l'avvenuta proposizione ad opera della parte personalmente.

In siffatta ipotesi l'autorizzazione si intende concessa dal Giudice di Pace per facta concludentia.

Una volta concessa, sia in forma espressa sia in forma implicita, l'autorizzazione non può essere revocata con l'effetto di rendere invalida la costituzione del rapporto processuale, potendo il giudice di pace, con la sentenza che definisce il giudizio, unicamente dichiarare l'eventuale nullità della concessa autorizzazione.

In ogni caso, secondo il prevalente indirizzo della Suprema Corte (Cass. civ., Sez.Un., 18 luglio 2001, n. 9767; Cass. civ., sentenza 8 giugno 2006, n. 13363) confermato anche di recente (Cass. civ., sent., 2 marzo 2018, n. 5013) la violazione dell'art. 82 c.p.c., che si realizza allorché la parte stia in giudizio personalmente senza che ne ricorrano i presupposti, genera una nullità relativa, non rilevabile d'ufficio, che quindi rimane sanata se la controparte non la deduca nei gradi di merito.

Altra ipotesi in cui la parte può stare in giudizio personalmente innanzi al Giudice di Pace è prevista dall'art. 23, comma 4, legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di opposizione a sanzione amministrativa, esclusivamente però, per il giudizio di primo grado.

Per il giudizio di appello, quindi, non trovando applicazione la specifica norma di cui all'art. 23, comma 4, l. cit., e in assenza di alcuna specifica previsione contraria, si applica la regola generale di cui al terzo comma dell'art. 82 c.p.c., secondo cui davanti al Tribunale e alla Corte d'appello la parte deve stare in giudizio con il ministero di un procuratore legalmente esercente.

Anche per i giudizi innanzi al Giudice di Pace ove è ammessa la difesa personale della parte, l'avvocato, che sia anche parte del giudizio, può costituirsi deducendo di assumere la propria difesa tecnica ex art. 86 c.p.c.

Solo ove tale deduzione sia espressa, l'avvocato/parte ha diritto alla liquidazione delle spese (ivi compresi i compensi) secondo la tariffa professionale.

A tali fini, come chiarito anche di recente anche dalla Suprema Corte, non è sufficiente qualificarsi in atti, oltre che con il proprio nome, anche con il titolo professionale, ma è necessaria una precisa ed espressa indicazione della volontà di operare ex art. 86 c.p.c.

Per contro, la parte che sta in giudizio personalmente ha diritto di chiedere solamente le spese vive affrontate.

Particolare attenzione merita la questione relativa alla praticabilità della notifica di atti in cancelleria ai sensi dell'art. 58 disp. att. c.p.c. qualora la parte sia stata autorizzata a stare in giudizio di persona.

In particolare, è stato chiarito che può ricorrersi a tale modalità di notifica solo ove la parte non risulti avere fatto dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace ai sensi dell'art. 319 c.p.c. e limitatamente agli atti compiuti durante il procedimento ed a quello di esso conclusivo.

Per gli atti successivi, come quelli d'impugnazione della sentenza, quindi, la notifica deve avvenire, a pena di giuridica inesistenza, secondo le previsioni dell'art. 330 c.p.c.

In evidenza

Da tenere distinta dall'ipotesi in cui la parte sta in giudizio personalmente nei casi non ammessi, è l'ipotesi in cui l'avvocato agisce in nome e per conto della parte pur non essendo munito di procura alle liti. Ove infatti la procura sia inesistente o falsa o rilasciata da soggetto diverso da quello dichiaratamente rappresentato o per processi o fasi di processo diverse da quello per il quale l'atto è speso, l'attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responsabilità. Come anche di recente ribadito dalla Suprema Corte, in tali casi è ammissibile la condanna del difensore a pagare le spese del giudizio (in questi termini, Cass. civ., ord., 28 maggio 2019, n. 14474).

Segue. Nei giudizi innanzi al tribunale

Salvo i casi di cui al codice di rito in cui è ammessa la difesa personale (artt. 417, comma 1, 442 e 447-bis c.p.c.), innanzi al Tribunale le parti devono essere difese e assistite da un procuratore legalmente esercente (art. 82, comma 3, c.p.c.), ovvero iscritto nell'albo professionale di appartenenza senza alcuna incompatibilità.

Tra le incompatibilità va menzionata quella della sussistenza di un qualsiasi impiego retribuito presso ogni amministrazione o ente pubblico, con la sola eccezione della possibile iscrizione ad un elenco speciale annesso all'albo, degli avvocati di enti pubblici presso i quali esista un ufficio legale, purché estranei all'apparato amministrativo e in posizione di indipendenza, limitatamente agli affari propri di tale ente (Cass. civ, 18 aprile 2002, n. 5559).

È utile ricordare che la legge 24 febbraio1997, n. 27 ha sostituito il termine “procuratore legale” con il termine “avvocato” ed ha abrogato la disposizione di cui all'art. 5 del regio decreto 27 novembre 1933 n. 1578, che prevedeva che il procuratore legale potesse esercitare la sua professione soltanto nell'ambito della circoscrizione della corte d'appello presso la quale era iscritto.

Fino alla abrogazione di detta previsione, l'attività compiuta dal procuratore extra districtum era pacificamente ritenuta viziata da inesistenza o nullità assoluta.

Oggi, dunque, il ministero del difensore può essere conferito ad un avvocato iscritto in qualsiasi albo, ma rimane ferma la necessità dell'elezione di domicilio nell'ambito della circoscrizione territoriale del giudice innanzi al quale si svolge il giudizio.

In particolare, l'elezione di domicilio prescritta dall'art. 82 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 per il procuratore che esercita la professione fuori del circondario del tribunale presso il quale è in corso il processo costituisce un atto del difensore distinto ed autonomo rispetto a quella della parte rappresentata.

Sotto questo specifico profilo, recentemente la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che, ai fini della validità della notificazione della sentenza per il decorso del termine breve dell'impugnazione e del correlato atto di gravame, occorre considerare il solo domicilio indicato dal detto procuratore ai sensi dell'art. 82 citato, mentre è irrilevante che a tale domicilio non si faccia riferimento nella procura alle liti o che in questa l'assistito avesse indicato la residenza od eletto il domicilio (Cass. civ, ord., 21 marzo 2019, n. 8081).

Quindi, se il procuratore alle liti esercita al di fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato è tenuto ad eleggere domicilio nel luogo ove ha sede il giudice adito, altrimenti si considera elettivamente domiciliato presso la cancelleria di quest'ultimo; se, invece, operi all'interno della suddetta circoscrizione, può eleggere domicilio in qualunque luogo in essa ricompreso e, dunque, anche in comune diverso da quella sede del tribunale.

In tale ultimo caso le notifiche possono essergli effettuate solo presso il domicilio risultante dall'albo professionale.

Diverse deroghe all'obbligatorietà dell'onere del patrocinio nei giudizi innanzi al Tribunale hanno matrice giurisprudenziale.

Tra queste vanno certamente annoverate le istanze di autofallimento.

In particolare, il debitore può assumere l'iniziativa per la dichiarazione del proprio fallimento senza ricorrere al ministero di un difensore, se e fino a quando la sua istanza non confligga con l'intervento avanti al tribunale di altri soggetti, portatori dell'interesse ad escludere la dichiarazione di fallimento, ciò implicando lo svolgimento di un contraddittorio qualificato.

È invece pacificamente escluso che le parti possano stare in giudizio personalmente in sede di reclami fallimentari avverso i provvedimenti del giudice delegato, dovendosi riconoscere natura contenziosa al relativo procedimento e ai fini della proposizione dell'istanza di fallimento.

Ancora la parte può proporre personalmente istanza di ammissione al passivo fallimentare, mentre per il giudizio di opposizione allo stato passivo è necessaria la difesa tecnica.

Una vistosa deroga all'art. 82 c.p.c. si rinviene in materia previdenziale.

Nello specifico, l'art. 10, comma 6, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e successive modifiche, nel prevedere che gli atti relativi ai previsti procedimenti giurisdizionali concernenti l'invalidità civile, la cecità civile, il sordomutismo, l'handicap e la disabilità devono essere notificati all'INPS, attribuisce ai funzionari delegati alla difesa processuale dell'ente tutte le capacità connesse alla qualità di difensore.

Tra queste va quindi compresa anche quella di ricevere la notifica della sentenza ex art. 170, comma 3, c.p.c., ai fini del decorso del termine di impugnazione ex art. 325 c.p.c.

Posto che, anche alla luce delle eccezioni all'onere del patrocinio, trova conferma l'assunto di partenza secondo cui l'obbligatorietà della difesa tecnica costituisce applicazione concreta del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost., può conclusivamente ritenersi ed affermarsi che, per i giudizi innanzi al Tribunale, l'onere del patrocinio sussista per i procedimenti aventi natura contenziosa, mentre deve escludersi per quelli rientranti nell'ambito della volontaria giurisdizione.

Tra questi ultimi vanno senz'altro annoverati i procedimenti per la nomina dell'amministratore di sostegno (mentre non vi rientrano i giudizi per l'interdizione e l'inabilitazione); le autorizzazioni del Giudice tutelare per i minori; le autorizzazioni per gli atti di disposizione relativi a compendi ereditari accettati con beneficio di inventario (e qui la competenza è del Tribunale in funzione di Giudice delle successioni) e le istanze al Giudice del Registro delle Imprese.

In evidenza

Al procedimento prefallimentare è certamente applicabile l'art. 182, comma 2, c.p.c., costituente norma non eccezionale e suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva ed applicazione analogica (in tal senso, le pronunce Cass. civ., nn. 24485/2016 e 24068/2013, che lo hanno utilizzato in un giudizio di opposizione allo stato passivo; Cass. civ., n. 13711/2014, che ne ha fatto uso in un giudizio ex lege n. 89/2001).

A mente dell'art. 182, comma 2, c.p.c., nel testo novellato dall'art. 46 della legge n. 69 del 2009, «Quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione» (Cass. civ., sent.,6 marzo 2018, n. 5259).

Quanto alla portata applicativa del nuovo testo dell'art. 182 c.p.c., va rammentato che, non trattandosi di norma interpretativa, ma fortemente innovativa, essa non trova applicazione retroattiva (Cass. civ., sent., 29 marzo 2019, n. 8933).

Segue. Nei giudizi innanzi alla Corte d'appello

In fase di appello, non si apprezzano deroghe all'obbligatorietà della difesa tecnica, neppure in quelle ipotesi in cui è consentita, in primo grado, la difesa personale della parte.

E ciò per l'ovvia considerazione che i procedimenti di impugnazione sono caratterizzati da maggior tecnicismo.

Si veda ad esempio il disposto di cui all'art. 417 c.p.c., ove, nel prevedere che la parte possa stare in giudizio personalmente per le cause di lavoro non eccedenti il valore di euro 129,11, fa espresso riferimento al giudizio di primo grado.

Anche in materia locatizia, la difesa personale è ammessa solo in primo grado e limitatamente alla fase iniziale, essendo necessaria la costituzione a mezzo difensore ove vi sia opposizione allo sfratto o alla licenza per finita locazione.

Mentre, deve ritenersi non obbligatoria la difesa tecnica in grado di appello nei procedimenti di volontaria giurisdizione. Tra questi vanno annoverati: il reclamo in materia di amministrazione di sostegno; i reclami avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale in composizione collegiale in materia successoria (autorizzazioni al compimento di atti dispositivi di eredità accettate con beneficio di inventario anche da parte di minori o incapaci giudizialmente), in materia di registro delle imprese, in materia di separazione consensuale e di nomina di amministratore di condominio.

Ampio spazio applicativo alla cognizione della Corte d'appello nell'ambito della volontaria giurisdizione, si rinviene nell'art. 739 c.p.c., a mente del quale contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale, che pronuncia in camera di consiglio. Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglioin primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anch'essa in camera di consiglio.

Pur in assenza di specifica di disposizione di legge in deroga all'art. 82 c.p.c. non vi è ragione di escludere a priori che nelle impugnazioni innanzi alla corte d'appello ex art. 739 c.p.c. la parte possa stare in giudizio personalmente.

Trattasi invero di procedimenti pacificamente rientranti nella volontaria giurisdizione e che si svolgono con il rito camerale, senza particolari formalità neppure in grado di appello.

Del resto, deve ritenersi comunque rimesso al potere discrezionale del Giudice la possibilità, ove i contenuti della controversia, ad esempio, richiedano particolari conoscenze e competenze tecniche, invitare la parte a munirsi di difensore.

In evidenza

In tema di opposizione a sanzioni amministrative le regole speciali dettate per il giudizio di primo grado non possono ritenersi automaticamente estensibili anche a quello d'appello, in mancanza di una espressa previsione normativa in tal senso. Ne consegue che nei suddetti giudizi non è consentita la difesa personale delle parti in sede di gravame, anche in ragione del maggior tecnicismo che caratterizza i procedimenti d'impugnazione (Cass. civ., Sez. Un., ord., 18 novembre 2010, n. 23285).

Segue. Nei giudizi innanzi alla Corte di cassazione

Come per il giudizio di appello, non si rinvengono nel codice di rito deroghe all'obbligo del patrocinio nei giudizi innanzi alla Suprema Corte.

Ed infatti, la norma di cui all'art. 365 c.p.c. richiede, ai fini dell'ammissibilità del ricorso in Cassazione, un requisito ulteriore che il difensore deve possedere, ovvero l'iscrizione nell'apposito albo speciale, anche se di detta iscrizione non è necessario fornire indicazione in procura (Cass. civ., sent., 13 settembre 2012, n. 15338).

In ipotesi di pluralità di difensori, è sufficiente che uno degli avvocati, munito di procura speciale e che abbia sottoscritto l'atto, sia iscritto nell'apposito albo, rimanendo irrilevanti sia la mancata iscrizione in detto albo di altro avvocato sottoscrittore, sia l'omessa sottoscrizione di alcuno dei difensori cui sia stata rilasciata la procura.

Neppure in materia tributaria l'onere del patrocinio trova deroga nelle impugnazioni di legittimità, ove si applicano, infatti, ai sensi dell'art. 62, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili.

Tra le norme compatibili è sicuramente compresa, direttamente, quella dettata dall'art. 365 c.p.c., che impone che il ricorso sia sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale, e, indirettamente, quella di cui all'art. 82, comma 3,c.p.c. che prescrive che davanti alla Corte di cassazione le parti stiano in giudizio col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo, per il necessario fondamento tecnico di quel ricorso.

Si ritiene, infatti, che la norma di cui all'art. 82, comma 3, c.p.c. sia implicitamente richiamata sia dall'art. 365 c.p.c., che dall'art. 62, comma 1, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui fa riferimento all'art. 360 c.p.c. (Cass. civ., ord., 7 aprile 2011, n. 8024).

Rimane anche per il giudizio in Cassazione la possibilità per la parte che sia anche avvocato iscritto nell'albo speciale di assumere la difesa tecnica di sé stesso ai sensi dell'art. 86 c.p.c.

Particolare interesse merita la questione dell'onere del patrocinio nei procedimenti disciplinari e di iscrizione all'albo inerenti l'avvocatura.

In materia disciplinare, è orientamento pacifico quello per il quale non tutti gli incolpati possono difendersi da soli davanti al Consiglio nazionale forense od alle Sezioni unite civili della Suprema Corte, in quanto seppure non è necessaria l'iscrizione nell'albo speciale dei cassazionisti, occorre almeno quella nell'albo degli avvocati, dato che in mancanza di quest'ultima non si può avere quello ius postulandi che invece è indispensabile per stare in giudizio di persona.

Muovendo da tale presupposto, è stata pertanto esclusa l'ammissibilità del ricorso sottoscritto dal solo praticante avvocato, aggiungendosi che tale disparità di trattamento non determinava alcun vulnus degli artt. 3 e 24 Cost., stante la diversità di posizioni e di disciplina giuridica, a sua volta giustificata dalla differenza dei rispettivi titoli professionali e del percorso per accedervi che, assicurando una maggiore formazione degli avvocati, garantiva, oltretutto, ai praticanti un più efficace esercizio del diritto di difesa.

Tali principi sono stati confermati dai giudici di legittimità, che hanno peraltro aggiunto che gli stessi principi devono ritenersi operanti anche in materia d'iscrizione all'albo (Cass. civ., Sez. Un., sent., 9 giugno 2011, n. 23022).

Riferimenti
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, XVIII edizione;
  • AA.VV., Commentario breve al codice di procedura civile, ed. 2016, Padova.
Sommario