Difesa tecnica

15 Ottobre 2018

Il legislatore statuendo la necessità della difesa tecnica per i giudizi di principale importanza ha assicurato alle parti, che hanno la capacità di stare in giudizio ai sensi dell'art. 75 c.p.c., un adeguato sostegno difensivo che può essere fornito soltanto da un esperto e ciò al fine di assicurare un più efficace esercizio del diritto di difesa.
Inquadramento

Il legislatore statuendo la necessità della difesa tecnica per i giudizi di principale importanza ha assicurato alle parti, che hanno la capacità di stare in giudizio ai sensi dell'art. 75 c.p.c., un adeguato sostegno difensivo che può essere fornito soltanto da un esperto e ciò al fine di assicurare un più efficace esercizio del diritto di difesa.

Infatti, secondo l'art. 1 del codice deontologico forense, l'avvocato tutela, in ogni sede, il diritto alla libertà, l'inviolabilità e l'effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio.

L'avvocato, nell'esercizio del suo ministero, vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell'Ordinamento dell'Unione Europea e sul rispetto dei medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e nell'interesse della parte assistita.

Le parti del giudizio, quindi, non possono personalmente compiere gli atti del processo se non nei casi espressamente previsti. Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla Corte d'appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente mentre davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo, quindi, con particolari competenze professionali.

I casi in cui le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice sono, dunque, espressamente previsti. E così, per esempio, a mente dell'art. 82 c.p.c., le parti possono stare in giudizio di persona davanti giudice di pace per le cause il cui valore non ecceda € 1.100,00 o per le cause di valore superiore, se espressamente il giudice di pace le autorizza, in considerazione della natura e dell'entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte. In materia di lavoro, l'art. 417 c.p.c. statuisce che in primo grado la parte può stare in giudizio personalmente nelle cause di valore non superiore a euro 129,11; in materia di locazione, per l'art. 447-bisc.p.c., l'intimato può costituirsi personalmente nella fase sommaria della convalida della licenza o dello sfratto per finita locazione o per morosità al fine di opporsi alla chiesta convalida; il d.lgs. 1 settembre 2011 n. 150 sulla riduzione e semplificazione dei riti dei procedimenti civili di cognizione in vari articoli stabilisce che le parti possono stare in giudizio personalmente, così, per esempio, per il primo grado, nelle opposizioni ad ordinanza ingiunzione (art. 6), nell'opposizione al verbale di accertamento di violazione al codice della strada (art. 7), nelle controversie in materia di liquidazione degli onorari di avvocato (art. 14), nell'opposizione a decreto di pagamento di spese di giustizia (art. 15), ecc..

La parte non ha necessità dell'assistenza tecnica di un avvocato in diversi procedimenti di volontaria giurisdizione e nel procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno, nei casi in cui l'emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l'intervento dell'amministratore; necessita, per contro, detta difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o non corrispondente alla richiesta dell'interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l'interdetto o l'inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di difesa e del contraddittorio.

Infine, se la parte in causa è anche un avvocato, può stare in giudizio personalmente senza il ministero di altro difensore.

In tutti gli altri casi le parti per stare in giudizio necessitano del ministero di un avvocato, un esperto in possesso della qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito.

Venuta meno la preesistente distinzione tra procuratore legale ed avvocato, eliminata dalla legge n. 27/1997 (che ha soppresso l'albo dei procuratori legali prevedendo l'iscrizione degli stessi nell'albo, orami unico, degli avvocati), quest'ultimo è il professionista che imposta e sviluppa la strategia difensiva utile per l'assistito e, munito di jus postulandi, ossia del potere conferitogli mediante la procura alle liti della rappresentanza tecnica in giudizio,esercita il ministero di difensore compiendo avanti al giudice adito tutti gli atti processuali in luogo e nell'interesse della parte che gli ha conferito il mandato e/o in assistenza, accanto alla parte con la quale si trova in un rapporto che può inquadrarsi nella figura del mandato con rappresentanza e può svolgere il patrocinio ed esercitare la professione in tutto il territorio dello Stato senza limitazioni distrettuali.

Necessità e funzione della difesa tecnica

A mente dell'art. 24 Cost. «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. (…)».

La possibilità di tutelare in giudizio un proprio diritto o interesse legittimo, costituzionalmente garantita, però, si scontra con l'elevatissimo numero di leggi e norme che si susseguono nel tempo e che disciplinano i vari diritti sostanziali e con la complessità del sistema giuridico che prevede diverse procedure da applicare davanti alle diverse giurisdizioni ed alle diverse autorità giudiziarie che non consentono al cittadino comune che non conosce e non è un esperto di tali norme di potere agire in giudizio efficacemente personalmente.

La complessità del nostro sistema giuridico è tale che l'uomo comune necessita dell'assistenza tecnica di un avvocato anche sol che debba districarsi nell'articolato apparato di norme che stabiliscono prescrizioni e decadenze ad azioni e diritti che fioriscono numerose nell'impianto legale.

Per le cause cd. bagatellari o di modico valore o che non incidono sui diritti fondamentali della persone la parte può agire o difendersi in giudizio personalmente ma nei procedimenti avanti l'autorità giudiziaria che culminano con l'emissione di provvedimenti di natura decisoria e che incidono su situazioni sostanziali di diritti o "status" delle persone è richiesto come necessario il patrocinio di un difensore legalmente esercente, ex art. 82, comma 3, c.p.c..

Il procuratore è, dunque, un intermediario che ha il compito di rappresentare, con linguaggio giuridico, la storia e la richiesta di diritto negato del proprio assistito al giudice, sussumendo la fattispecie concreta che gli è stata narrata nella fattispecie generale ed astratta prevista nella norma dal legislatore per disciplinare quel caso e chiedendone quindi l'applicazione.

L'obbligatorietà della difesa tecnica è necessaria per far si che in concreto si realizzi il diritto di difesa del cittadino e si eviti che una parte che ritenga, errando, di avere le competenze necessarie agisca o si difenda in giudizio senza la difesa di un esperto, avvocato, con la conseguenza di non riuscire a realizzare la tutela del proprio diritto o, addirittura, di risultare soccombente, per esempio, nei confronti della controparte, più esperta o che si è avvalsa di un difensore.

La difesa tecnica è necessaria, quindi, nelle questioni per la cui soluzione occorre un esperto di diritto che svolga una analisi ed una interpretazione delle norme applicabili al caso concreto sottopostogli dal cliente, operi le scelte tecniche conseguenziali al fine di fare realizzare allo stesso il risultato richiesto o svolgere al meglio la difesa dello stesso.

Il ministero del difensore implica lo svolgimento di un contraddittorio qualificato, l'avvocato è un tecnico che presenta in veste giuridica al Giudice la pretesa o la difesa del proprio assistito e costituisce per la parte del processo che non ha le conoscenze e le competenze per difendersi da sola una garanzia sostanziale e procedimentale.

Anche nel processo tributario, per esempio, l'assistenza dell'avvocato risponde all'esigenza di assicurare al contribuente l'effettività dellatutela del diritto fondamentale di difesa nel processo in vista di un'adeguata difesa della parte privata contro gli atti della PA.

L'obbligatorietà della difesa tecnica comporta che nel caso in cui una parte non viene messa in condizione di avvalersi della patrocinio di un avvocato viene leso il suo diritto di difesa e gli atti compiuti sono nulli.

La necessità di assicurare la difesa tecnica, infine, è tale da consentire la possibilità anche al non abbiente di rivolgersi ad un avvocato utilizzando l'istituto del patrocinio a spese dello stato e, quindi, potere usufruire delle conoscenze di un esperto a tutela dei propri diritti, la cui attività verrà retribuita ponendo il relativo costo sull'intera collettività.

L'avvocato, dunque, che incarna e concretizza la difesa tecnica, è uno strumento attraverso il quale rappresentare la realtà processuale che sia quanto più vicina possibile alla realtà vera; è l'anello di congiunzione tra la tutela del diritto negato che invoca il cliente all'inizio del processo e la giustizia data allo stesso dal giudice alla fine del processo.

La natura della prestazione fornita dall'avvocato

Il rapporto tra avvocato ed assistito trova la sua disciplina normativa nel contratto d'opera intellettuale disciplinato dagli artt. 2230 e ss.c.c..

Nell'adempimento dell'incarico professionale attribuitogli, sia al momento del conferimento del mandato sia durante tutto il corso dello svolgimento del rapporto, l'avvocato deve osservare l'obbligo di diligenza, svolgendo la propria attività con coscienza, assicurando la qualità della prestazione professionale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c., nonché delle norme del codice deontologico, che gli impongono di assolvere anche ai doveri di informazione, sollecitazione, dissuasione del cliente, assicurando la qualità della prestazione professionale e, pertanto, non deve accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza.

L'avvocato, infatti, deve chiedere al cliente di conoscere tutti gli elementi necessari o utili a sua conoscenza e in suo possesso, è tenuto a rappresentare al proprio assistito tutte le questioni di fatto e di diritto che si profilano dalla vicenda che gli viene sottoposta, comunque insorgenti, anche quelle ostative al raggiungimento del risultato o, comunque, produttive di rischio di effetti dannosi e sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole; deve fornire compitamente tutte le informazioni in ordine alle circostanze indispensabili a che il cliente assuma decisioni pianamente consapevoli sulla opportunità o meno di iniziare un processo o intervenire in un giudizio.

L'avvocato è libero di accettare l'incarico, il rapporto con il cliente e con la parte assistita è fondato sulla fiducia.

Al conferimento dell'incarico al legale ed allo svolgimento della prestazione richiesta consegue che il cliente è obbligato alla corresponsione del relativo compenso.

Nel contratto di prestazione d'opera professionale la qualità di cliente può non coincidere con quella del soggetto a favore del quale l'opera dell'avvocato deve essere svolta, pertanto, chiunque, può per le più svariate ragioni, dare incarico ad un avvocato affinché questi presti la propria opera a favore di un terzo, in tali casi l'incarico deve essere accettato solo con il consenso di quest'ultimo e va svolto nel suo esclusivo interesse, con la conseguenza che il contratto si conclude tra il committente ed il professionista, il quale resta obbligato verso il primo a compiere la prestazione a favore del terzo, mentre il primo resta obbligato al pagamento del compenso.

Poteri e doveri del difensore

L'iscrizione all'albo, tenuto presso il Consiglio dell'ordine degli avvocati presso il Tribunale nel cui circondario si ha la residenza, costituisce condizione per l'esercizio dell'attività riservata all'avvocato. L'avvocato deve esercitare l'attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.

L'avvocato deve adempiere fedelmente il mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela dell'interesse della parte assistita e nel rispetto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, è tenuto, nell'interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell'attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell'attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali.

La parte mentre in un giudizio penale può nominare un numero massimo di due difensori, come statuito dall'art. 96 c.p.p., in un giudizio civile può farsi assistere e conferire il mandato alle liti ad uno o a più difensori senza limiti di numero (art. 87 c.p.c.) e, pertanto, in caso di procura alle liti conferita a più difensori, in difetto di una espressa ed inequivoca volontà delle parte circa il carattere congiunto e non disgiunto del mandato, ciascuno di essi ha pieni poteri di rappresentanza processuali.

Ciascuno dei difensori nominati ai sensi dell'art. 1716 c.c. deve ritenersi legittimato al compimento di atti processuali, ivi compreso il ricorso per cassazione, che è valido anche se sottoscritto da uno solo dei difensori, iscritto nell'apposito albo speciale ex art. 365 c.p.c..

Il conferimento dell'incarico comprende normalmente anche quello di prestare assistenza stragiudiziale alla parte, in relazione alle vicende cui l'incarico stesso si riferisce, pertanto, l'avvocato, in relazione alla stessa pratica, può prestare, nell'ambito di una procedura giudiziale civile, sia attività giudiziale che stragiudiziale.

La parte nel conferire la procura all'avvocato può conferirgli anche il potere di transigere la controversia estendendo quindi i poteri dispositivi del difensore oltre che alla lite in atto anche in prevenzione di un contrasto futuro.

Procura alle liti

Il ministero di difensore ossia il potere di stare in giudizio viene conferito dalla parte all'avvocato tramite la procura.

L'incarico della difesa può essere contenuto in una procura generale o in una procura speciale.

La procura è generale quando è conferita per una determinata categoria di affari che riguardano la parte o di controversie, anche prima che esse sorgano, è speciale quando riguardano una controversia determinata e specifica.

La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo tranne che nell'atto non sia espressamente prevista una volontà diversa.

La procura deve avere forma scritta e può essere conferita con atto pubblico da notaio o altro pubblico ufficiale o con scrittura privata autenticata.

L'avvocato difensore, a mente dell'art. 83, comma 3, c.p.c., svolge la funzione di pubblico ufficiale e può autenticare l'autografia della procura nei casi in cui questa venga apposta in calce o a margine nei cosiddetti atti introduttivi del giudizio, tali atti sono espressamente indicati dall'art. 83 c.p.c., l'elenco è considerato tassativo e la norma non è suscettibile di interpretazione analogica.

Dopo l'avvento del processo telematico e della firma digitale, il novellato articolo 83 prevede che la procura si considera apposta in calce all'atto introduttivo anche se rilasciata su foglio separato che viene quindi materialmente congiunto all'atto cui si riferisce, o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia.

Inoltre, se la procura alle liti viene conferita su supporto cartaceo, analogico, il difensore che si costituisce telematicamente trasmette la copia informatica, digitale, autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, che disciplina la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica.

Se la parte di un giudizio è una persona giuridica la procura alle liti deve essere conferita dal legale rappresentante della stessa ed ai fini della validità della procura è sufficiente che nell'intestazione dell'atto al quale la procura si riferisce siano indicati i poteri rappresentativi di colui che la sottoscrive che non ha l'onere di dimostrare tale sua qualità, spetta, eventualmente, alla controparte che contesta la sussistenza della detta qualità fornire la relativa prova negativa.

L'autenticazione, apposta dal difensore in calce alla procura alle liti, fa fede della provenienza dell'atto da colui che ne appare l'autore ma non della legittimazione processuale di quest'ultimo.

Il conferimento della procura da parte della persona fisica che sia il legale rappresentante di una società è valido anche se la procura sia stata sottoscritta senza spendita della denominazione sociale purché i dati contenuti nell'atto integrino gli elementi necessari.

Il mutamento della persona del legale rappresentante della persona giuridica che avviene in pendenza del giudizio per il quale è stata ben conferita la procura non incide in alcun modo nel corso successivo del giudizio.

A mente dell'art. 125, comma 2, c.p.c. la procura al difensore dell'attore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ma in questi casi, poiché si esula dalle possibilità tassative date al difensore di autenticazione della sottoscrizione indicate dall'art. 83 c.p.c., per la validità della procura è necessario che l'autografia della firma di quest'ultima sia attestata dal notaio, pubblico ufficiale all'uopo autorizzato (art. 2703 c.c.).

La procura alle liti può essere rilasciata allo stesso difensore da più parti con la sottoscrizione del medesimo atto purché tra le stesse non vi sia conflitto d'interessi (il quale può essere non solo attuale ma anche virtuale), anche se la potenzialità del conflitto deve essere valutata non come mera eventualità bensì in correlazione con il concreto rapporto esistente tra le parti, i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione.

Poteri del procuratore

La procura alla liti è un negozio unilaterale che presuppone tra l'avvocato ed il cliente un rapporto di mandato con rappresentanza speciale processuale ma non sostanziale e che conferisce al difensore la rappresentanza della parte in giudizio e lo abilita ad esercitare i poteri normativamente spettantigli nel processo ossia gli conferisce la speciale capacità di compiere e ricevere nell'interesse della parte tutti gli atti del processo per cui è stato conferito il mandato e permette di riferire alla parte in giudizio gli effetti dell'attività procuratoria espletata.

Il difensore, quindi, non può compiere atti di disposizione del diritto oggetto del giudizio tranne che non ne abbia avuto espresso potere nei modi previsti dalla legge, per esempio con apposito e distinto atto pubblico.

Il mandato ad litem attribuisce al difensore la facoltà di proporre tutte le domande che siano ricollegabili con l'originario oggetto della causa e, quindi, anche le domande riconvenzionali, restando esclusi dai suoi poteri solo quegli atti che comportano disposizione del diritto in contesa e le domande con le quali si introduce una nuova e distinta controversia eccedente l'ambito della lite originaria.

La procura conferita per resistere alla domanda attrice abilita il difensore del convenuto a chiamare in causa un terzo in garanzia per esigenze difensive, quale esclusivo o quanto meno concorrente responsabile di quanto dedotto dall'attore, al fine di sollevare il convenuto stesso dall'eventuale soccombenza nei confronti di parte attrice, non anche ad esperire contro detto terzo azioni fondate su un titolo autonomo e distinto che implica una estensione dell'ambito della lite per ciò occorre che tale facoltà sia espressamente indicata nella procura.

La rinuncia, il mutamento, la riduzione dell'originaria domanda (per esempio chiedendo una decorrenza diversa per la prestazione oggetto della domanda) o la rinuncia a suoi singoli capi rientra tra i poteri del difensore che esercita in tal modo la discrezionalità tecnica che gli compete nell'impostazione della lite e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato.

La rinuncia agli atti del giudizio o la disposizione negoziale del diritto in contesa che determinano perdita o riduzione del diritto in contesa spetta alla parte personalmente o al suo procuratore munito di mandato speciale ad hoc.

Revoca e rinuncia alla procura

A mente dell'art. 85 c.p.c. la revoca del difensore operata dal cliente o la rinuncia al mandato effettuata dal difensore non producono effetti finché non sia avvenuta nel processo la sostituzione del difensore revocato o rinunziante, pertanto, fino a quel momento o nel caso di inesistenza o nullità della procura al difensore nominato in sostituzione, la parte deve ritenersi difesa dal procuratore revocato.

La suddetta norma mira ad evitare una vacatio nello ius postulandi e, quindi, fino alla sostituzione il difensore conserva le sue funzioni nel processo e ciò sia con riguardo alla legittimazione di ricevere atti nell'interesse del mandante sia con riguardo alla legittimazione a compiere atti nel suo interesse. I rapporti interni tra procuratore e cliente rimangono disciplinati dal cosiddetto contratto di patrocinio, con le annesse conseguenze di responsabilità del procuratore nei riguardi del cliente, che può sempre rescindere con effetto immediato il rapporto di rappresentanza processuale nominando un altro difensore in sostituzione.

I diversi effetti della revoca o della rinuncia alla procura derivano dalla diversa disciplina relativa al compimento di atti di natura processuale e al compimento di atti di natura sostanziale. Infatti mentre nella disciplina sostanziale è previsto che chi ha conferito i poteri possa revocarli e, specularmente, chi li ha ricevuti possa dismetterli, con immediata efficacia, invece, né la revoca né la rinuncia privano per se stessi, il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti processuali. La diversa disciplina deriva dal fatto che i poteri attribuiti al procuratore dalle norme processuali non sono quelli che vengono liberamente determinati dal cliente che conferisce la procura ma sono quelli, come lo jus postulandi, che sono attribuiti dalla legge al procuratore che il cliente si limita a designare. Pertanto, secondo quanto stabilito dall'art. 85 c.p.c., non è la revoca o la rinuncia di per sé da sole a privare il procuratore dal potere di compiere o ricevere atti bensì il fatto che alle suddette azioni si accompagni o segua la nomina di un nuovo difensore in sostituzione del primo.

Riferimenti
  • Girolamo Monteleone, Diritto processuale civile;
  • Mandrioli - Carratta, Diritto processuale civile;
  • Francesco Paolo Luiso, Diritto processuale civile;
  • Simone, Manuale di diritto processuale civile.
Sommario