Il distacco transnazionale nelle catene di appalti
17 Ottobre 2019
Il momento in cui, nell'ambito della prestazione lavorativa di natura subordinata, al normale rapporto tra datore di lavoro e lavoratore si aggiunge l'interposizione di un terzo soggetto, questo è tradizionalmente destinatario di particolare attenzione da parte del legislatore nazionale, che non contempla intermediazione di manodopera al di fuori delle ipotesi “ordinarie” (il servizio pubblico che opera attraverso i centri per l'impiego) e di quelle specifiche legislativamente tipizzate (il contratto di somministrazione).
Una delle ipotesi sorvegliate con attenzione è rappresentata dal distacco, che si realizza quando la prestazione lavorativa di uno o più lavoratori subordinati è posta, dal datore di lavoro, a disposizione di un terzo soggetto, sussistendo uno specifico interesse del datore di lavoro medesimo.
Si tratta di un contratto che ha finalità e ratio diverse dall'intermediazione pura e semplice, riservata alle agenzie di somministrazione, e perciò la sua applicazione deve essere attentamente vigilata per evitarne gli abusi.
Ai fini del riconoscimento della legittimità della fattispecie (art. 30 D.Lgs. 81/2015), è necessario che alla diversa destinazione della prestazione lavorativa, resa nei confronti di un altro soggetto rispetto al datore di lavoro contrattualmente individuato, corrisponda la temporaneità del distacco e la sussistenza di un interesse specifico e rilevabile del datore di lavoro distaccante, che rimane giuridicamente ed economicamente responsabile della prestazione lavorativa, di fatto prestata nell'interesse altrui.
L'obbligatorietà della sussistenza dei suddetti elementi è destinata ad impedire che il distacco possa risolversi in una forma di intermediazione di manodopera illecita, non tollerata dall'ordinamento, per il rischio di elusione delle tutele dei diritti dei lavoratori che ne potrebbe derivare. Distacco transnazionale
Le esigenze di tutela sono acuite quando il fenomeno del distacco implica il coinvolgimento di realtà imprenditoriali presenti in Paesi diversi, con la necessità fisiologica di omogeneizzare trattamenti giuridici, economici, previdenziali, assicurativi, anche significativamente diversi, oltre all'indubbia esigenza di evitare pratiche elusive, ispirate il più delle volte dalla ricerca del minor costo della manodopera.
Risponde a queste esigenze la normativa comunitaria: la Dir. 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (che dà attuazione alla Dir. 96/71/UE, di recente modificata dalla Dir. 2018/957/UE, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 30 giugno 2020), recepita in Italia con il D.Lgs. 136/2016.
La preoccupazione fondamentale è quella di individuare una disciplina unitaria, che pur con la consapevolezza delle differenze tra le diverse regolamentazioni dei diversi Paesi, appresti un contenuto organico di garanzia dei diritti dei lavoratori interessati dal distacco presso Paesi diversi da quello d'origine, senza intaccare però il principio della libera circolazione delle persone e dei servizi, garantendo la rimozione delle restrizioni fondate sulla nazionalità o sulla residenza.
La normativa comunitaria è attuata in Italia dal D.Lgs. 136/2016, che si preoccupa di definire ogni elemento del distacco transnazionale, dal campo d'applicazione e fino ai requisiti della fattispecie e della sua genuinità. In tal senso il lavoratore distaccato è quello abitualmente occupato in un altro Stato membro che, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia (art. 2, lett. d), D.Lgs. 136/2016).
La peculiarità della fattispecie, la rilevanza degli interessi coinvolti e la necessità di garantire la costanza ed effettività delle tutele previste, ha indotto fra gli altri frequenti interventi anche dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro, che ha emanato le “Linee guida per l'attività ispettiva in materia di distacco transazionale”, con le quali, con un compendio della normativa comunitaria e interna, dando conto peraltro degli interventi dello stesso Istituto e del ministero del Lavoro precedenti, sono dettati i canoni fondamentali in materia (Nota INL 1° agosto 2019 n. 622)
Preso atto della peculiarità del contratto di distacco, è evidente come i suoi connotati consentono di distinguerlo dalla somministrazione, con la quale l'agenzia assume il mero obbligo di fornire il personale a fronte del corrispettivo, come pure dall'appalto.
Quest'ultimo si distingue da entrambi perché realizza un rapporto tra imprese e, se legittimo, implica di fatto in senso ampio la disponibilità di una prestazione lavorativa che, finalizzata alla realizzazione di una specifica opera o servizio, è organizzata e diretta dall'appaltatore, che gestisce la propria forza lavoro autonomamente, assumendo, a fronte del corrispettivo convenuto con il contratto di appalto, il rischio d'impresa per la realizzazione dell'opera o del servizio oggetto dell'appalto.
Cause giuridiche completamente diverse dunque, che consentono di distinguere il distacco dalle altre due ipotesi di interposizione in senso lato, considerato che l'elemento qualificatorio tipico del distacco è l'interesse del datore distaccante al rendimento della prestazione di lavoro presso un'altra realtà.
Distacco transazionale e catene di appalti
Una fattispecie particolare quella del distacco, nella quale la commistione fra le diverse caratteristiche degli istituti coinvolti è tuttavia evidente. Ancor più nel caso in cui il distacco si inserisca in una più ampia sequela di contratti che ricomprende anche appalti, anche non transnazionali.
Si tratta delle circostanze in cui le operazioni contrattuali vedono il coinvolgimento di diversi operatori commerciali mediante la stipula di una pluralità di contratti tra loro collegati, di cui soltanto alcuni presentano il requisito della transnazionalità (c.d. operazioni complesse configurabili, appunto, nelle filiere degli appalti).
Quando ciò accade, l'attività di vigilanza (ed innanzi tutto l'attività degli operatori e dell'interprete) deve essere orientata alla disamina dei diversi rapporti contrattuali posti in essere, come non a caso evidenziato dal già citato vademecum dell'INL (Nota INL 1° agosto 2019 n. 622).
La circostanza si realizza, e la verifica della sussistenza degli effettivi connotati di genuinità deve essere rigorosa, quando nell'ambito di un distacco che implica una prestazione transnazionale viene coinvolta una pluralità di operatori economici, quali l'impresa straniera distaccante, il soggetto distaccatario e il destinatario finale della prestazione.
Come prudentemente osservato dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro, la circostanza della sussistenza di un tale tipo di triangolazione non è, di per sé, indice di mancanza di genuinità dei rapporti, perché “in termini generali, deve escludersi che la ricorrenza di una pluralità di contratti commerciali e di soggetti giuridici di diverse nazionalità sia di per sé indice di illiceità delle operazioni transnazionali” (Nota INL 1° agosto 2019 n. 622).
Nessuna sanzione di default quindi. Tuttavia, pur premettendo l'assenza di pregiudizi acritici, la stessa nota, richiamando altre posizioni già espresse precedentemente sia dalla Commissione UE che dall'amministrazione, comprensibilmente stigmatizza la necessità che le operazioni che importano il distacco del lavoratore dallo Stato di stabilimento allo Stato di impiego, seguito da un successivo distacco presso un'impresa con sede nello stesso Paese ospitante, siano oggetto di una valutazione complessiva che attenga sia al contratto commerciale transnazionale sia al contratto commerciale di diritto italiano, con il fine – fondamentale – nel quadro regolatorio determinatosi, di impedire eventuali pratiche di dumping sociale poste in essere in violazione dei diritti dei lavoratori, nonché in danno di aziende italiane e, più in generale, dell'economia nazionale, da parte di imprese straniere – o presunte tali – che hanno costituito di fatto una base stabile in Italia, senza ottemperare agli obblighi previsti dalla legge italiana in materia fiscale, lavoristica e previdenziale (Nota INL prot. 5 giugno 2017 n. 4833, espressamente richiamata dal vademecum del 1° agosto).
Ciò nella consapevolezza che si tratta pur sempre di fattispecie particolarmente complesse. La complessità innanzitutto materiale della fattispecie (introduzione di ulteriori soggetti nelle dinamiche della prestazione lavorativa subordinata), nonché dovuta alla necessità di coordinare normative di Paesi diversi, unita alla ulteriore variabile della verifica della posizione degli altri partecipi in caso di catene di appalti e subappalti.
Rigore dei controlli che, pur respingendo automaticità e pregiudizi, richiede la verifica inequivoca dell'esistenza di rapporti contrattuali ben definiti, e non fittizi, tra i soggetti sopra indicati, nonché la permanenza durante il periodo del distacco di un effettivo rapporto di lavoro tra il lavoratore distaccato e l'impresa straniera distaccante. La posizione comunitaria
Nel prendere posizione in ordine a tale metodo di controllo, il vademecum dell'Ispettorato dà atto delle posizioni eloquenti già espresse in seno alla Commissione UE, per la quale “nel quadro delle disposizioni di cui al punto 1 della presente Decisione, gli articoli 14, paragrafo 1, e 14 ter, paragrafo 1, continuano ad applicarsi, in particolare alle seguenti condizioni: a) Distacco del personale abituale: quando il lavoratore distaccato dall'impresa del Paese d'invio presso una impresa dello Stato di impiego, viene anche distaccato presso un'altra o altre imprese del Paese di impiego, purché tuttavia il lavoratore continui ad esercitare la sua attività per conto dell'impresa che l'ha distaccato. In particolare, questo caso si verifica quando l'impresa ha distaccato il lavoratore in un altro Stato membro affinché egli vi effettui il lavoro successivamente o simultaneamente in due o più imprese situate nello stesso Stato membro.” (Decis. UE 162/96).
Ciò, “a condizione che nella fattispecie concreta siano riscontrabili gli elementi di autenticità dell'intera operazione negoziale posta in essere, sia ai sensi dell'art. 3, del Decreto n. 136 per tutti e tre i soggetti coinvolti, sia nel rispetto della normativa nazionale in tema di liceità dell'appalto, distacco e somministrazione di manodopera con riferimento ai rapporti intercorrenti tra soggetto distaccatario e committente”. Ciò in quanto “gli elementi che integrano le fattispecie di distacco non autentico possono essere molteplici e di diversa natura, connessi ad esempio alla costituzione in Italia di una attività imprenditoriale, su base stabile e continuativa, che risulta sconosciuta alle pubbliche amministrazioni nazionali oppure alla circostanza che l'impresa distaccante ovvero la filiale in Italia sia una società fittizia/di comodo, non esercitando alcuna attività produttiva ma di mera gestione amministrativa del personale, o ancora che l'impresa distaccante non presti alcun servizio ma si limiti a fornire solo il personale in assenza della relativa autorizzazione all'attività di somministrazione.” (Decis. UE 181/2000). In buona sostanza, pur negando qualsiasi posizione aprioristicamente piegata ad una valutazione negativa del fenomeno del distacco transnazionale operante nell'ambito di una catena di appalti, e richiedendosi una valutazione complessiva della fattispecie, tendente a valorizzare la fattispecie così per come sostanzialmente si manifesta, l'attenzione deve essere rivolta:
I due riscontri, pur differenti riguardo alle norme di riferimento che disciplinano i due momenti del flusso distacco – appalto, non possono però essere distinti quanto alla valutazione della fattispecie e conseguenze dell'attività di controllo.
Quest'ultima, che attua la Dir. 2014/67/UE, deve tendere alla valutazione complessiva della fattispecie osservata.
Sempre secondo il vademecum rilasciato dall'INL, ciò significa che sarà possibile ricostruire l'intera vicenda in termini unitari e ravvisare una responsabilità in capo al soggetto committente per violazione delle disposizioni in materia di distacco transnazionale, esclusivamente nella misura in cui sia possibile dimostrare che la stipula del contratto di appalto è illecita in quanto preordinata all'utilizzo di personale in distacco in contrasto con le disposizioni del D.Lgs. 136/2016.
A tal fine, sarà necessario prestare particolare attenzione ai seguenti elementi:
Nulla quaestio, alla luce di quanto premesso, qualora nella filiera della catena di appalto o subappalto, il distacco transnazionale si configuri come genuino, così come laddove l'appalto presenti tutti i caratteri tipici di quel contratto.
Qualora invece risulti provato che il contratto di appalto sia preordinato all'acquisizione illecita di lavoratori in distacco, sarà possibile contestare a tutti i soggetti della filiera l'illecito (art. 3, c. 4, D.Lgs. 136/2016) con la conseguente considerazione del lavoratore alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione.
Ove sia altresì riscontrata, ad esempio, l'elusione delle condizioni di lavoro di cui all'art. 4 D.Lgs. 136/2016 (ad esempio l'elusione del trattamento retributivo oppure della disciplina in materia di orario di lavoro) deve essere contestato anche il reato di somministrazione fraudolenta (art. 38 bis D.Lgs. 81/2015), secondo quanto chiarito dalla Circ. INL 11 febbraio 2019 n. 3.
Diversamente, laddove non sia possibile provare l'uso strumentale del contratto di appalto ai fini del distacco illecito di manodopera, potrà essere comunque contestata l'illiceità del distacco transnazionale tra appaltatore e subappaltatore, ove lo stesso non risulti genuino, con imputazione del lavoratore alle dipendenze del soggetto distaccatario (appaltatore/subappaltante).
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