Operatività della sanatoria prevista dall'art. 182 c.p.c.

30 Ottobre 2019

Nella pronuncia in commento la Suprema Corte si è occupata della seguente questione: nel caso in cui l'avversario propone una eccezione di difetto di rappresentanza, la parte – chiamata a produrre l'opportuna documentazione – deve attendere l'assegnazione di un apposito termine da parte del giudice?
Massima

Qualora l'avversario propone una eccezione di difetto di rappresentanza, la parte è chiamata a contraddire e, quindi, deve produrre l'opportuna documentazione senza attendere l'assegnazione di un apposito termine giudiziale.

Il caso

La Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di manutenzione nel possesso proposta da un condominio contro una società di locazione immobiliare, ordinando la rimozione di una tettoia realizzata, in violazione delle distanze legali, su un'area di proprietà dell'appellante.

La società di locazione immobiliare, nel proporre ricorso in Cassazione eccepiva, inter alia, l'eccezione di carenza di rappresentanza processuale dell'amministratore del condominio nel giudizio di secondo grado, sul rilievo che l'appello era stata proposto da detto amministratore senza apposita autorizzazione assembleare.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso sul rilievo che, ai sensi dell'art. 182 c.p.c., l'effetto sanante ex tunc si determina non solo quando la parte produce le necessarie autorizzazioni nel termine assegnato dal giudice ma anche quando essa produce le stesse autonomamente, a seguito dell'eccezione della controparte.

La questione

La questione in esame è la seguente: nel caso in cui l'avversario propone una eccezione di difetto di rappresentanza, la parte - chiamata a produrre l'opportuna documentazione - deve attendere l'assegnazione di un apposito termine da parte del giudice?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 182, comma 2 c.p.c., come modificato dall'art. 46, comma 2, l. n. 69/2009 ed in vigore dal 4 luglio 2009, prescrive che, quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione.

La riforma del 2009 ha esteso il rimedio della sanatoria a tutti i casi di difetto di rappresentanza (legale, volontaria, organica e tecnica), assistenza e autorizzazione.

I punti cardine del nuovo regime sono così riassumibili: a) estensione del rimedio della sanatoria al difetto di rappresentanza tecnica delle parti (difetto di procura), precedentemente esperibile soltanto per il difetto di rappresentanza processuale; b)
doverosità della concessione da parte del giudice del termine, di fronte ad un difetto di rappresentanza processuale o di assistenza tecnica rilevabili dal giudice in ogni stato e grado del processo; c) perentorietà del termine assegnato dal giudice per la sanatoria dei vizi; d) previsione della retroattività della sanatoria con conservazione degli effetti della domanda (efficacia sostanziale e processuale della sanatoria).

L'art. 182 c.p.c., quindi, si applica sia alla nullità della procura ad litem sia al difetto di rappresentanza processuale (Cass. civ., Sez. Un., n. 28337/2011).

Il nuovo testo normativo ha effettivamente imposto una possibilità di sanatoria sia per il difetto sia per la nullità della procura al difensore, con un preciso dovere del giudice di assegnare alla parte interessata un termine perentorio per la sanatoria stessa, onde il rispetto del termine perentorio all'uopo assegnato dal giudice è idoneo a sanare retroattivamente sia la mancanza assoluta sia una qualunque difformità del mandato defensionale per il giudizio di merito rispetto al modello legale.

In tal senso, la Corte di cassazione ha affermato nell'interpretazione della predetta norma che il giudice non può dichiarare l'invalidità della costituzione di questa senza aver prima provveduto - in adempimento del dovere imposto dall'art. 182, comma 1 c.p.c.,- a formulare l'invito a produrre il documento mancante (o a rinnovare quello viziato); tale invito, nel caso in cui non sia stato rivolto dal giudice istruttore, deve essere fatto dal collegio, od anche dal giudice dell'appello, poiché la produzione o rinnovazione, effettuata nel corso del giudizio di merito anche d'appello, sana ex tunc la irregolarità della costituzione (Cass. civ., n. 6041/2018; Cass. civ.,Sez. Un., n. 26338/2017; per fattispecie rette dalla precedente formulazione dell'art. 182 c.p.c., peraltro, v. Cass. civ.,n. 22559/2015 - che tiene conto della novella). Tale lettura soltanto dell'art. 182 c.p.c., del resto, rende la pronuncia di inammissibilità della domanda giudiziaria per mancanza di mandato a un legale abilitato, con conseguente restrizione all'accesso a un tribunale, proporzionata allo scopo avuto di mira dalla norma di assicurare la difesa tecnica e, quindi, coerente con l'art. 6 Cedu: gli organi giudiziari degli stati membri sottoscrittori della Cedu, nell'interpretazione della legge processuale, infatti, devono evitare gli eccessi di formalismo, segnatamente in punto di ammissibilità o ricevibilità dei ricorsi, consentendo per quanto possibile, la concreta esplicazione di quel diritto di accesso ad un tribunale previsto e garantito dall'art. 6 di detta convenzione (Corte Edu, Brualla Gomez de la Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997; Corte Edu, Guerin c. Francia, 29 luglio 1998; Corte e.d.u., Perez de Rada Cavanilles c. Spagna, 28 ottobre 1998).

In tale situazione i predetti principi in tema di applicabilità dell'art. 182 c.p.c., vanno contemperati con l'altro principio (Cass. civ., n. 11898/2014; Cass. civ.,Sez. Un., n. 4248/2016) secondo il quale, mentre ai sensi dell'art. 182 c.p.c., il giudice che rileva d'ufficio un difetto di rappresentanza deve promuovere la sanatoria, assegnando alla parte un termine di carattere perentorio, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze di carattere processuale, nel diverso caso come quello in esame - in cui l'eccezione di difetto di rappresentanza sia stata tempestivamente proposta da una parte, l'opportuna documentazione va prodotta immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto o comunque assegnato dal giudice, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire (Cass. civ., n. 24212/2018; nella giurisprudenza di merito v., però, Trib. Verona, 12 settembre 2019, e mente del quale l'eccezione di difetto di procura alle liti in favore del difensore della opposta da loro sollevata può essere superata assegnando alla convenuta termine per sanare tale vizio ai sensi dell'art. 182, comma 2, c.p.c.).

A tal riguardo, la Corte di cassazione ha ritenuto che ove sia eccepita nel giudizio di merito la legitimatio ad processum - quando questa sia conferita da soggetto indicato come procuratore della persona giuridica in base ad una determinata procura notarile che tuttavia non sia stata allegata, con la conseguente impossibilità di verificare la sussistenza e la natura del potere rappresentativo del procuratore, oltre che della persona che avrebbe conferito la procura stessa - non può ritenersi ammissibile la produzione della procura notarile, dalla controricorrente eseguita per la prima volta in sede di legittimità in unione con la memoria difensiva, trattandosi di adempimento insuperabilmente tardivo (Cass. civ., n. 6996/2019, a mente della quale la produzione nel giudizio di legittimità del documento anzidetto dovrebbe avvenire immediatamente, in sede di deposito del controricorso in replica alla impugnazione specificamente espressa sul punto dalla ricorrente).

In altri termini, per la Suprema Corte il difetto di rappresentanza o autorizzazione può essere sanato ex art. 182 c.p.c. in sede di legittimità, dando prova della sussistenza del potere rappresentativo o del rilascio dell'autorizzazione, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., sempre che il rilievo del vizio nel giudizio di cassazione sia officioso, e non provenga dalla controparte, come invece appunto qui fatto dal controricorrente, giacché, in tal caso, l'onere di sanatoria sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine da parte del giudice, in quanto sul rilievo di parte l'avversario è chiamato prima ancora a contraddire (Cass. civ., n. 12525/2018; Cass. civ.,Sez. Un., n. 4248/2016; Cass. civ., n. 2179/2011).

In altri termini, qualora il difetto di rappresentanza sia stato ritualmente avanzato da parte opposta, l'onere della sanatoria deve ritenersi sorto immediatamente, pertanto, deve essere depositata immediatamente la documentazione relativa alla legittimazione processuale, senza possibilità di concessione di un termine, ex art. 182 c.p.c., per il deposito dell'autorizzazione, trattandosi, come detto, di un rilievo ad opera di parte e non officioso.

Osservazioni

La regola introdotta dalla l. n. 69/2009, art. 46, comma 2 non costituisce uno strumento idoneo a scardinare il sistema processuale imponendo ingiustificabili regressioni nello sviluppo della dinamica del processo, ma, al contrario, essa impone una positiva collaborazione fra i soggetti del processo stesso in un'ottica antiformalistica, quindi consente sì una sanatoria dell'atto, ma secondo le regole stabilite dalla stessa disposizione, imponendo al giudice, che rilevi il vizio di rappresentanza tecnica, di concedere il relativo termine perentorio.

Laddove il giudice rilevi il difetto ma non provveda secondo quanto stabilito dall'art. 182 c.p.c., la pronuncia che sancisca la nullità della procura sarà viziata e si imporrà quindi il coordinamento di tale disposizione con quelle che regolano i rapporti tra i diversi gradi di giudizio, tra cui l'art. 161 c.p.c., che impone di far valere come motivo di impugnazione le nullità della sentenza.

Pertanto, laddove in primo grado si sia discusso della nullità della procura ad litem ed il giudice abbia chiuso in rito il processo per difetto di rappresentanza tecnica dovuta all'invalidità del mandato al difensore, senza, erroneamente, fare applicazione dell'art. 182, comma 2, c.p.c. ovvero senza consentirne la sanatoria, sarà onere della parte soccombente impugnare la pronuncia per violazione della predetta disposizione. In difetto, non sarà consentito sanare il difetto di rappresentanza limitandosi a produrre, nei gradi successivi, una procura ad litem valida, atto che peraltro nel caso sarebbe compiuto al di fuori dello schema di cui al citato art. 182, comma 2, c.p.c., cioè in difetto dell'ordine giudiziale di rinnovazione dell'atto invalido. A tale ultimo proposito, deve richiamarsi il consolidato orientamento in base al quale il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall'art. 125 c.p.c., il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell'atto, purché anteriormente alla costituzione della parte rappresentata.

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