Il Vademecum della Terza Sezione sul consenso informato e sulla violazione della libertà di autodeterminazione del paziente
12 Novembre 2019
IL CASO Il Tribunale di Bari rigetta la domanda proposta da una paziente nei confronti di un istituto Oncologico volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla donna (una mielopatia dorsale da radioterapia) a causa delle eccessive dosi di irradiazioni della terapia radiante a lei somministrata per curare il linfogranuloma di Hodgking sia perché all'epoca dei fatti la mielopatia non era annoverata tra le conoscenze scientifiche dei rischi connessi al trattamento radioterapico, sia perché i medici si erano attenuti al protocollo della cura. Il tribunale rigetta inoltre la domanda di risarcimento danni per omessa acquisizione del consenso informato in quanto estinto per prescrizione. La Corte d'appello di Bari, successivamente adita, condannava invece l'Ospedale al risarcimento del danno non patrimoniale, liquidandolo sulla base delle tabelle milanesi perché il rischio di mielopatia, seppur raro, risultava segnalato dalla dottrina scientifica e, posto anche il positivo riscontro del precedente trattamento chemioterapico, non erano giustificabili le alte dosi di radiazioni somministrate. La Corte territoriale accoglie inoltre la domanda di garanzia proposta dall'Istituto oncologico nei confronti dei coassicuratori che condannava a manlevare l'assicurato nei limiti del massimale di polizza e per le quote di rischi rispettivamente assunte da ciascuna società. L'Istituto oncologico ricorre in cassazione sulla base di sette motivi. IL VADEMECUM Per quanto qui di interesse, la Corte nel rigettare il ricorso, fornisce un vademecum in tema di consenso informato, guida che conferma e da seguito a quanto elaborato giurisprudenzialmente dalla medesima corte nell'ultimo decennio in materia del consenso informato relativo alla somministrazione delle cure mediche e farmacologiche e della violazione della libertà di autodeterminazione del paziente (si veda, in riferimento al periodo indicato: Cass. civ., sez. III, sent. 9 febbraio 2010 n. 2847; Cass. civ., sez. III, sent. 23 marzo 2018 n. 7248), formulando i seguenti enunciati: «La violazione, da parte del medico, del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: a) un danno alla salute, quando sia ragionevole ritenere che il paziente - sul quale grava il relativo onere probatorio - se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all'intervento (onde non subirne le conseguenze invalidanti); b) un danno da lesione del diritto all'autodeterminazione, predicabile se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subito un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale (ed, in tale ultimo caso, di apprezzabile gravità), diverso dalla lesione del diritto alla salute. (ex multis, Cass. 2854/2015; 24220/2015; Cass. 24074/2017; Cass. 16503/2017; Cass. 7248/2018). Possono, pertanto, prospettarsi le seguenti situazioni conseguenti ad una omesso od insufficiente informazione: A) omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe in ogni caso scelto di sottoporsi, nelle medesime condizioni, "hic et nunc": in tal caso, il risarcimento sarà limitato al solo danno alla salute subito dal paziente, nella sua duplice componente, morale e relazionale; - 8) omessa/insufficiente informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute a causa della condotta colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento sarà esteso anche al danno da lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente; - C) omessa informazione in relazione ad un intervento che ha cagionato un danno alla salute (inteso anche nel senso di un aggravamento delle condizioni preesistenti) a causa della condotta non colposa del medico, a cui il paziente avrebbe scelto di non sottoporsi: in tal caso, il risarcimento, sarà liquidato con riferimento alla violazione del diritto alla autodeterminazione (sul piano puramente equitativo), mentre la lesione della salute - da considerarsi comunque in relazione causale con la condotta, poiché, in presenza di adeguata informazione, l'intervento non sarebbe stato eseguito - andrà valutata in relazione alla eventuale situazione "differenziale" tra il maggiore danno biologico conseguente all'intervento ed il preesistente stato patologico invalidante del soggetto; - D) omessa informazione in relazione ad un intervento che non abbia cagionato danno alla salute del paziente, cui egli avrebbe comunque scelto di sottoporsi: in tal caso, nessun risarcimento sarà dovuto"; - E) Omissione/inadeguatezza diagnostica che non abbia cagionato danno alla salute del paziente, ma che gli ha tuttavia impedito di accedere a più accurati ed attendibili accertamenti (come nel caso del tri-test eseguito su di una partoriente, senza alcuna indicazione circa la sua scarsa attendibilità e senza alcuna, ulteriore indicazione circa l'esistenza di test assai più attendibili, quali l'amniocentesi, la villocentesi, la translucenza nucale): in tal caso, il danno da lesione del diritto, costituzionalmente tutelato, alla autodeterminazione sarà risarcibile (giusta il già richiamato insegnamento del giudice delle leggi) qualora il paziente alleghi che, dalla omessa, inadeguata o insufficiente informazione, gli siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, in termini di sofferenza soggettiva e contrazione della libertà di disporre di se stesso, psichicamente e fisicamente - salva possibilità di provata contestazione della controparte. "Il risarcimento del danno da lesione del diritto di autodeterminazione che si sia verificato per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, pur necessario ed anche se eseguito "secundum legem artis", ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, dovrà conseguire alla allegazione del relativo pregiudizio ad opera del paziente, riverberando il rifiuto del consenso alla pratica terapeutica sul piano della causalità giuridica ex art. 1223 c.c. e cioè della relazione tra evento lesivo del diritto alla autodeterminazione - perfezionatosi con la condotta omissiva violativo dell'obbligo informativo preventivo - e conseguenze pregiudizievoli che da quello derivano secondo un nesso di regolarità causale. Il paziente che alleghi l'altrui inadempimento sarà dunque onerato della prova del nesso causale tra inadempimento e danno, posto che: a) il fatto positivo da provare è il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico; b) il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla scelta soggettiva del paziente, sicché la distribuzione del relativo onere va individuato in base al criterio della cd. "vicinanza della prova"; c) il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione di necessità/opportunità dell'intervento operata dal medico costituisce eventualità non corrispondente all'"id quod plerumque accidit". Tale prova potrà essere fornita con ogni mezzo, ivi compresi il notorio, le massime di esperienza, le presunzioni, queste ultime fondate, in un rapporto di proporzionalità diretta, sulla gravità delle condizioni di salute del paziente e sul grado di necessarietà dell'operazione, non potendosi configurare, "ipso facto", un danno risarcibile con riferimento alla sola omessa informazione, attesa l'impredicabilità di danni "in re ipsa" nell'attuale sistema della responsabilità civile».
|