Riciclaggio e monete elettroniche: le nuove indicazioni del d.lgs. 125/2019
28 Novembre 2019
Abstract
Con il recepimento della Direttiva (UE) 2018/843 – c.d. V Direttiva – il legislatore è intervenuto sul testo del d.lgs. 231/2007 (già recentemente modificato dal d.lgs. 90/2017) delineando una nuova disciplina - tra l'altro - delle operazioni aventi ad oggetto le monete virtuali e degli obblighi dei soggetti che operano in tale settore. Un intervento che giunge nel momento in cui si affacciano, sul panorama mondiale, prospettive di sviluppo del settore - in ambito pubblico come privato - di straordinario potenziale impatto. Nell'ambito di un provvedimento generale diretto a rafforzare e adeguare gli strumenti di contrasto al riciclaggio, evidentemente il tema delle monete virtuali non poteva che risultare prioritario, nel momento in cui, tra l'altro organismi privati e pubblici di rilievo mondiali si apprestano a intervenire in termini significativi nel settore. Premessa: blockchain e monete virtuali
Osservare e descrivere semplicemente i mutamenti del quadro normativo sarebbe attività sterile o addirittura inutile se gli stessi non fossero calati nel contesto economico, tecnologico e sociale che li accompagna (anzi, che sistematicamente li anticipa). È indispensabile verificare l'efficacia e la significatività delle modifiche introdotte dalla d.lgs. 125/2019 avendo ben presente quantomeno due “novità” - se così possono essere definite - del panorama internazionale il cui rilievo non è direttamente correlato al contrasto al riciclaggio, ma la cui portata consente di ipotizzare l'impatto macroeconomico - e dunque politico/sociale- che dalle stesse potrebbero derivare. Dalla lettura del testo del d.lgs. 125/2019 emerge una rinnovata attenzione per i rischi intrinsechi alle carte prepagate e alle criptovalute, ossia a quelle rappresentazioni digitale di valore decentralizzata basata sul peer-to-peer, su una blockchain condivisa il cui trasferimento è basato sulla crittografia e le cui regole di emissione sono basate su un algoritmo open source (Cfr. S. CAPACCIOLI, Criptovalute e bitcoin: un'analisi giuridica, Giuffré, 2015). Le «valute virtuali» non possono qualificarsi come valute dal punto di vista dell'Unione; in questo senso, per il Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, l'euro è la moneta unica dell'unione economica e monetaria dell'Unione. Nel testo del d.lgs. 213/2007, all'articolo 1, è definita valuta virtuale la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un'autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente. In realtà, in relazione all'effettiva natura delle criptomonete, non esiste sostanzialmente un'interpretazione condivisa o almeno maggioritaria al riguardo. Si spazia così tra un'idea di moneta “atipica”, stante l'assenza di un soggetto terzo emittente, o genericamente di un mezzo di pagamento, di beni immateriali, di una versione in chiave digitale dell'istituto del baratto, di una commodity piuttosto che della “manifestazione” di un'obbligazione naturale. Le valute virtuali possono essere trasferite, memorizzate o scambiate elettronicamente. A tal fine, l'utente deve avere a disposizione un wallet, ossia un portafoglio digitale indispensabile per depositare le criptovalute nella propria disponibilità. In particolare, l'installazione su un dispositivo informatico di una app specifica genera un indirizzo bitcoin, che può essere condiviso e che può consentire trasferimento di monete virtuale Il trasferimento viene protetto da una chiave privata, che garantisce che il trasferimento sia effettivamente della persona che ha effettuato la transazione, e che nessuno possa modificare la stessa. Come è noto, i trasferimenti di bitcoin possono avvenire direttamente tra due soggetti che hanno la disponibilità di un wallet; a loro volta, i c.d. exchanger, sono prestatori di servizi chiamati a assicurare il “cambio” tra valute virtuali e valute legali, assumendo il ruolo di “traghettatori tra gli scambi economico finanziari tradizionali e il mondo delle criptovalute”. Il problema legato al contrasto al riciclaggio e/o all'autoriciclaggio parte evidentemente (anche se non può limitarsi) dalla verifiche sull'ingresso e sull'uscita dal circuito virtuale, attraverso il processo di conversione di valuta a corso legale in criptovaluta e viceversa, considerato che l'acquisto e il trasferimento di bitcoin o altre monete virtuali può costituire condotta funzionale a garantire “ostacolo” alla identificazione della provenienza delittuosa di denaro o altre utilità di provenienza illecita: sia nei casi un cui le monete rappresentino strumenti di pagamento, sia ove assumano una valenza puramente “speculativa”. In questa prospettiva i bitcoin assumono almeno di fatto il ruolo di moneta (o di “rappresentazione” di un valore), anche se non ufficialmente riconosciuta; una “moneta” che non è considerata di per sé illegale la cui circolazione può essere tracciata e ricostruita con difficoltà non comparabili a quella della moneta tradizionale. In questo senso le caratteristiche del sistema negli scambi di bitcoin limitano fortemente il potere coattivo dello Stato, allo stato non dotato di strumenti adeguati di intervento. Uno strumento dunque e paradossalmente lecito che si presta per attività del tutto illecite, quale il riciclaggio e/o l'autoriciclaggio, considerato che può essere trasferita e conservata in modo anonimo e che non semplici da controllare si presentano, come vedremo i momenti di trasferimento dal mondo reale a quello virtuale. I nuovi scenari nel mercato delle criptovalute
Nel momento in cui ci si pone a interpretare le nuove indicazioni del legislatore in tema di monete virtuali e riciclaggio, si deve tenere presente che l'economia (e non solo) mondiale sta procedendo su una strada che non conosce punti di ritorno: la Cina si appresta a emettere, sulla base della tecnologia blockchain, una propria moneta ufficiale virtuale e uno dei principali player privati – Facebook - ha annunciato di voler fare altrettanto. Fatti di grande rilevo, che presuppongono tuttavia degli “aggiustamenti” di prospettiva rispetto alla logica tecnico-economica che sino a oggi ha caratterizzato il settore delle valute virtuali. Differenze che - anche nella prospettiva del contrasto al riciclaggio - è bene evidenziare subito. Libradovrebbe chiamarsi la moneta virtuale collegata a Facebook; a differenza dei bitcoin, il suo valore non si baserà sul rapporto tra domanda e offerta della rete, ma sarà ancorato a beni reali, come titoli di Stato e depositi bancari e sarà distribuita alle società aderenti alla Libra Association che a loro volta la metteranno in circolo tra i propri clienti. A differenza delle altre monete virtuali, Libra sarà una piattaforma “permissioned”, nella quale ciascuno dei membri della Libra Association deterrà un nodo validatore. Non chiunque, pertanto, potrà validare, ma solo i soggetti di notevoli dimensioni associati al progetto (fondamentalmente operatori dei settori pagamenti, technology and marketplace, telecomunicazioni, blockchain e venture capital). Non solo: a fianco di Libra – per quanto di interesse in questa sede - opererà Calibra, società controllata da Facebook, per assicurare e semplificare la gestione dei “portafogli” della criptovalute, senza chiavi provate e pubbliche ma prevedendo un sistema di semplice uso integrato con le principali piattaforme di messaggistica, per fornire agli utenti un digital wallet disponibile su Whatsapp e Messenger. Calibra dovrà – tra l'altro- assicurare il rispetto delle normative antiriciclaggio e garantire il processo di riconoscimento dei clienti. L'obiettivo è chiarissimo: non solo semplificare i sistemi di pagamento ma soprattutto “arrivare” con la moneta virtuale a quell'amplissima fascia di popolazione mondiali che non è inserita nel circuito bancario ma che può fruire di una connessione alla rete tramite - nella maggior parte dei casi - un cellulare. Un mercato potenziale di proporzioni colossali. Non è un caso che a fronte di tale prospettiva, l''iniziativa sia in corso di attenta valutazione da parte delle banche centrali, che devono considerare l'impatto che il progetto potrebbe avere sui mercati mondiali, gli obiettivi concretamente perseguiti e le potenzialità di controllo effettivo dei flussi di valore destinati a essere “mossi”. Soggetti che potrebbero richiedere al “sistema” Libra di adeguarsi sul piano delle regole e autorizzazione (e dunque controlli) tipici del sistema bancario. A fronte di Libra, troviamo Il progetto della repubblica Popolare Cinese di emettere una c.d. CBDC (Central Bank Digital Currency), per favorire la circolazione e l'internazionalizzazione della propria moneta corrente, contrastando il dollaro sui. mercati internazionali. Una volontà desumibile non solo dagli annunci che si sono susseguiti, quanto anche dall'incremento degli investimenti nella tecnologia digitale per rendere sempre più efficace e diffuso l'utilizzo della blockchain. Un sistema di fatto profondamente diverso da quello delle criptovalute “tradizionali” in quanto l'emissione spetterebbe alla stessa Banca Centrale, laddove solo nella fase successiva la distribuzione dovrebbe essere affidata alle banche commerciali o ad altre agenzie governative. Tutto ciò garantendo, tuttavia, al pari di Libra e delle altre criptovalute una possibilità di utilizzo a prescindere dalla titolarità di un conto bancario. Un sistema che dovrà porsi il problema di come conciliare la estrema “semplificazione “delle transazioni con l'esigenze di contrasto al riciclaggio. Il recepimento della direttiva 2018/843/UE
Quello descritto al punto precedente è lo scenario dell'immediato futuro nel quale si calano le nuove disposizioni in tema di obblighi antiriciclaggio – entrati nel sistema a seguito della pubblicazione in G.U., il 26 ottobre 2019, del d.lgs. 4 ottobre 2019, n. 125, che ha recepito la Direttiva (UE) 2018/843- c.d. V Direttiva - intervenendo sul d.lgs. e sul d.lgs. 90/2017. Il legislatore nazionale, già con il d.lgs. n. 90 del25 maggio 2017 (rubricato Prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento al terrorismo, in vigore dal 4 luglio 2017) aveva anticipato le proposte di modifica della IV Direttiva (2015/849 UE) confluite nella bozza della V direttiva, con riguardo specificamente le valute virtuali. In generale, con il d.lgs. 90/2017 i soggetti obbligati:
A tale fine, è consentito ai soggetti obbligati di ricorrere a terzi per assolvere gli obblighi di adeguata verifica ed identificazione della clientela; tali obblighi si considerino assolti, “previo rilascio di idonea attestazione da parte del terzo che abbia provveduto ad adempiervi direttamente, nell'ambito di un rapporto continuativo o dell'esecuzione di una prestazione professionale ovvero in occasione del compimento di un'operazione occasionale”. Il d.lgs. 231/2007, all'art. 1, prevedeva già la figura dei prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale: ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all'utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale.Una definizione derivante dall'osservazione del settore da parte del GAFI (Gruppo d'Azione Finanziaria), organismo intergovernativo indipendente finalizzato alla promozione di politiche finalizzate a tutelare il sistema finanziario dai rischi legati al riciclaggio, finanziamento del terrorismo e della diffusione delle armi di distruzione di massa. Il d.lgs. 125/2019 ha modificato la definizione di cui all'articolo 1, comma 2, lettera ff), inserendo, dopo le parole “a titolo professionale,” l'indicazione: anche online e aggiungendo un calce la dizione che si riporta: ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi funzionali all'utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all'acquisizione, alla negoziazione o all'intermediazione nello scambio delle medesime valute. Il decreto ha considerato la conversione delle monete digitale in valuta come solo una delle possibilità di “trasferimento” dei valori. Nell'ottica del “controllo” per la prevenzione del riciclaggio, ben più potenzialmente inquietanti devono essere ritenute le conversioni di una moneta digitale in rappresentazioni digitali di valore, comprese quelle convertibili in altre di tipo virtuale nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all'acquisizione, alla negoziazione o all'intermediazione nello scambio delle medesime valute. Il legislatore italiano era già ben consapevole delle criticità - rispetto a una piena efficacia del decreto - derivanti dal sostanziale anonimato delle criptovalute e dalla conseguente non adeguatezza delle verifica della clientela e sul'individuazione del titolare effettivo del conto wallet (art. 18 d.lgs. 231/2007). Rispetto alla criptovalute, l'assenza di intermediari finanziari può favorire operazioni di riciclaggio e di finanziamento al terrorismo, non essendo strutturalmente coinvolti quegli organismo che, nell'economia tradizionale, svolgono le funzioni di controllo e segnalazione di attività sospette alle autorità competenti. Imporre stingenti obblighi sulle modalità di pagamento impiegati in generale impiegati nell'esecuzione di transazioni finanziarie finalizzate al riciclaggio senza considerare espressamente l'attività dei “cambiavalute virtuale” poteva essere, in effetti, un controsenso; grazie al decreto gli “exchanger” sono considerati soggetti destinatari delle normative antiriciclaggio di cui alla direttiva antiriciclaggio. Il d.lgs. 125/2019 ha in parte modificato l'articolo 1, comma 2, dopo la lettera ff) d.lgs. 231/2007 – lett ff-bis) - definendo i prestatori di servizi di portafoglio digitale: ogni persona fisica o giuridica che fornisce, a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali. Questi ultimi sono destinatari degli obblighi di adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo (art. 17), conservazione (artt. 31-32) e di segnalazione per operazioni sospette all'UIF (art. 35), laddove compiano attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso. L'art. 35 prevede che i soggetti obbligati – prima di compiere l'operazione – inviano una segnalazione all'UIF – senza ritardo – quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo o che comunque i fondi... provengano da attività criminosa. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, dall'entità, dalla natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento… in ragione delle funzioni esercitate, tenuto anche conto della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto a cui è riferita. La disciplina delle verifiche è stata modificata dall'art. 2 d.lgs. 125/2019: da un lato l'esercizio degli obblighidovrà essere effettuato nei confronti di coloro che sono già clienti degli obbligati, non soltanto nell'ipotesi in cui si verifichi un cambiamento nel livello del rischio attribuito al cliente, ma anche nell'ipotesi di ampliamento degli obblighi sopravvenuti, posti da norme emanate successivamente al tempo in cui è stato acquisito il cliente. Inoltre, il nuovo testo dell'art. 19 d.lgs. 231/2007 stabilisce che e identità digitali ed i certificati per la generazione di firma digitale rilasciati in conformità al Regolamento (UE) 910/2014 possono essere accettati unicamente se caratterizzati da un massimo livello di sicurezza. Le indicazioni sulla moneta elettronica anonima
Il d.lgs. 125/2019 ha affrontato il contrasto al riciclaggio anche intervenendo sulla disciplina delle carte prepagate, strumenti la cui diffusione ha assunto ormai una dimensione di eccezionale rilevanza e che – per evidenti motivi- si prestano a garantire transazioni di problematica tracciabilità nonché sui prodotti di moneta elettronica anonimi, perfettamente idonee al trasferimento illecito di valori. Il decreto in oggetto ha apportato, al riguardo, modifiche al Titolo III del d.lgs 231/2007, intervenendo sull'art. 50. In particolare, la rubrica è sostituita dalla seguente: Divieto di conti e libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia e di prodotti di moneta elettronica anonimi. In concreto i due commi dell'art. 50 sono stati integrati con l'estensione del divieto di conti e libretti di risparmio anonimi ai prodotti di moneta elettronica di eguale natura. L'apertura in qualunque forma di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia è vietata nonché l'emissione di prodotti di moneta elettronica anonimi è vietata. L'utilizzo, in qualunque forma, di conti o libretti di risparmio in forma anonima o con intestazione fittizia nonché' l'utilizzo di prodotti di moneta elettronica anonimi, aperti o messi presso Stati esteri, è vietato. Tale divieto di emissione e utilizzo di prodotti di moneta elettronica anonimi, previsto dai commi 1 e 2, decorre dal 10 giugno 2020. In conclusione
S. CAPACCIOLI “Criptovalute e bitcoin: un'analisi giuridica”, Giuffré, 2015 M. BELLINI, “Blockchain: cos'è, come funziona e gli ambiti applicativi in Italia”, in www.blockchain4innovation.it S.COSIMI, Libra, ecco come funziona la moneta di Facebook, in www.repubblica.it, 18.6.2019 |