Impugnazione proponibile solo nei confronti di atti con caratteristiche giuridiche delle delibere assembleari

Katia Mascia
04 Dicembre 2019

Per poter affermare di essere in presenza di una deliberazione assembleare, è necessario non soltanto che l'espressione di volontà collettiva dei partecipanti abbia la forma di una pronuncia dell'assemblea dei condomini ma, altresì, che corrisponda ad una manifestazione di volontà collegiale, formalizzata all'esito di una votazione e idonea, quindi, a vincolare tutti i partecipanti.
Massima

Non si configura un atto giuridicamente riconducibile alla fattispecie della delibera assembleare condominiale nel caso in cui il dialogo tra l'amministratore del condominio e gli altri condomini - avvenuto nel corso dell'assemblea condominiale e verbalizzato come fatto storico occorso durante la discussione di uno degli argomenti posti all'ordine del giorno - non sia culminato in una deliberazione da parte dell'assemblea.

Il caso

Nel 2013 due condomini impugnavanouna delibera adottata dall'assemblea di Condominio dinanzi al Tribunale di Catania, il quale, nel 2015, la annullava parzialmente (riguardo al terzo punto all'ordine del giorno) osservando che essa era viziata da eccesso di potere in quanto l'assemblea, facendo leva sulla propria maggioranza numerica, aveva prevaricato la legittima richiesta dei condomini dissenzienti - che fossero rimborsate loro le somme anticipate per conto del Condominio al fine del rifacimento del tetto - affermando che i pagamenti non erano stati effettuati in quanto i crediti del Condominio, nei confronti dei due condomini attori, erano superiori ai debiti.

Avverso la sentenza di primo grado, il Condominio proponeva ricorso dinanzi alla Corte d'Appello di Catania, censurando la sentenza impugnata per aver ravvisato l'eccesso di potere, pur in mancanza dei presupposti di diritto richiesti al fine della configurazione di tale fattispecie di invalidità, per la regolamentazione delle spese processuali e per aver interpretato erroneamente il contenuto del verbale assembleare, il quale riportava il punto di vista dell'amministratore e non dell'assemblea condominiale, che, invece, non aveva espresso alcuna volontà sull'argomento trattato, né aveva votato. Pertanto, l'impugnazione proposta ai sensi dell'art. 1137 c.c. era da considerarsi inammissibile, essendo tale strumento riservato all'impugnazione di atti che presentano le caratteristiche proprie delle delibere.

I due condomini si costituivano in giudizio contestando i motivi di appello ed evidenziando la nullità della delibera impugnata, per contrasto con gli artt. 1108 e 1109 c.c., per illiceità del suo oggetto e per indeterminatezza in mancanza di documentazione contabile.

La questione

Si trattava di stabilire se le affermazioni rese durante l'assemblea dall'amministratore di Condominio e riportate nel verbale fossero capaci di spiegare effetti e fossero, dunque, vincolanti per la stessa.

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'Appello di Catania - rigettata preliminarmente l'eccezione sollevata dagli appellati che insistevano sul difetto di rappresentanza processuale del Condominio - accoglie l'appello proposto e, riformando la sentenza di primo grado, rigetta l'impugnazione della delibera adottata dall'assemblea di Condominio. Condanna i due condomini al pagamento, in solido tra loro, delle spese processuali dell'intero giudizio.

Osservazioni

La Corte territoriale osserva che, nella delibera condominiale impugnata, veniva riportato il dialogo intercorso tra gli appellati e l'amministratore del Condominio, che veniva verbalizzato come fatto accaduto durante la discussione del tema posto al terzo punto dell'ordine del giorno, senza che, però, poi fosse culminato in una deliberazione assembleare. Mancano infatti, ad avviso della Corte d'Appello di Catania, gli elementi essenziali affinchè si possa ritenere di essere in presenza di una delibera assembleare, ossia di un atto riconducibile alla volontà dell'assemblea dei condomini, i quali esprimono nella votazione le proprie determinazioni in merito ad argomenti capaci di incidere sui rapporti condominiali presenti o futuri.

Nel caso de quo, manca l'espressione della volontà collettiva dei partecipanti. Per poter affermare di essere in presenza di una deliberazione assembleare è necessario non soltanto che essa provenga dall'assemblea di Condominio ma, altresì, che corrisponda a una manifestazione di volontà collegiale che si formalizzi attraverso la votazione destinata a vincolare tutti i partecipanti.

L'assemblea dei condomini è l'organo individuato dall'ordinamento per esprimere la volontà dell'intero condominio, ha il potere di gestire le cose e i servizi comuni - con esclusione delle parti di proprietà esclusiva, delle quali non deve turbare la destinazione o il godimento - e delibera con una volontà unica, che è il risultato della fusione di tutte le volontà individuali.

I pareri o le opinioni rese dai condomini o dallo stesso amministratore non spiegano alcun effetto nei confronti dell'assemblea, organo sovrano della volontà dei condomini e unico organo deputato a deliberare, nella sua collegialità.

In particolare, nella fattispecie in esame le affermazioni dell'amministratore di Condominio, riportate nel verbale, non sono idonee a vincolare l'assemblea dei condomini. L'impugnazione della delibera risulta inammissibile, mancando l'interesse ad agire, poichè dalle suddette dichiarazioni non deriva alcuna conseguenza pregiudizievole, neppure in via riflessa, per l'eventuale diritto di credito degli appellati. In definitiva, l'impugnazione proposta ai sensi dell'art. 1137 c.c. va esperita nei confronti di atti che presentano le caratteristiche proprie di una delibera assembleare. Cosa che, nel caso in esame, non è.

Secondo quanto previsto dall'art. 1137 c.c., le deliberazioni prese dall'assemblea condominiale sono obbligatorie per tutti i condomini, ossia anche per coloro che al momento del voto erano assenti o dissenzienti. Tuttavia, nell'ipotesi in cui siano contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto potrà adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, decorrente dalla data della deliberazione per i dissenzienti o gli astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria.

A differenza di quelle annullabili, le delibere nulle possono essere impugnate in qualsiasi momento da chiunque vi abbia interesse, ossia anche dal condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione di tali delibere, purché alleghi e dimostri di avervi interesse, derivandogli dalla deliberazione assembleare un apprezzabile pregiudizio, non operando nel diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere.

Riguardo alla categoria giuridica dell'inesistenza, occorre rilevare come la deliberazione assembleare inesistente non sia prevista da alcuna norma di legge, costituendo il frutto di elaborazione giurisprudenziale e dottrinale. In particolare, la Corte di Cassazione - analizzando le delibere assembleari assunte nell'àmbito della disciplina societaria, che costituisce il modello normativo cui fare riferimento per colmare eventuali lacune presenti in materia condominiale - ha individuato, accanto ai vizi di annullabilità e nullità, anche la figura dell'inesistenza giuridica. I supremi giudici della legittimità, infatti, hanno affermato che può argomentarsi di delibera inesistente esclusivamente nel caso in cui esista, nella sua materialità, un atto astrattamente qualificabile come tale e tuttavia lo scostamento dalla realtà dal modello legale risulti così marcato da non permettere di ricondurre l'atto alla categoria stessa di deliberazione assembleare, per difetto degli elementi essenziali del tipo legale, non già quando addirittura manchi ogni sostrato e ci si trovi innanzi ad un caso di inesistenza materiale dell'atto stesso (Cass. civ.,sez. I, 24 luglio 2007, n. 16390).

In definitiva, una delibera assembleare risulta inesistente in mancanza dei requisiti procedimentali indispensabili per la formazione di una delibera imputabile all'organo assembleare e quindi al Condominio. Conseguentemente, si crea una fattispecie non sussumibile nella categoria giuridica delle deliberazioni assembleari, per inadeguatezza strutturale o funzionale rispetto al modello normativo.

Guida all'approfondimento

Ciaccafava, Gli “interpelli del condominio”: il punto sulle deliberazioni inesistenti, Milano, 2015

Mascia, In caso di assenza del destinatario, il termine per impugnare la delibera assembleare decorre dal rilascio dell'avviso di giacenza del plico, in Immob. & proprietà, 2019, fasc. 2, 76

Mascia, Assemblea di condominio, funzionamento, attribuzioni e impugnazione delle delibere, in Immob. & proprietà, 2019, fasc. 1, 7

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