Fumatore incallito per oltre trent’anni: colpevole per la malattia che ne ha provocato la morte
03 Febbraio 2020
Colpevole il fumatore incallito che proprio a causa del suo atavico vizio deve affrontare gravissimi problemi di salute che ne causano poi la morte. Di conseguenza, è priva di fondamento, secondo i giudici, la richiesta di risarcimento avanzata nei confronti dell'azienda che ha prodotto e messo in commercio le sigarette rivelatesi poi fatali (Cass. civ., sez. III, sent. n. 1165/2020).
Pacchetti. La delicata vicenda riguarda un uomo, di origini campane, colpito da una «neoplasia epidermide al polmone – poi oggetto di metastasi – conseguenza immediata e diretta del consumo quotidiano di sigarette», quantificato in due pacchetti da venti ‘bionde' al giorno per oltre trent'anni.
Scelta. A portare il caso in Cassazione sono ovviamente i parenti più stretti. A loro parere è priva di senso la valutazione compiuta in Appello, e in particolare viene sottolineato che la circostanza che il loro familiare «iniziò a fumare sigarette in giovane età e non abbia mai più smesso lungo l'intero corso della propria vita, lungi dal porsi come un comportamento imprevedibile ed eccezionale, costituirebbe, invece, un contegno fisiologico, indotto proprio dai produttori di tabacco». E in questa ottica viene anche aggiunto che «sarebbe necessario dimostrare che il fumatore abbia iniziato a fumare, senza poi smettere, pur essendo a conoscenza del rapporto specifico fra carcinoma polmonare e sigarette», mentre non può bastare, secondo i familiari dell'uomo ormai deceduto, «una generica conoscenza del fatto che il fumo faccia male alla salute»
(Fonte: dirittoegiustizia.it) |