Amministratore di sostegno e conflitto di interessi: quali soluzioni?

21 Febbraio 2020

Quale soluzione porre al conflitto di interessi tra il rappresentante legale (nel caso di specie l'Amministratore di Sostegno) ed il soggetto incapace d'agire (nel caso di specie l'Amministrato di Sostegno)? A fronte del totale silenzio del Legislatore sul punto, si darà conto delle possibili chiavi di lettura desumibili dal sistema per garantire un (ragionevole) punto di equilibrio tra l'esercizio dell'Ufficio di diritto di privato ed il rispetto delle ragioni del soggetto debole.
Il quadro normativo

Il tema del conflitto di interessi tra Amministratore di Sostegno e beneficiario non è regolato né da una norma espressa né mediante un richiamo alle norme in tema di tutela, in quanto l'art. 411 c.c. non rimanda all'art. 360 c.c. che - invece come si vedrà meglio infra - regola il conflitto di interessi tra tutore e protutore in tema di tutela. Detta lacuna legis crea una forte incertezza nell'operatore giuridico che, a fronte della ricorrenza di un siffatto conflitto, è - di fatto - costretto ad indagare sulle prassi giurisprudenziali di merito per capire come muoversi.

La questione del conflitto di interessi (in generale) nella volontaria giurisdizione ed i relativi rimedi

Per comprendere appieno il problema specifico del conflitto di interessi Amministratore di Sostegno e beneficiario è propedeutico analizzare il ruolo che il conflitto d'interessi riveste più in generale nel campo della volontaria giurisdizione.

In linea generale, si ha conflitto di interessi quando un soggetto, istituzionalmente preposto alla cura degli altrui diritti (quale, appunto, è l'Amministratore di Sostegno), “persegua, relativamente all'atto da compiere, un interesse proprio o anche di un terzo, che è o può trovarsi in contrasto con quello del rappresentato” (A. Jannuzzi): in quest'ottica il conflitto può essere tanto diretto (ossia quando il rappresentante è portatore di un interesse proprio) quanto indiretto (ossia quando il rappresentante è portatore di un interesse formalmente altrui, ma pur sempre a questi “collegato”: esempio tipico è quello del rappresentante che sia socio della società controparte nella trattativa contrattuale). Detta condizione di conflitto determina di per sé sola un chiaro vulnus all'efficiente esercizio delle funzioni del rappresentante legale, in quanto il soggetto che dovrebbe tutelare i diritti altrui è - al tempo stesso - portatore di interessi (come detto propri o altrui) che potrebbero minare la correttezza del proprio operato: conseguentemente, il Legislatore ha sentito l'esigenza - seppur con una regolamentazione settoriale e non unitaria - di instillare nel sistema gli opportuni anticorpi per garantire idonea protezione a quei soggetti che non sono in grado di autonomamente provvedere ai propri interessi. A tal proposito, l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale ha fissato alcune caratteristiche che il conflitto di interessi (tra rappresentante e rappresentato) deve contemporaneamente rivestire al fine di essere rilevante per il sistema e così:

a) Incompatibilità: non è sufficiente che il rappresentante sia portatore di interessi (propri o altrui) nella vicenda, ma occorre che gli stessi siano inconciliabili con quelli del rappresentato, di modo che il perseguimento degli uni sacrifichi fatalmente quello degli altri (Cass., sez. VI, 5 aprile 2018, n. 8438, Cass., sez. III, 10 aprile 2000, n. 4505, Cass., sez. II, 16 febbraio 1994, n. 1498); a contrario, si reputa tradizionalmente irrilevante l'interesse c.d. convergente, dato che dalla sua esistenza nessun possibile pregiudizio ne deriverebbe per l'amministrato (si pensi al caso del rappresentante che sia comproprietario con il rappresentato di un bene da alienare: il rappresentante è sì titolare anche di un interesse proprio, ma esso è del tutto “allineato” quello del rappresentato, dato che ambedue ambiscono ad incassare il maggior prezzo possibile);

b) Attualità: secondo l'opinione prevalente in dottrina il conflitto deve essere attuale (cioè deve esistere effettivamente allorquando il rappresentate deve effettuare le valutazioni gestorie) e non meramente potenziale e/o ipotetico, dato che - diversamente opinando - si rischierebbe di comprimere senza effettive ragioni l'esercizio dell'ufficio (A. Jannuzzi); la giurisprudenza è, invece, divisa essendosi a volte pronunciata - seppur in tema di rappresentanza volontaria e non legale - a favore dell'attualità del conflitto (Cass., sez. III, 30 maggio 2008, n. 14481), e in altre occasioni sostenendo la rilevanza anche del solo conflitto potenziale (Cass., sez. I, 6 marzo 2018, n. 5256);

c) Patrimonialità: occorre che il conflitto abbia un connotato economico e non meramente morale: ciò si evince dal tenore letterale dell'infra menzionato l'art. 320 ult. comma c.c. (a mente del quale: “Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli ….;

d) Potenziale dannosità: non occorre che vi sia un danno attuale ed immediato per il rappresentato, ma basta solo la sua eventuale possibilità (sulla base di detto ragionamento è argomentata la nota sentenza Cass., 19 gennaio 1981, n. 439, la quale - per il caso di donazione da un genitore al figlio minorenne - ha escluso che la rappresentanza spetti all'altro genitore, richiedendo la nomina di un curatore speciale, in quanto l'operazione sarebbe potenzialmente dannosa per il figlio avendo come conseguenza la modifica dell'ordine dei soggetti tenuti all'obbligo di prestare gli alimenti: il figlio donatario, infatti, diventerebbe primo obbligato ex art. 437 c.c. al posto della di lui madre ex art. 433 n. 1 c.c.).

Una volta acclarata, in base a tutti gli indici sopra descritti, la sussistenza di un conflitto di interessi, il Legislatore ha optato per due conseguenze operative.

In casi eccezionali, nei quali il conflitto di interessi è in re ipsa, ha precluso in toto al rappresentato il compimento dell'atto, senza possibilità di correttivi di sorta e così:

- in tema di responsabilità genitoriale, vi è l'art. 323 c.c. (a mente del quale: «I genitori esercenti la responsabilità genitoriale sui figli non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore»);

- in tema di tutela, vi è l'art. 378 c.c. (a mente del quale: “I genitori esercenti la responsabilità genitoriale sui figli non possono, neppure all'asta pubblica, rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei diritti del minore”).

In altri casi, che - per l'ampia portata del relativo precetto normativo - possono definirsi la regola generale dell'Ordinamento, ha previsto che al titolare della funzione si “sostituisca” una tantum un diverso soggetto e così:

a) in tema di responsabilità genitoriale, vi è l'art. 320 ult. comma c.c. (a mente del quale: «Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla stessa responsabilità genitoriale, o tra essi e i genitori o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente all'altro genitore»);

b) in tema di tutela, vi è l'art. 360, 1, 2 comma c.c. (a mente del quale: «Il protutore rappresenta il minore nei casi in cui l'interesse di questo è in opposizione con l'interesse del tutore. Se anche il protutore si trova in opposizione d'interessi col minore, il giudice tutelare nomina un curatore speciale»);

c) in tema di inabilitazione, vi è l'art. 394 ult. comma c.c. (a mente del quale: “Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma dell'articolo 320”).

Giova precisare che le conseguenze di cui si è detto (preclusione assoluta al compimento dell'operazione ovvero “sostituzione” una tantum del rappresentante) operano per il solo fatto che sussista la fattispecie delineata dal Legislatore, essendo irrilevante la vantaggiosità o meno dell'operazione (ad es. al genitore è vietato comprare un bene del figlio ancorchè il prezzo offerto sia equo o, financo, superiore a quello di mercato): non potrà aversi, quindi, provvedimento autorizzativo di sorta che legittimi il legale rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato al compimento dell'atto.

Il provvedimento del giudice di brescia

Per quanto desumibile dal provvedimento in commento, costituito da un decreto emesso dal Giudice Tutelare presso il Tribunale di Brescia in seno ad un procedimento di volontaria giurisdizione, tanto all'Amministratore di Sostegno quanto al di lui (fratello) Amministrato veniva ritualmente notificato dal terzo fratello un atto di citazione in giudizio avente ad oggetto una vertenza relativa alla successione dei genitori di attore, Amministratore ed Amministrato. A fronte dell'incardinamento del suddetto giudizio e profilandosi, nello specifico, una differente strategia difensiva tra i convenuti, l'Amministratore di Sostegno legittimamente paventava l'insorgenza di un conflitto d'interesse con l'Amministrato e, dunque, adiva il competente Giudice Tutelare affinchè venisse nominato un curatore speciale che rappresentasse nel giudizio pendente l'Amministrato.

A fronte di detta istanza, il Giudice Tutelare rilevava: a) che il giudice tutelare è sì competente alla nomina del curatore speciale a favore di un minore, ma in relazione alle ipotesi previste dal diverso art. 320 4 comma c.c.; b) che la legge non attribuisce al giudice tutelare il potere di nominare un curatore speciale alla persona amministrata nel caso di conflitto di interessi con l'Amministratore di Sostegno; c) che, essendo già pendente il giudizio la richiesta di nomina di un curatore speciale, è al giudice della causa che spetta ex art. 78 c.p.c. la nomina del curatore speciale.

A fronte di detti rilievi, l'autorità giudiziaria dichiarava il non luogo a procedere.

In conclusione

Il Giudice Tutelare di Brescia, preso atto della mancanza di una norma che - in tema di amministrazione di sostegno - disciplini la regolamentazione del conflitto di interessi tra Amministratore e Beneficiario, e ulteriormente avallando la propria decisione con la pendenza di un giudizio a carico dell'Amministrato, si è dichiarato incompetente.

Il provvedimento in esame, seppur coerente con il proprio iter argomentale, lascia spazio a due ulteriori spunti di riflessione.

Il primo: nell'alveo dell'art. 78 c.p.c. chi è il Giudice competente alla nomina?

Nonostante l'art. 80 c.p.c. (relativo al provvedimento di nomina del suddetto curatore speciale) statuisca che la domanda debba essere rivolta “al presidente dell'ufficio giudiziario davanti al quale si intende proporre la causa”, è stato affermato che in caso di vertenza già in corso competente alla nomina sia il giudice già investito della causa (Tribunale Brindisi, 20 novembre 2000; contra, Tribunale Milano, 2 marzo 2000, che reputa sempre competente il Presidente dell'Ufficio Giudiziario). Ancorchè senza vincolatività, la pronuncia in commento indica come competente “il giudice della causa”.

Il secondo: avrebbe avuto diverso esito l'istanza dell'Amministratore di Sostegno ove il giudizio, dal quale è scaturito il conflitto di interesse, non fosse stato già pendente?

A parere di chi scrive la scelta tra l'applicabilità dell'art. 410 II comma c.c. o dell'art. 78 c.p.c. prescinde dal tema della litispendenza: come detto sopra, infatti, l'art. 78 c.p.c. trova spazio solo ove le norme settoriali non consentano di fornire soluzione al problema del conflitto di interesse tra rappresentante e rappresentato, per cui tutto ruota attorno all'interpretazione che si reputa di voler fornire alla nozione “opportuni provvedimenti” adottabili dal Giudice Tutelare ex art. 410 II comma c.c.: se “ampia”, l'art. 78 c.p.c. non si applica al caso de quo; se “ristretta”, la norma residuale scende in campo. Tra le argomentazioni addotte a sostegno della propria decisione da parte del Giudice Tutelare vi è, però, il fatto che già penda il giudizio: resta, quindi, il dubbio di se, e se del caso quanto, questa circostanza abbia pesato nella stesura del provvedimento de quo dato che il Giudice ha sentito l'esigenza di esplicitarla nell'iter logico che l'ha portato a dichiarare il non luogo a procedere.

Guida all'approfondimento

A. Auciello, La volontaria giurisdizione, Milano, Giuffrè, 2015, 127;

A. Bulgarelli, in Notariato, 1, 2006, 30;

M.N. Bugetti, Commentario al Codice Civile diretto da Enrico Gabrielli, Torino, Utet, 2018, 344;

L. Genghini, La volontaria giurisdizione e il regime patrimoniale della famiglia, Padova, Cedam, 2010, 731;

A. Jannuzzi (a cura di) P. Lorefice, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, Giuffrè, 2004, 235;

U. Roma, Il conflitto di interessi in Amministrazione di sostegno, interdizione, inabilitazione, Padova, Cedam, 2013, 530

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