Restituzione dei versamenti al socio: l'annotazione sui registri contabili è sufficiente per la qualificazione dell'erogazione?

La Redazione
24 Febbraio 2020

In caso di domanda del socio di una società di capitali diretta alla condanna della società a restituirgli somme da lui in precedenza versate, egli deve dimostrare che detto versamento sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione. Tale prova deve essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è stato registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi.

In caso di domanda del socio diretta alla condanna della società di capitali a restituirgli somme da lui in precedenza versate, egli deve dimostrare che detto versamento sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione. Tale prova deve essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è stato registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi.

Così l'ordinanza della Suprema Corte n. 4261/20, depositata il 19 febbraio.

Il caso. La Corte d'Appello di Lecce respingeva il gravame proposto da un S.r.l. avverso la sentenza di prime cure che l'aveva condannata al rimborso ad un socio dei versamenti effettuati a favore della società. Dai libri della società, ed in particolare dal libro giornale, era emerso infatti che alcuni dei bonifici effettuati dal socio costituivano conferimenti in società, e quindi capitale di rischio, mentre altri versamenti non collegati a specifica causale costituivano meri finanziamenti ripetibili.
La società ha proposto ricorso per cassazione dolendosi della violazione degli artt. 1813 e 2697 c.c. per aver la Corte territoriale ritenuto decisive le annotazioni del libro giornale, addossando al contempo alla società stessa l'onere di provare la natura dei versamenti effettuati.

Finanziamenti e versamenti in conto capitale. In tema di apporti operati dai soci attraverso strumenti di varia natura al fine di sopperire alla debolezza della struttura finanziaria dell'impresa, la giurisprudenza ha già avuto occasione di sottolineare la distinzione tra finanziamenti e versamenti in conto capitale ovvero tra “erogazioni di capitale di credito” e “erogazioni di capitale di rischio” (Cass.Civ. n. 7692/06). La prima categoria ricomprende i versamenti riconducibili allo schema negoziale del mutuo dove il socio assume la veste di creditore della società, la quale iscrive la posta tra i propri debiti e sarà tenuta al rimborso alla scadenza. La seconda tipologia di versamento dà invece vita ad un negozio atipico di conferimento destinato ad incrementare il patrimonio sociale, senza dar titolo alla restituzione se non a seguito di liquidazione della società.
Ciò posto, per individuare la natura del versamento occorre accertare quale sia stata la reale intenzioni dei soggetti, secondo le regole interpretative della volontà negoziale, accertamento riservato al giudice di merito ed esperibile per mezzo di un apprezzamento di fatto non censurabile in cassazione, se non per violazione delle regole ermeneutiche o per vizi e carenza della motivazione.

Onere della prova. Al fine di consentire al giudice di operare tale apprezzamento, aggiunge il Collegio, è onere della parte (e cioè del socio che reclami la restituzione delle somme corrisposte alla società) provare che i versamenti siano stati eseguiti per un titolo che ne giustifichi la pretesa di restituzione. In tal senso, «può essere d'ausilio l'appostazione con cui il versamento è stato recepito in bilancio, dato che i conferimento in conto capitale concorrono a costituire una riserva di patrimonio netto, mentre i versamenti a titolo di mutuo vanno iscritti tra i debiti». L'annotazione contabile non è comunque di per sé sufficiente in difetto di specifiche indicazioni circa la natura e le condizioni di finanziamento.
In conclusione, la pronuncia in commento richiama il principio secondo cui «l'accoglimento della domanda con la quale il socio di una società di capitali chieda la condanna della società a restituirgli somme da lui in precedenza versate alla società medesima richiede la prova che detto versamento sia stato eseguito per un titolo che giustifichi la pretesa di restituzione: prova che deve essere tratta non tanto dalla denominazione con la quale il versamento è stato registrato nelle scritture contabili della società, quanto soprattutto dal modo in cui concretamente è stato attuato il rapporto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi».
In conclusione, risultando carente l'indagine condotta dalla Corte territoriale sulla natura dei versamenti, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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