Ragioni sostitutive nelle strutture organizzative complesse
02 Marzo 2020
Massima
L'apposizione del termine per "ragioni sostitutive" è legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti, da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse, risulta integrata dall'indicazione di elementi ulteriori, quali, l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro, che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente. Il caso
Con ricorso depositato in cancelleria in data 1° febbraio 2012, il lavoratore premesso di aver prestato attività lavorativa con 5 contratti a tempo determinato nel periodo 2009–2011, ha convenuto in giudizio la società Autostrade per l'Italia s.p.a. chiedendo la dichiarazione di nullità del termine apposto ai contratti con ogni conseguenza di legge, ivi compresa la conversione del rapporto a tempo indeterminato.
Le doglianze del lavoratore, in particolare, riguardavano la (presunta) mancata specificazione delle ragioni sostitutive (in contrasto con le disposizioni normative e contrattuali disciplinanti del contratto di lavoro a termine, cui si applicava ratione temporis, la disciplina di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001) e ciò in quanto, i singoli contratti a termine non riportavano l'indicazione nominativa di lavoratori di sostituire.
Orbene, il giudice del lavoro ha ritenuto, tuttavia, che le ragioni sostitutive fossero sufficientemente specificate anche in assenza dell'indicazione nominativa del lavoratore da sostituire, poiché integrate da elementi obbiettivi in grado di determinare il numero dei lavoratori da sostituire. La questione
La questione in esame è la seguente: nell'ambito delle realtà (strutturalmente) complesse, al fine del rispetto del requisito di specificità della causale, è sufficiente specificare che l'apposizione del termine avviene per ragioni di carattere sostitutivo di altri lavoratori ovvero è necessario indicare anche il nominativo specifico dei lavoratori da sostituire? Le soluzioni giuridiche
Il tema delle causali, con particolare riferimento a l'onere di specificazione per ragioni sostitutive nell'ambito di una situazione aziendale complessa, costituisce un tema sempre molto interessante. Vero è che, la sentenza in commento si riferisce ad una disciplina oggi superata da diverse stratificazioni normative, ma il tema appare di grande attualità anche in relazione alle redivive causali introdotte dalla recente riforma dell'istituto. In merito alle ragioni di carattere sostitutivo, la Suprema Corte, ha recentemente affermato il principio per cui “in situazioni aziendali complesse dove la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l'apposizione del termine deve considerarsi legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti - da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse - risulti integrata dall'indicazione di elementi ulteriori” (Cass. n. 3463 del 2019).
Tali elementi, quindi, possono essere identificati nel reparto aziendale di svolgimento dell'attività del lavoratore e nelle specifiche mansioni affidate (es: l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente (Cass. n. 10260 del 2013). Ne deriva che l'indicazione delle ragioni giustificative, per esigenze sostitutive in realtà economiche complesse non deve includere anche il nominativo dei lavoratori da sostituire (Cass. n. 1246 del 2016; n. 10068 del 2013; n. 1576 del 2010) con la conseguenza che l'apposizione del termine deve considerarsi legittima se l'enunciazione dell'esigenza sostitutiva sia integrata dall'indicazione di elementi ulteriori che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente.
Coerentemente con quanto sopra, la sentenza in commento ha sostenuto che l'assunzione a termine, motivata dalla necessità di“sopperire alle esigenze derivanti dalle assenze per ferie del nostro personale presso la stazione di Bari Sud che rappresenta la sua sede di lavoro”, ovvero “[…] presso la stazione di Gioia del Colle e Taranto che rappresenteranno di volta in volta la sua sede di lavoro” come pure “ presso la stazione di Bari Sud e Gioia del Colle che rappresenterà la sua sede di lavoro” e cosi di seguito” senza l'indicazione nominativa dei lavoratori da sostituire, rispetti il requisito della specificità. Suddetto requisito, in particolare, è stato rispettato dall'indicazione della causale sostitutiva (ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di “sopperire alle esigenze derivanti dalle assenze per ferie”), del termine iniziale e finale del rapporto (tutti periodi rientranti nell'arco temporale “giugno –settembre” e “dicembre – gennaio” di cui all'art. 2, comma 2, lett. b), CCNL di categoria), del luogo di svolgimento della prestazione a termine (“Bari Sud, Gioia Del Colle, Taranto” stazioni indicate via via nei singoli contratti), dell'inquadramento (“livello C”) e delle mansioni (“Esattore Pedaggi Autostradali”) e dell'orario di lavoro. Quanto sopra, precisa il Tribunale, non appare in contrasto con la Corte costituzionale che, con la pronuncia C. cost. n. 214 del 2009, ha affermato che l'onere di specificazione di cui al comma secondo dell'art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, impone che in tutti i casi di stipula di contratti a tempo determinato per ragioni sostitutive debba risultare per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione. Sul punto, in particolare, il giudice di merito richiama il principio espresso dalla Suprema Corte (Cass. n. 1576 del 26 gennaio 2010) secondo cui: “in una situazione aziendale complessa è configurabile come strumento di inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la sostituzione sia riferita non ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta. In quest'ultimo caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con l'indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il periodo dell'assunzione” (così Cass. n. 1576 del 2010, cit.).
Orbene, (l'apparente) contrasto con quanto sancito dalla Consulta quindi, viene superato dalla Corte di cassazione argomentando sulla natura delle sentenze interpretative di rigetto. Secondo la Cassazione, in particolare, la sentenza [ndr. della Corte costituzionale citata] precisa“che per ragioni sostitutive si debbono intendere motivi connessi con l'esigenza di sostituire uno o più lavoratori, la specificazione di tali motivi implica necessariamente anche l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e delle cause della loro sostituzione … Tale precisazione sta a indicare che, nella illimitata casistica che offre la realtà concreta delle fattispecie aziendali, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e "l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori" deve passare necessariamente attraverso la "specificazione dei motivi", mediante l'indicazione di criteri che, prescindendo dall'individuazione delle persone, siano tali da non vanificare il criterio selettivo che richiede la norma. Intesa in questi termini la sentenza della Corte costituzionale, l'opzione interpretativa offerta da questo Collegio è pienamente coerente con quella offerta dalla sentenza stessa che, per l'autorevolezza della fonte da cui proviene, costituisce un contributo ermeneutico della massima importanza” (così Cass. n. 1576 del 2010, cit.).
Il principio che se ricava, quindi, è il seguente: l'apposizione del termine per "ragioni sostitutive" è legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti, da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse, risulta integrata dall'indicazione di elementi ulteriori, quali, l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro, che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando in ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di legittimità prospettato. Osservazioni
Il contratto di lavoro a tempo determinato è una tipologia di contratto di lavoro subordinato che si caratterizza per l'apposizione di un termine iniziale sino al quale (dies ad quem) il rapporto produrrà effetti. L'indicazione del termine deve essere specificatamente indicata per iscritto (a pena di nullità relativa alla sola clausola relativa all'apposizione del termine), e potrà essere riferito ad una data specifica (certus an e certus quando) ovvero ad un evento futuro e certo ma non previamente determinabile con riferimento ad una data specifica nel suo determinarsi (certus an, incertus quando). Tipica ipotesi è quella della stipulazione del contratto a termine per sostituzione di una lavoratrice in congedo per maternità.
La disciplina del contratto a termine è stata spesso oggetto di modifiche, anche incisive, da parte del legislatore, che ha utilizzato tale importante strumento di politica del lavoro per fronteggiare diverse esigenze occupazionali legate all'andamento economico produttivo. Così l'originaria prudenza, da ricollegarsi al timore della precarizzazione di un rapporto “normalmente a tempo indeterminato” (l'art. 1 del r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, convertito in l. 18 marzo 1926, n. 562) è stata progressivamente sostituita da una disciplina più snella, che ha condotto ad una vera e propria deregolamentazione La prima disciplina organica, che indubbiamente risentiva di una fase storica caratterizzata da un'imponente industrializzazione, è avvenuta con la l.18 aprile 1962, n. 230, che ha previsto un numerus clausus di ipotesi per la valida apposizione del termine. In tale fase, l'esigenza prioritaria era quella di garantire un'occupazione stabile e, tendenzialmente, a tempo indeterminato. Già a partire dalla seconda metà degli anni 80, tuttavia, a causa del mutamento della situazione economica e, quindi, delle diverse esigenze aziendali anche in materia di lavoro, il legislatore è intervenuto per renderne più flessibile l'utilizzo, delegando alla contrattazione collettiva la facoltà di introdurre nuove ipotesi, con il solo limite del numero percentuale rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato (dall'art. 23 della l. 28 febbraio 1987, n. 56).
Tale progressiva evoluzione è proseguita anche con il d.lgs. n. 368 del 6 settembre 2001 (in esecuzione della legge delega 29 dicembre 2000, n. 422, ed attuazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE) che ha abrogato tutte le precedenti norme in materia. Il contratto a termine, seppur rimanendo un'eccezione alla “regola” – (ovvero il contratto sine die - comma 01 dell'art. 1, d.lg. n. 368 del 2001) - diviene in tal modo meno ingessato, poiché subordinato solo alla presenza di ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive. Le legittimità del termine, quindi, non era più legata a fattispecie tassativamente previste ma a ragioni organizzative modulabili in relazione alle esigenze aziendali, e riferibili (per effetto della novella, d.l. 25 giugno 2008, n. 112) anche “alla ordinaria attività del datore di lavoro”. Le ragioni, comunque, dovevano essere, a pena di inefficacia, specificate in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurarne la loro trasparenza, veridicità nonché l'immutabilità, nel corso del rapporto. Nell'ambito della causale legata a “ragioni sostitutive” sono ricompresi tutti i casi in cui sussiste l'esigenza di sostituire temporaneamente uno o più lavoratori, la specificazione di tali motivi implica necessariamente l'identificazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire. Oggi, che (per effetto della recente riforma del contratto a termine ad opera del d.l. n. 87 del 2018, convertito dalla l. n. 96 del 2018) il tema delle causali è tornato di grande attualità, il problema della determinazione delle stesse riveste un ruolo centrale, su cui, certamente, potranno determinarsi i maggiori contrasti ermeneutici in ordine alla loro legittimità. Del resto, è proprio il tema delle causali (ovvero della loro legittima apposizione) che aveva generato i maggiori contenziosi in tema di contratti a termine. Orbene, la sentenza in commento, contribuisce a consolidare la giurisprudenza maggioritaria con riferimento alle ragioni sostitutive, sostenendo che l'individuazione dei lavoratori sostituiti possa avvenire anche indipendentemente dall'indicazione nominativa, qualora siano adottati criteri obbiettivi (quali l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto) che consentano di poter verificare la corrispondenza tra “sostituti e sostituiti”. Deve ritenersi, tuttavia, che se tale criterio appare necessario nell'ambito delle organizzazioni aziendali complesse - nelle quali risulterebbe eccessivamente complesso indicare nominalmente i lavoratori da sostituire quando le esigenze appaiono “fisiologiche” ed connaturate alla corretta gestione del rapporto (es: assenza per ferie) - non può avere in assoluto.
Infatti, qualora le ragioni sostitutive non fossero ordinarie bensì occasionale (es: sostituzione di una lavoratrice madre), anche nell'ambito di una struttura aziendale numerosa ed estesa, quelle esigenza di funzionalità verrebbero meno, come pure la possibilità di verificare la corrispondenza quantitativa tra le nuove assunzioni e le scoperture aziendali applicando i suddetti criteri. In altre parole, nel caso di una singola sostituzione, l'efficacia probante dei criteri alternativi verrebbe meno e richiederebbe una verifica molto più attenta, mentre l'indicazione del nominativo rende immediatamente verificabile la legittimità della causale. I criteri alternativi, pertanto devono reputarsi legittimi nella misura in cui siano funzionali a specifiche esigenze e verificabili in base a parametri oggettivi. Venendo meno tali presupposti, gli stessi criteri non potranno surrogare l'indicazione nominativa ai fini della corretta determinazione della causale. |