La presenza di un bovino su una strada extraurbana all’alba costituisce caso fortuito

Giuseppe Sileci
11 Marzo 2020

Tizio, mentre alla guida della propria autovettura percorreva un tratto rettilineo di una strada statale extraurbana alle prime ore dell'alba, investiva due bovini che erano fuggiti nella notte da un allevamento ed avevano invaso la carreggiata. Gli eredi di Tizio, che per le ferite riportate era deceduto, hanno agito nei confronti della società proprietaria dei bovini e dell'Ente proprietario della strada..

Tizio, mentre alla guida della propria autovettura percorreva un tratto rettilineo di una strada statale extraurbana alle prime ore dell'alba, investiva due bovini che erano fuggiti nella notte da un allevamento ed avevano invaso la carreggiata. Gli eredi di Tizio, che per le ferite riportate era deceduto, hanno agito nei confronti della società proprietaria dei bovini e dell'Ente proprietario della strada, deducendo – quanto a quest'ultimo – la concorrente responsabilità ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c.: in particolare, hanno contestato all'Ente il fatto che i bovini avessero invaso la strada attraverso alcuni “varchi” non regolamentari e non autorizzati che collegavano alcuni fondi privati alla strada pubblica. Può affermarsi che del sinistro non debba rispondere l'Ente perché la accertata causa dell'incidente, e cioè la presenza di due bovini sulla strada, costituisce caso fortuito?

La responsabilità da cose in custodia, predicata dall'art. 2051 c.c., ha natura oggettiva (Cass. civ., Sez. III, 15 marzo 2019 n. 7361): dunque sarà sufficiente, perché del sinistro ne risponda il custode, che il danneggiato alleghi e provi il danno nonché il nesso di causalità tra l'evento di danno e la cosa medesima,mentre il custode potrà liberarsi da ogni responsabilità solo se dimostra il caso fortuito (Cass. civ., Sez. III, 15 marzo 2019 n. 7361).

È considerato tale il fatto naturale, il fatto del terzo ed il comportamento dello stesso danneggiato; occorre – perché sussista il fortuito – che si tratti di un fatto oggettivamente imprevedibile ed inevitabile secondo il criterio della causalità adeguata (Cass. Civ., Sez. III, 29 maggio 2018 n. 13392; Cass. civ., Sez. III, 19 aprile 2018 n. 9640; Cass. civ., Sez. VI, 31 gennaio 2018 n. 2471).

In generale, si ritiene che questa più gravosa fonte di responsabilità trovi la sua giustificazione nella relazione che lega il custode alla cosa ed al potere di controllo sulla stessa (Cass. civ., Sez. III, 29 luglio 2016 n. 15761) che gli impone non solo di ripristinare – mediante la attività di manutenzione - la funzionalità della stessa in caso di sua alterazione che possa costituire fonte di pericolo, ma anche di esercitare un'attività idonea a prevenire che la detta cosa si inserisca nel nesso di causalità concorrendo o costituendo l'antecedente esclusivo di un evento dannoso (Cass. civ., Sez. VI, 23 gennaio 2019 n. 1725).

Proprio perché la responsabilità stabilita dall'art. 2051 c.c. presuppone la custodia, e dunque un potere di controllo sulla cosa, si è talvolta dubitato della applicabilità della norma in questione quando il bene – per la sua estensione – non sia suscettibile di quel controllo continuo e capillare che possa far ritenere ragionevole (al punto da esigerlo) l'intervento del custode e la di lui responsabilità se la cosa si è inserita nel nesso di causalità.

È questo il caso dei beni demaniali, rispetto ai quali non potrebbe pretendersi dalla Pubblica Amministrazione l'esercizio di un potere di vigilanza così intenso da prevenire ed eliminare qualunque alterazione della cosa che possa costituire fonte di pericolo per i terzi (Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2018 n. 1257 la quale ha affermato che l'art. 2051 c.c. non si applica quando non sussiste la possibilità di esercitare sul bene la custodia intesa come potere di fatto sulla cosa, precisando però che questa possibilità deve valutarsi tenendo conto non solo della estensione del bene ma anche di tutte le circostanze del caso concreto, «assumendo rilievo la natura, la posizione e l'estensione della specifica area in cui si è verificato l'evento dannoso, le dotazioni e i sistemi di sicurezza e di segnalazione dei pericoli»).

La più recente giurisprudenza della Cassazione, tuttavia, è orientata nel senso di ritenere che la responsabilità ex art. 2051 c.c. possa essere invocata anche quando la custodia della cosa sia affidata alla Pubblica Amministrazione ed indipendentemente dalla estensione del bene, ma ha mitigato gli effetti della norma stabilendo che si abbia riguardo «alla causa concreta del danno, rimanendo gli enti locali liberati dalla responsabilità suddetta ove dimostrino che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode» (Cass. civ., Sez. III, 18 giugno 2019 n. 16295; Cass. civ., Sez. VI, 20 febbraio 2019 n. 4963 che ha affermato questo principio in un caso in cui la fonte del danno era stata individuata in una macchia d'olio sulla strada; Cass. civ., Sez. III 2 marzo 2012 n. 3253).

Ed è stato ulteriormente chiarito che è estraneo il caso fortuito quando il danno sia stato provocato da modifiche alla struttura della cosa determinate da fattori imprevedibili che, però, non essendo state rimosse tempestivamente, finiscono per rappresentare nuove condizioni intrinseche della cosa idonee a comportare la responsabilità del custode (Cass. civ., Sez. VI, 31 gennaio 2018 n. 2471).

È stato anche affermato, quando viene in rilievo la responsabilità della Pubblica Amministrazione, che il danneggiato non potrà limitarsi a provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, ma dovrà dimostrare – qualora la cosa sia inerte e priva di intrinseca pericolosità (quale è comunemente una strada) – «che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo (il danno), nonché di avere tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato» (Cass. civ., Sez. VI, 9 maggio 2018 n. 11023; in senso conforme anche Cass. civ., Sez. VI, 8 maggio 2018 n. 10938).

Dunque il custode, anche quando è una pubblica amministrazione, risponde dei danni provocati dalla cosa se questa – sia che abbia una intrinseca attitudine ad offendere sia che non la abbia ma, per effetto di una sua alterazione, la acquisisca – si inserisce nel nesso causale.

Spesso la giurisprudenza è stata chiamata ad esprimersi quando la “alterazione” della cosa – normalmente una strada – è stata determinata dalla invasione della carreggiata da parte di animali selvatici o domestici.

Così è stata esclusa la responsabilità dell'ente che ne aveva la custodia quando il danno è stato provocato dalla presenza sulla carreggiata di una autostrada di un cane e non è stato provato uno stato di cattiva manutenzione della recinzione, sicché si è ascritto al fortuito la presenza dell'animale sulla strada (Cass. civ., Sez. III, 9 maggio 2012 n. 7037); parimenti, è stata esclusa la responsabilità quando il danno è stato provocato dall'attraversamento della strada da parte di una volpe perché, «dovendosi ancorare il concetto di caso fortuito al criterio generale della prevedibilità con l'ordinaria diligenza del buon padre di famiglia, la quale si risolve in un giudizio di probabilità, non si può far carico al soggetto dell'obbligo di prevedere e prevenire, nell'infinita serie di accadimenti naturali o umani che possono teoricamente verificarsi, anche quegli eventi di provenienza esterna che presentino un così elevato grado di improbabilità, accidentalità o anormalità da poter essere parificati, in pratica, ai fatti imprevedibili» (Cass. civ., Sez. VI, 11 dicembre 2013 n. 27801); ed ancora recentemente è stata esclusa la responsabilità della società autostradale per i danni causati dalla presenza di un gatto, essendosi ritenuto che l'attraversamento della strada da parte di un animale così snello ed agile costituisce senz'altro un fatto imprevedibile ed inevitabile da parte del custode dal momento che nessun tipo di recinzione potrebbe impedirne l'accesso (Trib. Milano 16.01.2020 n. 413, che si segnala anche per la compiuta ed esaustiva trattazione della problematica in esame).

Ebbene, venendo al quesito occorre innanzitutto puntualizzare che la domanda sembra prospettare una responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c. poiché sembrerebbe che gli attori abbiano rimproverato all'ente di avere violato un obbligo di legge, e cioè vigilare affinché lungo il tracciato della strada non fossero aperti varchi di accesso alle latistanti proprietà private senza la preventiva autorizzazione.

In tal caso, però, sarebbe stato preciso onere degli attori dimostrare: a) la presenza di varchi; b) la assenza di autorizzazioni; c) l'accesso dei bovini attraverso i detti varchi: a tale ultimo riguardo, peraltro, potrebbe non essere neppure sufficiente che sia stata accertata la presenza di uno di questi varchi ad una breve distanza dal probabile punto di impatto perché non si potrebbe escludere (anzi apparendo altamente probabile) che l'animale possa avere invaso la carreggiata attraverso la scarpata laterale.

E poiché non vi è obbligo alcuno di recintare le strade extraurbane che non abbiano le caratteristiche di una autostrada, per poter affermare la responsabilità dell'ente proprietario della infrastruttura ai sensi dell'art. 2043 c.c. occorrerebbe dimostrare che una data condotta omissiva (consistente nel non avere vigilato al fine di prevenire la apertura di varchi) abbia costituito – secondo il criterio del “più probabile che non” – l'immediato antecedente dell'evento.

Qualora, invece, la fattispecie si sussumesse nell'ambito di operatività dell' art. 2051 c.c. , sarebbe difficile escludere che la presenza sulla strada – all'alba - di un bovino fuggito da un allevamento costituisca caso fortuito, ossia costituisca un evento così repentino, imprevedibile e soprattutto inevitabile (e ciò a prescindere dalla presenza o meno di varchi ed in considerazione del fatto che l'animale, non sussistendo alcun obbligo di legge di recintare il tracciato stradale, può avere invaso la carreggiata dal piano di campagna) da elidere il nesso di causalità così da dovere ascrivere interamente l'evento di danno al fatto del terzo, e cioè al fatto del soggetto che aveva l'obbligo di vigilare sull'animale.

In altri termini, se – quando si prospetta la responsabilità della Pubblica Amministrazione ai sensi dell'art. 2051 c.c. – occorre considerare la “causa concreta del danno”, e dunque se questo è stato determinato «da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode» (Cass. civ., Sez. III, 18 giugno 2019 n. 16295), sembrerebbe difficile contestare che la – peraltro isolata – presenza di un bovino è una causa estrinseca ed estemporanea che non poteva essere conosciuta o evitata con immediatezza dall'ente sia in considerazione dell'orario sia in considerazione della estensione della cosa – che non consentiva ad ogni ora la presenza di addetti che potessero avvistare l'animale ed adottare le misure indispensabili alla sicurezza della circolazione - e della natura della strada, per la quale non vi era obbligo di recinzione e dunque non vi era modo alcuno di evitare che un animale, sfuggito al controllo del padrone, potesse invaderla.