Reato continuato e poteri del giudice dell’esecuzione nella determinazione della pena
18 Marzo 2020
In sede di applicazione della disciplina del reato continuato, ex art. 671 c.p.p., quando la pena più grave è inerente ad una violazione già ritenuta nella sentenza di condanna in continuazione con altri reati, il giudice dell'esecuzione non può determinare aumenti di pena diversi da quelli stabiliti dal giudice della cognizione nella stessa sentenza, restando fermo però il suo potere di «autonoma determinazione degli incrementi di pena per gli ulteriori reati satelliti, separatamente giudicati e riconosciuti in continuazione con i primi, nel rispetto dei limiti statuiti in materia dagli articoli 81 e 671 c.p.p.».
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9528/20, depositata il 10 marzo.
Il caso. Il GIP, in funzione di giudice dell'esecuzione, accoglieva l'istanza presentata nell'interesse dell'indagato per ottenere il riconoscimento della continuazione in sede esecutiva fra due sentenze, rideterminando il complessivo trattamento sanzionatorio. Ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata poiché il Giudice, nella determinazione della pena, non aveva rispettato l'aumento per il reato satellite già stabilito dal giudice della cognizione nella prima sentenza.
Reato continuato. Per i Supremi Giudici il ricorso è fondato. L'istituto processuale del riconoscimento della continuazione attribuisce al giudice dell'esecuzione il giudizio, proprio del giudice della cognizione, sulla sussistenza del vincolo del medesimo disegno criminoso tra reati separatamente giudicati e sulla quantificazione della pena, senza che però tale giudizio possa prescindere da quello espresso dal giudice della cognizione nel caso in cui il reato più gravemente punito sia stato già riconosciuto dallo stesso giudice in continuazione con altri reati con la determinazione di aumenti non più revocabili.
Fonte: diritto e giustizia |