Covid-19: il termine per il deposito della comparsa conclusionale e l’impedimento del legale
09 Aprile 2020
L'emergenza Covid-19 che abbia colpito il difensore nell'approssimarsi della scadenza (di poco successiva al termine del periodo di sospensione dei termini processuali) della redazione della memoria conclusionale in appello (civile) che non gli abbia consentito di dedicare il tempo necessario allo studio/approfondimento e redazione della stessa nel modo più utile per il cliente, può autorizzare a chiedere al collegio un differimento dei termini?
Il quesito sembra potersi interpretare in due differenti modi. Secondo una prima interpretazione, il caso è quello in cui un difensore non abbia potuto prepararsi adeguatamente per poter redigere in modo corretto ed esaustivo una comparsa conclusionale a motivo del suo stato di salute precario verificatosi a ridosso del termine perentorio di deposito della comparsa conclusionale stessa. Il motivo dell'impedimento, poi, si fa risalire alla patologia scatenata dal contagio da coronavirus che, di questi tempi, sta funestando la nostra nazione assieme al resto del mondo. Sembra, ancora, potersi presupporre dal quesito, che il difensore non sarà in grado di procedere al deposito nel termine previsto. Il quesito, allora, se ben si comprende, si concentra sulla possibilità di poter essere rimesso in termini per il deposito detto (art. 153, comma 2, c.p.c.). Orbene, l'interpretazione, che oggi sembra essere dominante, sulla sospensione di tutti i termini processuali in conseguenza dell'emergenza sanitaria, quindi sia eso che endo processuali, fra i quali ultimi ricadrebbe anche il termine per il deposito di una comparsa conclusionale (in grado di appello civile, per il caso che ci riguarda), non sembra influire sulla risoluzione del problema proposto. Infatti, l'effetto sospensivo della legislazione emergenziale porta unicamente al differimento dei termini previsti dal codice di rito spostandoli in avanti in ragione del periodo di sospensione che dovrà essere conteggiato. Il problema sottoposto dal richiedente non muta, ad ogni modo, in ragione della sospensione dei termini processuali disposti per l'emergenza in corso. Il medesimo problema si presenterebbe qualora lo stato di malattia del difensore si fosse presentato in prossimità della scadenza del termine per il deposito della comparsa conclusionale, a prescindere dalla attuale sospensione emergenziale. Pertanto, ci si deve chiedere se sia possibile una rimessione in termini ove l'impedimento consista nel non aver potuto preparare l'atto a ridosso del termine per il suo deposito, termine, si precisa, perentorio. In altre parole, il legale ben avrebbe potuto depositarlo in termini, quello che non ha potuto fare è stato redigere l'atto in modo proprio e completo in ragione della sua condizione di salute verificatasi anteriormente alla scadenza del detto termine di presentazione. Per rispondere adeguatamente, si deve, innanzitutto, analizzare la previsione contenuta nell'art. 153, comma 2, c.p.c. La rimessione in termini è un istituto di carattere generale applicabile, in linea di principio, a tutti i termini perentori previsti in materia processuale, pertanto, anche nel caso che qui ci occupa. L'impedimento, però, deve derivare da causa non imputabile a colui che la lamenta e questa non può certamente consistere in una difficoltà, anche se non lieve. In generale, rispetto al caso fortuito e alla forza maggiore, la nozione di causa non imputabile è caratterizzata da un maggiore tasso di elasticità, dovendo consistere in un fatto, considerato nella sua oggettività, che abbia riguardato la sfera della parte incorsa in decadenza, tanto da escludere ogni suo profilo di colpa. Nel corso del tempo si sono avvicendate diverse pronunce in merito alla questione. Da un lato alcune, più risalenti nel tempo, sono state connotate da una visione particolarmente restrittiva: caso dell'esclusione della rimessione in termini richiesta a seguito di una lesione ischemica celebrale che aveva colpito il difensore, poiché la malattia aveva provocato, esclusivamente, conseguenze di carattere motorio (Trib. Padova, 15 luglio 2005). Allo stesso modo Cass. civ., n. 3007/1980: «Il contumace in primo grado non può essere rimesso in termini, ai sensi dell'art. 294 c.p.c., in fase d'appello per l'ammissione di una prova testimoniale contraria a quella già svolta in primo grado dall'altra parte, quando deduca che la mancata costituzione gli sia stata impedita da uno stato di malattia, perché tale stato non può essere considerato una causa di impedimento a lui non imputabile, essendo in ogni caso possibile il rilascio di una procura ad hoc per la costituzione». Altre, più recenti, hanno assunto un atteggiamento più morbido. Ad esempio, secondo Cass. civ., Sez. Un., n. 32725/2018: «Nel caso in cui non venga allegato un malessere improvviso o un totale impedimento a svolgere l'attività professionale, ma piuttosto uno stato di salute non ottimale, unito ad astenia, la malattia del difensore non rappresenta un legittimo impedimento ai fini della rimessione in termini, in quanto il professionista ha il dovere e la possibilità di organizzarsi affinché le attività ordinarie (come quella di informare i clienti sull'esito dei giudizi in corso e sulle notifiche ricevute di atti ad essi relativi) possano svolgersi senza interruzioni». Di recente è stato affermato che «L'istituto della rimessione in termini richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte o al suo difensore, perché cagionata da un fattore estraneo alla volontà degli stessi, tale potendosi considerare anche lo stato di malattia del difensore costituito da un malessere improvviso che determini un totale impedimento a svolgere l'attività professionale. (Fattispecie in tema di definizione agevolata in cui la S.C. ha accolto l'istanza di sospensione del processo tributario ex art. 6 del d.l. n. 119/2018 proposta due giorni oltre il termine di legge dal difensore colpito, nella notte anteriore alla scadenza, da un malore grave, improvviso ed imprevedibile che aveva reso impossibile il deposito tempestivo)» (Cass. civ., n. 21304/2019). Dalle varie posizioni giurisprudenziali esaminate, dalle più restrittive alle più permissive, si può evincere che l'ostacolo che impedisce il deposito di atti processuali può essere considerato solamente se l'impedimento presenti un carattere assoluto. In altre parole la parte che lamenta un impedimento non aveva alcuna alternativa. Nel caso di specie, il difensore non era impedito in modo assoluto nel deposito della comparsa conclusionale; anzi, da quello che si evince dal quesito, era ben in salute entro il termine per il suo deposito. Quello che viene lamentato è l'impossibilità di essersi sufficientemente preparato in ragione della malattia pregressa allo scadere del detto termine di deposito. Tale situazione, se certamente comporta delle difficoltà, non è oggettivamente invincibile ed assoluta, tanto che, il termine che viene consesso, di regola 60 giorni, per il deposito della comparsa conclusionale in sede civile, è teso proprio a permettere al difensore di poter disporre di un adeguato lasso di tempo per preparare le proprie difese conclusive. Pertanto, un impedimento determinato da precarie condizioni di salute a ridosso del termine per la presentazione della comparsa conclusionale non avrebbe impedito la sua predisposizione anche in un tempo anteriore; del che si deve ritenere che la richiesta di rimessione in termini non possa essere accolta, così come formulata. L'unico caso in cui un tale impedimento potrebbe essere tenuto in considerazione, sarebbe quello in cui uno stato di malattia, rigorosamente comprovato, avesse impedito di poter svolgere la propria attività per tutto il tempo concesso per la predisposizione ed il deposito della comparsa conclusionale; in questo caso l'impedimento assumerebbe i connotati di assolutezza e specificità in relazione al compimento dell'atto processuale indicato, ma non sembra essere questo il caso di specie. Infatti il “tempo necessario”, indicato nel quesito, è uno stato soggettivo e, come tale, ininfluente per l'applicazione dell'istituto in esame, ma legato unicamente alle capacità del singolo soggetto che potrebbe aver avuto bisogno di un tempo maggiore o minore rispetto ad un altro, per poter predisporre un'adeguata difesa. Qualora, poi, interpretando diversamente il quesito, si intenda proporre l'istanza quando il termine per il deposito della comparsa conclusionale non sia ancora decorso (calcolando anche la sospensione dettata dalla normativa emergenziale), non si verserà nell'ipotesi di rimessione in termini. Tuttavia, in questo caso, si deve rilevare che non è ammissibile il differimento di un termine perentorio, come prescrive chiaramente il primo comma dell'art. 153 c.p.c., anche in presenza di una situazione emergenziale come quella legata alla recente epidemia. Si ritiene, pertanto, che, nel caso proposto, a seconda di come lo si intenda, non si possa fare ricorso alla rimessione in termini e neppure possa essere richiesto un generico differimento del termine di deposito della comparsa conclusionale.
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