Il regime fiscale dei dividendi incassati da una società semplice

Fabio Gallio
14 Aprile 2020

A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 32-quater del D.L. 26 ottobre 2019 n. 124, convertito in Legge 19 dicembre 2019, n. 157, il regime fiscale dei dividendi incassati da società semplici italiane è stato modificato.
Premessa

A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 32-quater del D.L. 26 ottobre 2019 n. 124, convertito in Legge 19 dicembre 2019, n. 157, il regime fiscale dei dividendi incassati da società semplici italiane è stato modificato.

In particolare, tale disposizione prevede che: “I dividendi corrisposti alla società semplice si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale”.

Prima, però, di verificare il regime fiscale dei dividendi distribuiti alle società semplici, è necessario soffermarsi brevemente sulle principali caratteristiche di tale strumento giuridico.

La società semplice

La società semplice (artt. 2251 - 2290 c.c.) è un'organizzazione societaria elementare, utilizzata per l'esercizio di attività lucrativa non commerciale, ossia di un'attività che - seppur economica (art. 2247 c.c.) e quindi produttiva e caratterizzata dalla finalità di lucro (Corte di Giustizia UE 4.10.2012 causa C-502/11) - non deve qualificarsi come commerciale ai sensi dell'art. 2195 c.c..

In buona sostanza, in quanto società, il contratto sociale della società semplice affonda le radici nell'art. 2247, per cui i soci conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

L'art. 2249 c.c., comma 2, specifica poi che le società che esercitano un'attività commerciale devono utilizzare un tipo diverso dalla società semplice.

L'assenza di commercialità fa, quindi, della società semplice un unicum nel più vasto panorama dei tipi societari previsti dal nostro ordinamento societario.

In merito all'utilizzo della società semplice per la detenzione di beni patrimoniali, è doveroso citare alcuni studi del Consiglio Nazionale del Notariato (n. 69-2016/I, n. 73-2016/I e 92-2016/T), che hanno sdoganato definitivamente la società semplice, nel caso in cui essa venga utilizzata come “società contenitore”, ossia come una società il cui oggetto sociale consista nel godimento di beni (immobili, partecipazioni, ecc.) che costituiscono il suo patrimonio sociale.

Per quanto riguarda la figura del socio di società semplice, lo stesso viene definito come titolare di una quota della società e, partecipando ai risultati della gestione "comune" dell'ente societario, è titolare:

- da un lato, del diritto di percepire gli utili realizzati dalla società;

- dall'altro, dell'obbligo di concorrere alle perdite eventualmente subite dalla stessa.

Come previsto dall'art. 2262 c.c. e salvo patto contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto. Al contrario, nulla è previsto per le perdite, rispetto alle quali non si ha una ripartizione periodica, incidono queste direttamente sul valore della singola quota.

In ogni caso le modalità attraverso cui ripartire gli utili e le perdite tra i soci possono essere stabilite, tenendo conto del divieto del patto leonino sancito dall'art. 2265 c.c., in base a:

- criteri individuati dai soci nel contratto sociale;

- criteri di ripartizione rimessi alla determinazione di un terzo;

- criteri determinati dalla legge.

In tale ultimo caso, trovano applicazione i seguenti criteri legali di ripartizione:

- le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti (art. 2263 comma 1, primo periodo c.c.);

- se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, dette parti si presumono uguali (art. 2263 comma 1, secondo periodo c.c.);

- se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite (art. 2263 comma 3 c.c.).

Esposte queste brevi considerazioni in merito alla disciplina civilistica della società semplice, è opportuno soffermarsi anche sul relativo regime fiscale.

Il regime fiscale della società semplice

Ai sensi dell'art. 5 del TUIR il reddito prodotto dalla società semplice è imputato per trasparenza ai soci in proporzione alla quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dall'effettiva percezione (principio di trasparenza e di competenza).

Il reddito imputato al socio per trasparenza, è “reddito di partecipazione”, e pertanto mantiene la stessa qualificazione che ha in capo alla società semplice, ovvero rientra in una delle categorie tra quelle indicate all'art 6 TUIR.

Non potendo svolgere attività commerciale (Interpello DRE Piemonte 7.4.2017 n. 901-171/2017), i redditi conseguiti dalla società semplice possono essere redditi fondiari (locazione immobili), redditi diversi (cessione immobili e/o partecipazioni) o di capitale (dividendi e interessi derivanti dal possesso di partecipazioni e altre attività finanziarie).

Va ricordato che, a differenza delle altre società (di persone e di capitali), la società semplice non dovrebbe essere considerata soggetto passivo Irap (in alcuni casi, come in quello in cui viene svolta attività professionale, è stata sostenuta la soggettività della società ai fini IRAP), e alla stessa non è applicabile la disciplina delle società di comodo.

A partire dal primo gennaio 2020, anche le società semplici sono tenute ad assolvere l'IVIE e l'IVAFE sugli immobili, sui prodotti finanziari, sui conti correnti e sui libretti di risparmio detenuti all'estero (nuovo art. 4 del DL del 28 giungo 1990, n. 167).

Alle plusvalenze di natura finanziaria realizzate dalle società semplici si applicano le regole del regime dei c.d. capital gain, previsto per i contribuenti IRPEF non imprenditori. Pertanto, con riferimento ai redditi diversi realizzati dal 1° gennaio 2019, per le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni (qualificate e non qualificate) si applica l'imposta sostitutiva del 26%.

A questo punto è possibile soffermarsi sul regime fiscale dei dividendi percepiti dalla società semplice.

Il regime fiscale dei dividendi incassati dalla società semplice

Gli utili distribuiti dalle società partecipate alla società semplice sono sempre stati tassati senza applicazione di ritenute alla fonte (così: Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 26/2004, paragrafo 3.1).

Tale conclusione deriverebbe dal fatto che l'art. 27 del d.P.R. n. 600 del 1973 sancisce che le società ed enti indicati nelle lettere a ) e b) del comma 1 dell'art. 73 del T.U.I.R. operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta del 26% a titolo d'imposta sugli utili in qualunque forma corrisposti a persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni non qualificate e (ora) qualificate, ai sensi della lettera c-bis e (ora) c) del comma 1 dell'art. 67 del T.U.I.R., non relative all'impresa ai sensi dell'art. 55 del medesimo T.U.

Pertanto, in base all'art. 27 sopracitato, si potrebbe sostenere che gli utili percepiti da soggetti diversi dalle persone fisiche non siano soggetti a ritenuta.

Tutti i dividendi (su partecipazioni qualificate o non qualificate) concorrevano, pertanto, al reddito imponibile IRPEF parzialmente (per il 40% se relativi a riserve formate con utili realizzati fino al 31 dicembre 2007, per il 49,72% relativamente agli utili prodotti dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2016, o per il 58,14% per gli utili prodotti a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016).

Si ricorda, a questo punto, che, ai sensi della Legge 27 dicembre 2017, n. 205, c.d. "Legge di bilancio 2018", anche i proventi derivanti da partecipazioni qualificate scontano una ritenuta a titolo d'imposta del 26%. Alle distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate in società ed enti soggetti all'imposta sul reddito delle società formatesi con utili prodotti fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberate dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuano ad applicarsi le precedenti disposizioni, con il concorso alla formazione del reddito nelle misure percentuali sopra indicate.

Con la riforma della disciplina ad opera della L. 205/2017 che ha abrogato il primo periodo del comma 1 dell'art. 47 del TUIR, gli utili percepiti da società semplice (su partecipazioni qualificate e non qualificate), secondo quanto si poteva eccepire dalle istruzioni alle dichiarazione dei redditi (quadro RL del modello REDDITI SP 2019), si dovevano considerare integralmente concorrenti al reddito imponibile, anche se parte della dottrina non riteneva corretta tale interpretazione.

L'art. 32-quater del DL in commento ha eliminato questa incertezza normativa, stabilendo che i dividendi corrisposti alle società semplici si intendono percepiti per trasparenza dai rispettivi soci, con conseguente applicazione del corrispondente regime fiscale.

Questa norma si applica per i dividendi distribuiti alle società semplici, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, anche in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società. Pertanto:

- per la quota imputabile ai soggetti IRES, i dividendi sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo per il 95% del loro ammontare;

- per la quota imputabile alle imprese individuali ed alle società di persone commerciali, i dividendi sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo, nella misura del 41,86% del loro ammontare, nell'esercizio in cui sono percepiti;

- per la quota imputabile alle persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni, qualificate e non qualificate, non relative all'impresa, i dividendi sono soggetti a tassazione con applicazione di una ritenuta a titolo d'imposta del 26%.

La ritenuta a titolo d'imposta menzionata nell'ultimo punto deve essere operata dalle società e dagli enti commerciali residenti sulla base delle informazioni fornite dalla società semplice.

A questo punto, è necessario precisare che, per i soci persone fisiche che detengono «in trasparenza» (attraverso la società semplice) partecipazioni qualificate, dovrebbe essere riconosciuto l'attuale regime transitorio, come, sopra precisato, introdotto con la legge di Bilancio 2018, volto a mantenere invariato il parziale concorso a tassazione per le distribuzioni degli utili prodotti nei periodi di imposta ante 2018 deliberate fino alla fine del 2022 (così anche Assonime, con Circolare n. 3 del 20 marzo 2020, anche se auspica un chiarimento).

Infine, si evidenzia che nulla viene stabilito per alcuni soggetti, quali, ad esempio, le partecipate dalla società semplice residenti all'estero o i soci della stessa società semplice esteri. Pertanto, ci si chiede se e come deve essere effettuata la relativa ritenuta.

Secondo Assonime, riguardo ai dividendi nazionali corrisposti a società semplici che abbiano per soci soggetti non residenti, si dovrebbe poter concludere, sulla base del dato letterale del primo periodo del comma 1 dell'art. 32-quater e pur in mancanza di una esplicita menzione dei soci non residenti nel secondo periodo del primo comma del suddetto articolo, che l'impresa che distribuisce l'utile sia già perfettamente “in grado”, sulla base delle informazioni ricevibili dalla società semplice, di applicare la specifica disciplina fiscale prevista per i soci non residenti e, quindi, le disposizioni dell'art. 27 del d.P.R. n. 600 che prevedono l'applicazione della ritenuta a titolo d'imposta sugli utili corrisposti a soggetti non residenti oppure, ove possibile, le specifiche disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni (pagg 19 e 20 della Circolare 3 del 2020).

Relativamente, invece, alla percezione di dividendi da società estere, una delle soluzioni possibili sarebbe quella di fare effettuare le relative ritenute agli intermediari incaricati di incassare gli utili “rimpatriati”. In alternativa, gli obblighi di ritenuta potrebbero spettare alla stessa società semplice in virtù dell'applicazione delle regole ordinarie del nostro sistema fiscale, come è previsto per le società fiduciarie.

Per questi motivi, Assonime auspica un chiarimento da parte delle Autorità competenti.

Le novità del Decreto Liquidità

Tali problematiche potrebbero venire superate dal Decreto c.d. “Liquidità” (d.l. n. 23/2020) che, nella versione attuale, prevede delle modifiche all'art. 32-quater del D.L. n. 124/2019 in commento.

In particolare, viene previsto all'art. 28 che, in capo agli enti non commerciali, l'importo dei dividendi percepite tramite la società semplice concorra completamente alla formazione del loro reddito.

Relativamente ai soggetti esteri, si dovrebbe applicare la disciplina delle ritenute prevista dall'art. 27 d.P.R. n. 600/1973, ivi compresa l'applicazione della ritenuta dell'1,2%, in caso di soci residenti in determinati Paesi, quali quelli Ue.

Viene anche previsto che sia la società semplice a comunicare il regime fiscale da applicare ai determinati intermediari, tenendo conto della tipologia di socio.

Infine, viene applicato anche alla società semplici il regime transitorio fino al 2022 delle persone fisiche relativamente alla distribuzione di dividendi a soggetti con partecipazioni qualificate di cui sopra.

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