Ordinanze del giudice dell'esecuzione

Rosaria Giordano
15 Aprile 2020

Di norma la forma dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione è quella dell'ordinanza, salva diversa previsione normativa. Le ordinanze del giudice dell'esecuzione devono essere motivate, se rese su sollecitazione delle parti tramite istanze o domande.
Inquadramento

Di norma la forma dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione è quella dell'ordinanza, salva diversa previsione normativa. Le ordinanze del giudice dell'esecuzione devono essere motivate, se rese su sollecitazione delle parti tramite istanze o domande (Martinetto, 90).

Secondo una parte della dottrina il giudice dell'esecuzione, richiesto di compiere un atto esecutivo, potrebbe limitarsi a non effettuare lo stesso (Tarzia, 430), mentre per altri è comunque necessario un espresso provvedimento di diniego.

In alcune ipotesi, è previsto che il giudice dell'esecuzione assuma i propri provvedimenti con decreto: ad esempio, l'art. 625, comma 2, c.p.c. consente in caso d'urgenza di disporre la sospensione dell'esecuzione con decreto inaudita altera parte, fissando contestualmente l'udienza di comparizione delle parti, nel corso della quale la misura sarà riesaminata nel contraddittorio (tale decreto, pur non reclamabile ex art. 624 c.p.c. che fa riferimento alle sole ordinanze, è impugnabile per vizi propri mediante opposizione agli atti esecutivi: peraltro, l'interesse all'impugnazione dello stesso viene meno quando si è svolta la fase successiva nel contraddittorio delle parti con l'emanazione dell'ordinanza: Cass. civ., n. 2042/2010).

In dottrina si tende a ritenere che, invece, il giudice dell'esecuzione, essendo privo di poteri decisori, volti ad accertare con efficacia di giudicato diritti soggettivi (Mandrioli, 1969, I, 169) non possa emanare provvedimenti aventi veste formale di sentenza.

Revoca e modifica delle ordinanze del giudice dell'esecuzione

Il giudice dell'esecuzione può modificare o revocare le ordinanze che ha emesso finché le stesse non abbiano avuto esecuzione, su istanza di parte o d'ufficio.

È discussa in dottrina la portata del potere di revoca concesso al giudice dell'esecuzione prima dell'esecuzione del provvedimento: in particolare, è controverso se la revoca in questione debba riguardare tutti i motivi per i quali il giudice dell'esecuzione vi ha fatto ricorso o se di revoca possa parlarsi solo nel caso di motivi di opportunità (Martinetto, 164 ss.), dovendosi parlare, per i casi di vizi formali dei provvedimenti, di annullamento degli stessi e conseguente rinnovazione (Castoro, 140 ss.).

La tesi più liberale circa i motivi che il giudice dell'esecuzione può porre a fondamento della revoca o modifica del provvedimento appare condivisa nella giurisprudenza della S.C. per la quale l'esercizio del potere di revoca può correlarsi sia a vizi dell'ordinanza che a valutazioni di inopportunità, originaria o sopravvenuta (Cass. civ., n. 1936/2003).

Il provvedimento di revoca spiega efficacia ex tunc (v., tra le molte, Cass. civ., n. 5934/2013).

Il limite alla modificabilità e revocabilità delle ordinanze del giudice dell'esecuzione costituito dall'avvenuta esecuzione delle stesse è correlato all'esigenza di prevenire il pregiudizio che deriverebbe alle parti ed eventualmente agli altri interessati se determinati effetti sostanziali dell'ordinanza potessero essere variati dopo che questa ha avuto esecuzione o attuazione (Satta, 1963, 49).

Il provvedimento riceve concreta attuazione quando il contenuto dello stesso viene applicato alla realtà.

In ragione della finalità per la quale è previsto il limite in questione, si ritiene che non siano modificabili o revocabili le ordinanze del giudice dell'esecuzione che producono effetti immediati (Castoro, 150 ss.). Tra tali provvedimenti rientrano, ad esempio, le ordinanze di distribuzione della somma ricavata e di assegnazione dei beni pignorati che, invero, spiegano affetti al momento stesso della loro emanazione (Andrioli, III, 159).

È inoltre consolidato nella giurisprudenza di legittimità il principio in forza del quale è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. avverso le ordinanze con cui il giudice dell'esecuzione revoca o modifica un proprio precedente provvedimento, in quanto le stesse non sono definitive, essendo soggette a riesame in forma contenziosa attraverso l'opposizione agli atti esecutivi (Cass. civ., 10840/2001).

Infatti, il potere del giudice dell'esecuzione di revocare i propri provvedimenti, ai sensi dell'art. 487 c.p.c., concorre con quello delle parti di impugnarli con opposizione agli atti esecutivi (Cass. civ., n. 26185/2011): in concreto, siffatta situazione si realizza quando l'ordinanza non abbia ancora avuto esecuzione e la parte interessata sia nel termine per esperire opposizione agli atti esecutivi.

In sostanza, il provvedimento del giudice dell'esecuzione, revocabile o modificabile dal medesimo giudice, è impugnabile, con le forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c., senza che l'avvenuta esecuzione osti all'esame nel merito dei motivi dell'opposizione agli atti esecutivi, la cui fondatezza comporta l'annullamento del provvedimento opposto, ponendo nel nulla retroattivamente gli effetti prodotti in sede esecutiva (Cass. civ., n. 12053/2014).

Regime impugnatorio

I provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono assoggettati, in presenza di vizi formali, al rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, esperibile ad iniziativa delle parti della procedura entro il termine di giorni 20 dalla comunicazione ovvero dalla conoscenza legale del provvedimento (v., nel senso della sufficienza di una conoscenza di mero fatto, in sede di merito, Trib. Firenze, sez. III, 5 giugno 2019, n. 1747, in dejure.giuffre.it; è stato affermato, a riguardo, che, in tema di opposizione agli atti esecutivi, ai fini del decorso del termine perentorio dall'art. 617 c.p.c. per la proposizione dell'opposizione, valgono sia il principio per cui il tempo del compimento dell'atto coincide con quello in cui l'esistenza di esso è resa palese alle parti del processo esecutivo, e quindi con il momento in cui l'interessato ha avuto legale conoscenza dell'atto medesimo ovvero di un atto successivo che necessariamente lo presupponga, sia il principio della piena validità della conoscenza di fatto dell'atto stesso in capo all'interessato: Trib. Potenza, 22 aprile 2019).

Sono assoggettate ad opposizione agli atti esecutivi anche le ordinanze mediante le quali il giudice dell'esecuzione dichiara estinta l'esecuzione per una causa “atipica” (v., da ultimo, Trib. Avezzano 6 febbraio 2019, n. 32, in dejure.giuffre.it), come ad esempio, l'improcedibilità della procedura esecutiva (Cass. civ., 20 febbraio 2019, n. 4961), essendo previsto per le forme tipiche di estinzione dell'esecuzione forzata il rimedio del reclamo ex art. 630 c.p.c.

Anche il provvedimento del giudice dell'esecuzione che, una volta eseguito, non è revocabile o modificabile dallo stesso giudice, è impugnabile, con le forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c., senza che l'avvenuta esecuzione osti all'esame nel merito dei motivi dell'opposizione agli atti esecutivi, la cui fondatezza comporta l'annullamento del provvedimento opposto, ponendo nel nulla retroattivamente gli effetti prodotti in sede esecutiva (Cass. civ., n. 12053/2014).

Per alcuni, il potere di revoca delle ordinanze da parte del giudice dell'esecuzione resta fermo anche ove sia decorso il termine per proporre opposizione agli atti, laddove vengano in rilievo nullità assolute (Vaccarella, 289) ed, a fortiori, qualora siano emanati provvedimenti abnormi da parte del giudice dell'esecuzione (Martinetto, 185).

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, sebbene in un obiter dictum, hanno altresì riconosciuto l'esistenza nell'ambito dell'esecuzione forzata di «situazioni che, nell'impedire al processo stesso di proseguire per la realizzazione del suo scopo, da un lato risultano costantemente rilevabili d'ufficio dal giudice, dall'altro non sono suscettibili di sanatoria e, perciò, legittimamente denunciabili dalla parte interessate mercé il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi proposto avverso qualsiasi, successivo provvedimento del giudice volto alla realizzazione della pretesa esecutiva, mentre il provvedimento che il giudice stesso adotti sul presupposto del proprio difetto di giurisdizione, assumendo, come contenuto, la dichiarazione che il processo non può proseguire, e, come natura giuridica, quella dell'atto esecutivo, è del pari suscettibile di opposizione agli atti» (Cass. civ.,Sez.Un., n. 1124/2000).

Sotto un distinto profilo, è stato chiarito che al novero degli atti esecutivi impugnabili (cioè opponibili o reclamabili) possono essere ricondotti anche i provvedimenti con cui il giudice dell'esecuzione rigetta l'istanza di modifica o revoca di un proprio precedente provvedimento, quante volte però, pur rimanendo inalterata la posizione fatta alle parti dal quel provvedimento, un pregiudizio possa loro derivare dagli argomenti addotti a sostegno del diniego. È invece insuscettibile di impugnazione va considerato il provvedimento di diniego che, anche per la motivazione adottata, non altera la posizione fatta alle parti dal provvedimento di cui il giudice rifiuta la modifica o la revoca, poiché in tale caso, consentire la opposizione agli atti o il reclamo contro il provvedimento negativo significherebbe riaprire a favore della parte decadutane la possibilità di far valere i vizi di cui era affetto il provvedimento precedente (Cass. civ., n. 3723/2012).

Correzione

Le ordinanze del giudice dell'esecuzione, pur non revocabili per avvenuta esecuzione, e non tempestivamente opposte, restano suscettibili di correzione nei casi e nelle forme previste dagli artt. 287 e 288 c.p.c., trattandosi di disposizioni espressione di una esigenza di ordine generale propria ad ogni tipo di processo, sicché, in assenza di una diversa e specifica disciplina, sono applicabili anche ai provvedimenti resi nel processo di esecuzione (Cass. civ., n. 1891/2015).

Riferimenti
  • Arieta – De Santis, L'esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile, a cura di Montesano, Arieta, III, 2, Padova, 2007;
  • Castoro, Il processo d'esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2017;
  • Mandrioli, Ricorso ex art. 111 Cost. e provvedimenti esecutivi, in Giur. it. 1969, I, 169;
  • Martinetto, Gli accertamenti degli organi esecutivi, Milano, 1963;
  • Satta, L'esecuzione forzata, Torino, 1963; Tarzia, L'oggetto del processo d'espropriazione, Milano, 1961;
  • Vaccarella, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, Torino, 1993.
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