Diritto all'autorefezione nei locali scolastici durante l'orario della mensa
22 Aprile 2020
Massima
Il diritto all'istruzione primaria non corrisponde più al solo diritto di ricevere cognizioni, ma coincide con il diritto di partecipare al complessivo progetto educativo e formativo che il servizio scolastico deve fornire nell'ambito del "tempo scuola" in tutte le sue componenti e non soltanto in quelle di tipo strettamente didattico, ragion per cui il permanere presso la scuola nell'orario della mensa costituisce un diritto soggettivo perfetto, proprio perché costituisce esercizio del diritto all'istruzione così delineato. Deve, quindi, essere riconosciuto agli studenti non interessati a fruire del “servizio mensa” il diritto a partecipare ugualmente al “tempo mensa”, consumando pasti portati da casa all'interno dei locali scolastici. Il caso
I genitori di un'alunna della scuola primaria, frequentante il tempo prolungato, comunicano più volte all'istituto scolastico di non voler più usufruire del servizio mensa e di voler optare per il pasto domestico da consumare all'interno della scuola e nell'orario destinato alla refezione. Nonostante ciò, alla bambina, durante l'orario della mensa, viene regolarmente somministrato il pasto fornito dalla ditta di ristorazione ed inibito di consumare il pasto portato da casa. I genitori si rivolgono, quindi, al tribunale amministrativo chiedendo l'annullamento dei provvedimenti scolastici disponenti l'obbligatorietà del servizio mensa (circolare scolastica e un articolo del regolamento d'istituto) e, altresì, l'accertamento del diritto soggettivo perfetto in capo alla figlia di essere ammessa a consumare i propri pasti di preparazione domestica nel locale refettorio, unitamente e contemporaneamente ai compagni di classe. Il Tar Lazio accoglie il ricorso dei genitori.
La questione
È legittimo il provvedimento dell'amministrazione scolastica che vieta agli alunni di consumare i cibi portati da casa nei locali in cui si svolge il servizio di refezione scolastica refettorio e durante l'orario della mensa? Le soluzioni giuridiche
In tema di mensa e autorefezione si sono registrate, negli ultimi anni, posizioni divergenti in giurisprudenza, sia ordinaria che amministrativa, e la recente pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ. 30 luglio 2019 n. 20504) pare non aver posto fine ai contrasti. Quest'ultima, si ricorda, riformando la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1049/2019, ha negato l'esistenza di un diritto soggettivo perfetto ed incondizionato all'autorefezione individuale nell'orario di mensa e nei locali scolastici. Al contempo, però, ha riconosciuto alle famiglie la possibilità di esercitare i c.d. diritti procedimentali, individuando nel procedimento amministrativo la sede preposta alla ricerca del giusto bilanciamento tra interessi individuali e pubblici, ed affidando al giudice amministrativo il compito di accertare la legittimità degli eventuali divieti o limitazioni posti all'autorefezione dagli istituti scolastici. Nel giudizio de quo, le argomentazioni della Cassazione a Sezioni Unite sono state riprese dall'amministrazione scolastica resistente, che si è difesa sostenendo che il diritto all'autorefezione costituirebbe «una impropria ingerenza dei privati nella gestione di un servizio che, per come organizzato dall'amministrazione scolastica, non prevede da parte del personale docente la vigilanza degli alunni che pranzano con il pasto domestico». Il Tar Lazio respinge le argomentazioni dell'amministrazione resistente e aderisce a quanto, invece, espresso dalla Corte di Appello di Torino (App. Torino 21 giugno 2016 n. 1049), affermando che dagli artt. 5 e 7 d.lgs. n. 59/2004 si evince il principio secondo cui il diritto all'istruzione primaria non corrisponde più al solo diritto di ricevere cognizioni, ma corrisponde al diritto di partecipare «al complessivo progetto educativo e formativo che il servizio scolastico deve fornire nell'ambito del tempo scuola in tutte le sue componenti e non soltanto a quelle di tipo strettamente didattico, ragion per cui il permanere presso la scuola nell'orario della mensa costituisce un diritto soggettivo perfetto proprio perché costituisce esercizio del diritto all'istruzione così come delineato”. Difatti, il “tempo mensa” rappresenta un fondamentale momento di socializzazione e di confronto degli studenti con i limiti e le regole che derivano dal rispetto degli altri e dalla convivenza civile e, pertanto,rientra a tutti gli effetti nel “tempo scuola”. Tuttavia, il “tempo mensa” non coincide con il “servizio mensa”, che non qualifica il servizio di pubblica istruzione ed è un servizio facoltativo. Citando la sentenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato 3 settembre 2018, n. 5156), il Tar Lazio afferma che l'autorefezione è espressione del diritto costituzionale alla scelta alimentare (artt. 2 e 32 Cost.) che si esplica, salvo che ricorrano dimostrate e proporzionali ragioni, anche a scuola. Il giudice amministrativo osserva che l'autorefezione non costituisce in sé una modalità solitaria di consumazione del pasto e afferma che l'amministrazione scolastica deve garantire, per quanto possibile, che la consumazione dei pasti degli studenti avvenga in modo condiviso, così da favorire la loro socializzazione. Ragionando diversamente, verrebbe leso il diritto di partecipare al “tempo mensa” quale parte del progetto educativo o, nel caso di fruizione del servizio di ristorazione per mancanza di alternative, il servizio mensa, da facoltativo, diverrebbe un servizio obbligatorio. Quanto alle possibili limitazioni opponibili al diritto di autorefezione, il Tar Lazio sostiene che la pubblica autorità possa legittimamente restringerlo solo ed esclusivamente in caso di dimostrate e proporzionali ragioni inerenti ad opposti interessi pubblici o generali. Solo a queste condizioni i provvedimenti limitativi osservano i canoni di idoneità, coerenza, proporzionalità e necessarietà rispetto all'obiettivo perseguito. Nel caso di specie, la (dichiarata) necessità di prevenire il rischio igienico-sanitario non rispetterebbe i sopracitati criteri, in quanto la preparazione dei pasti domestici, così come avviene per le merende del mattino, non è soggetta ad alcuna autorizzazione sanitaria, né a controlli sanitari e ricade completamente sotto la sfera di responsabilità dei genitori, sia nella fase della preparazione, che in quella della conservazione e del trasporto. Al dirigente scolastico e al corpo docente compete solo una funzione di vigilanza dei minori, volta ad evitare vi siano scambi di alimenti, così come peraltro accade anche durante la ricreazione mattutina. Rispetto all'ulteriore argomentazione della dirigente scolastica (non idoneità del locale refettorio), il Tar risponde che la questione deve essere risolta secondo le norme in materia di gestione del rischio nei luoghi di lavoro,mediante l'adeguamento da parte dell'istituto scolastico e dell'amministrazione comunale del documento unico di valutazione dei rischi da interferenza ex art. 26, commi 3 e 3-ter d.lgs n. 81/2008. Una volta individuati i rischi, devono essere predisposte le misure atte ad eliminarli o, quando ciò non sia possibile, ridurli al minimo. Tali misure, dal Tar Lazio sono individuate in un'adeguata formazione ed informazione rivolta al corpo docente, cui la legge assegna la funzione di vigilanza ed assistenza educativa.
Osservazioni
Con la sentenza in commento, il Tar Lazio aderisce all'orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa in tema di autorefezione scolastica, sostenuto da varie pronunce del Consiglio di Stato (Cons. Stato 3 settembre 2018, n. 5156, Cons. Stato ord. 27 marzo 2019, n. 1623 e Cons. Stato, ord. 21 ottobre 2019, n. 5305). Contrapposto all'orientamento prevalente, vi è la posizione di alcuni tribunali regionali, Tar Liguria (Tar Liguria 19 settembre 2019 n. 722) e Tar Lombardia (Tar Lombardia ord. 7 novembre 2019 n. 1480 e Tar Lombardia ord. 10 settembre 2019 n. 310), che continuano a negare il diritto soggettivo perfetto all'autorefezione scolastica. Entrambe le posizioni partono dalla comune premessa secondo cui il tempo mensa è tempo scuola, ma divergono nel valutare se il consumo del pasto domestico sia o meno idoneo a perseguire le finalità educative e di socializzazione del progetto scolastico. In base all'interpretazione maggioritaria anche l'autorefezione in comunità è in grado di perseguire le finalità del progetto formativo scolastico, con la conseguenza che gli eventuali provvedimenti di diniego, per essere legittimi, devono rispettare in modo rigido i canoni di proporzionalità e necessarietà all'obiettivo perseguito.
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