Controversie assistenziali, forma telematica della domanda e condizione di proponibilità
27 Aprile 2020
Il fatto
Un lavoratore presenta nel 2008 domanda giudiziaria volta al riconoscimento del beneficio della rivalutazione contributiva degli anni di esposizione all'amianto, previsto dall'art. 13, comma 8, l.n. 257 del 1992.
Il Tribunale di Bari adito dichiara la domanda improponibile, per mancata previa presentazione della domanda amministrativa, con sentenza del 2014.
Il lavoratore presenta allora domanda amministrativa in forma cartacea mediante raccomandata con ricevuta di ritorno.
L'Inps dichiara la domanda irricevibile, perché effettuata in forma diversa dalla prescritta via telematica.
Proposto ricorso, il Tribunale di Bari, con la sentenza 25 febbraio 2020 sotto riportata, respinte tutte le eccezioni dell'Inps, in accoglimento della domanda, ha condannato l'Istituto alla rivalutazione dei contributi relativi al periodo di esposizione all'amianto dal 6 dicembre 1972 al 31 agosto 1992. La questione
Delle molte questioni giuridiche trattate e risolte dalla sentenza in commento, vogliamo focalizzare la nota su quella che a noi sembra più rilevante: la forma ed il contenuto della domanda amministrativa di prestazione previdenziale, nel caso di moduli predisposti dall'Ente, ed il suo rapporto con la domanda giudiziaria. Il quadro normativo
In materia previdenziale ed assistenziale, la presentazione di una domanda amministrativa di prestazione costituisce condizione di proponibilità della domanda giudiziaria avente lo stesso oggetto (da ultimo Cass. 17 dicembre 2019 n. 33483). Tale regola si desume dall'art. 7 l.n. 533 del 1973 sul nuovo processo del lavoro, in combinazione con l'art. 443 c.p.c., novellato dalla stessa legge, perché la condizione di procedibilità stabilita dall'art. 443, costituita dall'esaurimento del procedimento amministrativo o dei suoi tempi, ha come presupposto il disposto dell'art. 7, il quale, nel fissare i termini per la formazione del silenzio-rigetto, presuppone a sua volta la presentazione di una domanda amministrativa, sulla quale si forma il silenzio (Cass.22 novembre 2018 n. 30283).
Quanto alla forma della domanda, le parti controvertono sulla applicazione dell'art. 20, comma 3, d.l. 1° luglio 2009 n. 78, conv. in l. 3 agosto 2009 n. 102, il quale ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2010, le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, sono presentate all'INPS, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, secondo le modalità stabilite dall'ente medesimo. L'Inps, con Determinazione Presidenziale n. 277 del 24 giugno 2011, comunicata con circolare n. 110/2011, ha stabilito che la domanda deve essere presentata esclusivamente in via telematica. Si è dato altresì la seguente regola: se l'istanza è presentata in forma diversa da quella telematica (nella specie in forma cartacea tramite raccomandata con ricevuta di ritorno), le Sedi, se la mancata trasmissione telematica sia stata determinata da eventi non ascrivibili all'Istituto, informeranno immediatamente e formalmente il soggetto interessato circa l'improcedibilità della domanda, fino alla trasmissione telematica della stessa a cura del cittadino utente o del relativo intermediario. La data di presentazione della domanda sarà esclusivamente quella in cui verrà ricevuta in forma telematica. Laddove, all'opposto, la causa inibente dell'invio telematico sia addebitabile al sistema informativo dell'INPS, le Sedi provvederanno alla protocollazione in entrata della domanda cartacea, alla relativa acquisizione ed alle successive fasi gestionali.
Benché l'art. 20 cit. riguardi le prestazioni assistenziali, analoghi principi valgono per quelle previdenziali, perché il successivo art. 38, comma 5, d.l. 31 maggio 2010 n. 78, conv. in l. 30 luglio 2010 n. 122, ha esteso agli enti previdenziali, assistenziali ed assicurativi in genere, la facoltà di disporre che gli utenti presentino domande, denunce, istanze, atti, esclusivamente in via telematica, definendo con propri provvedimenti termini e modalità, facoltà di cui gli enti si sono avvalsi con propri specifici provvedimenti. La decisione
Il Tribunale ha respinto la eccezione di improponibilità proposta dall'Inps, ed accolto la domanda del lavoratore, con due argomenti.
Con il primo ha rilevato in fatto che la Sede, ricevuta la domanda in forma cartacea, non ha informato “immediatamente e formalmente” il lavoratore della necessità della forma telematica, sicché ha implicitamente accettato la domanda in forma cartacea.
Con il secondo, citando a conforto della decisione il precedente di Cass. 22 luglio 2019 n. 19724, in tema di indennità di accompagnamento, ha inserito nella ratio decidendi la questione del contenuto di merito della domanda amministrativa, dei suoi rapporti con la domanda giudiziaria, e del ruolo del giudice nella tutela della effettività dei diritti fondamentali. La citata ordinanza 19724, non massimata, richiama e dà adesione al precedente di Cass. 27 maggio 2019 n. 14412 (in Foro it. 2020, I, 321), così massimata: In tema di prestazioni previdenziali ed assistenziali, al fine di integrare il requisito della previa presentazione della domanda non è necessaria la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall'INPS o l'uso di formule sacramentali, essendo sufficiente che la domanda consenta di individuare la prestazione richiesta affinché la procedura anche amministrativa si svolga regolarmente. Ne consegue che non costituisce requisito imprescindibile della domanda amministrativa barrare la casella che, nel modulo, individua le condizioni sanitarie la cui sussistenza è necessaria per il riconoscimento del diritto all'indennità di accompagnamento, non potendo l'istituto previdenziale introdurre nuove cause di improcedibilità ovvero di improponibilità in materia che deve ritenersi coperta da riserva di legge assoluta ex art. 111 Cost. Osservazioni
La prima ratio decidendi ci sembra ineccepibile, perché interna e coerente con la disciplina datasi dallo stesso Inps e da questo posta a fondamento della eccezione.
La seconda introduce un tema più ampio, relativo ai requisiti della domanda amministrativa ed al suo rapporto con quella giudiziaria.
La giurisprudenza sul punto si è formata prevalentemente in tema di indennità di accompagnamento, prestazione assistenziale, e riguarda i requisiti contenutistici della domanda, ma gli stessi principi si possono applicare ai requisiti di forma della domanda di prestazione previdenziale.
L'Inps ha predisposto un unico modulo per le diverse prestazioni di invalidità civile (assegno ordinario di invalidità, pensione di inabilità, indennità di accompagnamento), prima cartaceo, poi telematico, nel quale la prestazione richiesta è individuata mediante la spunta che il ricorrente deve apporre sulla casella corrispondente alle condizioni di salute che lamenta.
In un primo tempo, la giurisprudenza di legittimità (Cass. 9 agosto 2017 n. 19767 e Cass. 3 marzo 2017 n. 5453) ha ritenuto che una domanda amministrativa priva della spunta, e quindi diretta genericamente all'accertamento sanitario ai fini dell'invalidità civile, rendesse improponibile la domanda di indennità di accompagnamento.
Questo orientamento aveva il pregio della coerenza logico-giuridica con il principio secondo cui la domanda giudiziaria deve avere l'identico oggetto di quella amministrativa. Aveva il difetto di sottovalutare il principio del giusto processo enunciato dall'art. 111 Cost., comprensivo anche delle esigenze di tutela del cittadino e dei tempi del processo.
Proprio richiamandosi all'art. 111 Cost. la giurisprudenza di legittimità successiva, totalitaria fino a questo momento (Cass. 27 maggio 2019 n. 14412, Cass. 22 luglio 2019 n. 19724, Cass. 4 ottobre 2019 n. 24897, Cass. 14 ottobre 2019 n. 25804), ha ritenuto ammissibile la domanda giudiziaria di indennità di accompagnamento, a fronte di una domanda amministrativa di invalidità civile nella quale non era barrata la casella relativa alle condizioni sanitarie legittimanti la indennità di accompagnamento, enunciando il principio di diritto sopra riportato.
Noi riteniamo che questo secondo orientamento vada condiviso, perché ispirato alla tutela dei diritti fondamentali.
Ma occorre a tal fine una sistemazione concettuale che lo renda compatibile con il principio della corrispondenza tra domanda amministrativa e domanda giudiziaria. Infatti “la formalistica compilazione dei moduli predisposti dall'Inps”, che la Corte dichiara non necessaria, è diretta proprio all'individuazione della domanda.
A questo scopo ci sembrano percorribili due strade.
La prima attiene all'ampiezza della domanda amministrativa. Nell'ambito del consolidato principio secondo cui la prestazione previdenziale nasce dalla legge, allorquando si realizzano le condizioni ivi previste (ex plurimis Cass., sez. un., 29 novembre 1988, n. 6479; Cass. 23 febbraio 2018 n. 4441; sul tema vedi De Matteis, Infortuni sul lavoro e malattie professionali, Milano 2020, 429) può essere ritenuto sufficiente che l'interessato chieda genericamente la prestazione di invalidità civile (petitum), rimettendo la individuazione del beneficio correlato alla sua situazione clinica all'accertamento amministrativo e giudiziario. La controprova è offerta dalla possibilità che, chiesta la pensione di inabilità, il giudice riconosca l'assegno ordinario di invalidità. Chiesta la rendita, il giudice può riconoscere l'indennizzo in capitale. È significativo della unitarietà della species della prestazione invalidità civile la predisposizione da parte dell'Inps di un modulo unitario.
Questo sembra il percorso seguito da Cass. n. 14412 del 2019 cit. La fattispecie era la seguente: un signore ottuagenario presenta domanda cartacea mediante il modello A) predisposto dall'Inps chiedendo di essere sottoposto ad accertamenti quale invalido civile ai sensi della l.n. 118 del 1971, ed ha allegato il certificato medico redatto sul modello C) nel quale non era invece barrata la casella che individua le condizioni sanitarie la cui sussistenza è necessaria per il riconoscimento del diritto all'indennità di accompagnamento (impossibilità a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore, o non essere in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua).
È rispetto a una domanda siffatta che la Corte ha ritenuto soddisfatta la condizione di proponibilità. Essa è costituita dunque non dalla richiesta di una determinata misura di una specifica prestazione, ma dalla prestazione prevista dalla legge in generale per la condizione di invalido civile, graduata nei tre livelli (assegno, pensione, indennità di accompagnamento) in rapporto alla gravità delle condizioni fisiche. A supporto della decisione si può citare la giurisprudenza in materia di prestazioni Inail, appartenenti anch'esse al campo previdenziale. Cass. 23 febbraio 2018 n. 441, Cass. 20 gennaio 2012 n. 796, Cass. 27 dicembre 2011 n. 28954, Cass. 26 marzo 2002 n. 11297 hanno riconosciuto all' assicurato la rendita nella misura accertata dal c.t.u., superiore a quella domandata, perché “non può essere consentito ancorare la misura della rendita ad una pretesa volontà vincolativa espressa dall'assicurato”. In questo tipo di controversie si applica in tutto il suo vigore l'antico brocardo: narra mihi factum, dabo tibi jus.
Non possiamo però nasconderci che se in tal modo si risolve il problema del petitum, rimane quello della causa petendi, onere che il ricorrente in questione non sembra avere assolto, con il suo certificato medico deficitario.
Qui subentra la seconda parte della motivazione della sentenza n. 14412 del 2019, la quale osserva che una interpretazione di buona fede della domanda, in rapporto all'età del richiedente, ottuagenario, doveva far capire che egli chiedeva la indennità di accompagnamento e quindi allegava le condizioni fisiche corrispondenti; e conclude richiamando l'art. 111 Cost.
L'atteggiamento empatico sottostante a queste ultime osservazioni introduce alla seconda via, che fa leva sul ruolo correttivo e di aiuto al cittadino che compete alla funzione giudiziaria, ed ancor prima a quella amministrativa. Il modulo, prima cartaceo, e poi telematico, predisposto dall'Inps, riduce le possibilità espressive del richiedente (Gentile Sebastiano L., Diritti previdenziali e assistenziali ex lege e condizionamenti introdotti dalla normativa secondaria: la supervisione del giudice, nota a Cass. n. 14412 del 2019 cit., in Foro it. 2020, I, 321). Sono note le cautele che il codice civile appresta per i contratti di adesione o su formulario (artt. 1341 e 1342 c.c.); a maggior ragione precauzioni analoghe devono essere adottate nel maneggiare i diritti fondamentali, come quelli previdenziali ed assistenziali, per i quali i modelli telematici non consentono neppure clausole aggiunte.
Vi sono molteplici e antichi spunti nell'ordinamento che manifestano questo intento del legislatore di soccorso ed aiuto per il migliore ottenimento dell'obiettivo di protezione dallo stesso perseguito.
Sul piano amministrativo si possono ricordare:
A questo principio di civiltà giuridica si è attenuto l'Inps nel disporre, con la circolare 110/2011 cit., l'obbligo per i propri uffici di avvertire l'assicurato o l'assistito del difetto della domanda.
Il cennato principio di collaborazione traspare anche da precedenti disposizioni processuali, che acquistano nuova luce e valore dopo la novellazione dell'art. 111 Cost. sul giusto processo:
Si sente l'eco in tali norme e nella relativa giurisprudenza, specifiche della materia della protezione internazionale, del principio della tutela differenziata dei diritti, consacrato nel processo del lavoro (Proto Pisani, Controversie, cit.), di cui costituisce uno sviluppo, capace di gettare nuova luce sulla protezione processuale asimmetrica nei diritti sociali del cittadino, non meno dell'immigrato, nella tutela dei diritti fondamentali.
Da questi sommari accenni risulta che il legislatore ha sempre avuto come obiettivo la semplificazione ed accelerazione dei procedimenti, spesso risucchiato da fattori culturali, e che la giurisprudenza di legittimità ha colto il valore di sistema della novellazione dell'art. 111 cost. e lo ha opportunamente utilizzato come grimaldello per ridurre l'impatto dilatorio dei molteplici adempimenti amministrativi e processuali sulle esigenze di giustizia.
Il potere regolamentare dell'Inps deriva direttamente da leggi generali (art. 10 d.l. 30 dicembre 1987 n. 536 conv. in l. 29 febbraio 1988 n. 48, l. 9 marzo 1989, n. 88, d.lgs. 30 giugno 1994, n. 479), nonché da specifiche disposizioni (art. 20, comma 3, d.l. n. 78 del 2009 cit.). Rientra in tale potere determinare la modulistica delle domande, ora in formato telematico per tutte le prestazioni, nell'ambito della condizione di proponibilità preesistente. Non ci sembra pertanto, ed in ciò dissentiamo dalla sentenza 14412, che tale atto sia sindacabile sotto il profilo della violazione della riserva di legge o in quanto invada la materia dei diritti soggettivi
In verità la sentenza parla di violazione dell'art. 111 Cost.
L'anello che può ricondurre a coerenza il sistema ci sembra dunque, ferma la legittimità del modulo, e fermo restando che la mancata spunta incide sulla messa a fuoco della domanda, essere il potere correttivo ed integrativo del giudice in funzione di supporto del cittadino nella tutela dei diritti fondamentali, quali quelli previdenziali ed assistenziali, nel che si invera il proclama della cooperazione processuale e del giusto processo. Tale attività integrativa non costituisce una manifestazione del buonismo del giudice bensì, al pari del ben più pregnante potere di iniziativa probatoria ufficiosa ex art. 421 c.p.c., un suo preciso obbligo giuridico, il cui mancato esercizio è denunciabile nei gradi successivi del giudizio (Cass. sez. un. 17 giugno 2004 n. 11353).
Occorre naturalmente un limite, e questo, alla pari della pista probatoria nel processo del lavoro (sulla quale vedi De Matteis, Infortuni cit., XIV, II, par. 3) è costituita dalla pista della domanda.
E poiché il diritto nasce della legge, e la funzione amministrativa precede quella giudiziaria nella tutela dello stesso diritto, analogo potere integrativo e correttivo (Cass. n. 14412: “la domanda amministrativa era intelligibile”) spetta in prima battuta alla funzione amministrativa.
Non è facile conciliare le opposte esigenze, da una parte gestire fenomeni di massa con i necessari ma imperscrutabili strumenti telematici, e dall'altra la dimensione personale del diritto; le regole procedurali con l'obiettivo di sollecita definizione del processo. Forse è necessario passare dal rigore cartesiano (cui è informata la nostra codificazione di matrice francese, la dottrina e le citate sentenze Cass. n. 19767 del 2017 e Cass. n. 5453 del 2017) ad un approccio pragmatico focalizzato sull'obiettivo di giustizia nel caso concreto, come ci suggerisce la Corte con il secondo orientamento. È vero che in tal modo si possono frustrare in parte gli obbiettivi di efficienza nella gestione di massa che ci si attende dallo strumento informatico, ma ancora maggiore inefficienza ed inaccettabile distorsione dai principi fondamentali potrebbe portare un suo utilizzo avulso dalla considerazione della persona, come la presente vicenda insegna, nella quale ci sono voluti 12 anni per una pronuncia di primo grado, a causa di un uso robotico delle tecnicalità procedurali. |