Giudizio di separazione e omessa valutazione di prove decisive
08 Maggio 2020
Massima
Nel giudizio di separazione la diversa valutazione del materiale istruttorio rispetto a quella operata nei precedenti gradi di giudizio, implicando una riedizione del giudizio di merito, non legittima la proposizione del ricorso per Cassazione per omessa valutazione di prove decisive ex art. 360 co.1 n. 5 c.p.c.
Il caso
Il Tribunale territorialmente competente addebitava la separazione personale dei coniugi alla ricorrente, sulla base essenzialmente della dimostrata volontà unilaterale di allontanarsi dalla residenza familiare senza che fosse dimostrata l'esistenza di precedenti pressioni, violenze o minacce del coniuge atte ad indurla a tale decisione. Il Tribunale, altresì, assegnava l'abitazione coniugale al marito, ivi fissando la residenza del figlio secondogenito, ancora minorenne e affidato congiuntamente ai genitori, dato anche atto della scelta del primogenito, maggiorenne e non ancora economicamente indipendente, di vivere con la madre. Nel giudizio di secondo grado, la Corte d'Appello, pur rilevando come il figlio più piccolo, divenuto ormai maggiorenne, avesse deciso di abitare con la nonna, nello stesso stabile della madre e del fratello più grande, ha ritenuto non ricorrenti i presupposti per l'assegnazione della casa familiare alla genitrice nonché per l'accoglimento della sua domanda della corresponsione da parte del marito del contributo al mantenimento per il figlio più piccolo, analogamente a quanto disposto dal Tribunale per il figlio maggiore. Inoltre la Corte territoriale rigettava anche l'impugnazione delle statuizioni sull'addebito della separazione, in quanto l'istruttoria non avrebbe dimostrato un comportamento del coniuge giustificativo dell'allontanamento dalla casa familiare dell'appellante. Quest'ultima, pertanto, adiva la Corte di Cassazione per rivendicare l'omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., quali il tentativo di rientro nella casa familiare, impedito dal cambio della serratura effettuato dal marito subito dopo il suo allontanamento dalla residenza familiare, nonché la sussistenza di una crisi coniugale in atto da diverso tempo prima di tale evento. Veniva, inoltre, eccepita la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 151 comma 2 c.c.. La Suprema Corte respingeva il ricorso perché sostanzialmente inteso ad una riedizione del giudizio di merito e ad una diversa valutazione del materiale istruttorio rispetto a quella operata nei due diversi gradi di giudizio, non ritenendo, quindi, ricorrenti i requisiti di cui all'art.360 comma 1, n.5 c.p.c. La questione
La questione in esame è la seguente: l'identificazione dei criteri in base ai quali sia possibile ricorrere per Cassazione per omessa valutazione di prove decisive ex art. 360 comma 1 n.5 c.p.c. Le soluzioni giuridiche
Nella pronuncia in esame la Suprema Corte ha ritenuto non sussistenti nel caso di specie i requisiti necessari, secondo la giurisprudenza, affinchè i motivi del ricorso proposto siano idonei ad integrare la doglianza per omissione della valutazione di prove decisive ex art. 360 comma 1 n.5 c.p.c.. Sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte ha elaborato una serie di criteri : particolarmente indicativa è la disamina operata dalle Sezioni Unite nella pronuncia Cass. civ. n. 8053/2014, in cui si evidenzia come l'art. 360comma 1 n.5 c.p.c., modificato dall'art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella l. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nel nostro ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo,ovvero tale che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. La conseguenza, secondo le Sezioni Unite, è che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366 comma 1, n. 6, e 369 comma 2, n. 4 c.p.c., diventa necessario che nel ricorso introduttivo vengano dettagliatamente indicati il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività”. La Corte ha sottolineato, inoltre, come l'omesso esame di elementi istruttori non integri, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, come ritenuto nel caso in esame (Cass. civ. sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053) Contemporanea a tale pronuncia è l'altrettanto celebre Cass. civ. sez. un., 22 settembre 2014, n. 19881, che ha rimarcato come l'omesso esame di elementi istruttori non integri di per sé il vizio dell'omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, nonostante la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. civ. sez. un., 22 settembre 2014, n. 1988) Del medesimo tenore le successive sentenze,anche a Sezioni Unite, tra cui la recentissima Cass. civ. sez. un.sent., 27 dicembre 2019, n. 34476,nella quale viene ribadita l'inammissibilità del ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. civ. sez. un.sent., 27 dicembre 2019, n. 34476; conf. Cass. civ. sez. un., 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass. civ. sez. un., 20 dicembre 2018, n. 33015; Cass. civ. sez. un., 19 dicembre 2016, n. 26119; Cass. civ. sez. un., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. civ. sez. un., 22 giugno 2017, n. 15486; Cass. civ. sez. un., 25 maggio 2018, n. 13196; Cass. civ. sez. un., 09 aprile 2015, n. 7070; Cass. civ. sez. un., 23 marzo 2015, n. 5745; Cass. civ. sez. un., 17 febbraio 2017, n. 4224). Per meglio comprendere il ragionamento seguito dai Giudici di legittimità, va ricordato che nel riformulare l'art. 360 comma 1 n.5 c.p.c. il legislatore del 2012 ha ricalcato quasi totalmente il testo originario del codice di rito del 1940, facendo così scomparire, tra i motivi di ricorso per cassazione, qualsiasi riferimento ai vizi di insufficienza e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata. I lavori parlamentari delle norme modificatrici dell'art. 360 c.p.c. ben rivelano la relativa ratio legis, essendo tale riformulazione «mirata.....a evitare l'abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione, non strettamente necessitati dai precetti costituzionali, supportando la generale funzione nomofilattica propria della Suprema Corte di cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris», in ossequio all'esplicita scelta di ridurre al minimo costituzionale il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità. Già in precedenza le Sezioni Unite, con la sent. n. 5888/1992, avevano sottolineato come l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità riguardasse solo l'esistenza della motivazione in sè e si esaurisse nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile". E ciò in ossequio al disposto costituzionale, ed in particolare dell'art.111 Cost., che non prevede che tra i compiti della Corte di Cassazione vi sia la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto, tale da comportare un confronto tra le ragioni della decisione e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito.
Osservazioni
In base alle numerose pronunce della Suprema Corte, appare particolarmente pernicioso il motivo d ricorso per Cassazione basato sull'omessa valutazione di prove decisive ex art, 360 comma 1, n 5 c.p.c.. Il rischio principale, non tanto remoto, è quello di incorrere nell'inammissibilità del ricorso nel tentativo, come nel caso in esame, di proporre una lettura alternativa di risultanze probatorie già analizzate in sede di merito, anziché evidenziare elementi ignorati nel processo decisorio. Va altresì considerata la fondamentale differenza tra la doglianza inerente l'omessa pronuncia su un motivo di appello e quella relativa all'omesso esame di un fatto decisivo : la prima ipotesi, infatti, concernente l'omessa valutazione su una domanda o un'eccezione introdotta in causa, ovvero -nell'ipotesi di appello- su uno dei motivi dell'atto introduttivo, integra la violazione dell'art. 112 c.p.c., mentre la seconda riguarda l'asserita omissione dell'attività di esame di una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione. Corollario di questa rimarcata distinzione è anche in tal caso l'inammissibilità del ricorso, ove l'omessa pronuncia riguardi i predetti motivi di gravame e sia dedotto come violazione ex art. 360 comma 1 n. 5 e non ex art. 112 c.p.c.. (Cass. civ. sez. un., 18 giugno 2018, n. 16013; conf. Cass. civ. sez. I, 05 luglio 2019, n. 18182) Altrettanto insidiosa è la doglianza relativa all'erronea valutazione di un elemento fattuale del materiale probatorio : secondo costante giurisprudenza, infatti, la denuncia di un errore di fatto, consistente nell'inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, non può costituire motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 5, ma di revocazione ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c., in quanto comporterebbe un accertamento di merito non consentito al Giudice di legittimità. (Cass. civ. sez. un.sent., 30 giugno 2009, n. 15227 ; conf. Cass. civ.,sez. III, 10 marzo 2006, n. 5251; conf. Cass. civ.,sez. II, 14 maggio 2004, n. 9215; Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2004, n. 11606; Cass. civ. sez. III, 24 maggio 2006, n. 12362; Cass. civ. sez. lav.sent., 09 febbraio 2016, n. 2529; Cass. civ. sez. I sent., 03 agosto 2007, n. 17057; Cass. civ. sez. VI - 5 ord., 14 novembre 2016, n. 23173; Cass. civ. sez. I sent., 19 giugno 2007, n. 14267; Cass. civ. sez. III, 16 maggio 2006, n. 11373; Cass. civ. sez. III, 24 maggio 2006, n. 12362; Cass. civ. sez. II, 22 dicembre 2005, n. 28421; Cass. civ. sez. V, 17 dicembre 2004, n. 23480)
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