Costi elevati per i corsi dell'Università straniera: a rischio l'esenzione ICI

Attilio Ievolella
19 Maggio 2020

Riprende vigore la pretesa avanzata dal Comune, che punta a riscuotere l'imposta relativa all'immobile che l'ateneo utilizza non solo come sede ma anche come struttura dove tenere i corsi. Per i Giudici non è sufficiente il richiamo allo svolgimento di attività didattica per avere diritto all'esenzione ICI, a maggior ragione quando, come in questo caso, emerge il dato relativo alle corpose rette pagate dagli studenti. Se la retta pagata dagli studenti è elevata, allora è ipotizzabile che l'attività didattica svolta dall'Università – straniera, in questo caso – sia catalogabile come svolta in ottica commerciale. E questo dettaglio può mettere a rischio l'esenzione ICI ottenuta sull'immobile sede e centro operativo dell'ateneo (Cassazione, ordinanza n. 9037/20, sez. VI Civile - T, 15 maggio 2020).

Riprende vigore la pretesa avanzata dal Comune, che punta a riscuotere l'imposta relativa all'immobile che l'ateneo utilizza non solo come sede ma anche come struttura dove tenere i corsi. Per i Giudici non è sufficiente il richiamo allo svolgimento di attività didattica per avere diritto all'esenzione ICI, a maggior ragione quando, come in questo caso, emerge il dato relativo alle corpose rette pagate dagli studenti.

Se la retta pagata dagli studenti è elevata, allora è ipotizzabile che l'attività didattica svolta dall'Università – straniera, in questo caso – sia catalogabile come svolta in ottica commerciale. E questo dettaglio può mettere a rischio l'esenzione ICI ottenuta sull'immobile sede e centro operativo dell'ateneo (Cassazione, ordinanza n. 9037/20, sez. VI Civile - T, 15 maggio 2020).

A portare la questione in Cassazione è il Comune, sconfitto sia in primo che in secondo grado. Per i giudici tributari, difatti, l'Università – straniera – ha diritto all'esenzione dal pagamento dell'ICI in merito all'immobile utilizzato come sede e centro operativo. Consequenziale, quindi, l'azzeramento dell'avviso di accertamento emesso dall'ente locale e relativo all'anno 2008.
In sostanza, in secondo grado si è sostenuto che «l'Università svolge attività didattica e culturale» e si è chiarito che «né la mancanza di riconoscimento in Italia del titolo di studio né l'elevato costo dei corsi» possono essere considerati elementi «idonei a trasformare in commerciale l'attività svolta, che resta didattica», secondo i giudici.

Per i legali del Comune, però, l'ottica adottata tra primo e secondo grado è erronea, innanzitutto perché si è trascurato di considerare che «l'attività dell'Università non rilascia titoli equipollenti a quelli riconosciuti dallo Stato italiano» e quindi «non rientra nel concetto di attività didattica» prevista dalla norma per il riconoscimento dell'esenzione dal pagamento dell'ICI. Ulteriore dettaglio in rilievo per dare forza all'accertamento è quello relativo ai costi dei corsi offerti dall'ateneo straniero. Su questo punto i legali sostengono che «l'elevata entità delle rette pagate dagli allievi testimonia che l'Università svolge una attività imprenditoriale a fini di lucro» e quindi non può avere alcun diritto a non pagare regolarmente l'ICI sull'immobile che utilizza come sede e dove svolge i corsi di studio.

Queste osservazioni sono ritenute plausibili dai giudici della Cassazione, i quali ricordano, in premessa, che per il riconoscimento dell'esenzione ICI prevista per l'esercizio di attività didattica universitaria «il requisito oggettivo costituito dalla natura non commerciale non può essere desunto in via esclusiva in base a documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l'immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con modalità commerciali».
Ebbene, in questo caso, l'Università non ha dato sinora prova «dello svolgimento, all'interno dell'immobile oggetto della controversia, di una attività non commerciale», e questa prova è necessaria, poiché «una attività didattica e culturale può essere svolta, in concreto, con modalità commerciale e a fini di lucro», osservano i giudici della Cassazione, a maggior ragione quando, come in questo caso, è acclarato «l'elevato costo dei corsi per gli studenti che frequentano l'ateneo».


Necessario, quindi, un nuovo giudizio in Commissione tributaria regionale, dove, tenendo presenti le indicazioni fornite dalla Cassazione, sarà fondamentale valutare le caratteristiche dell'attività didattica svolta dall'Università straniera.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

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