Sentenza condizionale

Alessandro Rossi
Alessandro Rossi
20 Maggio 2020

La sentenza condizionale è una pronuncia frutto della creatività giurisprudenziale, con la quale, secondo un duplice schema, viene rilevata una condizione che impedisce l'attuale esecutività della pronuncia stessa.
Considerazioni iniziali sulla sentenza di condanna condizionale

La sentenza condizionale è una pronuncia frutto della creatività giurisprudenziale, con la quale, secondo un duplice schema, viene rilevata una condizione che impedisce l'attuale esecutività della pronuncia stessa.

La sentenza condizionale si articola in due figure che, in modi diversi, determinano questa mancata efficacia esecutiva.

Si può parlare di sentenza condizionale “propria” quando è l'effetto esecutivo del capo condannatorio a sorgere come condizionato. In questo caso è proprio l'esecutività della sentenza a subire la condizione. Si rientra in questa fattispecie quando è proposta una domanda cumulata in via condizionale con un'altra, destinata a subentrare alla prima all'avveramento della condizione. Questo è, ad esempio, il caso della proposizione della domanda di restituzione cumulata con la domanda di corresponsione del valore della stessa in caso di inadempimento.

Sentenza condizionale propria

Relativamente ad un caso di cumulo che porti alla pronuncia di una sentenza condizionata si può citare la pronuncia Cass. civ., sez. I, n. 19320/2018, la quale dispone che: «L'assicuratore, convenuto in giudizio dall'assicurato per il pagamento dell'indennità assicurativa, in virtù del principio di economia processuale, può agire nella medesima sede a tutela del proprio diritto di surrogazione, anche in difetto del previo pagamento di detta indennità, chiamando in causa il terzo responsabile (o anche corresponsabile) del danno, al fine di ottenere, nei confronti di questo, una sentenza condizionale di condanna alla rivalsa di quanto sarà condannato a pagare all'assicurato a titolo di indennità». Così anche la e Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2004, n. 13342.

Si può parlare, invece, di sentenza condizionale “impropria” o a “prestazione condizionata” quando l'elemento condizionante sia relativo non all'esecutività ma al diritto sostanziale. La condizione rientra nella fattispecie del diritto sostanziale che, allora, si presenta come complessa. Tra i vari elementi costitutivi del diritto dedotto in giudizio ve ne è, quindi, uno legato all'avveramento di un evento futuro ed incerto.

Sentenza condizionale impropria

Relativamente ad un caso di sentenza condizionata può citarsi la pronuncia Cass. civ., sez. III, n. 12444/2003, la quale dispone che: «Nell'ordinamento processuale vigente sono ammesse sentenze di condanna condizionate, quanto alla loro efficacia, al verificarsi di un determinato evento futuro e incerto, alla scadenza di un termine prestabilito o ad una controprestazione specifica, sempre che la circostanza tenuta presente sia tale per cui il suo verificarsi non richieda ulteriori accertamenti di merito da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione. Ne consegue che, accertata la natura agraria del rapporto di affitto, ben può il giudice - ad esempio - di merito accertare la data, ancora da venire, in cui detto rapporto venga a scadenza, con condanna degli affittuari al rilascio del fondo per la data medesima».

Il tratto comune di queste pronunce è quindi la presenza di una condizione. In un caso, quello della sentenza condizionata “propria”, la condizione insiste sull'efficacia esecutiva mentre nell'altro, quello della sentenza condizionale “impropria”, è parte della fattispecie costitutiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio.

Natura della sentenza condizionale e confronto con la sentenza di condanna in futuro

Venendo ora alla natura della sentenza condizionale, questa si presenta come non omogenea. La dottrina dominante in materia, infatti, attribuisce maggior rilevanza all'aggettivo “condizionata” che al sostantivo “condanna” quando tratta della pronuncia di condanna condizionata. Questo nel senso che si riconosce natura di pronuncia di accertamento alla sentenza condizionata sino al momento in cui si avveri la condizione. Dopo l'avveramento della condizione, alla pronuncia viene riconosciuta natura di sentenza di condanna permettendo di agire in via esecutiva.

Proprio per la natura di sentenza di accertamento vi è differenza tra la pronuncia di condanna condizionata, “propria” o “impropria”, e la sentenza di condanna in futuro.

La sentenza di condanna in futuro è considerata, pur in assenza di una lesione, una vera e propria condanna già al momento della sua promulgazione.

Questo, perché, in alcuni casi si procede alla tutela della posizione del creditore che manifesti un interesse ad agire qualificato non dall'avvenuta lesione (ancora non integrata, ad esempio, per mancata scadenza del termine) ma dalla mera probabilità della stessa.

Un esempio è dato dalla possibilità di ottenere, ex art. 657 c.p.c., l'intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione.

Tassatività delle ipotesi di condanna in futuro e sulle funzioni della stessa e della sentenza di condanna condizionata nel sistema

Non c'è, in realtà, consonanza di vedute all'interno della dottrina relativamente alla tassatività o meno delle ipotesi di condanna in futuro.

A favore della tassatività si esprimono Mandrioli/Carratta, Diritto Processuale Civile, Vol. I, Torino, 2019, p. 76. Gli autori sostengono, infatti, che « … Non sembra, d'altra parte, che né il richiamo a queste disposizioni marginali né il tentativo di elevare la probabilità di futuro inadempimento a figura generale di interesse ad agire e neppure il richiamo a norme che prevedono iniziative a cautela dei diritti non ancora esigibili come, ad es., l'art. 2813 c.c. consentano di mutare la conclusione sopra espressa circa l'inammissibilità della condanna in futuro come figura generale del nostro ordinamento». Contra, Basilico, Condanna in futuro, in Diritto online Treccani, 2016.

Sembra, invece, che ci sia omogeneità di vedute in dottrina rispetto alla funzione che perseguono la condanna condizionata e la condanna in futuro. Entrambe, infatti, perseguono l'interesse a un procedimento più rapido che sia capace di fornire un titolo esecutivo nel momento in cui la condizione o il termine si siano realizzate.

Le pronunce di condanna condizionata e di condanna in futuro, quindi, sono simili per struttura, nel senso che entrambe sono pronunce che non accertano l'attualità della lesione. Queste, però, differiscono in quanto alla natura: è di condanna per la sentenza di condanna in futuro mentre è di accertamento (sino al momento dell'avveramento della condizione) per la sentenza condizionata.

Presupposto di ammissibilità della domanda di condanna condizionale

La domanda condizionale non sempre è ammissibile.

Si considera, infatti, necessario, ai fini dell'ammissibilità della stessa, che il verificarsi della condizione non necessiti di successivi accertamenti di merito.

Casistica giurisprudenziale dell'ammissibilità della sentenza condizionale

Alcuni esempi giurisprudenziali sono i seguenti:

  • in primis, può citarsi la pronuncia Cass. civ, sez. III, 6 ottobre 2015, n.19895, secondo la quale: «Qualora l'efficacia di una sentenza sia subordinata ad un ulteriore accertamento di merito, da compiersi in un nuovo giudizio di cognizione, non è ammissibile la pronuncia di sentenza di condanna condizionale attesa la mancanza di certezza ed in inequovicità dell'elemento condizionante. (Nella specie, la S.C. ha escluso che integrasse sentenza condizionale quella di condanna del responsabile di un fatto illecito a rifondere all'Inail le somme da quest'ultimo pagate alla vittima, subordinando, nel contempo, tale statuizione alla circostanza che le somme fossero contenute nei limiti del risarcimento dovuto ex art. 2043 c.c., posto che la quantificazione del danno civilistico non era un evento futuro ed incerto, ma imponeva un accertamento di fatto)».
  • ancor più chiara in termini generali, benché più datata, è la pronuncia Cass. civ., sez. II, 7 dicembre 1982, n. 6667, la quale afferma che: «La sentenza con la quale l'efficacia della statuizione è subordinata al verificarsi di un determinato evento futuro ed incerto o al sopravvenire di un termine o al preventivo adempimento di una prestazione costituisce una pronunzia condizionale, la quale - rispondendo ad un'esigenza di economia di giudizio - è ammessa nell'ordinamento giuridico italiano, quando il verificarsi della condizione non deve essere controllato da successivi accertamenti di merito».
L'art 614-bis c.p.c.

Nel dibattito sulla sentenza condizionale merita un approfondimento la figura della misura coercitiva indiretta, detta anche astreinte, disciplinata ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c.

Introdotta in via generale tramite la l. 69/2009, l'astreinte aveva come fine primario quello di tutelare i creditori di una prestazione di fare infungibile. La misura coercitiva indiretta è uno strumento volto a rendere l'adempimento spontaneo e tempestivo del debitore più economicamente conveniente (di quanto lo sia, già, normalmente) rispetto all'adempimento forzato a seguito dell'azione esecutiva. Il giudice, difatti, può prevedere il pagamento di una somma di danaro in capo all'obbligato come conseguente al suo inadempimento.

Pur nata principalmente per rendere tutela ai creditori di obbligazioni infungibili, la misura coercitiva indiretta è permessa anche per la condanna ad adempiere ad obbligazioni fungibili, purché diverse dalla consegna di una somma di denaro.

Se la condanna condizionale “impropria” è quella pronuncia in cui l'elemento condizionante si ritrova nella fattispecie del diritto sostanziale, sembrerebbe potersi dire che la misura coercitiva indiretta sia considerabile come un capo condizionato e, perciò, la pronuncia che la contiene può essere definita come sentenza condizionata.

L'elemento costitutivo del diritto al pagamento della somma è l'inadempimento, il quale, insieme al quantum, viene determinato e previsto dal giudice al momento della pronuncia, secondo quanto disposto dall'art. 614-bisc.p.c.: «…il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento».

Il diritto ad ottenere il pagamento delle somme è, allora, condizionato all'inadempimento che si pone come elemento costitutivo del diritto sostanziale.

Casistica giurisprudenziale dell'ammissibilità della sentenza condizionale

Concordemente alla tesi che definisce la pronuncia contenente la misura coercitiva indiretta, può citarsi la pronuncia Trib. Bologna, sez. II, 19 aprile 2018, n.985 per la quale: «L'art. 614-bis c.p.c. - in tema di attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare - consente al giudice di fissare, col provvedimento di condanna, su istanza di parte e salva l'ipotesi in cui la misura appaia manifestamente iniqua, una somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento medesimo».

La fissazione della somma dovuta è, secondo quanto affermato, condizionata all'inadempimento. Questo avvalora la tesi della pronuncia contenente la misura coercitiva di cui all'art. 614-bis come sentenza condizionata, nella forma “impropria”.

Mancato avveramento della condizione e rimedi esperibili dal convenuto

La pronuncia con cui si dispone la sentenza condizionata può, certamente, essere impugnata con i mezzi ordinari di impugnazione.

Più problematico è, invece, stabilire con quali mezzi il convenuto possa “denunciare” il mancato avveramento della condizione.

Si può pensare a due soluzioni.

Se è stata iniziata esecuzione forzata, al creditore non resta che contestare il mancato avveramento della condizione con opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., perché il provvedimento senza la parte che manca non costituisce ancora titolo esecutivo, manca cioè il diritto di procedere ad esecuzione forzata.

Inoltre, nel caso in cui vengano vantate, in via stragiudiziale, delle pretese sulla base della sentenza condizionata, il convenuto può far valere il mancato avveramento della condizione proponendo domanda di accertamento negativo.

Non osta alla proposizione della citata domanda di accertamento negativo l'effetto negativo-preclusivo della pronuncia con cui si è disposta la sentenza di condanna condizionata. Con la proposizione successiva della domanda di accertamento negativo, infatti, colui che era il convenuto nel processo in cui è stata pronunciata la sentenza condizionata fa valere l'attuale inesistenza del diritto per il mancato avveramento della condizione.

Interesse ad agire nel caso di proposizione della domanda di accertamento negativo del diritto dopo la pronuncia di una sentenza condizionata

L'interesse ad agire in accertamento negativo è giustificato dall'affermazione dell'esistenza del diritto, nel caso della sentenza condizionata accompagnato dall'affermazione dell'avverarsi della condizione, o con la proposizione di vanti verso il soggetto che proporrà la domanda cui trattasi, purché questi siano idonei a causare un'incertezza obiettiva rispetto alla situazione giuridica dedotta in giudizio. Conformemente a quanto affermato, può citarsi Cass. civ., sez. Lav., 4 maggio 1982, n. 2798, secondo la quale: «Per la sussistenza dell'interesse ad agire, previsto dall'art. 100 c.p.c. come presupposto della domanda giudiziale, è sufficiente uno stato d'incertezza obiettiva circa l'esistenza della situazione giuridica della quale si chiede l'accertamento, positivo o negativo».

Riferimenti
  • Basilico, Condanna in futuro, in Diritto online Treccani, 2016;
  • Bove, La misura coercitiva di cui all'art. 614-bis c.p.c., in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., fasc. 3, 2010;
  • Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, Vol. I, Torino, 2018;
  • Faltoni, Brevi note in tema di condanna ad una prestazione condizionata, in Giust. Civ., I, 2009;
  • Mandrioli / Carratta, Diritto Processuale Civile, Vol. I, Torino, 2019.
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