Sentenza condizionaleFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 132
20 Maggio 2020
Considerazioni iniziali sulla sentenza di condanna condizionale
La sentenza condizionale è una pronuncia frutto della creatività giurisprudenziale, con la quale, secondo un duplice schema, viene rilevata una condizione che impedisce l'attuale esecutività della pronuncia stessa. La sentenza condizionale si articola in due figure che, in modi diversi, determinano questa mancata efficacia esecutiva. Si può parlare di sentenza condizionale “propria” quando è l'effetto esecutivo del capo condannatorio a sorgere come condizionato. In questo caso è proprio l'esecutività della sentenza a subire la condizione. Si rientra in questa fattispecie quando è proposta una domanda cumulata in via condizionale con un'altra, destinata a subentrare alla prima all'avveramento della condizione. Questo è, ad esempio, il caso della proposizione della domanda di restituzione cumulata con la domanda di corresponsione del valore della stessa in caso di inadempimento.
Si può parlare, invece, di sentenza condizionale “impropria” o a “prestazione condizionata” quando l'elemento condizionante sia relativo non all'esecutività ma al diritto sostanziale. La condizione rientra nella fattispecie del diritto sostanziale che, allora, si presenta come complessa. Tra i vari elementi costitutivi del diritto dedotto in giudizio ve ne è, quindi, uno legato all'avveramento di un evento futuro ed incerto.
Il tratto comune di queste pronunce è quindi la presenza di una condizione. In un caso, quello della sentenza condizionata “propria”, la condizione insiste sull'efficacia esecutiva mentre nell'altro, quello della sentenza condizionale “impropria”, è parte della fattispecie costitutiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio. Natura della sentenza condizionale e confronto con la sentenza di condanna in futuro
Venendo ora alla natura della sentenza condizionale, questa si presenta come non omogenea. La dottrina dominante in materia, infatti, attribuisce maggior rilevanza all'aggettivo “condizionata” che al sostantivo “condanna” quando tratta della pronuncia di condanna condizionata. Questo nel senso che si riconosce natura di pronuncia di accertamento alla sentenza condizionata sino al momento in cui si avveri la condizione. Dopo l'avveramento della condizione, alla pronuncia viene riconosciuta natura di sentenza di condanna permettendo di agire in via esecutiva. Proprio per la natura di sentenza di accertamento vi è differenza tra la pronuncia di condanna condizionata, “propria” o “impropria”, e la sentenza di condanna in futuro. La sentenza di condanna in futuro è considerata, pur in assenza di una lesione, una vera e propria condanna già al momento della sua promulgazione. Questo, perché, in alcuni casi si procede alla tutela della posizione del creditore che manifesti un interesse ad agire qualificato non dall'avvenuta lesione (ancora non integrata, ad esempio, per mancata scadenza del termine) ma dalla mera probabilità della stessa. Un esempio è dato dalla possibilità di ottenere, ex art. 657 c.p.c., l'intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione.
Le pronunce di condanna condizionata e di condanna in futuro, quindi, sono simili per struttura, nel senso che entrambe sono pronunce che non accertano l'attualità della lesione. Queste, però, differiscono in quanto alla natura: è di condanna per la sentenza di condanna in futuro mentre è di accertamento (sino al momento dell'avveramento della condizione) per la sentenza condizionata. La domanda condizionale non sempre è ammissibile. Si considera, infatti, necessario, ai fini dell'ammissibilità della stessa, che il verificarsi della condizione non necessiti di successivi accertamenti di merito.
Nel dibattito sulla sentenza condizionale merita un approfondimento la figura della misura coercitiva indiretta, detta anche astreinte, disciplinata ai sensi dell'art. 614-bis c.p.c. Introdotta in via generale tramite la l. 69/2009, l'astreinte aveva come fine primario quello di tutelare i creditori di una prestazione di fare infungibile. La misura coercitiva indiretta è uno strumento volto a rendere l'adempimento spontaneo e tempestivo del debitore più economicamente conveniente (di quanto lo sia, già, normalmente) rispetto all'adempimento forzato a seguito dell'azione esecutiva. Il giudice, difatti, può prevedere il pagamento di una somma di danaro in capo all'obbligato come conseguente al suo inadempimento. Pur nata principalmente per rendere tutela ai creditori di obbligazioni infungibili, la misura coercitiva indiretta è permessa anche per la condanna ad adempiere ad obbligazioni fungibili, purché diverse dalla consegna di una somma di denaro. Se la condanna condizionale “impropria” è quella pronuncia in cui l'elemento condizionante si ritrova nella fattispecie del diritto sostanziale, sembrerebbe potersi dire che la misura coercitiva indiretta sia considerabile come un capo condizionato e, perciò, la pronuncia che la contiene può essere definita come sentenza condizionata. L'elemento costitutivo del diritto al pagamento della somma è l'inadempimento, il quale, insieme al quantum, viene determinato e previsto dal giudice al momento della pronuncia, secondo quanto disposto dall'art. 614-bisc.p.c.: «…il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento». Il diritto ad ottenere il pagamento delle somme è, allora, condizionato all'inadempimento che si pone come elemento costitutivo del diritto sostanziale.
Mancato avveramento della condizione e rimedi esperibili dal convenuto
La pronuncia con cui si dispone la sentenza condizionata può, certamente, essere impugnata con i mezzi ordinari di impugnazione. Più problematico è, invece, stabilire con quali mezzi il convenuto possa “denunciare” il mancato avveramento della condizione. Si può pensare a due soluzioni. Se è stata iniziata esecuzione forzata, al creditore non resta che contestare il mancato avveramento della condizione con opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., perché il provvedimento senza la parte che manca non costituisce ancora titolo esecutivo, manca cioè il diritto di procedere ad esecuzione forzata. Inoltre, nel caso in cui vengano vantate, in via stragiudiziale, delle pretese sulla base della sentenza condizionata, il convenuto può far valere il mancato avveramento della condizione proponendo domanda di accertamento negativo. Non osta alla proposizione della citata domanda di accertamento negativo l'effetto negativo-preclusivo della pronuncia con cui si è disposta la sentenza di condanna condizionata. Con la proposizione successiva della domanda di accertamento negativo, infatti, colui che era il convenuto nel processo in cui è stata pronunciata la sentenza condizionata fa valere l'attuale inesistenza del diritto per il mancato avveramento della condizione.
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