Mind the gap: il diritto di famiglia nelle future relazioni tra Italia e Regno Unito

21 Maggio 2020

Dopo 47 anni dall'ingresso nell'allora Comunità economica europea, a partire dalla fine di gennaio 2020 il Regno Unito non è più uno Stato membro dell'Unione europea, allo stato attuale del negoziato e salvo colpi di scena dell'ultimo minuto è altamente verosimile che non vi sarà un accordo “su misura” per la cooperazione giudiziaria in materia di famiglia, per cui la presente analisi tenterà di inquadrare il contesto normativo con cui gli operatori pratici avranno a che fare a partire dalla mezzanotte del 1° gennaio 2021 in caso di no deal.
Considerazioni introduttive

Dopo 47 anni dall'ingresso nell'allora Comunità economica europea, a partire dalla fine di gennaio 2020 il Regno Unito non è più uno Stato membro dell'Unione europea che vede, dunque, un nuovo “assetto a 27”.

L'accordo di recesso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (l.29/7) del 31.01.2020 garantisce un'uscita ordinata dall'UE, ma non ne definisce i dettagli in ognuno dei singoli settori di cooperazione tra le parti.

La conseguenza più importante di tale scelta politica è che – allo scadere del c.d. periodo transitorio, fissato per il 31 dicembre 2020, durante il quale l'UE ed il Regno Unito dovranno trovare un accordo di cooperazione su vari settori strategici tra cui la cooperazione giudiziaria civile – il Regno Unito diverrà a tutti gli effetti uno Stato terzo nei rapporti con l'UE, e come tale intratterrà con gli Stati membri dei rapporti diversificati a seconda di quale, tra i possibili scenari, si verificherà: la perpetuazione delle regole attuali, introdotte nel diritto inglese a condizione di reciprocità; una simile perpetuazione ma senza reciprocità; un accordo settoriale e “su misura”; una mancanza di accordo specifico (no deal).

Ora, allo stato attuale del negoziato e salvo colpi di scena dell'ultimo minuto è altamente verosimile che non vi sarà un accordo “su misura” per la cooperazione giudiziaria in materia di famiglia, per cui la presente analisi tenterà di inquadrare il contesto normativo con cui gli operatori pratici avranno a che fare a partire dalla mezzanotte del 1° gennaio 2021 in caso di no deal.

Il panorama degli strumenti UE in materia di diritto di famiglia

Il quadro degli strumenti normativi europei che hanno sinora guidato gli operatori pratici del Regno Unito e degli altri Stati membri dell'UE – tra cui l'Italia – nella materia del diritto di famiglia transfrontaliero è composto sostanzialmente dai Reg. (CE) n.2201/2003 (Bruxelles II-bis) in materia matrimoniale, di responsabilità genitoriale e sottrazione internazionale di minori e 4/2009 sulle obbligazioni alimentari.

UK, infatti, non partecipa né al Reg. (UE) n.1259/2010 (Roma III) né al Reg. (UE) n.650/2012 (Successioni) né ai Reg. (UE) nn.1103 e 1104/2016 (sui regimi patrimoniali dei matrimoni e delle unioni registrate) e nemmeno ha preso parte alla Decisione 2009/941/CE del Consiglio di adottare il Protocollo dell'Aia, del 23 novembre 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari. Il quadro sarebbe in realtà completato dalla Direttiva (UE) n.99/2011 sull'ordine di protezione europeo e dal Reg. (UE) n.606/2013 sul riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile, il cui utilizzo è tuttavia marginale se non praticamente sconosciuto.

In concreto, dunque, gli unici strumenti normativi che hanno davvero costituito la cornice entro cui si è sviluppata la cooperazione giudiziaria in materia di famiglia tra il Regno Unito e la restante parte dell'UE sono il regolamento Bruxelles II-bis e quello sulle obbligazioni alimentari.

Come è noto a chi si occupa della materia, la caratteristica più importante del quadro unionale di cooperazione giudiziaria in materia di famiglia è dato dal fatto che esso è un “sistema”: ovvero un insieme di strumenti settoriali che, pur adottati in epoche diverse e con regole non sempre perfettamente coincidenti, comunque si ispirano l'un l'altro e perseguono la stessa logica, dettando regole di diritto internazionale privato che si applicano in condizioni di reciprocità e non impingono nel diritto sostanziale degli Stati membri ma si preoccupano di agevolare l'individuazione del giudice competente e della legge applicabile e di favorire la più ampia e celere circolazione intraeuropea di sentenze, atti pubblici ed accordi in materia familiare anche attraverso una collaborazione strutturata tra autorità giudiziarie ed amministrative.

Il tutto sotto l'occhio vigile della Corte di Giustizia dell'UE, che da Lussemburgo assicura uniformità di interpretazione dei concetti chiave contenuti in detti strumenti normativi e guida il giudice nazionale nella loro applicazione al caso concreto.

Le Convenzioni dell'Aia in materia familiare

Allo scadere del periodo transitorio, e dunque a far data dal 1° gennaio 2021, lo scenario che con tutta probabilità si realizzerà nell'ambito della cooperazione civile in materia di famiglia è il c.d. no deal, ovvero una mancanza totale di accordo sostitutivo che imporrà agli operatori pratici di guardarsi attorno e cercare delle risposte alternative negli accordi multilaterali o bilaterali di cooperazione tra il Regno Unito ed i singoli Stati membri dell'UE che li hanno siglati autonomamente.

Tra questi, a livello multilaterale i più importanti sono costituiti dalle Convenzioni adottate nel contesto della Conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato e, in particolare, dalle seguenti: Convenzione del 1.06.1970 sul riconoscimento delle sentenze di separazione e divorzio; Convenzione del 25.10.1980 sulla sottrazione internazionale di minori; Convenzione del 19.10.1996 in materia di responsabilità genitoriale; Convenzione del 23.11.2007 sulle obbligazioni alimentari.

Tuttavia, vi sono due principali critiche alla tesi per cui l'abbandono del sistema di diritto di famiglia europeo potrebbe essere facilmente compensato da una reviviscenza delle Convenzioni dell'Aia: la prima è che il passaggio immediato ed automatico da un sistema all'altro non è scontato, ed è invece possibile che per un certo periodo possa crearsi una situazione di “vuoto normativo”; la seconda (per la verità più dal punto di vista continentale, che non inglese) poggia sulla considerazione che le Convenzioni di cui si discorre costituiscono una soluzione di ripiego largamente insoddisfacente per la lentezza del procedimento di adozione e revisione, per la possibilità di apporre delle riserve (una sorta di opt-out parziale) e per il diverso ruolo della Corte di Giustizia nella loro interpretazione.

Sotto il primo punto di vista va infatti notato che quegli Stati membri che non avessero ratificato dette Convenzioni individualmente prima che l'UE esercitasse nella stessa materia il proprio potere normativo, necessiterebbero per farlo ora di una autorizzazione del Consiglio dell'UE, essendo detta materia diventata di competenza esclusiva dell'UE e come tale sottratta dall'ambito delle iniziative personali dei singoli Stati membri (così stabilisce chiaramente il Parere 1/13 emesso il 14.10.2014 dalla Corte di Giustizia dell'UE).

Il secondo profilo attiene, come anticipato, al fatto che le Convenzioni dell'Aia non formano un complesso omogeneo come quello dei regolamenti europei, essendo state negoziate e concluse nel corso di un arco temporale ben più lungo, con un numero di parti notevolmente superiore ed in assenza di un'azione armonizzatrice della Corte di Giustizia paragonabile a quella esercitata sull'acquis comunitario.

Vediamo dunque quali possono essere alcuni inconvenienti dell'applicazione di tali Convenzioni nelle aree principali del diritto di famiglia transfrontaliero: separazione e divorzio; responsabilità genitoriale ed obbligazioni alimentari.

Separazione e divorzio

L'Italia ed il Regno Unito hanno ratificato (rispettivamente il 19.02.1986 ed il 21.05.1974) la Convenzione dell'Aia del 1.06.1970 sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni.

Ora, quanto ai criteri di giurisdizione, l'inapplicabilità di quelli contenuti nel Reg. Bruxelles II-bis comporterà certamente la perdita della regola della litispendenza, che sarà soppiantata dal principio di cui all'art.12 della Convenzione per cui “in qualsiasi Stato contraente, si può soprassedere alla pronuncia su qualsiasi domanda di divorzio o di separazione se lo stato matrimoniale dell'uno o dell'altro coniuge è oggetto d'istanza in un altro Stato contraente” ovvero da una regola discrezionale. Le Corti inglesi potrebbero quindi fare larga applicazione della dottrina anglosassone del forum conveniens per ritenere la propria giurisdizione, adottando decisioni il cui riconoscimento non potrebbe tuttavia darsi per scontato negli ordinamenti di civil law che tale dottrina non conoscono.

Quanto alla legge applicabile, nulla invece cambierà nei procedimenti istaurati in Italia dal momento che – sebbene già adesso il Regno Unito non sia vincolato dal Reg. Roma III – questo ha carattere universale (cfr.art.4) per cui la stessa continuerà ad essere individuata in base a tale regolamento e le nostre regole di diritto internazionale privato (segnatamente – per il giudice italiano – gli artt.26 e ss. della l. n.218/1995) si applicheranno ai soli aspetti non coperti dal regolamento.

Rispetto al riconoscimento ed all'esecuzione delle sentenze, il ricorso alla Convenzione di cui si discorre comporterà il loro riconoscimento automatico una volta integrate le condizioni di cui all'art.2 e salve le limitate ipotesi in cui essi potranno essere negati.

Le parti, peraltro, avevano firmato un Trattato bilaterale in data 7.02.1964 per il reciproco riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, nel cui ambito di applicazione ricadono le sentenze in materia di famiglia a patto che la competenza del Tribunale dello stato che ha emesso la sentenza sia prevista in base alla legge dello Stato a cui appartiene la Corte richiesta del riconoscimento. Tale Convenzione bilaterale è fatta salva dall'art.18 della Convenzione dell'Aia del 1970 (a mente del quale quest'ultima “non pregiudica l'applicazione di altre Convenzioni, di cui uno o più Stati contraenti sono o saranno partecipi, contenenti disposizioni sulle materie disciplinate nella presente Convenzione”) per cui – se solo si rivelasse vantaggioso nel caso concreto – le parti interessate potrebbero invocarne l'applicazione.

Responsabilità genitoriale

La materia della responsabilità genitoriale, in assenza di disposizioni analoghe a quelle del Bruxelles II-bis – frattanto migliorato dalle nuove regole del suo recast, ovvero il Reg. (UE) n. 1111/2019 applicabile dal 1.08.2022 – sarà governata dalla Convenzione dell'Aia del 19.10.1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità̀ genitoriale e di misure di protezione dei minori che Italia e Regno Unito hanno ratificato rispettivamente il 30.09.2015 e il 27.07.2012.

Tuttavia, quanto ai criteri di giurisdizione, l'art. 5 della Convenzione fa riferimento alla competenza della Corte della residenza abituale al momento della decisione, ciò che da un lato contrasta con il principio dell'art.8 del regolamento europeo, che invece la cristallizza con riferimento al momento della domanda, e dall'altro lascia intravedere una concreta possibilità di forum shopping. Inoltre, una certa interpretazione della Convenzione sul concetto di “accertamenti di fatto” su cui un'autorità ha basato la propria competenza (art.25) può consentire in concreto una revisione della competenza giurisdizionale della Corte che ha emesso un provvedimento in materia di responsabilità genitoriale che non è invece consentita sotto l'egida del regolamento europeo.

In punto di legge applicabile, nulla invece cambierà, dal momento che nelle controversie tra Italia e Regno Unito i criteri di cui alla Convenzione sono già utilizzati (in assenza di una normativa europea in materia).

Rispetto allo strumento europeo attualmente utilizzato, la Convenzione fa infine perdere alle parti – tra l'altro – la possibilità di esecuzione automatica delle decisioni in materia di diritto di visita, che nel Reg. Bruxelles II-bis hanno uno status privilegiato.

In punto di protezione dei minori in caso di sottrazione internazionale, l'operatività tra le parti della Convenzione dell'Aia del 1980 (ratificata dall'Italia il 22.02.1995 ed il 20.05.1986 da UK, che pertanto in tal caso non dovrà depositare un nuovo strumento di ratifica come nel caso della Convenzione del 2007 sulle obbligazioni alimentari) supplirà alla mancata applicazione – anche in tale ambito – delle regole del Bruxelles II-bis che tuttavia ne aveva velocizzato alcuni meccanismi; ciò comporterà, tra l'altro, la perdita del primato della Corte del Paese di origine nel decidere sul rientro del minore.

Obbligazioni alimentari

Per quanto attiene alle controversie in tema di alimenti, nei rapporti tra Italia e Regno Unito il Reg. (CE) n.4/2009 cederà il passo alla Convenzione dell'Aia del 23.11.2007 sulle obbligazioni alimentari, nel cui campo di applicazione ricadono sia l'ottenimento delle relative decisioni in favore di figli (e dei coniugi, se connesse alle prime) sia il riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di alimenti in favore tanto dei figli quanto dei coniugi.

Il Regno Unito – che è vincolato dalla Convenzione a far data dal 1.08.2014 per effetto dell'adesione effettuata dall'UE per conto dei suoi Stati membri ed in tale qualità lo rimarrà fino alla fine del periodo transitorio – ha anche ratificato in proprio la Convenzione ai fini della sua futura applicazione a decorrere dal 1.01.2021 (strumento di ratifica poi ritirato per effetto dell'accordo di recesso, ma che dovrà essere nuovamente depositato prima della fine dell'anno).

La Convenzione non prevede criteri di giurisdizione diretta (come il Regolamento) ma istituisce un sistema di cooperazione amministrativa che ruota attraverso le Autorità Centrali nazionali; in definitiva, nel sistema convenzionale l'individuazione del giudice competente avviene in base alle regole processuali e di diritto internazionale privato dello Stato in cui la domanda è presentata.

Relativamente al riconoscimento e all'esecuzione, va invece ricordato che il regolamento sulle obbligazioni alimentari ha abolito l'exequatur per tutti gli Stati membri dell'Unione europea vincolati dalle norme sulla legge applicabile di cui al Protocollo dell'Aia del 2007, che il Regno Unito non ha firmato: per quest'ultimo, come per gli altri Stati che non ne sono parte, vige dunque un complesso separato di norme (cfr. sezione 2 del capo IV).

Infine, il Reg. (CE) n.4/2009 include norme sulla legge applicabile, in quanto dichiara il Protocollo dell'Aia del 2007 applicabile in tutti gli Stati membri vincolati da tale strumento e di fatto crea un legame fra l'adesione a un regime uniforme sul conflitto di leggi e la disponibilità di determinate regole privilegiate di “riconoscimento ed esecuzione”. La Convenzione dell'Aia del 2007 e il Protocollo dell'Aia del 2007 si affiancano in modo separato o indipendente.

L'opzione “Lugano”

Durante i negoziati dell'accordo di recesso è emersa la possibilità che il Regno Unito ratifichi la Convenzione di Lugano del 30.10.2007 concernentela competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nel cui campo di applicazione rientrano la materia “civile e commerciale” e specificamente le obbligazioni alimentari, ma non i regimi patrimoniali né le successioni. Va tuttavia considerato che per accedere a detta Convenzione il Regno Unito dovrebbe entrare a far parte dell'EFTA e che l'accoglimento della sua domanda richiede l'unanimità dei consensi degli Stati che ne fanno parte.

Si tratterebbe di una soluzione forse non ideale, dal momento che la Convenzione è più datata del Reg. (UE) n.1215/2012 (c.d. Bruxelles I-bis recast), e dunque manca di alcune novità introdotte nel medesimo, e che essa si applica tra Stati che partecipano al mercato interno (da cui UK uscirà).

Quale effetto non gradito il Regno Unito si troverebbe tuttavia ad essere sottoposto alla giurisdizione della Corte di Giustizia dell'UE che, come si vedrà nel prossimo paragrafo, ha in tutti i modi cercato di evitare.

Il ruolo della Corte di Giustizia

Per concludere la sintetica carrellata di questioni problematiche connesse alla Brexit, non può omettersi un riferimento al c.d. “elefante nella stanza” ovvero il ruolo della Corte di Giustizia dell'UE.

Si è già anticipato che i giudici di Lussemburgo hanno svolto una fondamentale azione di omogeneizzazione dell'acquis, interpretando concetti chiave dei regolamenti e delle direttive europee e fornendo chiavi di lettura importanti ai tasselli che nel tempo venivano aggiunti al più ampio puzzle degli strumenti di cooperazione, il cui ambito di applicazione ha anche provveduto a delimitare mantenendoli coerenti.

Una delle ragioni per cui il Regno Unito ha deciso di abbandonare l'UE risiede proprio nell'idiosincrasia per il controllo giudiziale della Corte, che in altri settori della legislazione europea (pensiamo al diritto del lavoro e dei consumatori) interpreta disposizioni di diritto sostanziale; tale atteggiamento è in quel caso politicamente comprensibile mentre lo diviene meno con riguardo al settore del diritto di famiglia, in quanto detta materia è un coacervo di norme di diritto internazionale privato che non regolano istituti di diritto sostanziale, definiti solo a livello nazionale.

Va inoltre considerato che se i rapporti tra UK ed UE in tale ambito saranno ricondotti nell'alveo delle Convenzioni dell'Aia, l'intento di affrancarsi completamente dal controllo di Lussemburgo sarà riuscito solo a metà. Ed invero, per quegli accordi internazionali a cui ha aderito l'UE (si pensi alla Convenzione del 2007 sulle obbligazioni alimentari) e che quindi formano parte integrante dell'acquis, i giudici di uno Stato membro potranno continuare, in controversie transfrontaliere tra cittadini europei ed inglesi, a sollevare rinvii pregiudiziali la cui decisione avrà inevitabilmente effetti sul caso da cui promanano.

Ed in tutto ciò il Regno Unito non potrà contare nemmeno sulla presenza di un giudice inglese.

Diritto intertemporale

L'art. 67 dell'accordo di recesso detta norme transitorie in tema di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni giudiziarie e relativa cooperazione tra autorità centrali.

Al primo paragrafo esso prevede, quanto alle regole di giurisdizione, che nel Regno Unito, nonché negli Stati membri dell'UE in situazioni che coinvolgano il Regno Unito, ai procedimenti avviati prima della fine del periodo di transizione e ai procedimenti o alle cause connesse ai sensi dell'articolo 19 del Reg. (CE) n. 2201/2003 o degli articoli 12 e 13 del Reg. (CE) n. 4/2009 si applicano le disposizioni sulla competenza di entrambi i regolamenti.

Quanto al riconoscimento e all'esecuzione delle sentenze, delle decisioni, degli atti pubblici, delle transazioni e degli accordi giudiziari, il secondo paragrafo dell'art.67 prevede che le disposizioni del Reg. (CE) n. 2201/2003 riguardanti il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni si applicano alle decisioni emesse in procedimenti giudiziari avviati prima della fine del periodo di transizione, nonché agli atti pubblici formati e agli accordi conclusi prima della fine del periodo di transizione (lett. b) e che le analoghe disposizioni del Reg.(CE) n.4/2009 si applicano alle decisioni emesse in procedimenti giudiziari avviati prima della fine del periodo di transizione, nonché alle transazioni giudiziarie approvate o concluse e agli atti pubblici redatti prima della fine del periodo medesimo (lett. c).

Infine, a norma del terzo paragrafo, nel Regno Unito, nonché negli Stati membri in situazioni che lo coinvolgano, il capo IV del Reg. (CE) n. 2201/2003 [relativo all'esecuzione delle c.d. decisioni privilegiate, ovvero quelle in materia di diritto di visita e di talune decisioni che prescrivono il ritorno del minore] si applica alle richieste e alle domande ricevute prima della fine del periodo di transizione dall'autorità centrale o altra autorità competente dello Stato richiesto (lett. a) e il capo VII del Reg.(CE)n.4/2009 [relativo alla cooperazione tra autorità centrali] si applica alle domande di riconoscimento o di esecuzione delle decisioni di cui al paragrafo 2, lettera c), e alle richieste ricevute dall'autorità centrale dello Stato richiesto prima della fine del periodo di transizione (lett. b).

In conclusione

I negoziati tra l'Unione Europea ed il Regno Unito per trovare una composizione ordinata del divorzio tra le parti hanno sino ad ora scongiurato la c.d. hard Brexit e partorito un insieme di regole di principio, ovvero un accordo quadro che le stesse hanno tempo sino al 31 dicembre di quest'anno per riempire di contenuti in alcuni settori di importanza strategica.

La cooperazione giudiziaria in materia di famiglia, contrariamente a quanto il buon senso imporrebbe di fare, non è ritenuta dalle parti un settore politicamente sensibile e pertanto – a dispetto delle falle che si è cercato di evidenziare brevemente in questo commento – con elevata probabilità non sarà oggetto di un accordo settoriale specifico ma sarà gestita nella quotidianità delle controversie transfrontaliere con gli strumenti convenzionali sopra citati, sui quali gli operatori pratici dovranno intrattenersi alla ricerca di precedenti giurisprudenziali, prassi applicative e difficoltà interpretative.

Esula dalle finalità del presente lavoro un'analisi accurata di vantaggi e svantaggi del futuro scenario per le parti, ma non è forse azzardato prevedere che – se il Regno Unito non deciderà di replicare internamente le norme europee che sta abbandonando – il giurista italiano potrà incontrare qualche difficoltà in più rispetto al collega anglosassone. Il Regno Unito ha, infatti, ampiamente utilizzato le prerogative riconosciute dal Protocollo n. 21 al TFUE, decidendo di fare opt-in solo in pochi strumenti europei di diritto familiare e ciò ha consentito che nel contenzioso familiare avvocati e giudici del Regno Unito facessero più ampio ricorso alle disposizioni di accordi bilaterali o multilaterali che in futuro vivranno verosimilmente una seconda giovinezza.

Al giurista italiano spetterà dunque il non facile compito di districarsi nel mosaico di strumenti europei ed internazionali, e nelle regole di diritto intertemporale che disciplineranno il graduale abbandono del vecchio e rassicurante sistema per entrare in una nuova fase di cooperazione.

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