Riciclaggio: pluralità di condotte o reato a formazione progressiva?

Vittorio Nizza
22 Giugno 2020

La Corte viene chiamata a pronunciarsi sulla configurabilità del reato di riciclaggio come un reato a condotta frazionata o con consumazione prolungata e soprattutto quando singole condotte, anche distanti nel tempo come nel caso si specie, possano essere considerate come autonome o quando invece rappresentino plurimi atti di un medesimo disegno criminoso e quindi di un'unica condotta di reato.
Massima

La forma libera del reato di riciclaggio implica cha l'occultamento della condotta delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità possa essere astrattamente realizzato con singoli atti leciti, ma anche con una pluralità di distinti atti leciti, anche realizzati a distanza di tempo, purché siano ricondotti ad unità dall'obiettivo comune cui essi sono finalizzati, ossia la schermatura della provenienza delittuosa del denaro che costituisce il loro oggetto.

Non è essenziale, inoltre, che l'agente individui e preveda fin dall'inizio del proprio progetto delittuoso i singoli atti che andrà a compiere per perseguire la finalità di occultamento, ben potendo accadere che i singoli atti siano individuati nel corso della sua attuazione, in base alle eventuali sopravvenienze ovvero in base allo sviluppo concreto degli eventi che rendono preferibile un atto piuttosto che un altro ovvero mettono a disposizione atti precedentemente non previsti dall'ordinamento giuridico, che possono rendere più efficace l'azione nella prospettiva di rendere definitiva e/o di consolidare l'acquisizione del provento del delitto.

Il caso

La sentenza in esame riguarda un ricorso per Cassazione proposto avverso la decisione del Tribunale di Genova, quale giudice dell'impugnazione in sede di riesame, che aveva confermato il decreto del GIP del Tribunale di Genova con cui era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di somme di denaro o, in via subordinata, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni mobili, immobili, o qualsiasi altro bene fino al raggiungimento della cifra prefissata in relazione ad un contestata condotta di riciclaggio.

In particolare la contestazione riguardava una complessa vicenda i cui reati presupposto della condotta di riciclaggio sarebbero stati delle truffe e delle violazioni della normativa in materia tributaria commesse dai congiunti dell'imputato, già giudicati e condannati per tali reati.

Secondo l'ipotesi accusatoria la condotta di riciclaggio contestata si sarebbe concretizzata in una pluralità di atti commessi nell'arco temporale di circa quindici anni, per la precisione dal 2000 al 2015.

Secondo quanto ricostruito in sentenza, la prima condotta di riciclaggio sarebbe stata commessa dall'imputato nel 2000 attraverso la gestione, tramite una propria società, dei fondi depositati su un conto corrente alimentato dai proventi dei delitti presupposto commessi dai congiunti. Nel 2003 veniva posto in essere il secondo atto della condotta attraverso l'adesione alla procedura di emersione di capitali detenuti all'estero che venivano fatti rientrare in Italia su conti correnti intestati all'imputato. Il terzo atto viene individuato dalla Pubblica accusa nel conferimento ad operare su un conto corrente su cui erano confluiti buona parte dei proventi dei reati sottostanti alla condotta di riciclaggio. Fatto accaduto nel 2010, con ulteriore trasferimento di denaro su altro conto sempre a firma disgiunta nel 2012. Infine nel 2015 l'imputato stipulava atto notarile di donazione di una somma molto ingente a favore di un suo congiunto (autore dei reati presupposto), somma che veniva di fatto trasferita con una serie di operazioni bancarie e finanziaria attraverso i conti cointestati.

Avverso il provvedimento del Tribunale del Riesame proponeva ricorso l'imputato evidenziando sostanzialmente come non potesse configurarsi un'unica condotta di riciclaggio, ma i singoli episodi dovessero ritenersi tutti autonomi e distinti, non collegati tra loro sotto il profilo temporale né facenti parte di un unico disegno criminoso. Secondo la difesa, invero, al più solo il primo episodio, quello del 2000, poteva configurare un'ipotesi di riciclaggio, tutte le altre operazioni contestate, invece, erano normali operazioni bancarie e finanziarie perfettamente lecite. Pertanto, sotto un primo profilo tale reato doveva ritenersi estinto per prescrizione, sotto un diverso profilo a tale condotta illecita non avrebbe potuto applicarsi il sequestro finalizzato alla confisca ex art. 648 quater c.p. in quanto norma entrata in vigore successivamente ai fatti.

La questione

La Corte viene chiamata a pronunciarsi sulla configurabilità del reato di riciclaggio come un reato a condotta frazionata o con consumazione prolungata e soprattutto quando singole condotte, anche distanti nel tempo come nel caso si specie, possano essere considerate come autonome o quando invece rappresentino plurimi atti di un medesimo disegno criminoso e quindi di un'unica condotta di reato.

Le soluzioni giuridiche

Nella complessa vicenda sottoposta al vaglio della Corte vengono in rilievo alcune condotte compiute dall'imputato che, secondo l'ipotesi accusatoria, integrerebbero gli estremi del reato di riciclaggio e, sebbene siano stati commessi in un arco temporale di circa quindici anni, rappresentano tanti atti di un'unica condotta criminosa consumatasi nel 2015 con l'ultimo atto. Il reato di riciclaggio infatti rientrerebbe tra i reati a consumazione prolungata o con condotte frazionate.

Secondo la difesa, invece, nel caso di specie non può ritenersi che la pluralità di episodi contestati rappresenti un'unica ipotesi di reato di riciclaggio. Secondo la difesa, infatti, gli episodi contestati non hanno alcun legame tra loro e ciascuno ha una propria specifica e autonoma causa giustificativa. Non solo, ma, mentre la prima condotta, quella posta in essere nel 2000 potrebbe integrare il reato di riciclaggio, le successive condotte, sempre a parere della difesa, non rientrerebbero nella fattispecie delineata dalla norma.

Per poter configurare un'ipotesi di reato a condotta frazionata occorre in primo luogo che ogni singolo atto abbia in sè tutti gli strumenti necessari per la configurazione della figura tipica del reato; in secondo luogo occorre che gli stessi fatti si inseriscano in un medesimo contesto fattuale, in un unico disegno criminoso.

Secondo la difesa, quindi, il reato di riciclaggio sarebbe configurabile solo in relazione alla condotta posta in essere nel 2000. Da ciò deriverebbe un duplice ordine di considerazioni: il reato sarebbe ormai estinto per prescrizione e allo stesso non sarebbe comunque applicabile l'istituto del sequestro finalizzato alla confisca di cui all'art. 648 quater c.p. in quanto entrato in vigore successivamente alla commissione del fatto e non applicabile retroattivamente state la sua natura sanzionatoria.

La Corte nella sentenza in commento sottolinea, invece, come la difesa non metta in discussione la possibilità astratta di configurare il reato di riciclaggio come reato a condotta frazionata o formazione prolungata, bensì ritenga che tale schema non sia configurabile nel caso concreto in ragione dall'autonomia dei singoli atti e della loro liceità.

I supremi giudici, però, ritengono tali considerazioni non fondate. Secondo la Corte, infatti, il riciclaggio è un reato a forma libera con l'impossibilità di una preventiva tipizzazione delle condotte che possono essere strumentalizzate per il perseguimento del fine di occultamento della provenienza delittuosa del denaro o dei beni. Ciò che rileva, pertanto non è la liceità o l'illiceità della condotta, bensì la sua finalità. Anche una condotta perfettamente lecita può integrare gli estremi del reato di riciclaggio se posta in essere con la finalità tipica dell'occultamento della provenienza delittuosa dei proventi.

La forma libera del reato in oggetto, pertanto, implica che lo stesso possa essere realizzato attraverso singoli atti oppure attraverso il compimento di una pluralità di condotte, anche astrattamente lecite, che possano essere ricondotte ad unità dall'obiettivo comune a cui sono finalizzate, ossia l'occultamento della provenienza delittuosa del denaro che sostituisce il loro oggetto. Non è essenziale, evidenzia ancora la Corte, che sin da subito l'autore del reato individui e preveda i singoli atti che andrà a compiere per perseguire la finalità di occultamento, ben potendo accadere che i singoli atti vengano individuati nel corso della sua attuazione in base ad eventuali sopravvenienze o allo sviluppo concreto degli eventi.

Viene pertanto respinto l'assunto difensivo secondo il quale non è configurabile il reato di riciclaggio in ragione dell'autonomia delle singole condotte, in ragione della loro liceità ed in quanto non previste o non prevedibili al momento del compimento della primigenia condotta di riciclaggio.

Dalle suddette valutazioni, ne discende anche la considerazione che il reato contestato all'imputato non possa essere ritenuto prescritto in quanto il suo momento consumativo deve essere fatto coincidere con l'ultimo atto posto in essere, ossia quello del 2015. Allo stesso modo può trovare applicazione l'istituto del sequestro finalizzato alla confisca.

Osservazioni

La sentenza in esame si sofferma su alcuni aspetti rilevanti relativi alla struttura del reato di riciclaggio, richiamandosi ad alcuni assunti ormai consolidati in giurisprudenza, pur applicandoli, tuttavia, ad un caso peculiare quanto meno per la tipologia degli atti posti in essere oggetto della contestazione di riciclaggio e per la loro oggettiva distanza temporale.

Il reato di riciclaggio è un reato a forma libera. La stessa norma infatti punisce qualsiasi operazione che sia volta ad ostacolare l'identificazione della provenienza illecita del denaro o altra utilità oggetto dell'operazione stessa. Non sarebbe stato, infatti, possibile per il legislatore tipizzare tutte le condotte di riciclaggio. Ciò che deve contraddistinguere la condotta poiché la stessa costituisca un'ipotesi di riciclaggio è la finalità dissimulatoria per cui viene posta in essere.

In tal senso la giurisprudenza ha quindi affermato che le singole condotte di riciclaggio possono essere rappresentate anche da atti formalmente leciti, purché posti in essere, come detto, con la finalità del reato.

La giurisprudenza, inoltre, si è ormai consolidata nell'affermare che il reato di riciclaggio possa essere commesso non solo con un unico atto, ma anche con un pluralità di operazioni: “in tema di riciclaggio ove più siano le condotte consumative del reato, attuate in un medesimo contesto fattuale e con riferimento ad un medesimo oggetto, si configura un unico reato a formazione progressiva, che viene a cessare con l'ultima delle operazioni poste in essere, precisandosi che integra il delitto di riciclaggio il compimento di operazioni volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o altre utilità, attraverso un qualsiasi espediente che consista nell'aggirare la libera e normale esecuzione dell'attività posta in essere” (Cass. pen.,Sez. II, 30 gennaio 2018, n. 11836). In tale senso, quindi, si è equiparato il reato di riciclaggio a fattispecie ritenute a condotta frazionata quali i reati di usura o corruzione ove ciascun atto susseguente (ad esempio di pagamento nel caso dell'usura o della corruzione) non costituisce un mero post factum ma un'ulteriore modalità di commissione del delitto con conseguente spostamento del momento consumativo dello stesso.

La giurisprudenza, però, in materia di reato di riciclaggio ha individuato come pluralità di atti potessero essere riconducibili ad un'unica condotta di reato in quanto ricollegabili in un unico contesto fattuale e in un medesimo disegno criminoso, ipotesi quali l'apertura di un conto corrente su cui far confluire somme di provenienza illecita e la successiva effettuazione di operazioni bancarie comportanti passaggi di denaro (Cass. pen. Sez. II n. /2012; Cass. pen. Sez. II, n. 29869/2016) o le diverse operazioni poste in essere da una società appositamente creata per “ripulire” denaro di provenienza illecita (Cass. pen.,Sez. II n. 43881/2014).

In ogni caso, infatti, per poter considerare diversi atti come rientranti in un'unica fattispecie criminosa occorre che vi sia una connessione tra gli stessi, che rientrino in un medesimo contesto fattuale, in un medesimo disegno criminoso ideato dal soggetto agente.

Nel caso di specie, però, gli atti posti in essere dall'imputato rappresentavano tutte operazioni autonome e distinte, poste in essere, tra l'altro, a distanza di anni l'una dall'altra, in un arco di tempo indiscutibilmente molto risalente (circa quindici anni). Per ricollegare tutte le suddette operazioni ad un'unica condotta di reato si valuta in modo ancor più ampio l'unicità del disegno criminoso, affermando che non è necessario che vi sia un progetto delittuoso sin dall'inizio, né che l'agente si sia configurato un serie di attività da porre in essere per il raggiungimento del suo scopo, ben potendo tale piano, così come i suoi singoli atti attuativi, essere elaborato e modificato nel corso del tempo sulla base delle contingenze della situazione concreta. L'unico elemento richiesto per poter ritenere tutti gli atti uniti in un unico fattispecie di reato sembrerebbe essere, a prescindere dal medesimo contesto fattuale-temporale o da un iniziale progetto delittuoso, la finalità comune di occultamento della provenienza del denaro che deve contraddistinguere ogni azione.

Tali considerazioni, come si è detto, hanno inciso in maniera significativa sul caso preso in esame. Infatti la Cassazione, ritenendo tutte le condotte ascritte all'imputato come integranti un'unica ipotesi di reato di riciclaggio (confermando quanto già affermato dal GIP e dal Tribunale del Riesame chiamati a pronunciarsi sul decreto di sequestro preventivo) sposta il momento consumativo dal 2000, epoca di realizzazione del primo atto - l'unico considerato dalla difesa di penale rilevanza – al 2015 ossia al compimento dell'ultimo atto. Così facendo non solo il reato non risulta ancora prescritto, ma diventa applicabile la disciplina del sequestro preventivo finalizzato alla confisca introdotta con l'art. 648-quater c.p. anche per i reati di cui agli artt. 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 c.p.

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