Nel giudizio di nullità di una vendita (per causa illecita) i rappresentanti delle parti sostanziali del negozio non sono litisconsorti necessari

Sergio Matteini Chiari
01 Luglio 2020

La questione che interessa in questa sede, proposta dalla società ricorrente, è consistita nello stabilire se CCC, suo amministratore, fosse da qualificare come litisconsorte necessario nel giudizio di nullità di contratto di vendita intercorso fra le società BBB e AAA e promosso da quest'ultima e, in caso affermativo, quali conseguenze dovessero prodursi nel caso, concretamente verificatosi, di mancata integrazione del contraddittorio in primo grado e, in sede di appello, di mancata rimessione al primo giudice per tale constatata ragione.
Massima

Nei giudizi in cui si controverta sulla nullità di una vendita di cui siano state parti sostanziali due società, non sono litisconsorti necessari i relativi amministratori, che abbiano contratto nell'esercizio dei poteri gestori e in nome e per conto delle medesime.

Ed invero, essendo la domanda – di mero accertamento – diretta a privare di effetti fra i litiganti il contratto illecito, la sentenza dichiarativa della nullità è suscettibile di pratica attuazione fra tali soggetti.

Il caso

In riforma della sentenza di primo grado, una Corte di merito dichiarava la nullità del contratto con cui la società AAA aveva venduto alla società BBB un bene immobile, ritenendo che il trasferimento fosse avvenuto in attuazione di un prestito usurario.

La Corte rilevava che, con sentenza ex art. 444 c.p.p., CCC, socio ed amministratore della società BBB, era stato condannato per il reato di usura, per essersi fatto promettere interessi illeciti dai soci della società AAA, ottenendo, al momento della dazione del denaro, il rilascio di cambiali e la sottoscrizione di contratti preliminari e, inoltre, che l'atto di cessione immobiliare in questione era affetto da nullità ex art. 1418 c.c., essendo la sua causa illecita, configurandosi gli estremi del reato di usura, essendo il trasferimento avvenuto come pagamento di interessi usurari ed avendo la cessione del bene, costituito un mezzo utilizzato dall'agente per conseguire vantaggi usurari.

La Corte, inoltre, riteneva che la condotta di CCC fosse imputabile alla società di cui era amministratore, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2001, giacché l'atto illecito, benché doloso, costituiva esplicazione dell'attività della società BBB, tendendo «al conseguimento dei fini di quest'ultima».

La società BBB proponeva ricorso per cassazione e la società AAA resisteva con controricorso.

La questione

La questione che interessa in questa sede, proposta dalla società ricorrente, è consistita nello stabilire se CCC, suo amministratore, fosse da qualificare come litisconsorte necessario nel giudizio di nullità di contratto di vendita intercorso fra le società BBB e AAA e promosso da quest'ultima e, in caso affermativo, quali conseguenze dovessero prodursi nel caso, concretamente verificatosi, di mancata integrazione del contraddittorio in primo grado e, in sede di appello, di mancata rimessione al primo giudice per tale constatata ragione.

Le soluzioni giuridiche

i) A parere della società ricorrente, la sentenza gravata doveva ritenersi affetta da nullità per violazione degli artt. 102, 103 e 354 c.p.c., avendo disconosciuto (o, più esattamente – giusta la ricostruzione dei fatti di causa eseguita dal giudice di legittimità -, non avendo in alcun modo trattato la questione, non proposta né rilevata) che il suo amministratore fosse parte necessaria del giudizio, non potendosi accertare l'illiceità del negozio senza consentire l'esercizio del diritto di difesa al soggetto che aveva materialmente concluso il contratto.

ii) La doglianza è stata ritenuta infondata dalla sentenza in commento.

La Suprema Corte ha chiarito che l'amministratore della società ricorrente, ritenuto responsabile del delitto di usura per essersi fatto dare o promettere interessi illeciti e per aver procurato l'acquisto dell'immobile in corrispettivo del prestito usurario, non era parte del negozio di vendita, avendo pacificamente contratto nell'esercizio dei poteri gestori e in nome e per conto della suddetta società, unica parte sostanziale del negozio medesimo.

Osservazioni

i) L'ipotesi del litisconsorzio «necessario» può manifestarsi in due figure, quella del litisconsorzio «sostanziale» e quella del litisconsorzio «processuale».

Tale seconda figura di litisconsorzio, che rileva nelle fasi di gravame, non presenta interesse in questa sede, dal momento che in prima istanza l'amministratore della società ricorrente non era stato evocato in giudizio né vi era intervenuto né era stato chiamato ad intervenirvi.

Ricorre la prima figura di litisconsorzio allorché in ragione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune a una pluralità di soggetti, la decisione non può conseguire il proprio scopo se non è resa nei confronti di tutti tali soggetti, così che questi debbono agire od essere convenuti nello stesso processo (v., ex multis, Cass. civ., sez. lav., 10 marzo 2008, n. 6381; Cass. civ., sez. I, 4 ottobre 2016, n. 19804; Cass. civ., sez. lav., 13 giugno 2018, n. 15521).

Il litisconsorzio necessario sostanziale ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge(art. 247, comma 1, c.c. – Azione di disconoscimento della paternità; art. 2900, comma 2, c.c. – Azione surrogatoria; art. 784 c.p.c. – Azioni di divisione ereditaria o scioglimento di qualsiasi altra comunione), nelle ipotesi in cui si deduca in giudizio un rapporto giuridico plurisoggettivo concettualmente unico ed inscindibile, così che la decisione non possa essere pronunciata che in maniera unitaria nei confronti di tutti i soggetti, attivi o passivi, che ne siano partecipi, e dunque nel contraddittorio fra tutti gli stessi (art. 102, comma 1, c.p.c.), essendo altrimenti inidonea (inutiliter data) a spiegare i propri effetti, cioè a produrre un risultato utile e pratico anche nei riguardi delle sole parti presenti (v., ex multis, Cass. civ., sez. V, 25 giugno 2014, n. 14387; Cass. civ., sez. I, 4 ottobre 2016, n. 19804; Cass. civ., sez. lav., 13 giugno 2018, n. 15521; Cass. civ., sez. V, 27 settembre 2018, n. 23261).

In altri termini, l'istituto del litisconsorzio necessario sostanziale risulta fondato su esigenze funzionali di utilità giuridica della sentenza.

Per stabilire se ricorra una situazione di litisconsorzio necessario, cioè per individuare quando una sentenza sarebbe inutiliter data perché resa in assenza di alcune delle parti in confronto delle quali sarebbe dovuta essere pronunciata, l'accertamento va effettuato sulla base del contenuto (il petitum) della domanda giudiziale proposta, ovvero in base al risultato che l'attore si sia proposto di conseguire in giudizio (Cass. civ., sez. III, 11 novembre 2003, n. 16939; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2012, n. 5139; Cass. civ., sez. un., 13 novembre 2013, n. 25454).

Tutto ciò indipendentemente dalla natura del provvedimento richiesto, non rilevando, di per sé, il fatto che la parte istante abbia proposto domanda di una sentenza costitutiva o di condanna o meramente dichiarativa (Cass. civ., sez. I, 4 ottobre 2016, n. 19804).

ii) Nel caso di specie, come correttamente rilevato dal giudice di legittimità, la partecipazione dell'amministratore della società ricorrente (il quale aveva preso parte al negozio di vendita nell'esercizio dei poteri gestori e in nome e per conto della società medesima) al giudizio risultava essere del tutto irrilevante in quanto, essendo la domanda – di mero accertamento – diretta a privare di effetti fra i litiganti il contratto illecito (per illiceità della causa), la sentenza dichiarativa della nullità doveva ritenersi suscettibile di pratica attuazione fra le parti sostanziali del rapporto.

L'illiceità della causa è stata ritenuta sussistente sul rilievo che il contratto era stato «concepito … come attribuzione di uno specifico vantaggio usurario a titolo di corrispettivo del prestito», concesso con interessi oscillanti tra il 5 ed il 10% mensili e previa consegna di taluni preliminari di vendita immobiliare (incluso quello avente ad oggetto il bene venuto all'attenzione nel giudizio in questione) sottoscritti dalle vittime, essendo irrilevante (e – così corretta dalla Suprema Corte la motivazione della sentenza gravata, conforme a diritto nel dispositivo - non occorrendo, quindi, verificare l'operatività dei meccanismi di imputazione della condotta dell'amministratore ai sensi dell'art.5 del d.lgs. n. 231/2001) che l'operazione fosse stata conclusa dall'amministratore della società acquirente, «poiché la violazione dell'art. 644 c.p. sussiste anche qualora il profitto illecito sia rivolto a vantaggio di un soggetto diverso dall'autore materiale del reato».

iii) La partecipazione di un rappresentante al giudizio deve ritenersi necessaria unicamente nei casi in cui un negozio sia stato stipulato da un soggetto asseritamente privo del potere di rappresentanza. Ed invero, la pronuncia circa l'avvenuto conferimento dei poteri al rappresentante deve avvenire essenzialmente nei confronti di quest'ultimo e, per essere resa opponibile all'altra parte, va resa nei confronti di entrambi i partecipanti al negozio (Cass. civ., sez. III, 15 febbraio 2006, n. 3281, relativa ad un caso di giudizio introdotto con la domanda del terzo proprietario di un bene ipotecato diretta a conseguire la cancellazione dell'ipoteca sul presupposto dell'insussistenza di un valido negozio ipotecario, in quanto stipulato da soggetto privo del potere di rappresentanza).

iv) È principio consolidato che l'eccezione di difetto del contraddittorio per violazione del litisconsorzio necessario può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, a condizione che l'esistenza del litisconsorzio risulti dagli atti e dai documenti del giudizio di merito e la parte che la deduca ottemperi all'onere di indicare nominativamente le persone che devono partecipare al giudizio, di provare la loro esistenza e i presupposti di fatto e di diritto che giustifichino l'integrazione del contraddittorio (Cass. civ., sez. III, 6 marzo 2012, n. 3445; Cass. civ., sez. II, 19 marzo 2013, n. 6822; Cass. civ., sez. II, ord. 28 settembre 2018, n. 23634).

Laddove l'eccezione venga ritenuta fondata, deve essere tenuta distinta l'ipotesi in cui la mancata emissione dell'ordine di integrazione del contraddittorio si sia verificata nella fase di appello da quella in cui la mancata emissione si sia verificata nella sede di primo grado e tale carenza non sia stata rilevata nella fase di appello, con rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354, comma 1, c.p.c.

Nel primo caso, il gravame viene ritenuto ammissibile, ma si determina la nullità dell'intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso e le parti devono essere rimesse innanzi al giudice d'appello per un nuovo esame della controversia previa integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte pretermesso (ex multis, Cass. civ., sez. VI, 4 dicembre 2014, n. 25719; Cass. civ., sez. III, 19 ottobre 2015, n. 21070; Cass. civ., sez. V, ord. 8 novembre 2017, n. 26433; Cass. civ., sez. II, 18 settembre 2019, n. 23324).

Nel secondo caso, è principio consolidato che resti viziato l'intero procedimento e che si impongano, in sede di legittimità, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce emesse ed il rinvio della causa al giudice di primo grado in forza del disposto dell'art. 383, comma 3, c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2017, n. 4917; Cass. civ., sez. VI, ord. 10 aprile 2018, n. 8837). Viene, tuttavia, fatta salva l'ipotesi che l'impugnazione risulti assolutamente infondata, essendo in tal caso l'integrazione del contraddittorio (e dunque la rimessione del giudizio alla prima fase) del tutto ininfluente sull'esito del procedimento, in forza del principio della ragionevole durata del processo (Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2017, n. 4917).

Guida all'approfondimento
  • Costantino G., Litisconsorzio, in Enc. giur., XIX, Roma, 1990;
  • Fabbrini G., Litisconsorzio, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974;
  • Luiso F., Diritto processuale civile, Milano, 2017, I;
  • Mandrioli C., Il processo litisconsortile; struttura e poteri delle parti, I, Milano 1993;
  • Matteini Chiari S., La pluralità delle parti nel giudizio di cognizione, Milano, 2018;
  • Monteleone G., Manuale di diritto processuale civile, Padova 2015, I;
  • Montesano L. - De Santis F. - Arieta G., Corso base di diritto processuale civile, Padova 2016, 242 ss.;
  • Zanuttigh L., Litisconsorzio, in Dig. civ., XI, Torino, 1994.

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