Assenza prolungata e non comunicata: legittimo il licenziamento

Attilio Ievolella
07 Luglio 2020

Confermato il provvedimento con cui un'azienda ha messo alla porta un dipendente, reo di non aver comunicato la ragione della sua mancata presenza al lavoro per un periodo di oltre venti giorni. Respinta la tesi difensiva, secondo cui il lavoratore non ha provveduto alla comunicazione necessaria perché colpito da una patologia mentale.

Confermato il provvedimento con cui un'azienda ha messo alla porta un dipendente, reo di non aver comunicato la ragione della sua mancata presenza al lavoro per un periodo di oltre venti giorni. Respinta la tesi difensiva, secondo cui il lavoratore non ha provveduto alla comunicazione necessaria perché colpito da una patologia mentale.

Addio al proprio posto di lavoro se non viene comunicata ufficialmente all'azienda l'assenza per malattia. Irrilevante la patologia mentale lamentata dal dipendente, ritenuta non sufficiente dai giudici per escluderne la capacità di intendere e di volere.

Linea di pensiero comune per i giudici di merito: nessun ritorno in azienda per il dipendente che in due diversi periodi – per un totale di ventiquattro giorni – ha omesso di comunicare la ragione – presunti motivi di salute – della propria assenza sul lavoro. Riconosciuta in suo favore, però, un'indennità risarcitoria, come prevista dallo ‘Statuto dei lavoratori'.


L'uomo ha spiegato, sia in primo che in secondo grado, che «l'assenza ingiustificata nei due periodi contestati era da ascrivere a un comprovato impedimento, a sua volta dipendente dalla malattia psichica da cui era affetto». I giudici d'Appello hanno ribattuto che egli «non aveva avvertito il datore che l'assenza era dovuta a malattia né prima né durante né dopo le assenze» e hanno osservato, inoltre, che neanche nell'arco temporale compreso tra i due periodi di assenza non giustificata «egli aveva ripreso la prestazione lavorativa».


Per quanto concerne poi la patologia lamentata dall'uomo, i giudici hanno rilevato che «l'obbligo di comunicare l'assenza per malattia viene meno solo in caso di comprovato impedimento, ma tale non poteva considerarsi la mera esistenza della patologia mentale, atteso che essa non esclude momenti di lucidità, sia pure intervallati da momenti di disturbo psichico».

Col ricorso in Cassazione il lavoratore prova a ridimensionare la condotta da lui tenuta, spiegando tramite il proprio difensore che alla luce delle norme contrattuali viene sanzionato «col licenziamento disciplinare il caso dell'assenza ingiustificata e non il caso della mancata comunicazione dell'assenza».


Inoltre, il lavoratore aggiunge che «l'assenza era giustificata, tenuto conto della sussistenza della patologia mentale» che lo ha colpito, come comprovato dalla «diagnosi psichiatrica contenuta nella cartella clinica allegata al fascicolo».


Per i giudici del ‘Palazzaccio', però, non si può ignorare che «la norma sanziona con il licenziamento l'assenza ingiustificata» e «tutela l'affidamento che il datore di lavoro deve poter riporre nella continuità ed effettività della prestazione dell'attività lavorativa a cui si riconnettono obblighi di comunicazione in capo al lavoratore, sanzionati ove rimasti inadempiuti». Ciò significa anche che «non rileva tanto l'effettività della malattia, quanto piuttosto la diligenza nell'esecuzione della prestazione che si concreta», sottolineano i giudici, «anche nella corretta e tempestiva informazione del datore di lavoro della impossibilità» della prestazione stessa. E in questa ottica «non qualunque omessa comunicazione rileva, ma solo quella che si ricollega ad un protrarsi dell'inadempimento per un tempo – quattro giorni – che le parti sociali hanno ritenuto importante».


Di conseguenza, laddove non vi sia, come in questo caso, «dimostrazione di una situazione che abbia impedito al dipendente di comunicare l'assenza», allora l'assenza stessa va considerata «ingiustificata».


Obiettivo della disciplina normativa è «rendere edotto il datore di lavoro nel più breve tempo possibile dell'assenza di un suo dipendente», e «la cadenza degli adempimento è preordinata a consentire all'imprenditore di provvedere con tempestività ad assumere gli interventi organizzativi necessari ad assicurare il buon funzionamento dell'impresa e della produzione».


Tirando le somme, «il protrarsi dell'assenza non assistita dall'adempimento degli obblighi di comunicazione» rappresenta «un inadempimento così grave da giustificare il licenziamento, in quanto trascende il limite di tollerabilità di un'assenza non giustificata», concludono i giudici.

(Fonte: Diritto e Giustizia)

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