I reati connessi all'accesso, alla diffusione e alla falsificazione dei documenti condominiali
04 Settembre 2020
Il quadro normativo
In ordine all'accesso alla documentazione condominiale, premettiamo che, mentre sussiste sul piano civilistico il dovere dell'amministratore di custodire la documentazione inerente la gestione condominiale, e il corrispondente diritto del condominio di accedere, prendere visione e trarre copia di tale documentazione, sotto il profilo penalistico, viceversa, non sussiste alcuna penale che garantisca, in vigenza del mandato, l'accesso ai contenuti della documentazione da parte di ciascun condominio che ne abbia interesse. La tutela penale si configura solo nella fase conclusiva del mandato dell'amministratore, con la cessazione dell'incarico, in caso di prolungata dolosa inerzia da parte di questi. Premesso che il singolo condominio, in costanza di rapporto, non ha alcun diritto - neppure civilistico - ad avere il possesso materiale della documentazione, ma semmai il diritto a prenderne visione e estrarne copia, occorrerà distinguere tra diritto di accesso alla documentazione condominiale quale esercizio del diritto ad una piena informazione sulla gestione condominiale, azionabile civilisticamente, e diritto alla restituzione delle somme ricevute nel corso di tutta la gestione condominiale e di tutta la documentazione posseduta, azionabile anche penalmente ma solo successivamente alla cessazione dell'incarico. Il diritto penale ha un ruolo sussidiario e di completamento rispetto alla tutela civilistica, che invece sancisce un diritto alla piena informazione e all'accesso alle fonti informative di ciascun condomino. Perciò, anche in materia di accesso, diffusione gestione e falsificazione dei documenti condominiali, interviene solo per sanzionare le fasi patologiche del rapporto tra amministratore del condominio e condomini amministrati. Difficilmente può quindi concepirsi una lesione dei diritti del singolo condominio in costanza di mandato per la restituzione della documentazione, in quanto, in costanza di mandato, la tutela penale si attiverebbe solo a seguito di denuncia querela deliberata dall'intera assemblea, posto che parte offesa sono i singoli condomini, e non il condominio né l'amministratore; pertanto, appare improbabile che la querela sia stata deliberata da parte dell'intera assemblea per fatti penali a carico dell'amministratore non revocato. La documentazione condominiale
Al diritto del condomino corrisponde il dovere dell'amministratore di consentirne l'accesso a tutta la documentazione condominiale di cui è in possesso. La documentazione in possesso dell'amministratore, cui ha il diritto di accedere e prendere cognizione il condomino, è innanzitutto quella contabile, relativa cioè ai bilanci (la cui verifica spetta però ai revisori contabili), a fatture di pagamento, Mav, estratti conto, bonifici, rendicontazione bancaria periodica attinente alla gestione condominiale. Sono comprese anche le delibere assembleari nonché tutti i documenti, anche in formato digitale, oggetto di discussione durante le assemblee condominiali. Una particolare menzione richiedono gli eventuali atti giudiziari, qualora il condominio sia parte in causa, come ad esempio in caso di morosità. La nuova formulazione dell'art. 63 disp.att. c.c. obbliga l'amministratore a comunicare le informazioni concernenti i condomini morosi ai creditori, con l'unica condizione che questi ultimi ne facciano richiesta. Possono essere resi noti i nominativi dei condomini non in regola con il pagamento della somma dovuta e delle rispettive quote millesimali. Infine, la documentazione condominiale in possesso dell'amministratore può concernere anche gli impianti di cui è dotato il condominio (ascensore, piscina, antenne, riscaldamento, etc.) e altre informazioni concernenti le condizioni strutturali dell'immobile, posto che l'amministratore è titolare di una posizione di garanzia complessiva che coinvolge responsabilità penali anche in caso di danno a terzi. La tutela penale in caso di falsità: la falsità in scrittura privata (abrogata), la truffa, la violazione delle norme sull'acquisizione del consenso a tutela della privacy
In caso di revoca o cessazione del mandato all'amministratore del condominio, la norma che viene in rilevo è l'appropriazione indebita, la quale, come è noto, si differenzia dal furto, in quanto presuppone il possesso della res (nel caso della documentazione condominiale). In questo caso, trattandosi di possesso inerente allo svolgimento di un rapporto di lavoro e di attività professionale, la fattispecie sarà aggravata, in quanto l'autore gode del possesso della documentazione in ragione del proprio servizio. Premettiamo che la lesione degli interessi dei condomini (cioè di tutti i condomini) alla restituzione della documentazione condominiale si profila solo nel momento conclusivo del rapporto professionale, ovvero in caso di dimissioni, revoca, cessazione del mandato. Ricordiamo infatti che tali eventi producono effetti immediatamente, obbligando l'amministratore solo al compimento degli atti urgenti non prorogabili e al passaggio di consegne al nuovo amministratore. A tal proposito, appare essenziale accertare quando si realizza il reato di appropriazione indebita condominiale: dal momento della interversione del possesso, con la destinazione delle somme condominiali ai bisogni privati dell'amministratore, oppure già al momento del passaggio delle consegne della documentazione e del denaro di cassa con la nomina del nuovo amministratore, a prescindere dal compimento di atti di disposizione? La giurisprudenza della Cassazione ha anche in recenti pronunce optato per questa seconda possibilità evidenziando come - a prescindere dal compimento di precedenti atti di disposizione sul denaro o sulla documentazione posseduta dall'amministratore - il momento consumativo del reato va inequivocabilmente individuato, quale dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione, con la cessazione dell'incarico (Cass. pen.,sez. II, n. 39702/2019). Poiché il delitto di appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà di ritenere la cosa come propria, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto consumato il delitto di appropriazione indebita sulle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti da parte di colui che ne era stato amministratore, alla cessazione della carica, momento in cui, in mancanza della restituzione dell'importo delle somme ricevute nel corso della gestione, senza giustificato motivo, si verifica con certezza l'interversione del possesso (Cass.pen., sez. II, 21 aprile 2017, n. 25444). Allo stesso modo, anche nella giurisprudenza di merito: “L'amministratore di condominio, alla cessazione del proprio incarico, è tenuto a consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi. Tale obbligo discende dalla disposizione normativa di cui all'art. 1713 c.c. in materia di mandato: l'amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Pertanto, a norma dell'art. 1713 c.c., alla scadenza l'amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono” (App. Firenze 5 dicembre 2018, n. 2090). Va evidenziato che, trattandosi di fattispecie dolose, onde escludere che la violazione dell'obbligo di passaggio delle consegne al nuovo amministratore sia avvenuta a titolo di colpa, ovvero in assenza della volontà di trattenere la res, l'esplicita diffida dell'amministratore alla restituzione da parte dell'assemblea condominiale costituisce certamente un importante elemento probatorio indiziante l'interversio possessionis. La tutela penale in caso di offese alla reputazione: la comunicazione dei dati e informazioni con intento diffamatorio
Come già illustrato, ogni condomino (o partecipante alla vita condominiale come il locatore) ha il diritto di accesso ai propri dati detenuti dal Condominio. Dette informazioni, però, non possono essere divulgate a terzi; quindi non è ammissibile l'affissione di questi dati nelle bacheche condominiali (che sono necessariamente esposte anche a soggetti non condomini) ne va evitato l'utilizzo per la diffusione di dati personali, compreso la pubblicazione di verbali condominiali, a meno che non sia necessario per la tutela di propri diritti in giudizio. La legge di riforma del condominio del 2012 infatti obbliga espressamente l'amministratore a comunicare ai creditori non soddisfatti, che ne facciano richiesta, i dati dei condomini morosi. Tuttavia, su bacheche condominiali e siti internet possono essere affissi solo avvisi di carattere generale (anomalie nel funzionamento di impianti, termini per il pagamento di rate, ecc.), non invece comunicazioni relative a singoli condomini e in particolare non possono essere affissi avvisi sulle morosità. Le morosità, invece, possono essere discusse in sede di assemblea, considerando che alla stessa partecipano solo i condomini (a parte casi nei quali terzi devono relazionare per questioni inerenti la gestione del Condominio). In conclusione
In proposito, va evidenziato che il delitto di diffamazione (art. 594 c.p.) si integra anche qualora i contenuti informativi diffuso siano veri, in quanto esordita dall'esercizio del diritto costituzionale alla critica. In particolare, la fattispecie, anche se fondata su dati oggettivi, si concretizza nell'intento lesivo dell'onore e della reputazione, anche implicito, che si manifesta nell'interpretazione oggettiva dei fatti, nell'esasperazione dei toni, preordinata esclusivamente a mettere in cattiva luce il condomino.
Fonte: condominio e locazione |