Il mantenimento dei figli maggiorenni: la Cassazione muta orientamento sul riparto degli oneri probatori?
30 Settembre 2020
Massima
L'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente. Ai fini dell'accoglimento della domanda, pertanto, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica - che è la precondizione del diritto preteso - ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. Il caso
La Corte d'appello, in riforma della decisione del Tribunale di Alfa aveva ridotto l'assegno di mantenimento posto a carico di Tizio ed in favore di Caia per il figlio maggiorenne da euro 300,00 ad euro 200,00 mensili, e revocato con decorrenza dal 1° dicembre 2015 l'assegno medesimo, nonché l'assegnazione della ex casa familiare. La corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che l'obbligo di mantenimento cessa in relazione alla raggiunta capacità di mantenersi, che deve essere presunta oltre i trenta anni, quando una persona normale deve presumersi autosufficiente da ogni punto di vista, anche economico, salvi comprovati deficit. Avverso tale pronuncia Caia proponeva ricorso in Cassazione deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 147, 148, 315-bis, 326-bis, 337-sexies e 337-septies c.c., per avere la corte di merito richiamato la capacità del figlio maggiorenne di mantenersi autonomamente. La questione
La questione esaminata dalla Cassazione afferisce ai limiti dell'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne con particolare riferimento al riparto degli oneri probatori. Le soluzioni giuridiche
La S.C. nella pronuncia in esame muove dalla disamina dell'art. 337-septies c.c. in tema di pagamento dell'assegno di mantenimento al figlio non economicamente indipendente, assumendolo a norma centrale nel regolamento dei rapporti economici tra genitori e figli maggiorenni. I giudici di legittimità, discostandosi dal proprio ostante orientamento, hanno statuito che l'obbligo di mantenimento permane a carico dei genitori sino al momento in cui il figlio raggiunge la maggiore età, subentrando successivamente la diversa disposizione di cui all'art. 337-septies c.c. che non prevede alcun automatismo circa l'attribuzione del diritto al mantenimento, ma rimette la decisione al giudice alla stregua di tutte le "circostanze" del caso concreto. Raggiunta la maggiore età, si presume dunque l'idoneità al reddito, che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore. In particolare, tra le evenienze che comportano il sorgere del diritto al mantenimento in capo al figlio maggiorenne non autosufficiente, si pongono, fra le altre: a) la condizione di una peculiare minorazione o debolezza delle capacità personali, pur non sfociate nei presupposti di una misura tipica di protezione degli incapaci; b) la prosecuzione di studi ultraliceali con diligenza, da cui si desuma l'esistenza di un iter volto alla realizzazione delle proprie aspirazioni ed attitudini, che sia ancora legittimamente in corso di svolgimento, in quanto vi si dimostrino effettivo impegno ed adeguati risultati, mediante la tempestività e l'adeguatezza dei voti conseguiti negli esami del corso intrapreso; c) l'essere trascorso un lasso di tempo ragionevolmente breve dalla conclusione degli studi, svolti dal figlio nell'ambito del ciclo di studi che il soggetto abbia reputato a sè idoneo, lasso in cui questi si sia razionalmente ed attivamente adoperato nella ricerca di un lavoro; d) la mancanza di un qualsiasi lavoro, pur dopo l'effettuazione di tutti i possibili tentativi di ricerca dello stesso, sia o no confacente alla propria specifica preparazione professionale. In conseguenza di tale innovativa impostazione, la S.C. ha ritenuto che l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne è a carico del richiedente. Ai fini dell'accoglimento della domanda, pertanto, è onere del richiedente provare non solo la mancanza di indipendenza economica - che è la precondizione del diritto preteso - ma di avere curato, con ogni possibile, impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. La S.C. ha ritenuto tale conclusione coerente con il principio generale di prossimità o vicinanza della prova, secondo cui la ripartizione dell'onere probatorio deve tenere conto, oltre che della partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio riconducibile all'art. 24 Cost, ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova (cfr. Cass. civ., sez. lav., 16 agosto 2016, n. 17108; Cass. civ., sez. lav., 14 gennaio 2016, n. 486; Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533). L'ordinanza in esame evidenzia che il giudice può fare ampio ricorso ad indici di prova presuntiva. In particolare, l'onere della prova risulterà particolarmente lieve in prossimità della maggiore età, appena compiuta, ed anche per gli immediati anni a seguire, quando il soggetto abbia intrapreso, ad esempio, un serio e non pretestuoso studio universitario: già questo integrando la prova presuntiva del compimento del giusto sforzo per meglio avanzare verso l'ingresso nel mondo del lavoro. Di contro, la prova del diritto all'assegno di mantenimento sarà più gravosa, man mano che l'età del figlio aumenti, sino a configurare il "figlio adulto", in ragione del principio dell'autoresponsabilità, con riguardo alle scelte di vita fino a quel momento operate ed all'impegno profuso, nella ricerca, prima, di una sufficiente qualificazione professionale e, poi, di una collocazione lavorativa. Ciò in quanto, alla luce del principio di autoresponsabilità che permea l'ordinamento giuridico e scandisce i doveri del soggetto maggiore d'età, costui non può ostinarsi e indugiare nell'attesa di reperire il lavoro reputato consono alle sue aspettative, non essendogli consentito di fare abusivo affidamento sul supposto obbligo dei suoi genitori di adattarsi a svolgere qualsiasi attività pur di sostentarlo ad oltranza nella realizzazione (talvolta velleitaria) di desideri ed ambizioni personali. Osservazioni
Il cambio di rotta della Cassazione è stato criticato da una parte della dottrina in riferimento alla lettura dell'art. 337-septies c.c. ed alla conseguente redistribuzione degli oneri probatori. Com'è noto, prima della pronuncia in esame, la giurisprudenza riteneva in maniera del tutto pacifica che l'obbligo di mantenimento gravante sul genitore non viene automaticamente meno con il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, ma cessa solo a seguito del conseguimento dell'autosufficienza economica (intesa anche come raggiungimento di un'età tale da far presumere il conseguimento della capacità di provvedere a sé stessi). Ciò in quanto si riteneva il disposto dell'art. 337-septies c.c. afferente unicamente alla modalità con la quale il dovere di mantenimento deve essere assolto dal genitore non convivente, ovvero con il pagamento di un assegno periodico. In particolare, è stato evidenziato che ipotizzare una automatica estinzione del diritto al mantenimento con la maggiore età salvo che il figlio chieda (e ottenga) il mantenimento, lascerebbe il figlio, proprio in concomitanza con il periodo in cui - secondo la stessa prospettazione dell'ordinanza in commento - opera in suo favore la presunzione di giustificata assenza di indipendenza economica, privo sostegno per periodi più o meno lunghi, secondo i tempi processuali. Risulta del resto arduo qualificare “richiedente” il figlio che nel giudizio di revisione delle condizioni di separazione e divorzio non abbia spiegato neppure un intervento, e ancora di più il figlio divenuto maggiorenne nel corso di un giudizio di separazione o divorzio già pendente, essendo in questi casi normalmente l'assegno richiesto dall'altro genitore convivente in virtù della legittimazione concorrente (cfr. Cass. civ., sez. I, 14 dicembre 2018, n. 32529; Cass. civ., sez. I, 8 settembre 2014, n. 18869). Appare, in effetti, evidente che un simile approccio pone in relazione quel figlio solamente con il genitore onerato monetariamente, nulla dicendo sugli obblighi dell'altro genitore, ovvero quello che era stato indicato come “collocatario” prima del raggiungimento della maggiore età. Sussistono altresì margini di incertezza riguardano il regime successivo alla prima valutazione del giudice, atteso che il diritto al mantenimento è conseguente non solo all'esistere ma anche al persistere delle circostanze che danno titolo ad esso. In effetti, appare maggiormente corretto l'approccio ermeneutico tradizionale con i correttivi apportati negli ultimi anni dalla S.C., ovvero ritenere che l'obbligo di mantenimento del figlio non cessi automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma con il conseguimento della autosufficienza economica intesa come possesso di una idonea capacità di inserirsi nel mondo del lavoro o come costruzione di un proprio nucleo familiare. Con la precisazione che l'onere della prova del fatto estintivo dell'obbligo a carico del genitore, molto forte in caso di figlio che abbia da poco raggiunto la maggiore età, va via via riducendosi con il progredire dell'età del figlio fino al sorgere di una vera e propria presunzione di autosufficienza connessa non solo al raggiungimento dell'età matura (circa 30 anni), ma anche a seguito del decorso di un congruo lasso di tempo dal termine del percorso di studi prescelto, atteso che il conseguimento del titolo di studio finale implica un onere del figlio di attivarsi proficuamente per reperire una occupazione (anche eventualmente non pienamente corrispondente alle proprie aspirazioni) (cfr. Cass. civ., sez. VI, 11 giugno 2020, n.11186; Cass. civ., sez. VI, 22 luglio 2019, n. 19696; Cass. civ., sez. VI, 5 marzo 2018, n. 5088). Riferimenti
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