Considerazioni su sospensione dell'esecuzione e periculum in mora

06 Ottobre 2020

L'interesse processuale della pronuncia risiede nelle considerazioni che il giudice svolge in ordine all'individuazione della “natura” dei gravi motivi in presenza dei quali è possibile sospendere l'esecuzione ai sensi dell'art. 624 c.p.c.
Massima

Il giudice dell'esecuzione ai fini della decisione sull'istanza di sospensione ex art. 624 c.p.c. deve valutare solo l'esistenza del fumus boni juris e non anche del periculum in mora, che è di per sé insito nello svolgimento della procedura esecutiva.

Il caso

Nell'ambito di una procedura esecutiva mobiliare il debitore aveva proposto opposizione all'esecuzione ed il giudice adito aveva inizialmente sospeso, con decreto inaudita altera parte, la procedura.

Con l'ordinanza in commento, resa dopo l'udienza nel contraddittorio tra le parti sulla fase sommaria (e, dunque, per decidere sulla medesima istanza di sospensione), il Tribunale di Milano revoca il predetto provvedimento ritenendo insussistente il fumus boni juris dell'opposizione proposta, trattandosi di un'esecuzione fondata su un titolo giudiziale rispetto alla quale non apparivano fondate le questioni correlate ai fatti sopravvenuti dedotti dall'esecutato.

La questione

L'interesse processuale della pronuncia risiede nelle considerazioni che il giudice svolge in ordine all'individuazione della “natura” dei gravi motivi in presenza dei quali è possibile sospendere l'esecuzione ai sensi dell'art. 624 c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

Nella decisione che si annota il Tribunale di Milano - premesso correttamente che nella prima fase delle opposizioni esecutive il giudice dell'esecuzione è chiamato a pronunciarsi esclusivamente la fondatezza (o meno) dell'istanza di sospensione – effettua invero alcune peculiari affermazioni circa le relative valutazioni demandate allo stesso.

In particolare, sottolinea che i gravi motivi che vanno vagliati dal giudice dell'esecuzione per decidere sulla sospensione della procedura attengono esclusivamente al fumus boni juris, ossia all'apparente fondatezza dei motivi dell'opposizione, dovendosi ritenere che il periculum in mora sussista in re ipsa per il debitore in ragione del pignoramento dei propri beni.

Non trascura il giudice adito di corroborare il proprio convincimento osservando, testualmente, che «tale assunto trova indiretta conferma testuale nell'art. 615, comma 1, c.p.c. che – al pari dell'art. 624 c.p.c. – non subordina la sospensione ivi prevista al riscontro di un pregiudizio irreparabile, diversamente da altre norme dell'ordinamento processuale, quali quelle contenute negli artt. 373 e 700 c.p.c.».

Ne deriva, seguendo questa impostazione interpretativa, che il debitore esecutato, promossa un'opposizione esecutiva, può limitarsi a giustificare una richiesta di inibitoria senza dover neppure dedurre un periculum in mora, che deve invero ritenersi presunto.

Osservazioni

Le considerazioni svolte dalla pronuncia in commento rispetto alla questione processuale di interesse destano serie perplessità sotto diversi profili.

Rispetto alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo ovvero dell'esecuzione, a seconda che l'opposizione ex art. 615 c.p.c. sia promossa prima o dopo l'inizio della procedura esecutiva, la formula “gravi motivi” è di norma comunemente intesa, a differenza di quanto fa la decisione in esame ed analogamente a quanto avviene in casi analoghi (ad esempio, l'art. 649 c.p.c. in tema di sospensione per gravi motivi dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto), nel senso che debbano a tal fine ponderarsi tanto l'apparente fondatezza (nell'ambito di una valutazione sommaria) dei motivi di doglianza del debitore, quanto il pericolo di pregiudizio dallo stesso fatto valere. Una valutazione siffatta comporta, in sostanza, che se il fumus boni juris è particolarmente evidente, il giudice possa accogliere l'istanza di inibitoria anche in presenza di un periculum in mora ridotto e, viceversa, che un imminente ed irreparabile pericolo di pregiudizio possa giustificare la concessione della misura sospensiva richiesta anche se la fondatezza dei motivi di opposizione è dubbia.

Questa tesi, del resto, è stata ormai sancita dalle stesse Sezioni Unite della Corte di cassazione che, nel porre fine al dibattito emerso nella giurisprudenza di merito sulla reclamabilità dei provvedimenti che decidono sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo in sede di opposizione cd. a precetto, hanno riconosciuto che, in forza della valenza cautelare sui generis di tali provvedimenti, le relative decisioni devono essere assunte, sulla scorta di gravi motivi, che si compendiano in una valutazione contestuale del fumus boni juris e del periculum in mora (pur non trasponibile sic et simpliciter nel peculiare microsistema delle opposizioni esecutive nella medesima configurazione che caratterizza gli stessi nella cognizione sommaria cautelare: Cass. civ., Sez. Un., 23 luglio 2019, n. 19889).

Peraltro proprio nella fattispecie concreta posta all'attenzione del Tribunale di Milano il grave pericolo di pregiudizio che avrebbe subito il debitore dall'esecuzione poteva ritenersi particolarmente dubbio, trattandosi di una procedura esecutiva avente ad oggetto un bene mobile, sicché, anche prescindendo da altre considerazioni, sarebbe arduo ipotizzare la concessione nell'espropriazione mobiliare di un provvedimento inibitorio della procedura che assuma l'esistenza di un pericolo correlato ex se alla stessa.

Particolarmente singolare appare, inoltre, l'argomentazione, utilizzata dalla decisione in esame, per la quale ai fini della decisione sulla richiesta di inibitoria dell'efficacia esecutiva del titolo ovvero dell'esecuzione non si dovrebbe considerare il periculum in mora come sarebbe attestato dal mancato riferimento ad un pregiudizio irreparabile da parte, rispettivamente, degli artt. 615, comma 1, e 624 c.p.c., confrontati con norme che, invece, ad un pregiudizio di tal fatta si riferiscono, quali gli artt. 373 e 700 c.p.c.

Questa considerazione sottende una confusione di fondo tra il concetto generico di periculum in mora, sotteso a tutti i provvedimenti aventi una funzione cautelare, e da intendersi come pericolo di tardività o fruttuosità della tutela che può essere conseguita soltanto al termine del giudizio di merito, e quello di pericolo di pregiudizio irreparabile che giustifica ad esempio l'eccezionale concessione di misure cautelari innominate come quelle d'urgenza ex art. 700 c.p.c. e che si caratterizza per l'impossibilità di essere ristorato ex post mediante il risarcimento del danno, sì da non poter di norma essere riferito ai diritti di credito ad una prestazione pecuniaria.

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