Sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo

Michele Nardelli
03 Settembre 2021

Con la riforma del 2005 ora il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia esecutiva del titolo e, a seguito dell'art. 13, comma 1, lett. dd), d.l. 83/2015 (convertito, con modificazioni, dalla l. 132/2015), anche con la previsione per la quale se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione esclusivamente in relazione alla parte contestata.
Inquadramento

La sicura possibilità di pervenire a sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, a seguito della notifica del precetto, è conquista relativamente recente, ma ormai consolidata.

Prima delle modifiche del 2006, l'art. 624 c.p.c. prevedeva la possibilità di sospensione solo se l'opposizione all'esecuzione fosse stata proposta a norma degli artt. 615, comma 2 e 619 c.p.c., con ciò mancando in questa disposizione il riferimento all'art. 615, comma 1, c.p.c. E d'altra parte anche quest'ultima norma nulla disponeva in relazione alla possibilità di pervenire a sospensione dell'efficacia esecutiva del precetto, dal momento che essa prevedeva che quando si fosse contestato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, e questa non fosse ancora iniziata, si potesse proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'art. 27 c.p.c., senza però alcun riferimento alla possibilità di sospensione.

La giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 2 maggio 1975 n. 1691) aveva quindi sostenuto che a norma dell'art. 623 c.p.c., il potere discrezionale ed esclusivo di sospendere l'esecuzione fosse demandato al giudice dell'esecuzione, salvi i casi in cui la sospensione fosse stata prevista dalla legge (sospensione necessaria, prevista tassativamente da specifiche disposizioni) o dal giudice davanti al quale fosse stato impugnato il titolo esecutivo, chiarendo però che quest'ultima ipotesi non riguardasse qualsiasi giudizio in cui si fosse posto in discussione il titolo esecutivo (quale, nella specie, quello di opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c.), ma solo quello in cui fosse stata impugnata la sentenza avente efficacia esecutiva.

Certo non erano mancate prese di posizione in dottrina, favorevoli alla sospensione anche da parte del giudice dell'opposizione, sul presupposto per il quale sembrassero poco convincenti le conclusioni di chi lasciava «sguarnita della tutela derivante dalla sospensione la fase successiva alla notificazione del precetto ma anteriore al pignoramento» (Luiso, il quale aveva evidenziato come la soluzione negativa non avrebbe tutelato con la sospensione neppure l'esecutato che si fosse presentato con la quietanza di pagamento della somma precettata, o con il provvedimento di revoca dell'esecutività del titolo), anche ipotizzando possibili profili di illegittimità costituzionale della tesi contraria (Costantino), dovendosi in fin dei conti e pur sempre valutare se un pignoramento eventualmente illegittimo potesse cagionare al debitore esecutato un danno maggiore, di quanto la sospensione in ipotesi illegittima potesse cagionare al creditore procedente (ma vi erano comunque posizioni dottrinarie di segno contrario).

Ma l'interpretazione sfavorevole era stata avallata dalla Corte cost., 19 marzo 1996, n. 81, che aveva ritenuto inammissibile, con riferimento all'art. 24 Cost., la questione di costituzionalità degli artt. 615, 623 e 624 c.p.c., nella parte in cui, secondo l'interpretazione consolidata ed assumibile come diritto vivente, questi ultimi non riconoscevano al giudice dell'opposizione a precetto - inteso, quest'ultimo, quale atto preliminare all'esecuzione, come tale estraneo al processo esecutivo - il potere di sospendere l'esecuzione forzata, o meglio l'esecutività del titolo, nell'arco di tempo che andava dal precetto all'inizio della vera e propria esecuzione, poiché la questione, presupponendo un'eventuale reductio ad legitimitatem a carattere non obbligato, e quindi postulando una scelta fra più posizioni possibili, doveva ritenersi riservata in via esclusiva alla discrezionalità del legislatore.

La via che da ultimo si era comunque aperta, in vista della tutela dell'esecutato, nella fase successiva al precetto, ma antecedente al pignoramento, era allora stata quella (Cass. civ., sez. I, 8 febbraio 2000, n. 1372) della tutela cautelare atipica, apprestata dall'art. 700 c.p.c., pur nell'affermazione per la quale avendo inizio l'esecuzione forzata con il pignoramento - avendo il precetto la sola funzione di preannunciare il soddisfacimento coatto della pretesa azionata - un provvedimento di sospensione dell'esecuzione (richiesto e) pronunciato prima del pignoramento stesso (emesso in sede di opposizione a precetto) avrebbe dovuto essere considerato tamquam non esset, essendo del tutto inidoneo ad esplicare effetti nel procedimento in corso ovvero in procedimenti futuri (ma come detto, rilevando che comunque fosse rimedio legittimamente esperibile, da parte del soggetto destinatario del precetto, e in difetto di strumenti processuali tipici -attesa la impraticabilità dell'opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 2, c.p.c., che rende possibile la domanda di sospensione ex art. 624 c.p.c.-, quello della richiesta di inibitoria a procedere al pignoramento, ex art. 700 c.p.c.).

L'attuale formulazione normativa

Con la riforma del 2005 la situazione si è risolta, nel senso della previsione espressa per la quale ora il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia esecutiva del titolo, e a seguito dell'

art. 13, comma 1, lett. dd), d.l. 83/2015

(convertito, con modificazioni dalla

l. 132/2015

), anche con la previsione per la quale se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata.

La prima conseguenza di questa formulazione normativa risiede nell'inapplicabilità della tutela cautelare atipica, dal momento che in presenza di una previsione espressa, non può più esservi spazio per il ricorso all'

art. 700 c.p.c.

, notoriamente caratterizzato per la sua residualità.

Natura cautelare della sospensione

La norma attualmente vigente ha natura certamente cautelare, pur se in senso lato (a quest'ultimo proposito, mette conto evidenziare che Cass. civ., sez. un., n. 19889/2019 ha spiegato, in motivazione - punto 26 -, che «Alla conclusione della reclamabilità si perviene, comunque, in base ad un'interpretazione complessiva e sistematica dell'istituto della sospensione pre-esecutiva, ad iniziare dalla negazione della sua assimilabilità alle inibitorie interpretate o definite come non impugnabili, per ricostruire la sua funzione quale cautelare in senso proprio, benché connotato dalla peculiarità dell'azione di cognizione cui accede e, quindi, sui generis», con ciò dovendosi ritenere che sia la struttura complessiva del procedimento, e in particolare del giudizio di merito, come subito si dirà, a legittimare la qualificazione della sospensione come cautelare solo in senso lato).

Al fine di giustificare tale conclusione, appare dirimente riflettere su quale sia la funzione della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, o in altre parole appare necessario comprendere a che cosa essa sia strumentale.

In prima battuta, è innegabile che la sospensione prevista dall'art. 615, comma 1, c.p.c. serva ad impedire che un'esecuzione cominci (le Sezioni Unite, cit., hanno specificato - punto 39 - che «L'opposizione pre-esecutiva investe il diritto ad agire in via esecutiva, sicché il suo esito vittorioso per l'opponente non potrebbe essere che il riconoscimento dell'inesistenza di quello stesso diritto e quindi dell'illegittimità della minaccia in sé dell'esecuzione, come operata con il precetto, ma pure dell'esecuzione ove poi in concreto intrapresa»). Come è ovvio, trattandosi di sospensione, essa risponde però all'esigenza di «bloccare» le attività del creditore procedente, quindi non ha valore definitivo, ma solo temporaneo, al fine di impedire che l'esecuzione cominci, almeno fin quando non intervenga una decisione di merito, che si pronunci sulla fondatezza o non della domanda finalizzata a paralizzare l'esecuzione (e quindi basata sui profili ritualmente proponibili in sede di opposizione a precetto, e non sui profili, quando venga all'attenzione un titolo giudiziale, suscettibili di essere proposti solo in sede di cognizione).

Ne deriva la sicura natura cautelare del provvedimento di sospensione (sia pure, come detto, sui generis).

Tale natura, allorquando si tratti di individuare i presupposti per la valutazione della sospensione, implica che i «gravi motivi» ai quali il giudice deve ancorare la propria decisione siano da ravvisare nei consueti presupposti della ragionevole fondatezza dell'opposizione, e del pericolo di pregiudizio nel ritardo. A quest'ultimo fine, è opportuno chiarire che il fumus boni iuris «si identifica con la plausibile fondatezza dell'opposizione e purché non si palesi l'inammissibilità della stessa contestazione del titolo», laddove il pericolo di pregiudizio nel ritardo va inteso in relazione proprio alla peculiarità della struttura del procedimento di merito, e in particolare «va assunto in un'accezione affatto peculiare, cioè di rischio di un pregiudizio per il debitore che ecceda quello normalmente indotto dall'esecuzione, di per sé integrante un'invasione della sfera giuridica dell'esecutato, ma operata secundum legem, in quanto indispensabile alla funzionalità dell'intero ordinamento giuridico, che esige che i propri comandi (nel caso di specie, contenuti nel titolo) siano rispettati» (come chiarito ancora dalle sezioni unite, cit. - punto 44 -). In altre parole, ai fini della verifica inerente alla sussistenza del periculum in mora sarà necessario accertare se il rischio di pregiudizio per il debitore, insito nell'esecuzione, ecceda, nel singolo e specifico caso, quello normalmente e ordinariamente sussistente e tollerato dall'ordinamento.

La sospensione impedirà qualunque utilizzazione del titolo, anche rispetto ad esecuzioni diverse da quella annunciata dal precetto opposto (vale a dire mediante la notifica di un precetto diverso). Ovviamente, resta fermo che la sospensione riguarderà i soli profili specificamente dedotti nell'opposizione, «con anche solo implicita salvezza, da un lato, dell'azionabilità sotto qualunque altro profilo e, dall'altro, della reiterabilità del precetto che elimini le ragioni di illegittimità eventualmente già delibate, ove possibile e finanche se riferite al titolo esecutivo su cui il precetto stesso si fonda» (così ancora le sezioni unite, cit., punto 46). Sul punto specifico, è peraltro opportuno richiamare la dottrina (CAPPONI), che in senso critico ha evidenziato come proprio la notazione per la quale l'accoglimento della istanza di sospensione produce l'effetto di sospendere l'efficacia del titolo esecutivo, appaia in contrasto con la ritenuta strumentalità del provvedimento rispetto al solo diritto di agire in via esecutiva.

La reclamabilità

La natura cautelare che deve essere riconosciuta al provvedimento che decide sull'istanza di sospensione, impone di ritenere che certamente esso sia suscettibile di reclamo, anche se in senso contrario (prima della riforma, per la tesi per la quale la sospensione ex art. 624 c.p.c. potesse essere soggetta all'opposizione agli atti esecutivi Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2003 n. 10124; Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 2005 n. 19487), e sulla base della circostanza per la quale l'art. 624 c.p.c. contiene il riferimento al solo provvedimento di sospensione emesso dal giudice dell'esecuzione, si è sostenuto che in realtà la sospensione preventiva non sia utilmente reclamabile (si è espresso in senso contrario Trib. Venezia, 31 ottobre 2006, in Giur. merito 2008, 9, 2233, secondo cui «è inammissibile il reclamo sulla decisione che concede o nega la sospensione della efficacia esecutiva del titolo, dal momento che l'assenza di indicazioni legislative sul punto, a fronte della espressa previsione della reclamabilità della decisione con la quale il giudice dell'esecuzione decide sull'istanza di sospensione dell'esecuzione, impone di valorizzare il canone interpretativo «ubi lex voluit, dixit» »). La conclusione della reclamabilità è comunque stata avallata dalle Sezioni Unite, cit., che hanno stabilito che «Il provvedimento con il quale il giudice dell'opposizione all'esecuzione, proposta prima che questa sia iniziata ed ai sensi del primo comma dell'art. 615 c.p.c., decide sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo è impugnabile col rimedio del reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. al Collegio del tribunale cui appartiene il giudice monocratico - o nel cui circondario ha sede il giudice di pace - che ha emesso il provvedimento. (Principio enunciato ai sensi dell'art. 363, comma 1, c.p.c.)». Nel periodo successivo alla decisione appena richiamata, e proprio in virtù della stessa, Tribunale Savona, 27 settembre 2019, in banca dati DeJure, ha ritenuto che «Il provvedimento con il quale il giudice dell'opposizione all'esecuzione, proposta prima che questa sia iniziata ed ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., decide sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo è impugnabile col rimedio del reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c., al Collegio del tribunale cui appartiene il giudice monocratico - o nel cui circondario ha sede il giudice di pace - che ha emesso il provvedimento.

La procedura da adottare è quella generale prevista dall'art. 669-terdecies c.p.c.».

Mette conto evidenziare che la Corte Costituzionale ha di recente affrontato la tematica della reclamabilità nella sentenza n. 189/2018, sia pure in relazione alla questione di illegittimità costituzionale della specifica disposizione di cui all'art. 5, comma 1, del d.lgs. 150/2011, «come richiamato dal successivo art. 32, nella parte in cui non consente la proposizione del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. avverso l'ordinanza che decide sulla sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ingiunzione amministrativa prevista dall'art. 2 del r.d. 639/1910, per contrasto con gli artt. 76 e 3 della Costituzione» (ed altresì «come richiamato dal successivo art. 6, nella parte in cui non consente la proposizione del reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. avverso l'ordinanza che decide sulla sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza-ingiunzione emessa ai sensi della l. 689/81, per contrasto con gli artt. 76 e 3 della Costituzione»). In quest'ultima circostanza la Corte - con argomentazione in astratto riferibile al tema della non necessaria reclamabilità dei provvedimenti in generale aventi natura cautelare - ha rilevato che nella specie la scelta del legislatore perseguiva l'obiettivo di «uniformare il regime della cautela, interna alla fase di cognizione, al modello processuale che ne esclude l'impugnabilità autonoma e anticipata, riservando al giudice della cognizione la decisione definitiva sulla cautela unitamente al merito, anche a fini di contenimento della durata dei procedimenti oggetto del delegato riordino». E ha anche rilevato come, in relazione a tali procedimenti, non sia «irragionevole la scelta del legislatore delegato del 2011 di sottrarli alla regola di reclamabilità dei provvedimenti di concessa o denegata sospensione di cui all'art. 669-terdecies c.p.c., per accentuarne la celerità ai fini della loro definizione nel merito e per concentrare l'esame di tutti i correlati profili di opposizione in capo ad un unico giudice». La Corte ha poi evidenziato la «natura solo latamente cautelare delle ordinanze che decidono sulla sospensione o meno dell'efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati nelle controversie oggetto del riordino in questione» (e ha richiamato la struttura delle stesse, analoga «a quelle interne al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, nell'ambito del quale del pari non impugnabili sono sia l'ordinanza del giudice della opposizione che decide sull'istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto (art. 648 cod. proc. civ.), sia l'ordinanza che decide (a contrario) sulla richiesta di sospensione dell'esecuzione provvisoria già concessa inaudita altera parte (art. 649 c.p.c.)».

La competenza

La formulazione dell'art. 615, comma 1, c.p.c., che stabilisce un legame tra la proposizione dell'opposizione al precetto, con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'art. 27 c.p.c., ed il provvedimento con il quale il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l'efficacia esecutiva del titolo, porta a ritenere che delle norme previste per il procedimento cautelare non trovi applicazione, nella specie, quella di cui all'art. 669-quater c.p.c., con la conseguenza che quando per il merito sia competente il Giudice di Pace, la relativa decisione sulla sospensione debba essere assunta da questi, e non dal Tribunale. Deve anche ritenersi che neppure sia possibile proporre un'istanza di sospensione, prima dell'instaurazione del giudizio di merito.

Vi è contrasto nell'individuazione della competenza del giudice dell'opposizione preventiva, in ordine alla sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, quando nel frattempo sia stata avviata l'esecuzione. La giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2006 n. 5368) ha sostenuto che l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo sia proponibile solo con l'atto di opposizione a precetto o comunque prima dell'inizio dell'esecuzione, dopo il cui inizio i provvedimenti di sospensione su di essa incidenti debbono essere invece richiesti al giudice dell'esecuzione. Ma si è sostenuta in dottrina la tesi contraria, sul presupposto per il quale l'estensione del provvedimento di sospensione, che investe ogni possibile esecuzione basata sul titolo, e non solo quella specifica esecuzione, imponga di non ritenere consumata la competenza del giudice dell'opposizione, neppure a seguito dell'avvio della esecuzione (in giurisprudenza Trib. Roma, 16 dicembre 2008, in Giur. merito 2009, 5, 1277). Di recente, la Cassazione, con la sentenza n. 26285/2019 (Rv. 655494 - 02) ha stabilito che «Il giudice adito con opposizione a precetto non perde il potere di provvedere sulla istanza di sospensione dell'efficacia del titolo proposta ai sensi dell'art. 615, primo comma, c.p.c. (come modificato dal d.l. 35/2005, conv. nella l. 80/2005) ove sia intrapresa l'esecuzione forzata minacciata con il precetto opposto; in tal caso, il provvedimento sospensivo pronunciato dal giudice dell'opposizione a precetto determina la sospensione ex art. 623 c.p.c. di tutte le procedure esecutive nel frattempo promosse. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.)». E ha altresì aggiunto che «Il pignoramento eseguito dopo che il giudice adito con opposizione a precetto abbia disposto la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo ai sensi dell'art. 615, primo comma, c.p.c., è affetto da nullità, rilevabile - anche di ufficio - dal giudice dell'esecuzione. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.)», nonché ha rilevato che «La proposizione al giudice dell'opposizione a precetto di un'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo ai sensi dell'art. 615, primo comma, c.p.c., preclude all'opponente - per consumazione del potere processuale - di richiedere al giudice dell'esecuzione, per le medesime ragioni, la sospensione della procedura esecutiva ex art. 624 c.p.c., ancorché il giudice dell'opposizione a precetto non si sia ancora pronunciato. (Principio enunciato nell'interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.)».

Riferimenti
  • Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957;
  • Capponi, Manuale di diritto dell'esecuzione civile, Torino, 2010;
  • Capponi, Per le Sezioni Unite la sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, pronunciata dal giudice dell'opposizione a precetto, è reclamabile …perché così pensano le Sezioni Unite, in judicium.it;
  • Carnelutti, Istituzioni del processo civile italiano, I, Roma, 1956;
  • Conte, Sezioni unite e reclamabilità dell'ordinanza ex art. 615, 1º comma, c.p.c., in Giur. It., 2019, 11, 2411;
  • Costantino, Le espropriazioni forzate speciali, Milano, 1984;
  • DeMarchi, Il nuovo rito civile, III, Le esecuzioni, Milano, 2006; SOLDI, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova, 2016;
  • Farina, La natura cautelare “sui generis” del provvedimento che concede o nega la sospensione dell'efficacia del titolo esecutivo giustifica il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c., in judicium.it;
  • Felloni, Reclamabilità della decisione sulla sospensiva in sede di opposizione a precetto, in Giur. It., 2019, 11, 2416;
  • Furno, La sospensione del processo esecutivo, Milano, 1956;
  • Longo, Le sezioni unite sul regime della sospensione della "efficacia esecutiva del titolo" disposta dal giudice dell'opposizione a precetto, in Foro It., 2020, 5, I, 1736;
  • Luiso, voce Sospensione del processo civile di esecuzione forzata [XLIII], in Enciclopedia del Diritto, Milano, 1990;
  • Nardelli, Del precetto, della sospensione e del reclamo, in Giur. merito, 9, 2008, 2237;
  • Oriani, Titolo esecutivo, opposizioni, sospensione dell'esecuzione, in Foro it., 2005, V, 109;
  • Oriani, L'imparzialità del giudice e l'opposizione agli atti esecutivi, in Riv. esec. forz., 2001, 16;
  • Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1996;
  • Vittoria, L'inibitoria del titolo esecutivo e la sospensione dell'esecuzione ex art. 624 c.p.c., in Riv. esec. forz., 2010, 393.
Sommario