La carenza di interesse dell'impugnazione per la mancanza dei requisiti di liquidità ed esigibilità del credito

Sara Caprio
03 Novembre 2020

La mancanza, all'epoca della proposizione della domanda monitoria, dei requisiti di liquidità ed esigibilità del credito vantato, richiesti dall'art. 633 c.p.c. e ss. per l'emanazione del decreto ingiuntivo, che risulti essere stata colmata durante il giudizio di opposizione non è idonea a costituire un solido e perdurante interesse ad impugnare.
Massima

La dedotta violazione delle norme di disciplina del ricorso per decreto ingiuntivo, ex art. 633 c.p.c. e ss., quanto ai caratteri di liquidità ed esigibilità che il credito in siffatte forme azionato è destinato in via preventiva a rivestire perché la parte possa avere accesso al rimedio monitorio, non definisce un interesse solido e perdurante, diretto a sostenere la proposizione dell'impugnazione avverso il titolo ingiuntivo e tanto in ragione dell'oggetto del giudizio a cognizione piena, qual è quello di opposizione al titolo.

Il caso

La decisione in esame trae origine dalla seguente vicenda: il Tribunale rigettava l'opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di somme di denaro. Avverso la sentenza l'opponente proponeva appello. Anche l'appello veniva rigettato: in particolare, la Corte evidenziava che l'appellante non aveva mai contestato la sussistenza del credito, ma soltanto la sua liquidità ed esigibilità e, quindi, l'accesso al rimedio monitorio al momento della proposizione del ricorso. L'opponente odierno appellante non aveva chiesto, infatti, l'accertamento negativo del credito, ma la revoca del decreto perché emesso in difetto dei requisiti di legge. Tuttavia, alla data di emissione del decreto il credito doveva ritenersi già liquido ed esigibile.

Avverso la sentenza di appello veniva proposto ricorso per cassazione. Il ricorrente ribadiva che il decreto ingiuntivo, ignorando l'intero procedimento, avrebbe portato somme non liquide ed esigibili. La determinazione del credito e la sua esigibilità era condizionata dall'assegnazione del budget intervenuta solo con le note del 20.12.2007 e del 30.5.2008 rispettivamente di fissazione del budget provvisorio e definitivo.

Il giudice di appello, omettendo di verificare la fondatezza della pretesa creditoria attraverso l'esame della documentazione prodotta relativa all'iter di negoziazione-assegnazione del budget, avrebbe fondato il proprio accertamento su di un "calcolo temporale presunto" per un "infondato excursus fattuale e giuridico".

La questione

Ci si chiede se la proposizione del ricorso per cassazione per far valere la mancanza, all'epoca della proposizione della domanda monitoria, dei requisiti di liquidità ed esigibilità del credito vantato, richiesti dall'art. 633 c.p.c. e ss. per l'emanazione del decreto ingiuntivo, colmata nel corso del giudizio di opposizione, sia o meno sorretta da un interesse solido e perdurante.

Le soluzioni giuridiche

La Prima sezione della Cassazione, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso ritenendolo inammissibile per carenza di interesse, considerato che l'originario opponente si era limitato a contestare la sussistenza dei caratteri della liquidità ed esigibilità del credito all'epoca della proposizione della domanda monitoria.Nel caso di specie, infatti, i caratteri della liquidità ed esigibilità del credito mancanti all'epoca della proposizione della domanda monitoria sono stati acquisiti dal credito nel corso del giudizio di merito di primo grado.

La dedotta violazione delle norme che disciplinano il ricorso per decreto ingiuntivo, ex art. 633 c.p.c. e ss., quanto ai caratteri di liquidità ed esigibilità che il credito in siffatte forme azionato è destinato in via preventiva a rivestire perché la parte possa avere accesso al rimedio monitorio, non definisce un interesse solido e perdurante, diretto a sostenere la proposizione dell'impugnazione avverso il titolo ingiuntivo e tanto in ragione dell'oggetto del giudizio a cognizione piena, qual è quello di opposizione al titolo.

Osservazioni

Si osserva che la sentenza in esame conferma il costante orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale l'opposizione al decreto ingiuntivo non è un'impugnazione del decreto volta a farne valere i vizi, ovvero originarie ragioni di invalidità. Essa, infatti, non consiste in un mero accertamento della validità del decreto ingiuntivo, ma dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione di merito, teso all'accertamento dell'esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso ex artt. 633 ss. c.p.c., per cui la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda dell'attore (il creditore istante), rigettando conseguentemente l'opposizione, quante volte riscontri che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 7 luglio 1993, n. 7448).

Appare evidente che l'opponente è privo di un adeguato interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l'opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità del decreto ingiuntivo, quando tale condizione, in realtà, sia maturata immediatamente dopo, e comunque ben prima della definizione del giudizio di opposizione (cfr. Cass. civ.,22 aprile 2003, n. 6421).

L'accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione deve essere compiuto dal giudice dell'opposizione con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza e non a quello dell'emissione del provvedimento opposto. Qualora il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio il giudice dell'opposizione non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto, ma ha il potere-dovere di pronunciarsi sulla pretesa fatta valere, ovvero di decidere la causa nel merito. Ne deriva che nel caso in cui l'opponente risulti vittorioso in ordine alla dedotta illegittimità del ricorso della procedura monitoria, ma resti soccombente nel merito, potrà comunque essere condannato alle spese del giudizio, fatte salve quelle della fase sommaria (cfr. Cass. civ., 10 settembre 2009, n. 19560).

Se l'opponente si limita a far valere vizi formali del decreto l'opposizione non è in grado di raggiungere alcun risultato utile, nemmeno ai fini delle spese della fase monitoria, in quanto deve necessariamente essere proposta la questione sostanziale della fondatezza della domanda. Sebbene il giudice dell'opposizione abbia il potere di accertare se il decreto ingiuntivo sia stato emesso nella ricorrenza delle condizioni volute dalla legge, la ritenuta illegittimità del medesimo non preclude, tuttavia, l'esame del merito della controversia. Il giudice deve verificare se la domanda introdotta con il ricorso sia fondata o meno, respingendo od accogliendo l'opposizione sulla base degli elementi acquisiti nel corso del giudizio (cfr. Cass. civ., 17 novembre 1994, n. 9708).

La legittimità del decreto incide, pertanto, solo sulle spese della fase monitoria, che nel caso di specie non può essere valutata per difetto di allegazione. Il ricorrente, infatti, ha omesso di allegare quale sia stato l'importo delle spese liquidato nella fase monitoria, precludendo in tal modo alla Corte di cassazione l'esercizio del sindacato di legittimità e nel merito ogni scomputo di quegli importi dal complessivo liquidato ammontare delle spese di lite per le varie fasi di merito.

Per quanto concerne, poi, il requisito della esigibilità del credito al momento della richiesta monitoria va precisato che sia la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel sostenere che il credito deve essere esigibile o quantomeno divenirlo allo scadere del termine per l'opposizione, per cui se diventa esigibile solo nel corso del giudizio di opposizione il decreto ingiuntivo deve essere revocato, con i conseguenti riflessi in tema di interessi e di spese, ma il debitore ingiunto deve comunque essere condannato al pagamento del credito. Del pari, anche l'ipoteca iscritta in forza del decreto ingiuntivo revocato per originaria inesigibilità del credito va cancellata (cfr. Cass. civ., 21 marzo 1997, n. 2552).

Si concorda, pertanto, con quanto recentemente ribadito dalla Suprema Corte: l'interesse all'azione, fermo quello all'accertamento dei caratteri della esigibilità e liquidità del credito, non può valere a sostenere il ricorso per cassazione che come tale va dichiarato inammissibile e nessun rilievo a sostegno del proposto mezzo riesce ad avere la denunciata violazione della normativa regolamentare di disciplina del budget, da riconoscersi alle strutture sanitarie accreditate presso il S.S.R., se ed in quanto risulti veicolata attraverso la contestazione di quei caratteri.

Riferimenti
  • Conte, Procedimento d'ingiunzione, in Commentario del c.p.c., a cura di Chiarloni, Bologna, 2012;
  • Garbagnati, Il procedimento d'ingiunzione, Milano, 2012;
  • Mandrioli, Diritto processuale civile, Torino, 2019;
  • Ronco, Processo per decreto ingiuntivo e termine di adempimento della prestazione (tra condanna ex ante e validazione ex post), in Giur. it., 1998.