Decreto Ristori bis: l'appello cartolare (temporaneo?) e l'allungamento della prescrizione e dei termini di custodia cautelare nel periodo di emergenzaFonte: DL 9 novembre 2020 n. 149
11 Novembre 2020
Il cd. Ristori bis, d.l. 9 novembre 2020 n. 149 appena pubblicato sulla G.U., interviene (nuovamente) sul processo penale. Mentre i difensori sono occupati, in queste ore, a comprendere come e dove poter depositare gli atti, i documenti e le istanze a mezzo PEC in conformità a quanto indicato dalla DGSIA, dando, avvio in maniera accelerata al cd. processo telematico (auspicato), il legislatore, dopo essersi occupato, non senza critiche, del giudizio di primo grado, ha rivolto la sua attenzione agli effetti derivanti dall'emergenza sanitaria sul giudizio d'appello e alla procedura cautelare.
Le nuove misure hanno lo scopo di «diminuire gli accessi fisici negli uffici giudiziari e nelle relative cancellerie e di consentire lo svolgimento dell'attività giurisdizionale nel grado di appello, notoriamente il più critico per l'accumulo di arretrato». Il testo stabilisce che fino alla fine dell'emergenza (allo stato fino al 31 gennaio 2021), fuori dai casi di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze – di qualunque tipo - di primo grado si procederà in camera di consiglio «senza l'intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l'imputato manifesti la volontà di comparire». In quel caso, almeno entro dieci giorni prima dell'udienza il P.M. dovrà, trasmettere le proprie conclusioni alla cancelleria della Corte d'Appello per via telematica o attraverso sistemi «che saranno resi disponibili ed individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati». Dopo la ricezione, la cancelleria invia l'atto ai difensori delle altre parti che almeno cinque giorni prima dell'udienza potranno presentare le conclusioni con atto scritto, sempre per via telematica. Diversamente, la richiesta di discussione orale va formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro 25 «giorni liberi» prima dell'udienza. Il termine solleva, invero, alcuni problemi di compatibilità con il termine, che è di 20 giorni, previsto per la notifica della citazione in appello. Il termine di 25 giorni è previsto anche per la formulazione delle richieste dell'imputato di partecipare all'udienza. Nulla viene detto, tuttavia, quanto alla parte civile. Il nuovo testo non trova applicazione per le udienze fissate entro 15 giorni dall'entrata in vigore del decreto, mentre per quelle fissate dal sedicesimo al trentesimo giorno, la richiesta di discussione orale o di partecipazione dell'imputato all'udienza potrà essere formulata «entro il termine perentorio di cinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto», vale a dire da oggi.
Le Corti di merito, dunque, nel periodo dell'emergenza Covid, sono chiamate a lavorare in camera di consiglio senza l'intervento di P.M. e difensori, salve eccezioni. Al riguardo si constatano termini eccessivamente brevi, se non, come indicato, addirittura incompatibili. In ogni caso, il dato significativo è rappresentato dal fatto che – in linea con gli auspici di una parte della magistratura - le misure introducono la “cartolarizzazione” dell'udienza, in piena sintonia – peraltro - con quanto si sta sperimentando, da tempo, in Cassazione. Effettivamente, attraverso la richiesta «è comunque salvaguardato il diritto delle parti», benché non sia del tutto chiaro se tali richieste possano venir formulate anche con l'atto d'appello o le conseguenze a cui potrebbe dar luogo una richiesta di svolgimento dell'udienza in presenza a cui non segua poi la partecipazione del richiedente (difensore e/o imputato) mentre il rischio che si corre con la nuova disciplina è, in verità, che, com'è spesso accaduto, i regimi eccezionali divengano - terminata la causa che la rende straordinaria- una disciplina ordinaria. Ma il vero vulnus della nuova disciplina non appare tanto la violazione dell'immediatezza o dell'oralità posto che è mantenuta salda l'udienza in presenza in caso di rinnovazione istruttoria, qui intesa nell' ampia portata dell'intero art. 603 c.p.p., quanto piuttosto il fatto che essa accentua il carattere monocratico della decisione. Si è ben detto che in tal modo i giudici non condivideranno più gli atti e il luogo della deliberazione né sarà possibile conoscere se tutti i giudici avevano a disposizione al momento della decisione non solo gli atti del procedimento ma, ad esempio, i materiali di ricerca o di riferimento predisposti dal giudice relatore. Ora, anche se i consiglieri di Cassazione si sono espressi in senso positivo in merito alla camera di consiglio “a distanza”, essa appare, tuttavia, la “breccia” attraverso la quale introdurre, neppure troppo velatamente, una deroga alla collegialità che condurrà a breve – questo è il timore - alla monocraticità del rito d'appello, come prevede il disegno di legge che prevede deleghe al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d'appello. Sotto il secondo aspetto, il decreto prevede, altresì, che fino alla fine dell'emergenza (vale a dire, attualmente, fino al 31 gennaio 2021), «i giudizi penali sono sospesi durante il tempo in cui l'udienza è rinviata per l'assenza del testimone, del consulente tecnico, del perito o dell'imputato in procedimento connesso i quali siano stati citati a comparire per esigenze di acquisizione della prova, quando l'assenza è giustificata dalle restrizioni ai movimenti imposte dall'obbligo di quarantena o dalla sottoposizione a isolamento fiduciario». Per lo stesso periodo sono sospesi pertanto anche il corso della prescrizione e i termini di durata massima della custodia cautelare. In tal caso la scelta riposerebbe sulla necessaria salvaguardia delle «esigenze poste alla base delle misure di custodia cautelare applicate agli imputati contro il rischio di estinzione del reato di prescrizione o, rispettivamente, di decorso dei termini massimi di custodia cautelare per il caso in cui il giudizio subisca una battuta d'arresto, nello svolgimento dell'attività istruttoria, per l'impossibilità di acquisire una prova cui debba partecipare una persona (testimone, consulente tecnico, perito o imputato in procedimento connesso) la cui assenza sia giustificata dalle restrizioni agli spostamenti imposte dall'obbligo di quarantena o dalla sottoposizione a isolamento fiduciario in conseguenza delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione della emergenza epidemiologica». Si fanno così ricadere gli effetti dovuti alla pandemia in corso, vale a dire a una causa di forza maggiore, le conseguenze derivanti dal rallentamento della celebrazione dei giudizi. Prescrizione e termini di custodia cautelare rimangono sospesi «per un periodo di tempo pari a quello stabilito per il correlato giudizio penale». Il differimento dell'udienza non potrà avvenire, comunque, oltre il sessantesimo giorno successivo al limite imposto agli spostamenti «dovendosi avere riguardo in caso contrario, agli effetti della durata della sospensione del corso della prescrizione e dei termini di durata stabiliti per la custodia cautelare, ne discende che una volta fissata l'udienza (entro 60 gg.) o decorsi i 60 gg. la prescrizione dovrebbe riprendere il suo corso. I menzionati periodi di sospensione non devono, in ogni caso, essere computati nei termini di durata massima di sospensione della custodia cautelare, il tutto con lo scopo «di salvaguardare l'accertamento processuale dal rischio di estinzione del reato per prescrizione ed evitare il decorso dei termini massimi di custodia cautelari degli imputati, facendo in modo che il giudizio non subisca battute d'arresto nella attività istruttoria a causa delle limitazioni agli spostamenti imposte dalla normativa dettata in questa fase emergenziale». |