Elusione e regimi fiscali: tra onere della prova e libertà di scelta

La Redazione
26 Novembre 2020

Inopponibili all'Amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti, a meno che l'operazione si dimostri - con onere a carico del contribuente - giustificata da «valide ragioni economiche, sia pure in via concorrente al perseguito risparmio fiscale.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 26476 depositata lo scorso 20 novembre, ha dichiarato l'inopponibilità all'Amministrazione finanziaria di atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti, a meno che l'operazione si dimostri - con onere a carico del contribuente - giustificata da «valide ragioni economiche, sia pure in via concorrente al perseguito risparmio fiscale» (Cass. 20 novembre 2020 n. 26476).

Riguardo al riparto dell'onere della prova in tema di elusione fiscale, i Supremi Giudici hanno precisato che, mentre incombe sull'Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire al risultato d'indebito vantaggio fiscale (cfr., tra le altre, Cass. sez. trib., ord. 20 giugno 2018, n. 16217; Cass. sez. Vi-T, ord. 13 aprile 2017, n. 9610; Cass. sez. trib., 28 febbraio 2017, n. 5090), spetta al contribuente dimostrare l'esistenza di ragioni economiche apprezzabili che giustifichino l'operazione, che possono consistere anche in esigenze di natura organizzativa ed in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda.

La sentenza qui impugnata appare conforme ai principi esposti, poiché la cessione della partecipazione, a seguito della rivalutazione, a soggetti terzi non assume il valore indiziario di un'operazione elusiva, in mancanza di ulteriori dati in tal senso, dovendosi riconoscere la libertà di scelta della contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale. Inoltre, secondo il giudice di secondo grado, il complesso delle operazioni societarie evidenziava la sussistenza di ragioni economiche tali da poterne escludere la predisposizione in vista del solo conseguimento di un indebito risparmio d'imposta.

Ad eguale conclusione è pervenuta la Corte, con la sentenza in disamina, in fattispecie analoga, relativa all'impugnazione dell'avviso di accertamento nei confronti di altro socio (coniuge della attuale controricorrente), fondato sui medesimi accertamenti di fatto per la stessa annualità di imposta (vedi Cass., Sez. V civile, ordinanza n. 7359/2020).

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