Inadempimento dell’amministratore: azioni legali contro i morosi e consegna del registro anagrafe
30 Novembre 2020
Il c/c condominiale viene pignorato da un avvocato antistatario, creditore per spese legali derivanti da una sentenza relativa all'accoglimento di impugnazione di delibera assembleare. I condòmini debitori non intendono assolvere la loro obbligazione; l'Amministratore non agisce esecutivamente nei loro confronti per il recupero delle predette spese legali e, al contempo, per evitare distacchi di utenze, invita tutti i condòmini a pagare, in sua vece, direttamente i fornitori. Il condomino vittorioso nel predetto giudizio (che, unitamente agli altri attori, rappresenta la minoranza assembleare), contesta tale modalità di gestione, ritenendola illegittima. Non aderendo all'invito dell'Amministratore, gli chiede copia del registro anagrafe condominiale, al fine di convocare l'assemblea per far cessare siffatta condotta; la richiesta non viene soddisfatta, pertanto non è possibile convocare l'assemblea. L'Amministratore può essere revocato giudizialmente, avendo aggirato, con tali modalità, l'ostacolo del pignoramento del c/c? Lo stesso, unitamente o disgiuntamente ai predetti condòmini debitori, è in qualche modo responsabile penalmente?
Preliminarmente, giova ricordare che l'Amministratore svolge il proprio ruolo sulla base di un contratto di mandato da cui discende il dovere di eseguire correttamente gli obblighi che la legge gli impone, diversamente rischia di essere revocato e chiamato a risarcire i danni che con il suo comportamento abbia eventualmente causato al Condominio. L'Amministratore, quindi, non può più attendere all'infinito che i condòmini paghino né può accettare passivamente il loro inadempimento, ma entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio deve iniziare l'azione legale di recupero crediti (art. 1129 c.c.). Delineati gli obblighi dell'Amministratore in tema di recupero delle spese, occorre esaminare l'ulteriore aspetto legato alla mancato invio della documentazione richiesta. A tal proposito, l'art. 1130, comma 1, n. 6) impone all'Amministratore, sia quando accetta l'incarico che ad ogni successivo eventuale rinnovo dell'incarico, di comunicare il locale dove è conservato, tra gli altri, anche l'anagrafe condominiale e i giorni e le ore in cui ogni condomino può prenderne gratuitamente visione ed anche estrarne copia. In tema, i giudici di merito hanno osservato che merita accoglimento l'impugnazione avverso il deliberato con cui l'assemblea ha negato l'autorizzazione a che l'Amministratore rilasci in favore del condomino copia dell'elenco dei recapiti dei singoli condomini, tenuto conto che, per principio generale, ciascun condomino ha diritto alla consultazione dei documenti inerenti al Condominio e che, tra questi, rientra il registro dell'anagrafe condominiale. Va considerato, inoltre, che tali informazioni appaiono funzionali anche al controllo da parte del condomino in ordine alla regolarità delle convocazioni dell'assemblea ed alla possibilità per gli stessi, in caso di inerzia dell'Amministratore, di provvedere di propria iniziativa alla convocazione della riunione (Trib. Roma, sez. V, 9 aprile 2018). Premesso quanto esposto, trattandosi di un diritto riconosciuto dalla legge, l'Amministratore non può negare al condomino di prendere visione o di estrarre copie dell'anagrafe condominiale: se vi fosse, quindi, un rifiuto da parte dell'Amministratore, questa condotta (insieme alla mancata azione contro i morosi) potrebbe anche essere valutata dal giudice, soprattutto se assolutamente immotivata e reiterata nel tempo, ai fini della revoca dell'incarico. Quanto alle responsabilità penali, in base agli elementi forniti, non sembra esserci alcuna questione che attiene ai profili di eventuali reati. Per meglio dire, la responsabilità penale dell'Amministratore condominiale è strettamente connessa alla posizione di garanzia (art. 40, comma 2, c.p.) che egli assume nel momento della accettazione del mandato ad amministrare. Diversamente, la responsabilità penale del condomino deriva direttamente dalla posizione di garanzia che assume il proprietario a causa del rapporto con la cosa in proprietà (o in comproprietà). Situazione diversa, invece, è il caso di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) Infine, quanto al voto in assemblea da parte dei morosi, le norme riguardanti composizione e funzionamento dell'assemblea sono assolutamente inderogabili (non esistono limitazioni/esclusioni dei condomini). Si badi: il fatto che i condòmini morosi non possano essere esclusi dalla votazione non significa che il loro voto non possa essere considerato in conflitto d'interessi rispetto a quello della compagine e che conseguentemente possa portare all'invalidazione di una determinata delibera, allorquando sia stato determinante rispetto ad una decisione. Seguendo questa soluzione, per arrivare a chiedere l'annullamento della deliberazione per conflitto d'interessi, dunque, il voto del condomino dev'essere determinante, sicché non è annullabile la delibera presa con il voto del condomino in conflitto se questi è ininfluente; deve recare danno al Condominio. In tale situazione (ipotetico conflitto di interesse), non è sufficiente che questo sia dedotto in astratto, essendo al contrario necessario che lo stesso lo sia in concreto, così che esso potrebbe dirsi esistente solo se risulta verificata una sicura divergenza tra le ragioni personali del singolo e il contrario interesse istituzionale dell'ente di gestione (Cass. civ., sez. VI, ord. 28 maggio 2014, n. 12018).
|