La Corte di Strasburgo si pronuncia sull’annullamento di un’adozione dopo la morte dell’adottante
18 Maggio 2015
La ricorrente è una cittadina rumena. Dopo la morte della madre adottiva, eredita con la sorella (ugualmente adottata) della proprietà. La sorella agisce in giudizio, ottiene l'annullamento dell'adozione e la esclude dalla successione. L'adozione è stata annullata perché non avrebbe realizzato lo scopo di assicurare alla ricorrente una migliore vita familiare, ma sarebbe avvenuta per assecondare gli interessi economici dell'adottata e della madre adottiva. Secondo la Corte, i rapporti tra un genitore adottivo e un figlio adottato, sono tutelati dall'art. 8 CEDU e l'annullamento dell'adozione costituisce in astratto un'interferenza nella vita familiare. La Corte dubita che l'annullamento sia stato “previsto dalla legge” e che abbia perseguito uno scopo legittimo. In effetti, l'annullamento dell'adozione della ricorrente, 31 anni dopo la sua costituzione, per essere “necessario in una società democratica” deve essere sorretto da motivi pertinenti e sufficienti. Secondo la Corte, le autorità statali debbono in linea di principio garantire il mantenimento dei legami familiari e, difatti, le disposizioni giuridiche che disciplinano l'adozione si occupano principalmente della protezione dei minori. Se si scopre successivamente che una adozione è avvenuta per scopi diversi e fraudolenti, l'interesse superiore del minore, nell'ottica del bilanciamento dei valori, deve comunque avere la prevalenza rispetto ad una decisione di annullamento. La decisione di annullamento dell'adozione è stata vaga e non sufficientemente motivata ed ha violato l'art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata e familiare), rappresentando un'intrusione sproporzionata ed arbitraria nella vita familiare. La Corte ha inoltre ravvisato una violazione dell'art. 1 del Protocollo n. 1 CEDU (protezione della proprietà), avendo la decisione privato la ricorrente della possibilità di succedere nella parte di eredità a lei spettante. |