Annullamento della sentenza di condanna e misure cautelari

12 Gennaio 2021

In caso di annullamento con rinvio della sentenza d'appello, la Corte di cassazione deve disporre, ai sensi dell'art. 624-bis c.p.p., la cessazione dell'efficacia della misura cautelare personale obbligatoriamente applicata dal giudice di secondo grado per i motivi previsti dal comma 2-ter dell'art. 275 c.p.p...
Massima

In caso di annullamento con rinvio della sentenza d'appello, la Corte di cassazione deve disporre, ai sensi dell'art. 624-bis c.p.p., la cessazione dell'efficacia della misura cautelare personale obbligatoriamente applicata dal giudice di secondo grado per i motivi previsti dal comma 2-ter dell'art. 275 c.p.p.; viceversa, qualora il provvedimento cautelare sia stato adottato sulla base di un'ordinaria valutazione delle esigenze cautelari previste dagli artt. 274e 275, comma 1-bis del codice di rito, l'annullamento con rinvio non esclude la possibile sussistenza di un idoneo titolo giustificativo della misura cautelare e non determina l'automatica declaratoria di inefficacia della misura cautelare in esecuzione.

Il caso

Nei confronti di M., assolto in primo grado di assoluzione, veniva disposta una misura cautelare dalla Corte d'Appello in ragione della sussistenza e gravità dei reati per cui era stata pronunziata condanna in appello. La decisione di appello veniva annullata con rinvio per nuovo esame sull'intera regiudicanda: per il difensore l'ordinanza cautelare del 3 giugno 2019 che ad essa si riferiva è stata privata di un suo essenziale presupposto, senza che possa evocarsi in sua vece, quale momento di cristallizzazione del quadro indiziario, la sentenza di prime cure, la cui pronunzia milita nel senso esattamente contrario. Nella fattispecie la S.C., pur riconoscendo che il caso in esame non rientrava nelle ipotesi di caducazione automatica ex art. 624-bis c.p.p., ha disposto la cessazione della custodia cautelare in carcere in esecuzione nei confronti dell'imputato assolto in primo grado, rilevando che l'annullamento con rinvio dell'ordinanza cautelare della corte d'assise d'appello adottata in base ad una ordinaria valutazione di sussistenza delle esigenze cautelari, aveva fatto venire meno il presupposto logico-giuridico della misura cautelare, la cui consistenza indiziaria era costituita dalla sola pronuncia di appello, non avendo il giudice di primo grado validato il quadro indiziario con una sentenza di condanna.

La questione

La questione valutata dalla Corte è quali sono gli effetti sulle misure cautelari della sentenza di annullamento della sentenza di condanna pronunciata in grado di appello?

Le soluzioni giuridiche

Il quesito non prevede una risposta univoca, dovendo misurarsi con la diversità delle situazioni prospettabili.

Osservazioni

Invero, la previsione di cui all'art. 624-bis c.p.p. ove si prevede che la Corte di cassazione nel caso di annullamento della sentenza d'appello dispone la Cassazione delle misure cautelari non appare adeguata a delineare tutte le ipotesi prospettabili in materia.

La citata previsione, infatti, sembrerebbe riferirsi all'ipotesi dell'annullamento senza rinvio.

Il dato trova conferma, del resto, nella previsione di cui all'art. 303 comma 2 c.p.p., ove si dispone che “nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio della sentenza da parte della Corte di cassazione (o per altra causa) il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diverso ..., dalla data del provvedimento che dispone il regresso ... decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascun stato e grado del procedimento”.

Questo elemento non consente, tuttavia, di concludere nel senso che in tutti i casi di annullamento con rinvio in grado di appello la misura cautelare continui ad essere in esecuzione.

È necessario operare alcune distinzioni in considerazione delle modalità con le quali la misura è stata disposta.

Si consideri, in primo luogo, l'ipotesi in cui la misura sia stata applicata in attuazione di quanto stabilito dall'art. 275 comma 2-ter c.p.p. ove si prevede che nei casi di condanna in appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando all'esito condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p. e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'art. 380 comma 1 c.p.p. e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa natura. In questo caso, la caducazione della sentenza di condanna travolgerebbe anche la misura cautelare contestualmente disposta.

Neppure in questo caso, tuttavia, la misura cautelare in esecuzione perderebbe sempre efficacia, potendo la stessa essere stata pronunciata contestualmente alla sentenza di condanna di primo grado. L'art. 275, comma 1-bis, c.p.p. prevede, infatti, che “contestualmente ad una sentenza di condanna l'esito delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate dall'art. 274, comma 1, lett. b) e c)”. in questo caso, la misura conserverebbe efficacia.

Al di fuori di queste situazioni bisognerebbe, inoltre, considerare se la misura cautelare – ricorrendone le condizioni – sia stata emessa (o riemessa) nel corso del giudizio di secondo grado (e magari sia stata confermata nella procedura incidentale di gravame).

In questo caso, il punto di osservazione dovrebbe mettere a fuoco il contenuto della sentenza di primo grado. Ove si trattasse di una sentenza di condanna, a fortiori in caso di operatività dell'art. 275 comma 3 c.p.p., la misura non perderebbe efficacia.

Analoga conclusione comunque dovrebbe essere prospettata anche nelle altre situazioni in cui il giudice d'appello avesse ritenuto sussistenti i presupposti di applicazione delle misure di cui agli artt. 273, 274, 275 e 280 c.p.p.

Un discorso diverso, come da ultimo prospettato da Cass. pen., Sez. IV, 26 novembre 2020, n. 33573, dovrebbe ipotizzarsi nel caso in cui il soggetto sia stato prosciolto con la sentenza di primo grado. Ai sensi dell'art. 300comma 1 c.p.p., si prevede infatti che “le misure disposte in relazione a un determinato fatto perdono immediatamente efficacia quando per tale fatto e nei confronti della medesima persona è ... pronunciata sentenza di ... proscioglimento”.

In questo caso, infatti, l'esclusione dalla gravità indiziaria sottesa alla sentenza di proscioglimento dovrebbe rivivere in seguito all'annullamento della sentenza d'appello. La conclusione sembra trovare una conferma nell'art. 300, comma 5, c.p.p. ove è previsto che “qualora l'imputato prosciolto ... sia successivamente condannato per lo stesso fatto possono essere disposte nei suoi confronti misure coercitive quando ricorrano le esigenze cautelari di cui all'art. 274, comma 1, alle lettere b) e c), c.p.p.”.

Nei casi in cui la misura non dovesse perdere efficacia, l'imputato potrebbe comunque chiedere una rivalutazione delle sue condizioni di applicabilità (artt. 274 e 275 c.p.p.).

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