Vaccinazione anti coronavirus, tra libertà, obbligo e responsabilità

Roberto Masoni
20 Gennaio 2021

L'anno appena concluso sarà ricordato per essere stato funesto e nefasto come pochi altri in passato, per i lutti, le preoccupazioni, le limitazioni di diritti inviolabili, conseguenza della diffusione nel mondo del virus covid -19. In questa deprimente situazione generale, dalle tenebre ecco emergere una tremula lucina di speranza. Ha alfine ottenuto la validazione ufficiale da parte degli organi farmacologici europeo ed italiano il vaccino contro il coronavirus.
Annus horribilis con un barlume di speranza

L'anno appena concluso sarà ricordato per essere stato funesto e nefasto come pochi altri in passato, per i lutti, le preoccupazioni, le limitazioni di diritti inviolabili, conseguenza della diffusione nel mondo del virus covid -19.

Un anno di buio totale con pochi ed intermittenti barlumi di speranza e gioia; subito oscurato dal riemergere di un ombra oscura ed incombente; la pandemia, la malattia, il contagio, i morti, il pessimismo, l'assenza di prospettive e di ottimismo, che hanno portato con sé povertà, licenziamenti, chiusura di esercizi commerciali, fallimento di molteplici imprese, miseria e rassegnazione negli occhi della gente.

In questa deprimente situazione generale, dalle tenebre ecco emergere una tremula lucina di speranza.

Ha alfine ottenuto la validazione ufficiale da parte degli organi farmacologici europeo ed italiano il vaccino contro il coronavirus.

Per archiviare la devastante esperienza del contagiosissimo virus importato dalla Cina, come hanno chiarito gli scienziati, è necessaria una massiccia campagna vaccinale per il raggiungimento della c.d. immunità di gregge, ovvero, l'immunità dal virus di una quota almeno pari al 70% della popolazione. Questo risultato permetterebbe di guardare con maggiore ottimismo al futuro prossimo, non solo in termini di salute collettiva, ma anche in termini di ripresa economica del sistema economico e produttivo.

La pre-condizione essenziale per il raggiungimento di questo obiettivo è la vaccinazione della maggioranza della popolazione, come pure dei sanitari e delle categorie di operatori istituzionalmente maggiormente a contatto con soggetti potenzialmente contagiosi, quali gli insegnanti, le forze dell'ordine, etc.

In questa situazione riemerge naturalmente una questione cruciale.

Si domanda se, per garantire l'immunità di gregge, la vaccinazione vada resa obbligatoria o solamente raccomandata. Dato che, statisticamente, parte della popolazione (stimata dall'Istituto Superiore di Sanità in una quota di un terzo di essa) manifesta forte contrarietà alla sottoposizione ad una pratica sanitaria ritenuta fortemente invasiva, in quanto ritenuta lesiva dell'individuale “governo del proprio corpo”.

I trattamenti sanitari obbligatori

I trattamenti sanitari obbligatori presentano incidenza circoscritta rispetto all'integrità fisica dell'uomo, in correlazione al limite fissato dall'art. 5 c.c. con riguardo agli atti di disposizione del corpo umano che non possono determinare diminuzione permanente dell'integrità fisica.

Tali interventi coattivi incidono sull'integrità fisica dell'uomo, seppur in modo non permanente, per quanto gli stessi influiscono negativamente sulla personalità umana, sulla libertà personale (di cui all'art. 13 Cost.), sul diritto alla salute, inteso come “fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività” (garantito dall'art. 32, comma 1, Cost., la quale dispone che, di regola, i trattamenti sanitari sono volontari), come pure sulla dignità della persona.

La previsione del trattamento sanitario obbligatorio collide con precise libertà, diritti e facoltà garantite dalla Carta costituzionale. Da una canto, col diritto alla libera scelta del trattamento e, dall'altro, con quello alla tutela della salute pubblica. A tutela di valori ritenuti superiori, a seguito dell'effettuazione di un opportuno bilanciamento tra gli stessi, in talune situazioni, i primi sono cedevoli rispetto ai secondi.

ìA tenore dell'art. 32, comma 2, Cost.: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Tale suprema direttiva si è inverata in uno specifico precipitato normativo: “nessun trattamento sanitario puo' essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge” (art. 1, comma 1, parte 2, l. 22 dicembre 2017, n. 219).

Dopo avere valorizzato il tema “salute”, inteso quale diritto del singolo ed interesse della collettività, il capoverso del disposto costituzionale richiamato fissa il principio della volontarietà del trattamento sanitario, in correlazione alla scelta personalistica sottesa ai valori che la Costituzione proclama. Questo significa garantire al paziente facoltà di scelta della terapia, come pure facoltà di rifiutarla, di sospenderla e di interromperla, in ogni fase della patologia.

Uniche eccezioni al principio della volontarietà del trattamento sanitario sono rinvenibili nelle situazioni di emergenza, individuabili nello stato di necessità in cui versi il paziente, che preclude la raccolta e la ricerca del consenso libero ed informato (ex art. 1, comma 7, della l. n. 219 cit.: ”nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell'equipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volonta' del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla”); come pure, nella previsione di legge, che imponga coattivamente un determinato trattamento sanitario; appunto, un trattamento sanitario obbligatorio (t.s.o.), come avviene per la sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie (su cui infra).

Le garanzie costituzionali del t.s.o.

La legittimità del t.s.o. e delle vaccinazioni obbligatorie ex art. 32, comma 2, Cost. suppone una riserva di legge. In quanto unicamente la legge statale può introdurre ipotesi di trattamenti coatti, non volontari, con susseguente esclusione di ogni competenza legislativa regionale. Discussa è la presenza di una riserva di legge assoluta (ROMBOLI) o relativa (BIN, PITRUZZELLA), che lasci spazio all'attività regolamentare del Governo.

In vero, il disposto affidato al capoverso dell'art. 32 Cost. presuppone l'approvazione di una legge rinforzata, imponendo al legislatore “il rispetto della persona umana”.

La legittimità costituzionale del trattamento sanitario obbligatorio suppone l'osservanza ed il contemperamento di molteplici principi.

In particolare, il trattamento sanitario obbligatorio, in deroga al principio di libertà di cura, trova giustificazione nella coincidenza di diversificati interessi, che in concreto vanno opportunamente bilanciati e contemperati. Quando, cioè, venga tutelata la salute pubblica (contro il diffondersi di malattie contagiose e virali), e pure quella privata di cui sia titolare il destinatario del trattamento, dovendo sussistere entrambi questi profili per la verifica di legittimità (MANTOVANI, GRAZIADEI), in ogni caso escludendosi la possibilità di un'esecuzione coattiva in forma specifica (ROMBOLI). L'autodeterminazione individuale in materia sanitaria può così essere sacrificata quando il legislatore, con scelta discrezionale, riscontri l'esigenza di tutelare la salute pubblica.

I principi vengono ribaditi da una ben ferma giurisprudenza costituzionale che, per la verifica di legittimità del t.s.o., esige, non solo il contemperamento del diritto alla salute del singolo con quello della collettività, ma pure un ulteriore duplice riscontro.

Si esige, ancora, che il trattamento obbligatorio “non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo per quelle sole conseguenze che appaiono normali e pertanto tollerabili; e, nell'ipotesi di danno ulteriore, che sia prevista comunque la corresponsione di un'equa indennità in favore del danneggiato” (C. Cost. 18 gennaio 2018, n. 5, § 8.2).

Rientra poi nella discrezionalità del legislatore la scelta della modalità attraverso la quale assicurare “una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell'obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrata variamente le misure anche sanzionatorie, volte a garantire l'effettività dell'obbligo” (C. Cost. n. 5/2018).

La legislazione in materia vaccinale

Come si è anticipato, nell'ambito dei t.s.o. sono ricompresi, quale genus ad species, le vaccinazioni obbligatorie.

Da un punto di vista lessicale, il termine“vaccinazione” viene usato per indicare i procedimenti atti a conferire artificialmente (a mezzo di vaccini) agli organismi animali un'immunità attiva contro le malattie infettive. La storia delle vaccinazioni comincia con la scoperta del vaccino ad opera del medico inglese Edoardo Jenner, il quale, nella sua professione, aveva osservato che i contadini i quali contraevano vaiolo animale, non andavano soggetti a vaiolo umano. Jenner, dopo anni di esperienze, nel 1796 eseguì decisive esperienze di immunizzazione verso il vaiolo umano, per mezzo dell'innesto nell'uomo del vaiolo delle vacche (cow-pox) (MACCOLINI).

Da oltre un secolo, la legislazione sanitaria italiana ha previsto l'obbligo vaccinale a carico della popolazione per prevenire il diffondersi ed il contagio di talune gravi patologie infettive e diffusive.

In particolare, imponendo la vaccinazione antidifterica (art. 1 l. 6 giugno 1939, n. 891), antitetanica (art. 1 l. 5 marzo 1963, n. 292, come modificata dalla l. 20 marzo 1968, n. 419), antipolio (art. 1 l. 4 febbraio 1966, n. 51), quella anti epatite virale B a carico dei nuovi nati nel primo anno di vita (art. 1 l. 27 maggio 1991, n. 165).

Talune categorie di lavoratori vengono poi obbligatoriamente sottoposti, in via periodica, ad accertamenti di assenza di tossicodipendenza (art. 100 l. 22 dicembre 1975, n. 685), nonché alla vaccinazione antitifica ed a quella antitubercolare (l. 14 dicembre 1970, n. 1088).

Fino al recente passato, la certificazione di avvenuta vaccinazione andava presentata all'atto dell'iscrizione del fanciullo alla scuola primaria, con applicazione di sanzioni amministrative in caso di inottemperanza all'obbligo vaccinale. In seguito, la legislazione ha introdotto la regola secondo cui l'avvenuta vaccinazione obbligatoria costituisce requisito di ammissione del fanciullo alla scuola.

Nell'ultimo decennio l'obbligatorietà della vaccinazione è stata sospesa, allo scopo di conseguire la copertura vaccinale esclusivamente attraverso la raccomandazione e la persuasione della popolazione interessata.

A seguito di questa scelta legislativa, nell'ultimo periodo si era assistito ad un progressivo calo della copertura vaccinale, al punto che il Comitato Nazionale di Bioetica (nella mozione sulla “Importanza delle vaccinazioni” del 24 aprile 2015) ha rimarcato la propria “viva preoccupazione per la tendenza sempre più diffusa in Italia a dilazionare o addirittura rifiutare la somministrazione delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate dalle Autorità Sanitarie”; al contempo, invitando Governo e Regioni a “moltiplicare gli sforzi perchè le vaccinazioni sia obbligatorie che raccomandate raggiungano una copertura appropriata (95%)”.

Di recente, tale situazione ha spinto il legislatore ad approvare il decreto legge c.d. Lorenzin, che ha ripristinato l'obbligo vaccinale, sostituendolo alla raccomandazione (su cui il prossimo §).

L'estensione dell'obbligo vaccinale dettato dal c.d. decreto legge Lorenzin

Dal 2017 l'obbligo vaccinale è stato ampliato ed esteso, rendendolo nuovamente obbligatorio “per i minori di età compresa da zero a sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati” (art. 1 d.l. 7 giugno 2017, n. 73, conv., con modificazioni, nella l. 31 luglio 2017, n. 119, “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci”).

Sono obbligatorie e gratuite dieci vaccinazioni: antipoliomielitica, anti difterica, antitetanica, anti epatite B, anti pertosse, anti Haemophilus influenzale tipo b, anti morbillo, antirosolia, anti parotite, anti-varicella (art. 1, comma 1 bis, d.l. n. 73 del 2017).

Il minore può essere esentato dalla vaccinazione laddove sia comprovata “l'avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale” (art. 1, comma 2); ovvero, in caso di “accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate” (art. 1, comma 3).

Tenuti ad adempiere l'obbligo vaccinale sono i genitori, il tutore o gli affidatari del minore.

Il decreto legge c.d. Lorenzin (art. 3 e art. 3-bis) annovera la vaccinazione quale requisito di accesso ai nidi d'infanziaed alla scuola materna.

All'atto della iscrizione scolastica gli esercenti la responsabilità genitoriale (e i soggetti assimilati) sono tenuti a comprovare l'adempimento dell'obbligo vaccinale. La mancata presentazione della documentazione obbliga i dirigenti scolastici ad effettuarne segnalazione all'azienda sanitaria locale. Quest'ultima, a sua volta, è tenuta a convocare i genitori per un colloquio (art. 3).

Il d.l. n. 73 del 2017 è stato sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale.

Una pronunzia del 2018 ha ritenuto che le scelte compiute dal legislatore reintroducendo l'obbligo vaccinale in forza del d.l. n. 73 del 2017 vadano esenti da profili di illegittimità costituzionale. Precisando, in particolare, che, mediante l'approvazione di questo testo normativo, “il legislatore ha ritenuto di dover rafforzare la cogenza degli strumenti della profilassi vaccinale, configurando un intervento non irragionevole allo stato attuale delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche”(C. Cost. n. 5 del 2018).

Se è vero che nel recente passato la tendenza legislativa si era indirizzata verso una “sensibilizzazione, della persuasione e dell'informazione con riguardo alle vaccinazioni, piuttosto che sull'obbligo”, il d.l. n. 73 ha, invece, perseguito quest'ultimo indirizzo, reintroducendone l'obbligatorietà, fondata su plausibili motivazioni.

La Corte Cost. (sent. n. 5 del 2018) ha ricordato che in anni recenti si era assistito ad una flessione della copertura vaccinale alimentata dal diffondersi dalla convinzione che le vaccinazioni “siano inutili, se non addirittura nocive” (§ 8.2.3), probabilmente richiamandosi alle posizioni espresse dal movimento “no-vax”. A sua volta, il C.N.B. nel richiamato parere del 2015 aveva stigmatizzato “il diffondersi di falsità e pregiudizi”, quale quello secondo cui sussisterebbe una correlazione tra vaccinazioni ed insorgere dell'autismo, “ipotesi destituita di qualsiasi fondamento scientifico”.

In realtà, come è stato chiarito ancora un volta dalla Corte Cost., l'evoluzione della ricerca scientifica ha permesso di raggiungere in materia standard di sicurezza sempre più elevati, fatti salvi i casi rari in cui la somministrazione del vaccino può determinare l'insorgere di conseguenze negative. Dato che i vaccini, al pari degli altri farmaci, sono sottoposti “al vigente sistema di farmacovigilanaza che fa principalmente capo all'Autorità italiana per il farmaco (AIFA)”.

Obbligo vaccinale da coronavirus

L'annus horribilis appena terminato, funestato da morti, contagiati, pazienti ricoverati in reparti ospedalieri o posti in isolamento domiciliare, per effetto del coronavirus proveniente dalla Cina, sembra concludersi con un barlume di speranza, a seguito della scoperta del vaccino in grado di garantire immunizzazione dal virus.

Emerge sin d'ora di stringente attualità un problema di tecnica legislativa; se raccomandare la vaccinazione contro il coronavirus, oppure, in alternativa, obbligare l'intera collettività nazionale, ovvero, più selettivamente, unicamente taluni operatori particolarmente; quelli particolarmente esposti al contagio in quanto a diretto contatto con ammalati e studenti, quale il personale sanitario, quello delle strutture protette, il personale scolastico e quello delle forze dell'ordine.

Nell'ottica di sterilizzazione degli effetti negativi portati da un virus tanto funesto e pervasivo che ha condizionato l'esistenza della popolazione mondiale per tutto il decorso anno, una proposta operativa potrebbe muoversi ricalcando le raccomandazioni fornite in tempi non sospetti dal C.N.B., che paiono dotate di persistente attualità:

Secondo questa indicazione sarebbe in primis, ed in via gradata, anzitutto, opportuno effettuare campagne nazionali di promozione ed informazione sulla vaccinazione al fine di informare il cittadino, “sia delle strategie in atto sia dei benefici attesi a fronte dei rischi possibili”;

  • disporre poi l'osservanza dell'obbligo vaccinale da parte degli operatori sanitari e del personale impegnato nelle scuole;
  • prevedere il monitoraggio continuo con riguardo all'omessa vaccinazione, nell'ottica di “evidenziare eventuali insufficienze nella copertura vaccinale”;
  • infine, “porre in essere in situazioni di allarme, azioni ripetute e adottare provvedimenti d'urgenza – ed eventuali interventi legislativi- necessari a ripristinare o raggiungere un livello accettabile di sicurezza sanitaria ottenibile mediante il mantenimento di elevate coperture vaccinali”.

Come si vede, appare ipotizzabile un intervento normativo soft e multi livello; prima diretto a fornire la più ampia informazione onde persuadere la popolazione a sottoporsi a vaccinazione, anche utilizzando una comunicazione suggestiva in grado di convincere i più recalcitranti, mostrando quali effetti negativi il virus abbia prodotto sulle persone (es., intubazione dei malati gravi); poi, in ipotesi di mancato raggiungimento dello standard vaccinale ritenuto necessario a garantire l'immunità di gregge (si stima, pari a 2/3 della popolazione), con un intervento d'autorità, che renda obbligatoria la sottoposizione a vaccinazione anticovid.

La responsabilità

A legislazione vigente, l'obbligo vaccinale anticovid potrebbe essere introdotto nei confronti di quanti operino a diretto contatto col pubblico (per i sanitari, i dipendenti delle scuole e delle forze dell'ordine).

Come si è notato in precedenza richiamando i principi costituzionali dettati in tema di autodeterminazione sanitaria come pure l'interpretazione costituzionale di essi, nell'ordinamento interno già sussistono le condizioni di legittimità necessarie all'imposizione in modo cogente della vaccinazione obbligatoria anticovid; nell'ottica di tutelare la salute dei singoli e della collettività, essendo disponibile un vaccino sicuro (in quanto validato da E.M.A. ed A.I.F.A.) ed a fronte di un regime giuridico di tutela contro i danni da vaccino.

L'eventuale compressione dell'autodeterminazione terapeutica individuale, che l'imposizione della vaccinazione obbligatoria imporrebbe, neppure può essere ritenuta un feticcio o un tabù invalicabile.

Una comunità sociale responsabile e matura deve assumere una fondamentale consapevolezza; di non essere titolare unicamente di diritti, ma pure di doveri, mediante un'assunzione collettiva di responsabilità di “tipo solidaristico e cooperativo” (come si è espresso il C.N.B.), che trova preciso fondamento costituzionale (laddove si dispone che la Repubblica “richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà... sociale”: art. 2, parte II, Cost.).

Senza aggiungere infine un'ulteriore considerazione.

L'eventuale rinunzia alla libertà di autodeterminazione terapeutica ex art. 32 Cost., alla fin fine, andrebbe comunque relativizzata, rapportandola al complesso delle molteplici e maggiormente significative rinunzie di libertà che la popolazione ha subito nel corso del 2020, rinunzie susseguenti appunto all'assenza di copertura vaccinale. Queste rinunzie, non va dimenticato, hanno inciso significativamente su molteplici “diritti inviolabili”, plurime libertà fondamentali garantite dal titolo I della Costituzione, come sembra fin troppo pleonastico rammentare (libertà personale, circolazione, associazione, religiosa, economica e di impresa), che per troppo tempo sono state conculcate e sospese, causa pandemia ed in assenza di vaccino.

A fronte di una risposta vaccinale sicura e efficace per la salute del singolo (come viene garantito dagli organismi di farmacovigilanza, a livello nazionale ed europeo), una comunità sociale responsabile non può non tenerne conto, in un giudizio comparativo e razionale volto al contemperamento della sfera dei diritti essenziali; al contempo, acquisendo matura e ragionevole consapevolezza che la libertà di ognuno si esaurisce quando inizia la libertà altrui.

Riferimenti bibliografici

CATTANEO, Il consenso del paziente al trattamento medico-chirurgico, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 1959, 949 e ss., in part., 971 e segg.;

MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana, Padova, 1974, 211-214;

MACCOLINI, voce Vaccinazione, in Noviss. Dig.,it., Torino, 1975, XX, 403-404;

DOGLIOTTI, Le persone fisiche, in Trattato di diritto privato, diretto da P. RESCIGNO, Torino, 1982, 2, 84;

ROMBOLI, Delle persone fisiche, Commento sub art. 5 c.c., in Commentario del codice civile SCIALOJA-BRANCA, Bologna, Roma, 1988, 339;

GRAZIADEI, Il consenso informato e i suoi limiti, in I diritti in medicina, in Trattato di biodiritto, diretto da RODOTA', ZATTI, Milano, 2011, 191 e ss., in part. 267;

BIN, PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino, 2017, XVIII° ed., 553;

MONTANARI, VENTALORO, La nuova legge sui vaccini tra prevenzione, obblighi e criticità, in Fam. Dir., 2018, 2, 177 e ss.

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