La ricerca del giusto equilibrio tra l'affidamento super esclusivo e il diritto alla bigenitorialità del minore

Paola Maccarone
21 Gennaio 2021

Il Tribunale di Brescia dispone l'affidamento c.d. super-esclusivo della figlia della coppia alla madre, poiché il padre, pur avendo sempre provveduto al mantenimento della figlia e partecipato agli incontri protetti con la bambina, ha interrotto il percorso di cura per il disturbo di tipo paranoide di cui soffriva e ha iniziato ad assumendo un atteggiamento dichiaratamente evitante nei confronti della figlia, situazione che è andata peggiorando durante la pandemia.
Massima

Il Tribunale di Brescia, in un procedimento giudiziale di cessazione degli effetti civili del matrimonio, dispone l'affidamento c.d. super-esclusivo della figlia della coppia alla madre, autorizzandola ad assumere autonomamente anche le decisioni di maggiore importanza per la minore. Il Tribunale ha così stabilito poiché il padre, pur avendo sempre provveduto al mantenimento della figlia e partecipato agli incontri protetti con la bambina, ha interrotto il percorso di cura che stava seguendo presso il CPS per il disturbo di tipo paranoide di cui soffriva e ha iniziato ad assumere “...un atteggiamento dichiaratamente evitante nei confronti della figlia…”, situazione che è andata peggiorando durante la pandemia da Covid 19 tuttora in atto

Il caso

Il padre, affetto da un disturbo di tipo paranoide, chiede la pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio alle stesse condizioni fissate all'atto della separazione e ciò, sia quanto al regime di affidamento condiviso della figlia minorenne undicenne, che quanto all'importo del mantenimento ordinario quantificato nella somma di € 250,00. La madre si costituisce in giudizio per ottenere il cosiddetto “affidamento super-esclusivo” della figlia a causa dell'asserita grave incapacità genitoriale del padre e, conseguentemente, l'aumento dell'assegno di mantenimento mensile sino ad € 500,00.

Il Tribunale, in considerazione dell'avvenuta interruzione da parte del padre dell'aiuto psicologico e farmacologico presso il CPS - Centro Psico Sociale - e alla luce delle relazioni degli assistenti sociali che, evidenziando un peggioramento dell'atteggiamento paterno durante gli incontri protetti con la figlia, con il conseguente disinteressamento ai rapporti con questa, hanno espresso un giudizio negativo circa la capacità genitoriale del padre stesso, decide di: (i) affidare in via esclusiva la minore alla madre autorizzandola ad assumere anche le decisioni di maggiore rilevanza per la figlia; (ii) interrompere gli incontri tra padre e figlia, disponendo che questi potranno ricominciare in sede protetta solo se il padre riprenderà il percorso con il CPS e previo parere positivo da parte dei Servizi Sociali che dovranno proseguire nel controllo per un anno; (iii) aumentare il contributo del mantenimento ordinario nella somma di € 450,00 al mese; (iv) condannare il ricorrente al pagamento delle spese di lite.

La questione

La riflessione che impone la sentenza in esame è se l'affidamento c.d. super esclusivo o rafforzato, di creazione giurisprudenziale e generato da una interpretazione estensiva dell'art. 337-quater c.c., originariamente ritenuto di applicazione eccezionale e perciò residuale rispetto ai due regimi ordinari di affidamento condiviso ed esclusivo, non sia ormai divenuto istituto di ordinaria applicazione nel nostro ordinamento, sino a porsi quale tertium genus di “decadenza attenuata” dalla responsabilità genitoriale.

Dalla lettura della sentenza del Tribunale di Brescia sembra infatti emergere una situazione di conflittualità fra i genitori non particolarmente grave, visto che il padre ha sempre provveduto al mantenimento della figlia, non ha mai ostacolato l'assunzione di decisioni che la riguardavano e questo benché, sin dal marzo 2018, seguisse un percorso presso il CPS per la cura della sua patologia.

Sembra anche che il peggioramento degli incontri protetti fra padre e figlia abbiano iniziato a manifestarsi verso la fine del mese di gennaio 2020, mentre il padre ha interrotto il percorso curativo nel mese di marzo 2020 ossia quando gli incontri con la figlia sono stati sospesi, peraltro senza che il padre chiedesse di vederla in altro modo.

Posto che la causa è stata trattenuta in decisione in data 5 giugno 2020, ciò sta a significare che la decisione di disporre l'affidamento super esclusivo alla madre, con assunzione in capo alla stessa delle decisioni di maggiore interesse riguardanti la figlia, è stata assunta sulla base di dati e informazioni relative ad un periodo di circa 6 mesi - gennaio/giugno 2020 - notoriamente caratterizzato da una emergenza socio sanitaria del tutto eccezionale e senza precedenti.

Le soluzioni giuridiche

L'attuale contesto normativo in tema di provvedimenti relativi alla prole, per come modificato dalla legge 54/2006 e dal successivo d.lgs n. 154/2013, si fonda sul diritto alla bigenitorialità riconosciuto al minore quale titolare di diritti soggettivi.

Da questo principio deriva il riconoscimento dell'affidamento condiviso previsto dall'art. 337-ter c.c. quale modello di riferimento nei casi di scioglimento della famiglia, restando sempre e comunque compito, sia dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, che dei Giudici nell'assumere le proprie decisioni, quello di garantire e preservare il preminente e superiore interesse del minore (Cass. civ. 6312/1999, Cass. 28244/2019).

A mente dell'art. 337-quater c.c., il Giudice potrà disporre l'affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori “... qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore...”, di modo che questa possibilità si appalesa alla stregua di una mera ipotesi residuale da eleggersi solo allorché l'adozione dell'affidamento condiviso presenti controindicazioni che facciano temere un pregiudizio certo o quasi certo nei confronti del minore.

Per assumere tale decisione il Giudice deve quindi valutare preventivamente l'esistenza di un pregiudizio concreto per il minore, il che accade, ad esempio, qualora si accerti l'inidoneità educativa, ovvero una manifesta carenza di un genitore rispetto all'opposta idoneità dell'altro (Cass. civ. n. 27/2017).

Oltre a ciò, sin dal 2006, la giurisprudenza ha sempre escluso l'affido condiviso a fronte di un genitore che si sia reso responsabile della violazione, sia dell'obbligo di mantenimento, che del diritto di visita protrattosi per lunghi periodi (Cass. civ. 26587/2009); su questa linea i Giudici di merito hanno disposto l'affido esclusivo dei figli tutte le volte in cui hanno accertato il completo disinteresse di un genitore rispetto alla vita dei figli, sia da un punto di visita morale che materiale, al punto di omettere di provvedere al loro mantenimento (Trib. Modena 4 giugno 20019 n. 859 e Trib. Modena 12 giugno 2019 n. 931; Trib. Vicenza 11 novembre 2019 n. 2328; Trib. Pistoia 2 luglio 2020 n. 501).

Al fine di escludere l'affidamento condiviso, i Tribunali hanno avuto ben presente anche l'esistenza di comportamenti altamente conflittuali tra i genitori, per tali dovendosi intendere, non già quelli derivanti dalla conflittualità, per così dire endemica, che, come tale e come spesso accade, è dato di riscontrare nei procedimenti di separazione, bensì quegli atteggiamenti tra coniugi o ex coniugi che siano atti ad «...assumere connotati ostativi alla relativa applicazione ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psicofisco dei figli e, dunque, tali da pregiudicare il loro superiore interesse ...» (Cass. civ. 1777/ 2012; in senso conforme Cass. civ. 5108/2012, Cass. civ. 27/2017, Cass. civ. 5604/2020).

Tuttavia, anche in presenza di tutti gli elementi necessari e sufficienti per farsi luogo all'applicazione del regime di affidamento esclusivo, per l'assunzione delle decisioni di maggiore interesse per il minore, il genitore affidatario esclusivo ed esercente la responsabilità genitoriale sul minore, è tenuto a consultare l'altro genitore, avendo questi mantenuto il diritto, nonché il dovere, di vigliare sull'istruzione e sull'educazione dei propri figli.

Questo principio, che appare di primo acchito giusto prima ancora che logico, è sancito proprio dall'art. 337-quater c.c. dove, però, la sottile interpretazione dell'inciso “...salva diversa disposizione del giudice...”,ha aperto la strada alla creazione della figura giurisprudenziale dell'affidamento c.d. super esclusivo o rafforzato, che consiste in una forma di affidamento esclusivo ancora più restrittivo e stringente, che concentra l'intero esercizio della responsabilità genitoriale in capo ad un solo genitore.

Come noto, l'apripista di questa impostazione è stata un'ordinanza ex art. 708 c.p.c. del 20 marzo 2014 del Dott. Giuseppe Buffone del Tribunale di Milano, con la quale è stato disposto che «....l'inidoneità di uno dei genitori, assente dalla vita del figlio, inadempiente all'obbligo di mantenimento e con cui è difficile comunicare, poiché si rende irreperibile, giustifica nell'interesse del minore la scelta di un affido c.d. super esclusivo, che concentri tutto l'esercizio della responsabilità genitoriale sull'altro genitore, per evitare che la rappresentanza degli interessi del minore sia inibita anche per questioni fondamentali...».

Nel caso sottoposto all'esame del Tribunale, il padre del minore risiedeva in uno stato estero, non provvedeva al mantenimento del figlio, non si occupava degli aspetti più rilevanti della sua vita e, oltre ad aver usato più volte violenza nei confronti della moglie, utilizzava il figlio come strumento di ritorsione nei confronti della stessa, talché si è rivelato un soggetto molto “difficile”, per non dire pericoloso.

La materiale lontananza del padre, la sua irreperibilità, la sua pericolosità ed indisponibilità nei confronti della madre, sono fatti gravi e concreti, che hanno legittimato il Giudice ad adottare un provvedimento per così dire estremo, affidando il minore in via esclusiva alla madre, non prevedendo alcuna regolamentazione dei rapporti di visita tra padre-figlio e riconoscendo al padre il solo diritto di visita da esercitarsi unicamente previo accordo con la madre.

In altre parole, in virtù di tale speciale applicazione della norma in commento, al genitore affidatario “rafforzato” è consentito di assumere in via esclusiva e senza la preventiva comunicazione all'altro genitore, anche le decisioni di maggiore importanza riguardanti i figli, tenendo pur sempre in debita considerazione, ovviamente, le loro capacità, inclinazioni naturali e desideri.

Per la verità, dopo l'ordinanza del 20 marzo 2014 del Tribunale di Milano, non sono stati molti i casi nei quali i Giudici di merito hanno avuto occasione di invocare l'art. 337-quater c.c. nel senso sopra delineato e, comunque, le fattispecie che ne hanno reso necessaria l'applicazione sono sempre state piuttosto circoscritte a casi veramente critici e delicati dove, oltre al disinteresse nei confronti dei bisogni educativi e materiali del figlio, si è arrivati a parlare di: (i) violenza tra i genitori (Trib. Roma 27 gennaio 2015 n. 1821 e Trib. Forlì 22 aprile 2020 n. 300); (ii) totale rifiuto e chiusura rispetto al nucleo famigliare (Trib. Milano 4 giugno 2015 n. 6900); (iii) disinteresse di un genitore sin dal momento della gravidanza e anche successivamente all'accertamento della paternità (Tribunale di Messina 20 giugno 2018); (iv) ammissione di assenza di alcun rapporto con i figli e totale disinteresse a voler creare un rapporto (Trib. Pavia 18 settembre 2018).

Dall'analisi di questi provvedimenti e in assenza di una precisa tipizzazione delle circostanze ostative ai regimi di affidamento “ordinari” si può capire che l'affidamento super esclusivo trovi applicazione ogni qualvolta la necessità di interpellare il genitore non affidatario per l'assunzione delle decisioni di maggiore interesse potrebbe incontrare ostacolo nelle condizioni oggettive e soggettive del medesimo, con il rischio così di bloccare o rendere maggiormente difficoltosa la gestione del minore.

Vista la gravità delle fattispecie applicative, al regime di affidamento super esclusivo si accompagna solitamente una limitazione dei rapporti di visita tra il genitore non affidatario ed il figlio, nonché la previsione di incontri e visite in luoghi neutri con l'ausilio dei Sevizi Sociali appositamente incaricati dal Tribunale, e questo al fine di creare veri e propri percorsi tesi al miglioramento dei rapporti stessi.

In ogni caso, però, non si deve dimenticare che l'ultimo comma dell'art. 337-quater c.c., attribuisce al genitore cui non sono stati affidati i figli il diritto-dovere di vigilare sulle questioni di maggiore rilevanza perché attinenti alla loro istruzione, educazione e salute, potendo questo genitore invocare l'intervento del Giudice qualora ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.

L'irrinunciabile diritto-dovere riconosciuto al genitore non affidatario, di cui abbiamo appena detto, trova il proprio fondamento nel fatto che l'adozione di un provvedimento di affidamento super esclusivo, investendo solo le modalità di esercizio e di estrinsecazione di detta facoltà da parte del Giudice, non può incidere sulla titolarità della responsabilità genitoriale, che resta in capo ad entrambi i genitori.

È infatti evidente che, in caso di ulteriori peggioramenti nella condotta del genitore non affidatario, non potrà rimanere altro strumento che la decadenza dalla responsabilità genitoriale, ovvero la totale privazione della funzione genitoriale in capo al genitore.

Osservazioni

Da quanto sin qui brevemente esposto, si desume come nel nostro ordinamento non esista un'indicazione esemplificativa, e tanto meno tassativa, di quelli che sono i criteri fondanti la scelta dell'affidamento condiviso in luogo di quello esclusivo, di modo che è lasciata in capo al Giudice una discrezionalità valutativa e decisionale quanto mai ampia e, si badi bene, questa considerazione vale ancora di più per l'affido esclusivo o rinforzato.

Questa impostazione è stata sicuramente suggerita dalla delicatezza e dalla miriade di sfaccettature che possono assumere le questioni concernenti l'affidamento della prole e il conseguente esercizio della responsabilità genitoriale che, certamente, non possono essere inquadrate in schemi rigidi, secondo parametri predeterminati.

È altrettanto vero, però, che dall'ultima riforma del 2013 ad oggi, la giurisprudenza della Suprema Corte, a cui si sono poi tendenzialmente uniformati i Tribunali ordinari, ha individuato degli indici o, se vogliamo, dei fattori comuni sulla base dei quali valutare in concreto e per ogni singolo caso la scelta del regime di affido da applicare, partendo sempre dal comune denominatore identificato nel principio del “best interest of the child”, vale a dire del “miglior interesse del bambino”, per come sancito sin dal 1989 dalla Convenzione di New York sulla protezione dei diritti del fanciullo.

Posto dunque che il miglior interesse per un bambino è certamente sempre quello di avere una mamma e un papà che collaborano proficuamente per garantirgli congiuntamente una crescita equilibrata e serena, e questo a prescindere dal fatto che il nucleo famigliare si sia sciolto, appare evidente quale sia la ragione per la quale il legislatore ha scelto di adottare il regime di affido condiviso come regola al fine di garantire al minore un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.

Dal quadro legislativo e giurisprudenziale sopra analizzato, emerge come si sia derogato alla regola dell'affidamento condiviso optando per il regime esclusivo, nell'ambito del quale si è comunque riconosciuto un minimo di esercizio della responsabilità genitoriale in capo al genitore non affidatario, solo in casi eccezionali quali, ad esempio, l'alta conflittualità tra i genitori o il totale disinteresse morale e materiale da parte di un genitore rispetto alla vita del proprio figlio.

Alla luce di queste semplici considerazioni, ben si comprendono le perplessità che ha suscitato la sentenza in commento che, sulla base di elementi non così estremi e succedutisi in un lasso di tempo quanto mai breve, non ha esitato ad adottare il regime di affido super-esclusivo.

I rapporti tra genitori e figli si fondano notoriamente su due aspetti, quello affettivo e quello economico legato al soddisfacimento dei bisogni dei figli; dalla lettura della parte motiva della sentenza del Tribunale di Brescia si desume che il padre aveva sempre provveduto al mantenimento della figlia, aveva sempre seguito gli incontri, avendo anche chiesto un incremento della durata degli stessi per cercare di recuperare il rapporto con la bambina, dimostrando quindi un interesse verso la crescita e i bisogni della stessa.

Il padre aveva altresì preso coscienza dei problemi di salute mentale di cui soffriva e si era impegnato a seguire un percorso di sostegno psicologico e farmacologico da circa due anni, percorso che poi è stato interrotto pochi mesi prima della decisione assunta dal Tribunale.

Ora, lungi dal voler invadere campi del sapere che non ci appartengono, non possiamo non chiederci se, ai fini della valutazione dei comportamenti individuali nel caso di specie, non si sarebbe dovuto considerare anche l'impatto che la pandemia in corso poteva avere avuto su una persona di per se stessa fragile e quindi se non sarebbe stato più opportuno cercare di aiutarla a preservare e mantenere il rapporto con la figlia, valutando i suoi comportamenti in un arco temporale più lungo di quello considerato, piuttosto di interrompere del tutto e tanto bruscamente ogni rapporto genitoriale, disponendo in capo alla madre l'affido super esclusivo della minore.

Tutto questo, oltretutto, in mancanza di un'aperta conflittualità tra i genitori ed in presenza di un padre che pare non avere mai ostacolato l'assunzione delle decisioni di maggiore interesse per la figlia, per cui l'affido condiviso si sarebbe rivelato pregiudizievole per gli interessi della minore solo a causa della interruzione delle telefonate con il padre e nel “raffreddamento” del rapporto affettivo del genitore rispetto alla minore.

È indubbio che la patologia di cui è affetto il padre avrebbe potuto compromettere il pacifico e corretto esercizio della responsabilità genitoriale da parte sua e quindi far sorgere qualche dubbio intorno alla opportunità di ricorrere all'affidamento condiviso, ma è altrettanto vero che la scelta così drastica quale quella operata dal Tribuanle di Brescia, potrebbe inevitabilmente compromettere del tutto la relazione genitore-figlio.

La rapidità con la quale si è pervenuti ad una simile decisione porta indubbiamente a chiedersi se questo precedente aprirà le porte ad un utilizzo più “disinvolto” e meno restrittivo di questa tipologia di affidamento di creazione prettamente giurisprudenziale, che potrebbe addirittura diventare improprio e strumentale nelle liti che conseguono allo scioglimento di un vincolo matrimoniale (ad esempio, qualora un genitore che non volesse occuparsi dei propri figli, lo usasse come escamotage per scaricare sull'altro l'esclusività della responsabilità genitoriale).

L'unico sistema per scongiurare che dell'istituto in commento si abusi, a dispetto delle giuste e concrete esigenze per le quali è stato creato, non può che essere quello di considerarlo un'eccezione applicabile solo in presenza di gravi, conclamate e perduranti circostanze, che consentano di considerare perniciosi per il minore il riconoscimento e l'applicazione nei suoi riguardi del diritto alla bigenitorialità e, conseguentemente, garantirgli la conservazione ed il raggiungimento dei propri interessi attraverso il ponderato affidamento super esclusivo ad uno soltanto dei genitori.

Riferimenti

G. Contiero, L'affidamento dei minori, Giuffrè, 2014

M. Sesta, Il codice della famiglia, Giuffrè, 2015

C.M. Bianca, La riforma della filiazione, Milano, 2015

C. Cerrai, S. Ciocchetti, P. La Vecchia, I.E. Pipponzi, E. Vargiu, La tutela giuridica del minore, Rimini, 2019.