Rapporto tra espropriazione presso terzi e concordato preventivo
18 Febbraio 2021
Questo il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 3850/21, che ha fornito una puntuale ricostruzione della giurisprudenza formatasi in materia e chiarito la differenza tra i poteri concessi al fallito, rispetto al debitore soggetto a concordato preventivo.
Il caso riguardava una società in liquidazione in concordato preventivo che, in data 25 marzo 2013, concedeva in locazione un immobile sito in Ferrara. Il successivo 25 giugno 2013 la domanda di ammissione al concordato veniva iscritta nel registro delle imprese e l'Ente di riscossione pignorava la somma di euro 20.725,25 ai sensi dell'art. 72-bis del D.p.r. n. 602/1973, nei confronti della conduttrice, quale importo dovuto per il suddetto rapporto locatizio. Il debitor debitoris corrispondeva il canone direttamente all'Ente ma, successivamente, la locatrice chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo di pagamento della menzionata somma di euro 20.725,25 nei confronti della conduttrice. Quest'ultima formulava opposizione, che veniva respinta dal Tribunale. In sede di appello, la Corte di Bologna revocava il decreto, osservando che non poteva trovare applicazione l'art. 44 della l. fall. nell'ambito di una procedura di concordato e che, ai sensi dell'art. 168 della l. fall., il creditore preconcordatario accipiente non è obbligato a restituire alla massa quanto indebitamente percepito ma ha comunque efficacia liberatoria il pagamento, per il debitor debitoris che adempia, nel corso del concordato preventivo e prima della dichiarazione di fallimento, all'ordinanza di assegnazione del credito disposta nella esecuzione individuale, iniziata contro il medesimo debitore. Aggiungeva, inoltre, che seppure il pignoramento eseguito dall'Ente di riscossione poteva essere dichiarato nullo, tale nullità non era stata fatta valere con apposita opposizione all'esecuzione e che, il pagamento contestato non aveva neppure comportato una lesione della par condicio creditorum, atteso il carattere privilegiato del credito.
Avverso la sentenza di gravame è stato interposto ricorso in Cassazione dalla società locatrice, affidato a tre motivi, tutti sussumibili in un unico rilievo: l'inapplicabilità al caso di specie dell'art. 169 della l. fall.., nella formulazione antecedente alla riforma del 2012, così come applicato dalla Corte di merito, in ossequio ad un indirizzo giurisprudenziale non più attuale. I motivi, tuttavia, sono stati ritenuti inammissibili dal Collegio, poiché non è stata contestata la seconda delle rationes decidendi poste a sostegno della decisione e di per sé idonea a sostenere la pronuncia: e cioè l'asserzione secondo cui il pagamento effettuato dal debitor debitoris si era stabilizzato poiché la locatrice non aveva proposto opposizione all'esecuzione ed essendo, inoltre, il detto pagamento non lesivo della par condicio creditorum.
I Giudici, però, sono andati anche oltre, ritenendo necessario esprimere un principio nell'interesse della legge, onde chiarire ciò che differenzia la disciplina concordataria da quella del fallimento. Dal giorno della dichiarazione di fallimento, nessuna azione individuale esecutiva o cautelare può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento, anche per i crediti maturati durante tale procedura. Ai sensi dell'art. 44 della l. fall., inoltre, tutti gli atti compiuti dal fallito ed i pagamenti eseguiti dopo la declaratoria di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori, poiché egli è privo dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni. A lui è sottratta anche la legittimazione processuale nelle controversie. Anche in ambito concordatario, dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore.
Tuttavia, l'art. 169 della l. fall. non richiama l'art. 44, pertanto, il debitore concordatario conserva il diritto di esercitare le azioni o di resistervi nei confronti dei terzi, a tutela del proprio patrimonio. Ciò perché il commissario giudiziale non subentra nella disponibilità del suo patrimonio e non ha potere di rappresentanza processuale, a differenza del curatore fallimentare: si parla, infatti, in proposito di “spossessamento attenuato”, poiché il debitore concordatario conserva proprietà, amministrazione e disponibilità dei propri beni, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Da ciò ne deriva che è legittimo il pagamento effettuato dal debitor debitoris in esito ad un pignoramento presso terzi trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo, ove l'ordinanza di assegnazione di cui all'art. 533 c.p.c. sia anch'essa antecedente a detta pubblicazione, quantunque il pagamento venga invece effettuato successivamente ad essa.
*fonte: www.dirittoegiustizia.it |