Contratto misto: aspetti e criticità degli istituti dell'affitto di azienda e della locazione commerciale
08 Marzo 2021
Viene redatto contratto di locazione per un immobile commerciale e contestuale locazione dell'azienda condotta nell'immobile medesimo (ristorante). La durata della locazione - per entrambi - è fissata in anni 2+2 (inizio 2016). Il locatore ora agisce con ricorso ex art. 447 bis per ottenere la declaratoria di cessazione degli effetti di entrambi i contratti e la condanna alla restituzione dell'immobile e dell'azienda sostenendo la fine della durata. Da segnalare che in realtà il locatore esercita l'attività di ristorazione all'interno dell'immobile locato con mezzi, personale e beni propri, tant'è vero che gli scontrini fiscali vengono emessi da società (quella conduttrice) differente dall'azienda apparentemente ceduta. La domanda è: 1) l'illegittimità della clausola che fissa la durata della locazione commerciale inferiore a quella di legge (6 anni), per il convenuto è da far valere con la domanda riconvenzionale contenuta nella memoria di costituzione (e quindi, istanza di spostamento dell'udienza fissata per la discussione, con apposita conclusione) oppure è una mera difesa e, trattandosi di nullità fissata dalla legge, basta soltanto eccepire in contestazione? 2) il ricorso al rito locatizio è corretto nella fattispecie (apparente) di rilascio per diniego di rinnovazione? 3) con il ricorso 447 bis c.p.c. è possibile domandare la restituzione dell'azienda locata?
In mancanza di ulteriori elementi (contenuti, clausole e quant'altro), cercheremo di inquadrare e collegare le questioni a seconda della specifica disciplina applicabile: affitto di azienda o locazione commerciale. Ebbene, se il contratto di affitto di un'azienda presuppone l'utilizzo di un determinato immobile anche se appartenente all'imprenditore, le parti potrebbero essere indotti a stipulare due contratti separati: uno per la locazione ad uso commerciale e l'altro per l'affitto dell'azienda. Si tratterebbe, appunto, di contratto misto, relativamente al quale la giurisprudenza ha precisato che “il criterio distintivo tra contratto unico e contratto collegato non è dato da elementi formali, quali l'unità o la pluralità dei documenti contrattuali (un contratto può essere unico anche se ricavabile da più testi; un unico testo può riunire più contratti) o la mera contestualità delle stipulazioni, ma da quello sostanziale dell'unicità o pluralità degli interessi perseguiti” (Cass. civ., sez. III, 27 aprile 1995, n. 4645). Dunque, l'unicità dell'interesse e delle finalità produttive aziendali, rappresenta un elemento chiave al fine di ricondurre ad un unico negozio l'unico accordo tra le parti, anche se frazionato in più documenti contrattuali. Agli effetti di stabilire quale sia la disciplina da applicare a questo negozio giuridico misto ovvero a questo collegamento di contratti, la S.C. (Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 2005, n. 28233) ha elaborato la c.d. teoria dell'assorbimento secondo la quale, in ipotesi di contratto misto in cui ricorrono elementi di diverse tipologie contrattuali, si deve valutare quale sia la causa prevalente del contratto ed applicare alla fattispecie le norme proprie in relazione a tale prevalenza. Pertanto, quando con riferimento alle intenzione delle parti, ai loro interessi concreti ed alle caratteristiche della fattispecie, l'oggetto principale del contratto sia l'immobile ove ha sede l'azienda che rappresenta solo uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili e immobili organizzati per la gestione dell'impresa, allora la disciplina dell'unico negozio giuridico sarà quella dell'affitto d'azienda (ciò che sembra rilevare in questi casi è la relazione di interdipendenza e di complementarietà essenziale dell'immobile con l'esercizio dell'attività aziendale e ciò nel senso che, considerati separatamente, nessuno dei due contratti potrebbe avere concreta attuazione). Dopo questa doverosa precisazione, in tal vicenda, il locatore con un unico ricorso ex art. 447 bis c.p.c. ha chiesto la declaratoria di cessazione degli effetti di entrambi i contratti (la fine dei contratti). Quanto al rito applicabile, attesa la particolare questione (cessazione di entrambi i contratti), il locatore ha utilizzato il rito locatizio ex art. 447-bis c.p.c. Difatti, tra le controversie attribuite dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c. alla competenza territoriale inderogabile del giudice in cui si trova l'immobile, sono comprese le controversie in materia di affitto di azienda, dovendo il giudice competente individuarsi con riferimento al luogo in cui è posta l'azienda del cui affitto si discute (Cass. civ., sez. VI, ord. 15 giugno 2016, n. 12371). Quanto alla questione della durata dei contratti, sappiamo che in tema di locazione commerciale, la regola generale prevista dall'art. 27 della l. n. 392/1978 precisa che la durata minima legale è sei anni (o nove anni nel caso di attività alberghiere) e, ai sensi dell'art. 79 della l. n. 392/1978, tuttora in vigore limitatamente a questa categoria di locazioni, è nulla ogni clausola che preveda una durata inferiore. Diversamente, nessuna norma impone che il contratto di affitto di azienda debba avere una durata minima di sei anni, sicché deve ritenersi valida la pattuizione per la quale il contratto di affitto di azienda ha validità di durata inferiore. A questo punto, si pone quanto detto in precedenza sul contratto misto: la causa del contratto costituisce la sintesi dei contrapposti interessi reali che le parti intendono realizzare con la specifica negoziazione, indipendentemente dall'astratto modello utilizzato; così le parti, nell'esplicazione della loro autonomia negoziale possono, con manifestazione di volontà espressa in un unico contesto, dare vita a più negozi tra loro intrinsecamente collegati e/o misti e/o complessi (Trib. Torino - sez. fer., 10 agosto 2018. In tal giudizio, il giudicante ha ritenuto di non pronunciare il provvedimento di rilascio ex art. 665 c.p.c. per la presenza di un contratto di cessione di azienda). Diversamente opinando, se la prevalenza della causa del contratto (da valutare in giudizio) è quella della locazione commerciale, sicuramente è valida la contestazione della nullità del contratto: in tal caso, non vi è necessità di riconvenzionale in quanto, a seguito dell'eccezione in contestazione, il Magistrato sostituirà la pattuizione negoziale con il termine legale (Cass. civ., sez. III, ord. 3 settembre 2019, n. 21965. La nullità della clausola che limita la durata di un contratto soggetto alle disposizioni dell'art. 27, l. 392/1978 ad un tempo inferiore al termine minimo stabilito dalla legge determina l'automatica eterointegrazione del contratto on conseguente applicazione della durata legale). |